Quei profughi afghani ingannati, respinti, abbandonati
di Emilio Drudi
Da oltre un mese 37 richiedenti asilo, sorpresi dalla polizia mentre cercavano di entrare in Europa passando da Cipro Sud, sono intrappolati nella terra di nessuno a cavallo del confine con Cipro Nord. Si riparano alla meglio in due tendopoli allestite dall’Unhcr, il Commissariato Onu per i rifugiati: 25 nell’area di Aglandjia e altri 12 in quella di Akaki, una trentina di chilometri più a ovest. Sono tutti afghani, costretti a lasciare la propria terra in seguito alla vittoria dei talebani e alla vergognosa fuga degli occidentali da Kabul nell’agosto del 2021, dopo vent’anni di guerra. In alcuni casi, intere famiglie. Gente che si è spesa per cambiare il paese collaborando con i governi occidentali e credendo ai loro progetti. Gente, in particolare, che essendosi spesso esposta in prima persona contro l’oscurantismo e la violenza dei talebani, avrebbe corso rischi enormi se fosse rimasta nel paese. Profughi che hanno, tutti, il diritto di essere ascoltati e accolti in Europa.
Tre anni fa, a metà agosto, quando i talebani sono entrati a Kabul, da parte di tutta l’Unione Europea c’è stato un coro di promesse e impegni ad accogliere persone come queste. In particolare le donne, precipitate di nuovo in un tenebroso medio evo senza diritti. Anzi, proprio tenendo conto di quale sia la sorte delle donne afghane, di tutte le età, il Comitato Ue per l’asilo ha votato una risoluzione che impegna gli stati dell’Unione ad accogliere “automaticamente” come rifugiate ogni donna in fuga dall’Afghanistan, saltando le lunghe procedure di esame delle richieste. E invece no. Nonostante tutti gli impegni e nonostante la risoluzione del Comitato Ue, quei 37 profughi sono confinati, abbandonati, volutamente dimenticati in un limbo senza fine: fantasmi che nessuno ascolta e che riescono a sopravvivere solo grazie all’assistenza dell’Unhcr.
Questo di Cipro, emerso grazie ad alcuni servizi giornalistici, non è tuttavia un caso isolato. Sono tantissimi gli afghani che si rivolgono all’Occidente in cerca di aiuto, memori anche delle promesse ricevute. I muri e le barriere costruite dalla politica migratoria di chiusura totale adottata dalla Ue hanno però cancellato quelle promesse ed impediscono persino di arrivare a bussare alle porte della Fortezza Europa: respinti prima ancora di poter raggiungere i confini. Ingannati. E a molti questa “chiusura” e questo inganno costano la vita. Ci sono numerosi afghani, ad esempio, tra le circa 70 vittime del naufragio avvenuto tra il 16 e il 17 giugno nello Jonio, ai margini tra le zone Sar greca e italiana, 126 miglia a sud est di Roccella Jonica. Ma anche su questa strage, come sulla sorte dei profughi intrappolati a Cipro nella terra di nessuno, è stata stesa una pesante coltre di silenzio. Lo stesso silenzio che è sceso sugli impegni presi nell’agosto del 2021. E, quel che è peggio, sul rispetto e la difesa dei diritti umani di tutte queste persone come delle migliaia di altri profughi e migranti forzati del Sud del mondo in fuga da condizioni di crisi estrema.
C’è poco da stupirsi, allora, se l’immagine di una “Europa culla della libertà, dei diritti universali e della democrazia” gode di sempre minore credibilità nel Sud del mondo. “Perché se di culla si tratta – ha detto in un recente incontro a Roma un giovane profugo eritreo – allora è una culla solo per pochi”.
Nella foto: la tendopoli nella terra di nessuno nell’area di Aglandjia a Cipro