Dossier vittimeMediterraneo e Canarie

2016 Mediterraneo – secondo semestre

Nell’arco del 2015, nel tentativo di raggiungere l’Europa, 4.051 profughi hanno perso la vita. Una strage senza precedenti. Eppure sono bastati otto soli mesi, nel 2016, per superare anche questo orrore: da gennaio ad agosto si sono registrati, nel Mediterraneo o “a terra”, nei paesi di transito o alle frontiere, ben 4.158 vittime. Un conto di morte tanto più drammatico se si pensa che nel 2015 sono arrivati in Europa oltre un milione di migranti mentre, nei primi otto mesi del 2015 si era intorno ai 300 mila. Ovvero: ci sono stati quasi 14 morti ogni mille rifugiati sbarcati. E questa strage è continuata anche negli ultimi mesi.

La cronaca

Libia (Surman), 1-5 settembre 2016
Un neonato è morto per dissanguamento nella prigione della madre. La tragedia, raccontata Nancy Porsia, in un servizio giornalistico pubblicato il 15settembre dal Fatto Quotidiano, è accaduta all’inizio del mese, qualche giorno prima del 6, quando la giornalista, accompagnata dallo stesso direttore, Ibrahim Mahjob, ha avuto modo di entrare nel centro di detenzione per donne situato a Surman, un villaggio della costa occidentale libica, a circa 80 chilometri da Tripoli. Al momento della visita, le detenute erano 250, quasi tutte nigeriane, alcune in stato di gravidanza anche molto avanzata, altre con i bambini piccoli. Anche la donna che ha perso il bambino è nigeriana. Ha raccontato a Nancy Porsia che le complicazioni si sono avute subito dopo il parto: il neonato ha cominciato a perdere sangue a causa di alcune gravi escoriazioni del cordone ombelicale. Da parte dei responsabili del carcere, a quanto pare, non sarebbe stato chiamato alcun medico, perché si prendesse cura del caso. La madre ha cercato di aiutare il piccolo come poteva, ma non è riuscita a bloccare l’emorragia. Fino a che, ha detto a Nancy Porsia, “è morto dissanguato”.

(Fonte: Il Fatto Quotidiano, edizione del 15 settembre).

Libia-Italia (Canale di Sicilia), 5 settembre 2016
Almeno 15 profughi morti, in tre diverse circostanze, nell’arco di una giornata in cui sono stati tratti in salvo circa 2.700 migranti da unità della Marina italiana e di organizzazioni umanitarie o istituzioni private impegnate in una ventina di operazioni di soccorso. Non è escluso, ma viene ritenuto poco probabile, che ci sia anche qualche dispero.
Gommone semi-affondato: 7 morti. La prima tragedia, con 7 morti, è avvenuta al largo delle coste occidentali della Libia. Un grosso gommone, in condizioni di galleggiabilità estremamente precarie e con oltre un centinaio di persone a bordo, è stato intercettato da due elicotteri decollati dalla portaerei Garibaldi, che sono intervenuti direttamente ed hanno fatto confluire sul posto i pattugliatori Orione e Borsini già impegnati in zona per altri 5 interventi. Le vittime sono cadute in mare prima dell’arrivo dei soccorritori. Sono stati tratti in salvo oltre 118 naufraghi ma non è escluso che ci sia qualche disperso.
Barchino con un cadavere. Un giovane privo di vita era su una piccola barca che, in navigazione verso l’Italia, è stata individuata e raggiunta nel Canale di Sicilia sempre da navi della Marina. La salma è stata scoperta durante il trasbordo. Cause della morte probabilmente lo sfinimento, la sete e le fatiche del viaggio.
Affonda gommone pieno d’acqua: 7 morti. Sette profughi morti e 134 tratti in salvo nel naufragio di un altro gommone, nella tarda mattinata, a poche decine di miglia dalla Libia. Il natante è stato avvistato dal Responder, la nave dell’associazione Moas e della Croce Rossa quando già era quasi colmo d’acqua e stava per andare a picco. Allorché una barca dei soccorritori si è avvicinata per cominciare a distribuire i salvagente, quasi tutti i migranti a bordo sono stati presi dal panico e molti hanno cominciato a gettarsi in acqua per cercare di salvarsi. Alla fine sono stati recuperati i corpi di 5 donne e 2 uomini, per un totale di 7 vittime. Dei 134 superstiti, 99 sono uomini, 29 donne e 6 bambini.

(Fonte: Il Giornale di Sicilia, Ansa, La Repubblica, Il Messaggero)

Libia (Surman-Zawiya-Sabratha), 5-6 settembre 2016
Un numero imprecisato di morti e dispersi nel naufragio di un gommone di migranti, quasi tutti nigeriani, al largo delle coste libiche, di fronte al villaggio di Surman, a circa 80 chilometri da Tripoli. Tenendo conto del carico delle persone a bordo, dei superstiti e di precedenti sciagure analoghe, una stima credibile potrebbe essere di almeno una decina di vittime. Dalle autorità e dalla stampa libica non risulta che siano state diramante informazioni: la notizia l’ha data un servizio giornalistico pubblicato il 15 settembre da Il Fatto Quotidiano. L’inviata del giornae, Nancy Porsia, era in Libia quando, la mattina del giorno 6, nel piccolo porto di Surman sono stati fatti sbarcare alcuni superstiti. E’ stato uno di loro, un giovane nigeriano, Ayman, a raccontare le circostanze della tragedia: “Siamo partiti da Sabratha ieri sera – ha detto – A poche miglia dalla costa il motore è andato in avaria. Sul gommone eravamo circa 120”. Rimasto in balia del mare, il battello ha cominciato a imbarcare acqua. I naufraghi condotti a Surman, una ventina, sono stati soccorsi da un peschereccio. Nel vicino porto di Zawiya la Guardia Costiera libica, che ha coordinato le operazioni, ha condotto gli altri superstiti. Non tutti i naufraghi, però, ce l’hanno fatta: secondo le notizie raccolte da Nancy Porsia a Zawiya, diversi cadaveri sarebbero stati visti galleggiare in mare. Senza contare eventuali dispersi.

(Fonte: Il Fatto Quotidiano edizione del 15 settembre)

Italia-Francia (tra Ventimiglia e Mentone), 6 settembre 2016

Il corpo senza vita di un giovane profugo è stato trovato ai piedi del viadotto autostradale di Sainte Agnes, in territorio francese, tra Ventimiglia e Mentone. Non è stato possibile identificarlo né stabilire il paese di provenienza. Un altro giovane è rimasto ferito molto gravemente. Secondo una prima versione, potrebbero essere precipitati da un dirupo cercando di percorrere un sentiero a cavallo del confine italo-francese. L’ipotesi più accreditata, però, è che  siano caduti, in circostanze tutte da accertare, proprio dal viadotto, mentre camminavano lungo l’autostrada per bypassare la frontiera. Contro il blocco del confine e per chiedere “trasparenza” sull’episodio, il 18 settembre è stata organizzata dai no borders una manifestazione a Mentone.

(Fonte: La Repubblica, cronaca di Genova, 16 e 19 settembre)

Bulgaria (Archar, confine con la Romania), 8 settembre 2016

Sei profughi morti nel naufragio della piccola barca con cui stavano tentando di attraversare il Danubio per passare dalla Bulgaria in Romania, vicino al piccolo villaggio bulgaro di Archar. Erano due le  barche cariche di profughi salpate: in tutto, almeno 12/13 persone. Quando erano ormai al largo, una delle due si è rovesciata. Per i sei che erano a bordo non c’è stato scampo: sono stati trascinati via dalla corrente prima che potessero essere soccorsi. I primi due corpi sono stati trovati non lontano da Archar; nei giorni successivi ne sono emersi altri due: uno a circa 40 chilometri di distanza. Infine, gli ultimi due. Si tratta di due adulti e quattro bambini, di cui uno di cinque anni.

(Fonte: Bordermonitoring Bulgaria)

Italia-Libia (Canale di Sicilia), 14 settembre 2016
Cinque morti su uno dei gommoni carichi di migranti intercettati nel Canale di Sicilia. Coordinate dalla Guardia Costiera, la nave Bersagliere della Marina italiana, la Topaz Responder della Ong Moas e la James Joyce della Marina irlandese hanno condotto sei operazioni di soccorso: tratti in salvo 653 profughi partiti dalla Libia con cinque gommoni e un barchino. I cinque cadaveri erano sul gommone recuperato dalla James Joyce: sono stati trovati durante le operazioni di trasbordo dei naufraghi. Si tratta di 4 donne (di cui due, una sudanese e una nigeriana, in stato di gravidanza avanzata) e di un giovane del Bangladesh.  E’ presumibile che la morte sia dovuta a disidratazione e sfinimento. Il battello era partito il giorno prima da Sabratha. Le salme sono state trasferite ad Augusta, in Sicilia, insieme ai superstiti.

(Fonti: La Repubblica, Avvenire, Agenzia Ansa)

Egitto (Damietta, delta del Nilo), 21 settembre 2016

Almeno 286 vittime (202 morti accertati e non meno di 84 dispersi) nel naufragio di un barcone al largo del delta del Nilo, governatorato egiziano di Kafr al Sheik. E’ una delle più gravi sciagure mai registrate nel Mediterraneo. Il battello è partito dalla costa di Damietta, uno dei principali punti d’imbarco usati dai trafficanti in Egitto, insieme ai porti di Baltim e Rasheed. Prima di salpare, ha atteso per cinque giorni, ancorato al largo, che il carico di migranti fosse completato, con una serie di trasbordi effettuati di notte dalla spiaggia con barche più piccole. Era diretto quasi certamente in Italia. Secondo le prime notizie diffuse da Al Jazeera, a bordo c’erano oltre 300 migranti: siriani. egiziani, subsahariani, eritrei e somali. L’agenzia ufficiale egiziana, Mena, riportando fonti locali, ha poi diffuso la notizia che dovevano essere quasi 600. Questa cifra è stata confermata inizialmente dal sottosegretario alla sanità del Cairo, Alaa Osman, ma in base a testimonianze successive (incluse quelle di alcuni sopravvissuti) la stima è stata ridimensionata a “più di 450”. In ogni caso, un numero superiore di almeno 300 persone alla portata massima, 150, di quel tipo di imbarcazione. E proprio a questo enorme sovraccarico va attribuita la causa della sciagura. Dopo poche miglia di navigazione, con il battello che galleggiava a stento – come hanno raccontato vari sopravvissuti alla Tv egiziana – qualcosa, forse un movimento brusco da parte dei profughi ammassati nella stiva, ha alterato l’equilibrio già estremamente precario del barcone, che ha cominciato a piegarsi da un lato, fino a ribaltarsi in pochi minuti. Si sono salvati solo coloro che erano in coperta e sapevano nuotare. Nessuno scampo, come già in altri naufragi simili, per chi era all’interno. Tantissime le vittime soprattutto tra le donne e i bambini, i più deboli. I primi soccorsi sono arrivati da alcuni pescherecci, che hanno dato l’allarme alla Guardia Costiera egiziana.

Nel corso delle operazioni di recupero, protrattesi per oltre una settimana dopo il naufragio, sono stati tratti in salvo 164 naufraghi. Secondo il rapporto delle autorità egiziane, risultano 202 i corpi senza vita recuperati: 29  nell’immediatezza della sciagura e poi gli altri, inizialmente soprattutto grazie all’intervento dei pescatori. Tenendo conto che a bordo c’erano almeno 450 migranti, come minimo i dispersi risultano 84 che, aggiunti ai 202 morti accertati, portano il bilancio a non meno di 286 vittime. Forse, anzi, quasi 300, considerando che tutte le fonti parlano di “più di 450” migranti ammassati sul barcone. La polizia egiziana ha arrestato quattro persone: il proprietario e tre membri dell’equipaggio del battello. Secondo quanto riferito da alcuni sopravvissuti e da parenti delle vittime, ciascun profugo imbarcato ha pagato per la traversata 30 mila pound egiziani, pari a 3 mila euro. Poiché i migranti a bordo erano più di 450, l’incasso deve essere stato all’incirca di 1,35 milioni di euro.

(Fonti: Al Jazeera, Al Ahram, Agenzia Ansa, Repubblica, Fatto Quotidiano, Tg-3 Rai e Tg La7, La Stampa, Il Giornale, Leggo, El Diario).

Libia (Tobruk), 28 settembre 2016

Diciotto cadaveri recuperati in mare, in prossimità di Tobruk. Secondo la Guardia Costiera libica, che ha condotto le operazioni di recupero delle salme, deve trattarsi delle vittime del naufragio di un battello carico di profughi di cui non si è avuta notizia fino a quando i corpi di alcuni dei naufraghi annegati non sono stati sospinti dalle correnti verso le spiagge di Tobruk. Il ritrovamento non ha trovato spazio nei principali media libici. La notizia è stata comunicata ufficialmente dall’Oim e dalla Guardia Costiera attraverso Migration & Assistance Overview, il rapporto mensile online sulle operazioni di salvataggio e recupero delle barche dei migranti. A giudicare dal tratto di mare dove sono riaffiorati i cadaveri, è presumibile che l’imbarcazione, quasi certamente un gommone, sia partita dalle vicinanze di Tobruk, in Cirenaica, molto più a est dei porti d’imbarco usati di solito dai trafficanti.

(Fonte: Migration & Assistance Overview e Libya Herald del 12 ottobre)

Italia-Libia (Canale di Sicilia), 3 ottobre 2016

C’erano anche 9 profughi morti tra i tantissimi, più di seimila, soccorsi nel Canale di Sicilia in una quarantina di operazioni di salvataggio condotte da circa dieci tra unità della Marina e di varie organizzazioni non governative: Medici senza Frotniere, Sos Mediterranee, Life Boat, Sea Watch e Boat Refugees. I primi Sos sono arrivati poco dopo l’alba e si sono poi susseguiti nell’arco dell’intera giornata, terzo anniversario della strage di Lampedusa. In totale sono stati intercettati 32 gommoni, 5 barconi e 2 zattere: una flottiglia salpata da vari punti della costa libica occidentale, dopo che per diversi giorni gli arrivi si erano interrotti a causa delle cattive condizioni meteomarine. Risultano in tutto 6.055 i migranti tratti in salvo. Altri 9 sono invece morti durante la traversata. La prima vittima era a bordo di un gommone; 7 su un barcone semi affondato; l’ultima, la nona, una donna, è stata recuperata in gravissime condizioni ed è deceduta mentre veniva trasferita verso la terraferma dalla Guardia Costiera su una motovedetta. La morte è dovuta probabilmente a disidratazione e sfinimento, oltre che alle gravi ustioni provocate dalla miscela di benzina e acqua salata che si accumula sul fondo dei battelli. Disidratazione e ustioni sono state riscontrate anche su numerosi altri naufraghi. In particolare su una donna e un bambino, soccorsi dalla nave Dignity di Medici senza Frontiere e trasportati in elicottero a Lampedusa.

(Fonti: Il Fatto Quotidiano, Agenzia Ansa, Repubblica, La Stampa, Corriere della Sera)

Libia (Gasr Garabouli e Sabratha), 3/4 ottobre 2016

Almeno 31 morti in due naufragi avvenuti nelle acque territoriali libiche: il primo con 11 vittime al largo di Gasr Garabouli, a est di Tripoli; il secondo, con non meno di 20, a poche miglia dal porto di Sabratha, 70 chilometri circa a ovest di Tripoli. Quasi 300 i naufraghi tratti in salvo, inclusi i 139 di un terzo naufragio, avvenuto di fronte alla spiaggia di Tadjoura, una delle banlieue orientali della capitale.

Gasr Garabouli. Ad andare a fondo è stato un gommone sul quale si erano imbarcati da 160 a 170 migranti, di varie nazionalità. Il battello, partito verso l’alba del giorno 3, insieme alle decine salpati nelle stesse ore dalla Libia, si è trovato in difficoltà dopo poche miglia di navigazione e, a quanto pare, avrebbe invertito la rotta o è stato risospinto dalle correnti verso la costa. Quando è stato soccorso era semi affondato, poco lontano dalla riva, con 11 salme a bordo, quelle di 9 donne e 2 bambini. Circa 160 i naufraghi recuperati.

Sabratha. E’ una barca di piccole dimensioni quella naufragata al largo di Sabratha. A bordo c’erano almeno una ventina di persone, forse quasi 30, i componenti di due famiglie libiche, una famiglia siriana, una marocchina e 3 migranti subsahariani. Non sono chiare le circostanze del naufragio. Sta di fatto che il battello si è rovesciato. Secondo Basem Gharabli, comandante della Guardia Costiera di Sabratha, tutti i naufraghi sarebbero morti. Una versione successiva, riportata da agenzie di stampa il giorno 4, ha riferito che alcuni si sarebbero salvati. Le fonti ufficiali hanno parlato inizialmente di “almeno 19 vittime” (tra cui numerose donne e bambini), salite poi a 20 nel rapporto finale della Guardia Costiera. Se a bordo erano più di 20, potrebbero però esserci anche dei dispersi. Secondo il portavoce della Marina, Ayoub Qassem, infatti, a Sabratha non ci sarebbero stati superstiti, avendo riferito che, dei circa 300 naufraghi tratti in salvo, 150/160 sono quelli del gommone affondato a Gasr Garabouli e 139 sono stati recuperati di fronte a Tadjoura, dove è avvenuto il terzo naufragio.

(Fonti: France Press, Anadolu Agency, Ansa Mondo, Libyan Express, Libya Observer, Libya Herald)

Libia-Italia (Canale di Sicilia), 4/5 ottobre 2016

Ventotto cadaveri sono stati recuperati nel Canale di Sicilia, al largo della Libia, nel corso di decine di operazioni di soccorso che si sono protratte dalla mattina di martedì 4 ottobre fino all’alba di merocled’ 5, portando in salvo 4.665 persone. Quasi tutte le vittime erano su un barcone da pesca in legno, appena fuori dalle acque territoriali libiche.

Il barcone. A intercettare il barcone è stata la nave Astral, una piccola unità della Ong spagnola Pro Activa Open Arms, quasi l’unica rimasta in zona dopo che le navi della Marina italiana e quelle di numerose altre Ong si erano allontanate per trasbordare e portare a terra gli oltre 6 mila profughi recuperati lunedì. A bordo c’erano centinaia di migranti ammassati su tre “strati”: nella stiva, in coperta e sulle infrastrutture superiori. Secondo Aris Messinis, un fotoreporter della France Press che era sull’Astral, forse addirittura un migliaio: troppi perché l’unità spagnola potesse prenderli tutti a bordo da sola. Mentre iniziavano le manovre di recupero con gommoni, scialuppe, cime, giubbotti pneumatici, è stato così chiesto l’intervento urgente di navi della Marina italiana. Molti dei migranti si sono gettati in acqua per raggiungere a nuoto l’Astral o uno dei suoi mezzi di salvataggio, ma – come ha documentato Aris Messinis – non è tra questi che si sono avuti dei morti: le vittime sono rimaste uccise nella stiva, soffocate durante la traversata forse per un principio d’incendio o forse per la ressa e i fumi di scarico del motore, come è già accaduto in altri casi simili. Aris Messinis, salito sul barcone, ha contato inizialmente “almeno 22 cadaveri”, specificando però, in una nota inviata alla France Press, che sotto coperta ce ne dovevano essere anche altri. La Marina, subentrata all’Astral nella gestione del salvataggio, non ha specificato se i 28 corpi recuperati nell’arco della giornata provengano tutti da quel barcone o anche da qualcun altro dei natanti soccorsi nel Canale di Sicilia.

I salvataggi. Tra il 4 e il 5 ottobre sono state condotte 33 operazioni di soccorso con il salvataggio di 4.665 naufraghi. Tenendo conto che lunedì sono state recuperate 6.055 persone in 39 operazioni, si arriva a un totale di 10.720 migranti salvati con 72 interventi. Alle 28 vittime di martedì ne vanno aggiunte 9 trovate lunedì. Martedì sono intervenute, oltre alla Astral, la nave Corsi e le motovedette Cp 302 e Cp 322 della Guardia Costiera di Lampedusa, un pattugliatore della Marina italiana e uno della Marina irlandese, un’unità di Frontex, un mercantile, due rimorchiatori privati e unità delle Ong Moas, Life Boat e Watch the Med.

(Fonti: France Press, La Croix, Agenzia Ansa, Repubblica, La Stampa, Il Fatto Quotidiano, Il Sole 24 Ore, Il Messaggero, Libya Herald)

Italia (Canale di Sicilia), 5 ottobre 2016

Una ragazza di 25 anni, al quinto mese di gravidanza, è morta per un infarto cardiaco a bordo della nave Dignity di Medici senza Frontiere, che l’aveva soccorsa e recuperata in mare poche ore prima su un gommone alla deriva nel Canale di Sicilia, dopo essere salpato dalla Libia. I disagi del viaggio l’avevano provata duramente: la fatica e lo stress l’hanno strioncata proprio quando si profilava la speranza di farcela. La salma è stata sbarcata a Reggio Calabria, dove la Dignity ha condotto i 417 migranti tratti in salvo durante le operazioni di soccorso dei giorni precedenti: 267 uomini, 58 donne e 92 minorenni, 84 dei quali non accompagnati.

(Fonte: La Stampa, l’Unità, Il Fatto Quotidiano)

Libia (Zuwara), 5 ottobre 2016

Tre morti su un gommone carico di migranti intercettato dalla Guardia Costiera di Zuwara al largo delle coste africane. Il battello era salpato, con quasi 100 persone, presumibilmente proprio dalla zona di Zuwara, solo poche ore prima di essere bloccato, tanto che pare fosse ancora al limite delle acque territoriali o poco oltre. Non è chiaro se fosse in difficoltà ed abbia lanciato una richiesta di soccorso o se sia stato individuato nell’ambito delle operazioni di sorveglianza delle coste per fermare le barche dei profughi. La Guardia Costiera lo ha recuperato e durante le operazioni di trasbordo dei migranti, 96 in tutto, sono stati trovati i corpi senza vita di due donne e un bambino. Non sono state comunicate le cause della morte: forse, come in altri casi del genere, soffocamento e sovraffaticamento. I 96 fermati sono stati trasferiti in un centro di detenzione in attesa del rimpatrio coatto.

(Fonte: Libya Migration & Assistance Overview e Libya Herald del 12 ottobre)

Italia (Ventimiglia), 7 ottobre 2016

Una diciassettenne eritrea investita e uccisa da un Tir sull’autostrada mentre cercava di raggiungere e varcare clandestinamente il confine francese. Giusto un mese prima, il 6 settembre, un altro giovane profugo era morto in circostanze analoghe, ma in territorio francese, su un cavalcavia verso Mentone. La ragazzina stava tentando di espatriare insieme a tutta la famiglia, un gruppo di sette persone che, dopo aver risalito la penisola ed essersi fermate a Ventimiglia per diversi giorni, ospiti di un centro accoglienza allestito dalla chiesa di Sant’Antonio, hanno deciso di provare a eludere i controlli della polizia francese passando a piedi attraverso il tunnel autostradale di Cima Girata, distante circa 7 chilometri dalla barrriera italiana dell’Autostrada dei Fiori. L’incidente è avvenuto appunto in galleria, a poche centinaia di metri dalla frontiera ma ancoras in territorio italiano. Non è chiaro se  il gruppo abbia attraversato la carreggiata e lei sia rimasta un po’ indietro o se camminasse meno rasente al muro del tunnel rispetto agli altri. Sta di fatto che è finita sotto le ruote di un Tir spagnolo il cui autista ha dichiarato di averla vista solo all’ultimo momento.

(Fonte: La Repubblica edizione di Genova, Il Secolo X IX).

Libia (Sabratha), 9 ottobre 2016

Trovati i cadaveri di due migranti subsahariani sulla spiaggia di Sabratha, 70 chilometri a ovest di Tripoli. Le vittime sono  un giovane uomo e una bambina di 6/7 anni. A scoprirli è stata una pattuglia della Direzione per il contrasto all’immigrazione illegale durante un’ispezione sul litorale. Ignote le circostanze della morte: probabilmente un naufragio di cui non si è avuta notizia.

(Fonte: Oim Libya, Migration & Assistance Overview)

Spagna-Marocco (Ceuta), 12 ottobre 2016

Quattro morti nel naufragio di una barca con sei migranti algerini a bordo, al largo di Ceuta. Lo ha raccontato al quotidiano El Faro uno dei superstiti, di nome Noureddine, chiedendo di cercare almeno i corpi delle vittime per restituirli ai familiari in Algeria. I sei – ha riferito Noureddine – erano salpati verso le 5,30 del mattino da Playa de Benitez, una delle spiagge di Ceuta, su una piccola barca, decisi a raggiungere la Spagna. Quando sono stati in mare aperto, il tempo è cambiato rapidamente e la barca si è rovesciata. I sei hanno cercato tutti insieme di raggiungere a nuoto il litorale di Ceuta, ma solo due ce l’hanno fatta. “L’ultima volta che ho visto i miei amici, stavano nuotando, poi li ho persi…”. La notizia è stata rilanciata il giorno 21 a Cadice, dove i sei volevano sbarcare, da Europapress Andalucia, ma senza risultati: nessuna traccia dei dispersi.

(Fonte: Europapress Andalucia)

Libia-Italia (Sabratha e Canale di Sicilia), 12/13 ottobre 2016

Diciotto profughi morti e 117 tratti in salvo nel Canale di Sicilia. Tra le vittime c’è anche un bambino di tre anni. E’ la tragedia di un gommone carico di migranti rimasto alla deriva, nel mare in tempesta, per oltre 10 ore. Il battello era partito da Sabratha, il porto a circa 70 chilometri a ovest di Tripoli, verso le 14 di mercoledì 12. Era stracarico: oltre 130 persone a bordo. Dopo alcune ore di navigazione, in forte difficoltà per il mare mosso, è stato lanciato  un Sos, captato intorno alle 19. Sono scattate le ricerche ma solo verso le 21,30 il gommone è stato individuato dai droni di avvistamento della Phoenix, la nave della Ong Moas, che opera insieme alla Croce Rossa. Sul posto sono poi arrivate le unità di altre Ong, Proactiva Open Arms, Jugend Rettet e Boat Refugee, che hanno collaborato ai soccorsi, trasferendo i naufraghi sulla Phoenix. Erano in 117: appena in salvo, alcuni di loro hanno segnalato che numerosi compagni erano caduti in mare, a causa dei continui, forti sobbalzi provocati dalle onde al battello, ormai ingovernabile. Le ricerche per tentare di rintracciare i dispersi non hanno dato esito. Durante la notte si è stati costretti a sospenderle a causa dell’oscurità e delle cattive condizioni meteomarine.

Le vittime. Il bimbo di tre anni che figura tra le vittime è caduto in mare insieme alla madre: aveva un giubbotto di salvataggio ma la donna, che si è salvata, non è riuscita ad afferrarlo per rimetterlo a bordo ed in breve è stato trascinato via dalle onde. La stessa sorte hanno seguito quattro di un gruppo di cinque ragazzi che si erano imbarcati insieme: l’unico superstite ha raccontato alla Croce Rossa di aver visto sparire i compagni subito dopo che sono caduti in acqua. Un uomo ha riferito di aver visto annegare una ragazzina di circa 16 anni poco prima che arrivassero i soccorsi. Buona parte delle vittime, 18 in tutto, sono donne.

Ustioni e ferite. Molti dei superstiti presentano gravi ustioni provocate dalla miscela di acqua salata e benzina che ne ha impregnato i vestiti. Le più gravi sono le donne che, a differenza degli uomini, non hanno potuto, per un senso di pudore, sfilarsi di dosso gli abiti che ne bruciavano la pelle.

(Fonti: Repubblica, Il Giornale di Sicilia, Agenzia Ansa, Tg La 7 delle ore 13,30)

Libia (Tawergha, Tripoli), 15 ottobre 2016

Un morto e numerosi feriti tra i profughi del campo di Tawergha (un sobborgo di Tripoli nel distreto di Al Fallah), centrato casualmente da alcuni razzi sparati durante uno scontro tra miliziani o militari di fazioni opposte. La vittima è una donna, pare di origine subsahariana. Tra i feriti ci sono tre bambini. Abdelrahman Al Shikshak, il sindaco di Tawergha, ha dichiarato che di non essere riuscito a stabilire chi abbia lanciato quei razzi e, anzi, nemmeno tra chi si sia acceso lo scambio di colpi, ma è verosimile che si tratti di uno dei numerosi scontri che il pomeriggio e la sera del 15 si sono registrati a Tripoli tra i miliziani che hanno tentato il colpo di stato per riportare al potere l’ex leader del governo islamico, Khalifa al Ghwell, e i militari fedeli a Fayez Serraj, il presidente dell’esecutivo insediato dall’Onu. Sta di fatto che diversi missili sono caduti sul campo per rifugiati. La donna è morta sul colpo. I feriti sono stati trasferiti negli ospedali di Tripoli.

(Fonte:. Libyan Express online del 16 ottobre)

Libia (Tripoli), 19 ottobre 2016

Cinque profughi morti nel naufragio di un gommone al largo delle coste di Tripoli. Altri 118 sono stati salvati dall’equipaggio della Samuel Beckett, la nave della Marina Irlandese aggregata al programma Eunavfor Med. Il battello era salpato durante la notte. Dopo poche ore di navigazione si è trovato in difficoltà per il mare mosso e il sovraccarico. La richiesta di aiuto, lanciata con un telefono satellitare, è stata captata dal Centro di coordinamento della Guardia Costiera italiana, che ha dirottato sul posto la Samuel Beckett. Alle prime luci, il gommone è stato avvistato. Le operazioni di soccorso sono cominciate verso le sette del mattino. Il battello pneumatico era ormai in procinto di afflosciarsi e affondare, a causa del cedimento di un tubolare. I naufraghi erano in parte aggrappati al gommone in avaria mentre altri cercavano di tenersi  a galla a nuoto. Almeno 5, però, erano già morti: i loro corpi senza vita sono stati recuperati nelle acque circostanti e portati a bordo della nave, che è rimasta in zona fino al tardo pomeriggio alla ricerca di eventuali dispersi. Non sono state trovate altre salme.

(Fonte: The Independent)

Italia-Libia (Canale di Sicilia), 19 ottobre 2016

E’ morto poco dopo essere stato trovato in gravi condizioni sul gommone con cui aveva tentato la traversata del Mediterraneo insieme ad almeno altri cento profughi circa. E’ un giovane sui vent’anni, di origine subsahariana. Il battello su cui si era imbarcato è rimasto alla deriva per ore nel Canale di Sicilia, dopo essere salpato dalle coste libiche, probabilmente nella zona compresa tra Sabratha e Zwara, dalla quale nella prima metà di ottobre si sono intensificate le partenze. A intercettarlo è stata la nave Aquarius di Sos Mediterranee, che ha tratto a bordo tutti i naufraghi, tra cui numerose donne e bambini. Quando è stato issato sulla nave, il ventenne era ancora in vita, ma quasi privo di conoscenza: è morto di lì a poco, probabilmente per sfinimento. La Aquarius ha poi fatto rotta verso Catania, dove ha sbarcato 241 profughi: quelli del battello dove era la vittima ed altri tratti in salvo in operazioni di soccorso precedenti. Nelle stesse ore la nave Dignity, di Medici senza Frontiere, ha trasportatno ad Augusta 480 migranti recuperati in vari interventi nel Canale di Sicilia.

(Fonte: Agenzia Agi e Tg-3 Rai delle ore 14,15)

Libia (Sabratha, costa occidentale), 21 ottobre 2016

Decine di vittime (4 morti accertati e da 15 a 25 dispersi) nel naufragio di un gommone che sarebbe stato provocato da una motovedetta della Guardia Costiera libica. Alla tragedia ha assistito l’equipaggio della Sea Watch 2, una delle navi della Ong tedesca impegnata nel soccorso ai migranti nel Mediterraneo. Il gommone, partito con quas 150 profughi a bordo da Sabratha, era arrivato a 14 miglia circa dalla Libia, in acque internazionali, quando ha lanciato una richiesta di aiuto. La Guardia Costiera italiana ha inviato sul posto la Sea Watch 2, che era l’unità più vicina. Stavano iniziando le operazioni di recupero quando è arrivata una motovedetta libica, con l’intenzione evidentemente di costringere imigranti a rientrare in Africa.

L’abbordaggio e il naufragio. La sequenza dei fatti ricostruita dai testimoni di Sea Watch 2 è drammatica. I marinai della motovedetta hanno bloccato i soccorritori mentre stavano già distribuendo i giubbotti di salvataggio e impartivano istruzioni su come muoversi. Contemporaneamnete hanno abbordato il gommone, colpendo con mazze e bastoni alcuni dei profughi. A bordo si è scatenato il panico. In più, nell’urto dell’arrembaggio, ha ceduto il tubolare stagno del battello pneumatico, che ha cominciatio ad afflosciarsi e ad affondare. Tutti i migranti sono finiti in mare. L’equipaggio della Sea Watch 2 è riuscito a trarre in salvo 120 naufraghi. Poco dopo ha recuperato i corpi senza vita di altri quattro. Numerosi cadaveri sono stati visti flottare sulle onde e poi sparire sott’acqua prima di essere raggiunti. Stando alle testimonianze dei superstiti, i dispersi dovrebbero essere almeno 15, forse 25. L’atteggiamento aggressivo dei marinai libici non sarebbe mai cessato, neanche durante i soccorsi prestati dalla Sea Watch 2. I quattro cadaveri e i superstiti soo stati successivamente trasferiti sulla nave norvegese Siem Pilot. Il portavoce della Marina libica ha negato l’incidente, asserendo che anche il coordinamento dell’operazione Sophia non ne è a conoscenza. La Ong Sea Watch ha però confermato la sua versione dei fatti, pubblicando anche alcune foto su facebook.

(Fonti: France Press, Yhaoo News, sito facebook di Sea Watch, L’Avvenire, Digital Journal, Reuters, Siciliamigranti, Libya Observer, Gulf Today)

Libia Italia (Canale di Sicilia), 21/23 ottobre 2016

Alle 19 del gommone affondato al largo di Sabratha dopo l’arrembaggio di una motovedetta libica (4 morti accertati trasferiti dalla Sea Watch 2 sulla Siem Pilot e non meno di 15 dispersi), si sono aggiunte, tra venerdì 21 e sabato 22, nel Canale di Sicilia, almeno altre 34 vittime: 24 di cui è stato possibile recuperare il corpo senza vita e un minimo di altre 10 viste scomparire sott’acqua durante i soccorsi. In tutto, dunque, nei due giorni, sarebbero 53 (le 19 segnalate dalla Sea Watch 2 più le 34 successive). Senza contare, forse, un numero imprecisato di dispersi. Oltre 3.300 le persone tratte in salvo.

Due giorni drammatici. Tra venerdì e sabato, nel Mediterraneo tra la Libia e l’Italia, poche miglia fuori dalle acque territoriali di Tripoli, è scattata l’emergenza, in poche ore, per ben 21 gommoni stracarichi di migranti. Su uno dei primi intercettati c’erano tre cadaveri, poi trasferiti sulla nave Enterprise, che ha fatto rotta verso il porto di Augusta con 619 migranti recuperati in vari interventi. Durante la notte, ancora su un gommone, è stata trovata senza vita una donna di 24 anni in stato di gravidanza: la salma è arrivata a Napoli sulla motovedetta Gregoretti della Guardia Costiera, con 475 naufraghi, la mattina di domenica 23. Sempre durante la notte e alle prime luci dell’alba la Siem Pilot, che aveva già a bordo le 4 salme trasferite dalla Sea Watch 2, ha recuperato altre 13 vittime. Quasi contemporaneamente sono annegati una decina di naufraghi non lontano dalla Dignity 1, una delle navi di Medici senza Frontiere. Nella giornata di sabato, infine, sono stati recuperati ancora 6 corpi, presi a bordo dalla nave Dattilo della Guardia Costiera.

La Siem Pilot. La notte della Siem Pilot è iniziata poco dopo le otto di sera di venerdì, a 20 miglia dalla costa libica, prendendo a bordo i migranti trasferiti da altre unitnà di soccorso. Quasi 900 in poche ore. Le operazioni erano ancora in corso quando – come ha riferito Erik Teigen, un ufficiale di polizia norvegese incaricato della sicurezza – verso le 3 di notte sono stati visti avvicinarsi 12 gommoni scuri, stracarichi. Dalla Siem Pilot ne hanno seguito la rotta nel buio con i fari di ricerca, soccorrendo poi i quattro più vicini. Uno, in particolare, si è spinto quasi sotto la fiancata e molti dei migranti hanno cominciatio a gettarsi in mare per raggiungere a nuoto la nave. Il battello di salvataggio messo in acqua dai soccorritori ha recuperato 24 persone. Quando si è avuta la certezza che in mare non ci fosse più nessuno, l’unità norvegese, con a bordo 17 salme (incluse quelle della Sea Watch 2) e 1.093 migranti tratti in salvo, ha fatto rotta su Palermo, dove è arrivata la mattina di lunedì 24. Altri 814 migranti sono sbarcati a Reggio Calabria con la Bourbon Argos,, 285 a Taranto con la Aquarius, 412 a Messina con la Werra, 772 a Pozzallo con la Beckett.

Morti: inchiesta della Procura di Palermo. Secondo quanto ha detto Erik Teigen, la maggior parte delle vittime (tra cui 3 bambini) prese a bordo della Siem Pilot, sono morte probabilmente per soffocamento, disidratazione, ipotermia o sfinimento. Stando alle prime analisi dei medici legali a Palermo, tuttavia, non sono eslcusi feroci pestaggi da parte dei trafficanti prima o al momento dell’imbarco. In particolare presenta gravi lesioni il corpicino di una bambina di tre anni, mentre quelli di alcuni uomini hanno ferite da arma da fuoco. Alcuni migranti hanno raccontato di essere stati aggrediti da miliziani prima della partenza. La Procura di Palermo ha aperto un’inchiesta.

I dieci annegati. E’ accaduto nel pieno delle operazioni di salvataggio. Come già in altre circostanze simili e come stava anzi avvenendo a breve distanza, intorno alla Siem Pilot, da uno o più gommoni arrivati verso la Dignity 1, che stava accostando per i soccorsi, numerosi migranti, prima ancora che la nave arrivasse, probabilmente per la ressa e la concitazione, sono caduti in acqua e sono annegati. Almeno 10, secondo quanto ha potuto vedere a distanza Erik Teigen dalla Siem Pilot. Dalla Dignity 1, che ha recuperato centinaia di naufraghi, è arrivata la conferma che ci sarebbero stati anche dei morti, senza precisare il numero. La nave ha poi fatto rotta per Trapani con a bordo 552 migranti e una salma, recuperata su uno dei gommoni durante la notte tra venerdì 21 e sabato 22 ottobre.

(Fonti: Ansa, Repubblica, Il Messaggero, Digital Journal, Rai News, Nine News, Repubblica, Tg La 7, La Stampa)

Libia Italia (Canale di Sicilia), 25/26 ottobre 2016

Trovati 39 cadaveri durante il soccorso ad alcuni gommoni carichi di profughi nel Canale di Sicilia: 29 dalla nave Bourbon Argos di Medici Senza Frontiere; 1 dalla Sea Watch della Ong tedesca Jugend Rettet; 9 presi a bordo dalla nave Navarro della Marina Militare italiana. Particolarmente drammatico l’intervento della Bourbos Argos, affiancata nella seconda fase dell’operazione dalla Sea Watch.

La Bourbos Argos. L’allarme è scattato la mattina di martedì 25 ottobre, in seguito alle richieste di aiuto per quattro gommoni arrivate alla centrale operativa della Guardia Costiera a Roma, che ha coordinato gli interventi facendo confluire sul posto un pattugliatore maltese inserito nel dispositivo di Frontex, la Bourbos Argos e la Sea Watch. I quattro battelli, salpati quasi alla stessa ora, sono stati intercettati diverse miglia fuori dalle acque territoriali di Tripoli: trasportavano complessivamente quasi 500 migranti. Sul primo raggiunto dalla Bourbon Argos, a circa 24 miglia dalla Libia, si trovavano ammassate 107 persone: durante le operazioni di trasbordo si è scoperto che sul fondo c’erano numerosi cadaveri, almeno 11. Stavano per essere recuperati quando la nave è stata investita di un’altra emergenza: un gommone alla deriva nelle vicinanze, con 139 profughi. Tratti  in salvo anche questi naufraghi, l’equipaggio di Msf è tornato ad occuparsi del primo battello, constatando che i morti erano in realtà non 11 ma 29. Il recupero si è rivelato particolarmente difficile  e lento, perché i corpi erano incastrati tra di loro e tra i rottami della plancia di legno. “Giacevano sul fondo – ha riferito Michele Telaro, capo progetto di Msf a bordo della nave – probabilmente vittime di asfissia, sommersi in una strato di benzina e acqua di mare. Ci sono volute tre ore per i primi 11 cadaveri: il mix acqua e carburante era talmente forte che non potevamo restare sul gommone troppo a lungo. Essendo ormai buio e non volendo rimandare l’intervento all’indomani, è stato chiesto il supporto della Sea Watch, che ha preso a bordo le altre 18 salme. L’operazione è andata avanti ancora per ore nel corso della notte.

La vittima della Sea Watch. Prima di iniziare l’intervento di supporto per il recupero dei 18 cadaveri ancora a bordo del battello  intercettato dalla Bourbon Argos,  la Sea Watch aveva trovato a sua volta un profugo morto su un gommone alla deriva, soccorso a poche miglia di distanza. La salma è stata trasferita sulla nave di Medici Senza Frontiere prima di iniziare le operazioni di recupero dei 18 corpi rimasti sul gommone e che sono poi stati presi a bordo dell’unità tedesca, mentre nell’obitorio della Bourbon Argos ne sono rimasti 12: gli 11 recuperati nella prima fase e quello trovato dalla Sea Watch.

I nove morti della Navarro. Altri gommoni in difficoltà sono stati segnalati, nel Canale di Sicilia, tra lunedì 24 e martedì 25, in acque internazionali, ma a poche miglia dal limite di quelle libiche. Anche su questi c’erano dei profughi morti, 9 in tutto, presi a bordo dalla nave Navarro, che è giunta mercoledì 26, nella tarda mattinata, nel porto di Catania con 730 migranti tratti  in salvo in più operazioni di soccorso. Sempre mercoledì 26, ma a Messina, è approdata la nave Dattilo con le 6 salme prese a bordo sabato 22 e 1.037 migranti soccorsi negli ultimi giorni.

Perché tanti morti. Si è moltiplicato il numero delle vittime a bordo dei gommoni. In precedenza casi del genere erano abbastanza rari. Il motivo è che i trafficanti da qualche mese caricano ancora di più i battelli e li mandano allo sbaraglio, spesso con la benzina appena sufficiente ad uscire dalle acque libiche e quasi sempre ormai senza neanche il telefono satellitare che veniva consegnato per chiedere aiuto e segnalare la posizione. In queste condizioni il naufragio è quasi certo, tanto più che i natanti usati non sono assolutamente in grado di reggere il mare. E’ emblematica la vicenda del gommone con i 25 morti. Secondo una ricostruzione presumibile, la plancia in legno che assicura l’assetto del battello, non ha retto al peso delle oltre 130 persone a bordo e ai colpi delle onde: si è frantumata e i tubolari laterali si sono accostati, riducendo il già esiguo spazio disponibile. Le persone che erano al centro sono così rimaste schiacciate e soffocate. Si spiegherebbe in questo modo perché tra le vittime ci siano tante donne e bambini, i più deboli nella ressa di decine di disperati. Le esalazioni del mix di acqua salata e carburante hanno fatto il restno. I profughi si rendono conto probabilmente di questo ulteriore rischio, ma sono costretti a salire a bordo ugualmente: ecco forse perché, tra i naufraghi sbarcati, a parecchi sono stati riscontrati segni di bastonate e ferite, anche di arma da fuoco. Qualche testimone ha parlato di veri e propri pestaggi.

(Fonte: Ufficio Stampa di Medici Senza Frontiere, Avvenire, Repubblica, Corriere del Mezzogiorno, La Stampa, Ansa Sicilia)

Libia-Italia (Canale di Sicilia e Catania), 26/27 ottobre 2016

Nella notte tra il 26 e il 27 ottobre, sulla nave Vos Hestia di Save the Children sono state trasbordate 2 salme e 169 persone salvate dalle navi Sea Eye e Iuventa su un gommone e su una piccola barca di legno: il primo cadavere era sul battello pneumatico, l’altro è stato trovato in mare poco distante. Il bilancio di morte dei giorni 25 e 26 ottobre aumenta dunque di 2 vittime. La mattina del 26 la Vos Hestia aveva preso a bordo anche i 18 corpi senza vita recuperati su un gommone semi affondato dalla Sea Watch della Ong tedesca Jugend Rettet insieme alla Bourbon Argos di Medici Senza Frontiere. In serata, prima di incontrarsi con la Sea Eye e la Iuventa, i 120 migranti salvati dalla Beckett della Marina Irlandese. I 20 cadaveri e i circa 290 migranti tratti in salvo sono stati sbarcati il giorno 28 nel porto di Catania.

(Fonte: Ufficio Stampa Save the Children, Rainbow for Africa, Askanews, Immezla, Ultima Tv).

Libia (Garaboulli-Tajoura), 26/27 ottobre 2016

Morti o dispersi 97 migranti nel naufragio di un gommone davanti alle coste libiche. Il battello era partito alle prime luci del 26 ottobre da Garaboulli, il porto sulla costa occidentale della Libia, a circa 50 chilometri da Tripoli, diventato uno dei principali punti d’imbarco usati dai trafficanti. A bordo, secondo quanto ha riferito la mattina del giorno 27 il portavoce ufficiale della Marina, Ayoub Kassem, c’erano 126 persone. Il naufragio è avvenuto al largo di Tajoura, a est di Tripoli, proprio durante le operazioni di soccorso. La scena è stata filmata da un marinaio dell’unica nave, la petroliera libica Anwaar al Khaleej, giunta sul posto rispondendo alla richiesta di aiuto. Dalle immagini (messe su youtube) appare evidente che la tragedia, oltre che alle condizioni precarie del natante dei migranti, è stata provocata dalla mancanza di mezzi e tecniche di salvataggio adeguati, come spesso accade in caso di interventi di unità mercantili. Dalla nave sono state gettate lungo la fiancata una scaletta e forse anche una fune, senza però calare in acqua scialuppe o naviglio minore e giubbotti salvagente. Il gommone, sovraccarico e difficilmente governabile nel mare agitato, è riuscito comunque ad accostarsi alla petroliera, vicino alla scaletta di corda. A quel punto l’inesperienza e il panico hanno scatenato la ressa per cercare di salire. Molti sono caduti fuoribordo, annegando in pochi minuti. Poi il battello ha ceduto: ha cominciato a sgonfiarsi, a imbarcare acqua dalla poppa e ad affondare. Solo 29 naufraghi, quelli che si trovavano più vicini alla scala e sono riusciti ad arrampicarsi per primi lungo la fiancata, hanno potuto salvarsi. Buona parte dei corpi senza vita degli altri sono stati trascinati lontano dalle onde e dalle correnti.

(Fonte: La Stampa, Ansa Mondo, Ansa Med, Repubblica edizione di Palermo).

Libia-Italia (Canale di Sicilia e Augusta), 27 ottobre 2016

Cinquantuno migranti morti, finiti in acqua durante la navigazione dalla Libia a causa delle cattive condizioni del mare, del sovraccarico e della pessima qualità dei gommoni, che non sono in grado di reggere la traversata. Lo hanno denunciato alcuni dei compagni sopravvissuti, dopo lo sbarco in Italia. La tragedia – stando a quello che hanno raccontato – sarebbe maturata in pieno Canale di Sicilia tra venerdì 21 e sabato 22, due dei giorni più drammatici e convulsi per l’arrivo quasi contemporaneo di oltre 20 battelli, ciascuno con non meno di 120/130 persone a bordo. Gli autori della denuncia fanno parte del gruppo di 619 migranti tratti in salvo in varie operazioni e presi a bordo dalla nave Enterprise, che poi ha fatto rotta verso il porto di Augusta, dove è arrivata lunedì 24. Una volta a terra, appena è possibile, molti dei profughi vengono ascoltati dalla polizia per avere elementi utili alle indagini sul traffico di esseri umani. E’ stato appunto nel corso di questi colloqui che i testimoni hanno riferito quanto era accaduto ad agenti del Gruppo Interforze della Procura di Siracusa per la lotta all’immigrazione clandestina.

(Fonte: La Repubblica, Ansa Sicilia, Rai News)

Libia-Italia (Canale di Sicilia e Augusta), 27 ottobre 2016

La salma di un giovane profugo, trovato senza vita su un gommone, è stata sbarcata ad Augusta dalla nave mercantile danese Maersk Edward, giunta in porto con a bordo 339 naufraghi, in maggioranza subsahariani, salvati nel Mediterraneo, al largo della Libia. I migranti erano su tre battelli pneumatici alla deriva già da ore quando sono stati intercettati nel Canale di Sicilia dalle unità mobilitate per i soccorsi, tra le quali appunto la Maersk Edward, che poi ha fatto rotta verso l’Italia.

(Fonte: La Repubblica edizione di Palermo, Ansa Sicilia)

Libia (Janzour-Sabratha), 26/29 ottobre 2016

Circa 250/260 vittime (75 morti di cui è stato recuperato il corpo e quasi 180 dispersi) nel naufragio di due gommoni al largo della Libia, in acque territoriali di Tripoli. Solo 37 i superstiti: 8 del primo gommone (tutti duramente provati, tanto da dover essere ricoverati in ospedale) e 29 del secondo, affidati alle cure di Medici Senza Frontiere. E la tragedia – sviluppatasi nell’arco di quattro giorni, dal 26 al 29 ottobre – potrebbe essere anche molto più grave, perché si ignora la sorte di un terzo gommone.

Il primo gommone. Il battello faceva parte di un gruppo di tre salpati mercoledì 26 da Sabratha, ciascuno con a bordo 140/150 migranti subsahariani. Il mare mosso e il vento hanno presto messo in difficoltà i tre gommoni, che si sono persi di vista. “Dopo alcune ore – ha raccontato uno dei sopravvissuti – ci siamo perduti. Non sapevamo cosa fare. Molti sono annegati. Il nostro battello è stato trascinato lontano dalle onde e spinto verso la costa”. Nelle ore successive le condizioni meteomarine sono peggiorate. Venerdì mattina, a quasi due giorni dalla partenza, quel gommone è stato avvistato qualche chilometro al largo della Libia: era in balia delle correnti all’altezza di Janzour, sobborgo della zona ovest di Tripoli. In soccorso si sono lanciati due giovani libici, che hanno fatto la spola più volte dalla spiaggia fino ai naufraghi con una moto d’acqua. Alla fine sono riusciti a riportarne a riva 8. Gli altri sono scomparsi nella burrasca. A partire dal giorno dopo, sabato 29, e sino al primo novembre, sono approdati sulla costa di Janzour, sospinti dalle onde, 23 cadaveri. Sempre tra sabato 29 ottobre e martedì 1 novembre, 10 salme sono state recuperate sulla spiaggia di Sabratha e 42 su quella di Zuwara, circa 30 chilometri più a ovest.

Il secondo gommone. Il battello è naufragato verso le 5 del mattino del 27 ottobre all’interno delle acque territoriali libiche. A bordo, a detta dei superstiti, c’erano circa 150 migranti. Orario, posizione e numero degli occupanti indurrebbero a credere che si tratti del secondo dei tre natanti salpati da Sabratha il giorno prima. Alcuni dei 29 sopravvissuti hanno raccontato che dopo ore di navigazione, prima dell’alba, quando pensavano di essere ormai a non più di mezz’ora dalle acque internazionali, il gommone ha cominciato a sgonfiarsi per un’avaria ed è affondato. Un’unità della Guardia Costiera libica ha raggiunto i naufraghi due ore dopo la richiesta di aiuto, riuscendo a recuperarne 29, che sono stati condotti a Tripoli, dove hanno segnalato a Medici Senza Frontiere che circa 120 compagni erano scomparsi in mare. E’ credibile che siano appunto di alcuni di questi i corpi affiorati sabato sul litorale di Sabratha e anche di Zuwara, nonostante la distanza di circa 30 chilometri.

Il terzo gommone. Non è noto quale sia stato il destino del terzo gommone salpato da Sabratha mercoledì 26 insieme quello finito poi a Janzour e quello soccorso dalla Guardia Costiera. Tra il 26 e il 29 non si ha notizia di grosse operazioni di salvataggio nel Canale di Sicilia. Non è da escludere, dunque, che sia affondato anche questo e che magari appartengano almeno in parte ai migranti che erano a bordo i cadaveri visti flottare vicino alla riva e sospinti dalle correnti sulle spiagge di Sabratha e Zuwara tra sabato 29 ottobre e martedì 1 novembre.

(Fonti: Libya Observer, Medici Senza Frontiere, Reuters, Libyan Express)

Italia-Libia (Lampedusa e Tripoli), 2/3 novembre 2016

Morti o dispersi 249 migranti nel naufragio di due gommoni, nel Canale di Sicilia, tra la Libia e Lampedusa. Solo 29 i superstiti. Dodici i corpi senza vita recuperati. Tutti gli altri naufraghi risultano dispersi. I due battelli, salpati da una località a breve distanza da Tripoli, sulla costa a ovest, procedevano a breve distanza l’uno dall’altro: sul primo c’erano 138 persone, sul secondo 140. Il mare superiore a forza 4 ha reso molto difficile la navigazione, tanto più per battelli così sovraccarichi e assolutamente inadatti ad affrontare la traversata del Canale di Sicilia. Quando sono stati intercettati erano a circa 25 miglia a nord della costa libica. Sul posto, per le operazioni di salvataggio, sono confluite cinque navi, coordinate dalla centrale operativa della Guardia Costiera di Roma. Prima ancora che i soccorsi arrivassero, però, un gommone si è rovesciato e l’altro ha cominciato ad affondare. Dei 138 naufraghi del primo, solo 2 si sono salvati; 27, invece, dei 140 del secondo. La nave norvegese Siem Pilot ha recuperato in mare 12 salme. Nessuna traccia degli altri. Inizialmente non si è avuta la percezione esatta delle dimensioni della sciagura. Solo dal racconto dei superstiti, sbarcati nella notte tra il 2 e il 3 novembre a Lampedusa, si è scoperto che le vittime, tra morti e dispersi, del primo gommone sono 136 e 113 quelle del secondo, per un totale di 249. Tra i dispersi c’è anche un bambino di 2 anni. Una donna ha raccontato di essersi salvata aggrappandosi a un cadavere. La notte stessa è stato necessario trasferire in elicottero a Palermo due dei superstiti: uno presenta gravi ustioni da benzina, l’altro ha avuto forti attacchi epilettici.

“Profugo ucciso all’imbarco”. “Per costringerci a imbarcarci hanno ucciso come monito uno di noi”. Lo hanno raccontato alcuni superstiti a Pietro Bortolo (il medico del poliambulatorio di Lampedusa), il quale a sua volta lo ha riferito a un cronista del Giornale di Sicilia. I profughi, che erano stati tenuti segregati per due mesi in un magazzino dai trafficanti, al momento di salire a bordo si sono accorti che i gommoni erano troppo malandati per poter reggere la traversata, tanto più che il mare era molto mosso. Per vincerne la resistenza, allora, i trafficanti non avrebbero esitato a sparare a un uomo, uccidendolo. Le vittime, dunque, sarebbero in tutto 250.

(Fonti: La Stampa, Repubblica, Reuters, Agenzia Ansa, Il Fatto Quotidiano, Il Giornale di Sicilia, Vita)

Italia-Libia (Canale di Sicilia), 3 novembre 2016

Una giovane donna originaria del Mali è morta “schiacciata” per fare da scudo ai due figlioletti con il proprio corpo nella ressa che si è scatenata tra i migranti a bordo di un gommone che minacciava di affondare. La tragedia è avvenuta in mare aperto: dopo circa 5 ore di navigazione il battello si è quasi spaccato in due e gran parte degli occupanti si sono precipitati verso la prua, travolgendo la donna, che cercava di proteggere dalla calca i suoi due piccoli, una bimba di 8 anni e un bimbo di 6. La salma è rimasta sul natante semi affondato, dove l’hanno poi trovata i soccorritori: portata sulla Vos Hetia, la nave di Save the Children, è stata sbarcata domenica 6 novembre nel porto di Pozzallo. Nella stessa giornata sono stati tratti in salvo complessivamente 766 migranti, che erano alla deriva su 5 gommoni, un barchino e una piccola barca a vela. Gli interventi si sono rivelati molto difficili per le cattive condizioni meteomarine, con mare forza 4/5 e vento teso. Alle operazioni hanno partecipato la nave Dattilo, la motovedetta Cp 940 della Guardia Costiera, l’unità spagnola Rio Segura inserita nel dispositivo di Frontex, le navi Topaz Responder e Phoenix della Ong Moas, la Vos Hestia e la Juventa della Ong tedesca Jugend Rettet.

(Fonte: Ansa Sicilia)

Libia-Italia (Canale di Sicilia), 5 novembre 2016

I corpi di 11 migranti sono stati recuperati durante una serie di operazioni di soccorso nel Canale di Sicilia. Le salme erano tutte e bordo dello stesso gommone, intercettato a circa 40 miglia dalla costa libica. In base ai sacchi peri cadaveri composti dai soccorritori, si è parlato inizialente di 10 vittime, ma a bordo della nave Dattilo è poi emerso che in uno dei contenitori c’erano i corpicini di due bambini molto piccoli. Nell’arco della giornata sono stati effettuati 15 interventi, che hanno consentito di trarre in salvo 2.185 persone dirette verso l’Italia. Alle operazioni, coordinate dalla centrale di Roma, hanno partecipato le navi Dattilo e Diciotti della Guardia Costiera, la Libra della marina militare italiana, una unità della marina spagnola inserita nel programma Frontex e alcune navi di organizzazioni non governative. Le salme sono state sbarcate dalla Dattilo nel porto di Palermo, insieme a circa 1.000 dei migranti soccorsi.

(Fonte: Agenzia Ansa, Repubblica, La Stampa)

Libia (Homs), 6 novembre 2016

Il cadavere di un giovane subsahariano è stato trovato su un gommone con a bordo 116 migranti bloccato dalla Guardia Costiera libica al largo del porto di Homs, 130 chilometri a est di Tripoli. Secondo quanto ha riferito il portavoce della Marina, Ayoub Qasim, il battello è stato intercettato a poco più di un miglio dalla costa e comunque abbondantemente all’interno delle acque libiche: navigava lentamente, forse a causa del sovraccarico e del mare agitato. I migranti, provenienti da vari paesi africani, sono stati fatti sbarcare a Homs e affidati alla Mezzaluna Rossa, prima di essere trasferiti in un centro di detenzione in vista del rimpatrio forzato. E’ in questa fase che sul fondo del gommone è stato trovato il corpo senza vita. L’operazione è stata condotta in collaborazione con la Guardia Costiera italiana: può essere una anticipazione del blocco in prossimità delle coste africane ad opera della Marina libica a cui mira presumibilmente l’accordo stipulato tra Roma e Tripoli nel mese di agosto. Colpisce inoltre che il battello sia salpato dalla zona di Homs, non una novità in assoluto ma sicuramente un porto finora usato pochissimo dai trafficanti, le cui basi d’imbarco sono soprattutto nei dintorni di Tripoli e più a ovest, verso Sabratha e Zuwara. Forse è il segnale che si stanno cercando altre “vie di fuga”, per eludere i controlli della polizia e della guardia costiera.

(Fonte: The Libya Observer)

Libia-Italia (Canale di Sicilia), 6/7 novembre 2016

Quattro morti, 3 dei quali proprio durante le operazioni di salvataggio, su due gommoni intercettati nel Canale di Sicilia. Il primo battello è stato raggiunto dalla nave Diciotti, della Guardia Costiera. Era partito diverse ore prima dalla Libia, con circa 100 migranti. Il trasbordo era appena iniziato quando lo scafo ha ceduto, sopaccandosi quasi in due. Gran parte degli occupanti sono caduti in acqua e tre sono annegati prima che i soccorritori potessero raggiungerli. Anche sul secondo gommone c’erano un centinaio di persone. A raggiungerlo per prima è stata una nave di Medici Senza Frontiere. Sono stati gli stessi naufraghi a segnalare che sul fondo del battello c’era il corpo di un loro compagno, morto durante la traversata. La salma è stata recuperata e sistemata nell’obitorio di bordo in attesa di essere sbarcata in Sicilia.

(Fonte: Ansa Sicilia, Il Giornale di Sicilia, Stretto Web, Tg Com 24).

Libia-Italia (Canale di Sicilia), 14/15 novembre 2016

Sei morti e non meno di 130 dispersi nei naufragi di due gommoni avvenuti nello stesso tratto di mare, nel Canale di Sicilia, a poca distanza di tempo e a poche miglia l’uno dall’altro. Le persone salvate sono in tutto 129.

Primo naufragio, 130 dispersi. La prima sciagura è stata segnalata da una petroliera danese, la Maersk Erin, circa 30 miglia al largo della Libia. La nave ha avvistato alcuni uomini nel mare in burrasca ed ha dato l’allarme alla centrale operativa della Guardia Costiera, a Roma, iniziando contemporaneamente le operazioni di soccorso. Sono stati tratti in salvo 15 naufraghi, alcuni dei quali, una volta a bordo della Maersk Erin, hanno subito segnalato che decine di compagni erano dispersi. Le ricerche sono continuate, mentre sul posto convergevano diverse unità inviate dalla centrale di Roma, ma non è stata trovata traccia né di altri superstiti, né di corpi senza vita, né del gommone affondato. I 15 sopravvissuti sono stati trasferiti dalla petroliera sulla nave Diciotti, che è arrivata martedì sera a Catania. Basandosi sul numero medio di migranti che i trafficanti costringono a salire sui gommoni, si erano stimati inizialmente circa 100 dispersi. In realtà dovrebberop essere almeno 130 perché, dopo lo sbarco a Catania, alcuni dei migranti tratti in salvo hanno dichiarato all’Unhcr che al momento della partenza sul gommone poi naufragato erano in circa 150.

Secondo naufragio, 6 morti. Il secondo episodio riguarda un gommone soccorso dalla Aquarius, l’unità della Ong Sos Mediterranee, che opera in collaborazione con Medici Senza Frontiere. Il battello era salpato dalle coste libiche verso le due del mattino di lunedì 14 novembre. Dopo alcune ore, il mare mosso e il sovraccarico lo hanno reso pressoché ingovernabile.Quando la Aquarius lo ha raggiunto, era in procinto di affondare: aveva imbarcato molta acqua e si stava sgonfiando. Alcuni dei migranti erano caduti fuoribordo, altri cercavano di aggrapparsi alle parti del natante ancora in grado di galleggiare. I soccorritori sono riusciti a salvare 114 persone, in parte recuperate in mare, altre ancora sul battello. In fondo al gommone, inoltre, c’erano 5 cadaveri. Un altro migrante è morto proprio durante i soccorsi: è annegato e sparito tra le onde prima che potesse essere raggiunto.

(Fonti: Ufficio Stampa di Medici Senza Frontiere, Agenzia Ansa, Repubblica, Corriere del Mezzogiorno, Il Giornale di Sicilia, La Sicilia, La Stampa, Il Fatto Quotidiano, Il Messaggero)

Libia-Italia (Canale di Sicilia), 15 novembre 2016

Quattro migranti morti e 95 dispersi, per un totale di 99 vittime. Altri 23 sono stati salvati. E’ il bilancio del naufragio di un gommone avvenuto a meno di 30 miglia dalla Libia. L’allarme è stato lanciato dalla Juventa, una delle navi della Ong tedesca Jugend Rettet, che incrociava in quel tratto di mare nell’ambito delle operazioni di soccorso ai natanti carichi di profughi. Quando è stato avvistato, il battello era già capovolto: tutt’intorno, in acqua o aggrappati alle parti ancora emerse, c’erano diversi naufraghi. I soccorritori sono riusciti a raggiungerne 23 e a trarli in salvo. Sono stati recuperati, inoltre, quattro corpi senza vita. Nessuna traccia degli altri. Una volta a bordo, i superstiti hanno raccontato di essere partiti la mattina verso le 6: erano in 122, tra cui 10 donne e numerosi minorenni, ma nessun bambino sotto i 15 anni. Sovraccarico e in cattive condizioni, il gommone non ha retto al mare in tempesta e si è ribaltato. I naufraghi sono rimasti in acqua per ore, fino all’arrivo della Juventa. Delle 10 donne se ne è salvata soltanto una. Il testimone che ha ricostruito la tragedia ha perso un fratello di 15 anni. I sopravvissuti e le 4 salme sono stati trasferiti sulla nave Aquarius, che già aveva a bordo i 5 cadaveri recuperati il giorno prima su un gommone in procinto di affondare con 115 persone, una delle quali è annegata proprio durante i soccorsi.

(Fonti: Ufficio Stampa di Medici Senza Frontiere, Digital Journal, Agenzia Ansa, Il Giornale di Sicilia)

Libia-Italia (Tripoli e Canale di Sicilia), 14/16 novembre 2016

Centotre vittime (6 morti e 97 dispersi) su un gommone carico di migranti affondato dopo essere rimasto alla deriva per oltre due giorni nel Canale di Sicilia. Altri 27 profughi sono stati tratti in salvo. Si tratta dell’ultimo dei quattro gommoni che, insieme a un barchino in legno, sono stati intercettati tra lunedì 14 e mercoledì 16 al largo della Libia, con 580 persone recuperate in mare. Era partito dalla costa vicino a Tripoli verso le due del mattino di lunedì. A bordo erano in 130. Alla stessa ora e dalla stessa spiaggia è salpato un altro battello con 110 migranti. In tutto, dunque, 240: i trafficanti li hanno obbligati con la forza a partire nonostante il mare in burrasca, trainandoli e scortandoli al largo per circa due ore. Una volta in mare aperto – hanno raccontato i superstiti – uno degli scafisti, armato di pistola, li ha costretti a consegnare tutti i giubbotti salvagente che avevano e si è portato via anche il motore. Il battello è così rimasto alla deriva, in balia del mare in tempesta, ed ha perso il contatto con l’altro gommone. La burrasca lo ha spinto al largo, senza alcuna possibilità di governare, per più di 48 ore. Poi, nel primo pomeriggio di mercoledì 16, uno dei tubolari pneumatici si è bucato ed ha cominciato a sgonfiarsi. In breve tempo il gommone non è stato più in grado di galleggiare, imbarcando acqua e affondando sempre più rapidamente. Molti dei migranti sono caduti in acqua, sparendo tra le onde. La tragedia era quasi all’epilogo quando, a circa 55 miglia dalla Libia, il battello è stato raggiunto dalla nave Enterprise della Marina Militare britannica. Dei 130 profughi partiti da Tripoli se ne sono salvati solo 27, quelli che hanno avuto la forza di aggrapparsi alle parti del battello che ancora galleggiavano. Le ricerche hanno portato al recupero anche di 6 corpi senza vita. Dispersi in mare tutti gli altri. I 27 sopravvissuti e le salme sono stati trasferiti il giorno 17 sulla nave Bourbon Argos di Medici Senza Frontiere. Non è noto che fine abbia fattno l’altro gommone salpato verso le due di lunedì dallo stesso tratto di litorale vicino a Tripoli: potrebbe essere uno di quelli soccorsi ma potrebbe anche essere sparito con il suo carico di disperati.

(Fonti: Ufficio Stampa Msf, Il Giornale di Sicilia, Repubblica, Ansa, La Stampa, The Independent)

Grecia (isola di Thasos), 16 novembre 2016

Trovati 4 migranti morti su una barca alla deriva al largo dell’isola greca di Thasos, nell’Egeo nord orientale. Quando è stato raggiunto dalla Guardia Costiera, il battello, in forti difficoltà per il mare mosso, era a circa 15 miglia nautiche dalla riva. A bordo i soccorritori hanno trovato 19 uomini: quattro avevano perso conoscenza ma anche gli altri erano fortemente provati, tutti in stato di ipotermia. Sul fondo, inoltre, c’erano altri quattro uomini, di età compresa tra i 20 e i 40 anni, morti durante la traversata. E’ probabile che a ucciderli sia stato il freddo. L’isola di Thaso, situata a poche miglia dalla costa continentale della Tracia, quasi di fronte al porto di Kavala, è fuori ed anzi molto distante dalla rotta tradizionale dell’immigrazione dall’Anatolia alle isole egee. Evidentemnete i profughi, per eludere il blocco della polizia di frontiera turca, hanno tentato una via di fuga diversa ma molto più lunga e pericolosa, specie in condizioni marine avverse e con il freddo invernale.

(Fonte: The Local).

Turchia-Grecia (Didim-Leros), 18 novembre 2016

Sei morti e tre dispersi, per un totale di 9 vittime, nel naufragio di una piccola barca di profughi nell’Egeo, al largo delle coste turche. L’imbarcazione, in vetroresina, era salpata dalla zona di Didim, un porto della provincia di Aydin, nel sud est della penisola anatolica, eludendo la sorveglianza della polizia e della Guardia Costiera turche. A bordo erano saliti in 13, tutti siriani, intenzionati a raggiungere una delle isole greche, forse Leros, la più vicina, o Samo. Il mare era mosso ma i migranti hanno scelto di partire ugualmente, magari pensando che proprio le condizioni meteomarine avverse avrebbero rallentato i controlli lungo le coste. La navigazione si è presto rivelata difficile. Erano già in mare aperto quando la barca si è rovesciata e sono tutti finiti in acqua. Il soccorso è stato organizzato dalla Guardia Costiera turca, ma quando una motovedetta è giunta sul posto solo 4 naufraghi erano ancora in vita, aggrappati al battello capovolto. Di altri 6 sono stati recuperati i corpi. Nessuna traccia degli ultimi tre. I superstiti sono stati riportati a Didim.

(Fonti: Hurriyet Daily News, Dogan Agency, Ticinonline).

Italia (Bolzano), 21 novembre 2016

Un ragazzo eritreo è stato ucciso da un treno alla stazione di Bolzano mentre stava tentando di saltare su un “merci” diretto al Brennero. Aveva solo 17 anni: si chiamava Abeil Temesgen. A Bolzano era arrivato la mattina del giorno stesso dell’incidente, lunedì 21, con tre compagni, proveniente da Verona. Hanno aspettato  insieme fino alla sera, cercando l’occasione buona per nascondersi su un convoglio per l’Austria e varcare così il confine eludendo i controlli e il blocco: volevano andare i n Germania, dove vive un fratello di Abeil. Quando si è fatto buio, hanno scelto un “merci” in partenza per il nord ed hanno cercato di raggiungerlo correndo tra i binari, senza accorgersi che stava arrivando dal Brennero un altro treno. Tre sono riusciti a schivarlo, Abeil è stato travolto in pieno ed è morto.

Una storia emblematica. La storia di Abeil è emblematica della tragedia dei profughi anche dopo la traversata del Mediterraneo. E’ arrivato in Italia all’inizio dell’estate, dopo aver trascorso 8 mesi in Libia in un centro di detenzione. Una volta sbarcato, si è fatto identificare e registrare come sedicenne, poi è fuggito dal centro accoglienza ed ha raggiunto Roma, dove si è fermato al Baobab di via Cupa, il centro accoglienza “spontaneo”, tappa usuale di centinaia di “transitanti”, che la polizia ha chiuso il 30 settembre. Lo stesso 30 settembre, fermato durante l’operazione di smantellamento del Baobab, è stato accompagnato al “rifugio” della Croce Rossa di via del Frantoio, nel quartiere Tiburtino, dove si è fatto identificare come ventunenne, evidentemengte per sottrarsi al sistema di assistenza riservato ai minorenni. In carico alla Cri di Roma è rimasto per un mese e mezzo. Il 14 novembre gli era statio fissato il colloquio per la relocation in un altro paese europeo, ma proprio quella mattina, tre ore prima dell’appuntamento in Questura, è fuggito insieme a un altro ragazzo eritreo, Filmon Afewerki, facendo perdere le proprie tracce. “Siamo rimasti sorpresi – ha detto Amr Adam, interprete della Cri – La sua pratica era pronta. Evidentemente, però, non si fidava più ed era stanco di aspettare. Con tutti i ritardi accumulati dal sistema, sono in tanti ad aver perso ogni fiducia”. Così è sparito. E’ ricomparsio la mattina del 21 novembre a Bolzano, con i tre compagni, tra cui probabilmente anche Filmon. Alla stazione alcuni operatori sociali hanno offerto loro un posto dove passare la notte, ma hanno rifiutato e si sono allontanati. Fino a che hanno tentato di prendere al volo quel “merci” per il Brennero.

(Fonte: Alto Adige online, Amr Adam interprete della Cri)

Bulgaria (Kosovo, confine con la Serbia), 21/22 novembre 2016

Un giovane profugo afghano è morto nel tentativo di passare il confine tra la Bulgaria e la Serbia. Il suo corpo senza vita è stato trovato la mattina del giorno 22 nel chiosco abbandonato di una stazione di servizio, alle porte del villaggio bulgaro di Kosovo, provincia di Vidin’s, a meno di un chilometro dalla linea di frontiera. Indossava abiti leggeri, nonostante il freddo invernale. Secondo la polizia deve essersi rifugiato in quel chiosco il giorno prima o durante la notte, in attesa di trovare il modo di passare il confine, ma è stato stroncato dalla fame, dalla fatica e dal freddo. La zona di Kosovo è infatti uno dei principali punti di transito clandestino tra la Bulgaria e la Serbia: il giorno prima del ritrovamento di quel giovane ormai senza vita, la polizia bulgara ha bloccatio altri 41 profughi. Quel ragazzo è sfuggito ai controlli ma probabilmente non ha avuto le forze per proseguire.

(Fonte: Bordermonitoring Bulgaria)

Libia-Italia (Canale di Sicilia), 22 novembre 2016

Trovati 8 cadaveri durante le operazioni di soccorso a nove gommoni e a una barca di legno alla deriva al largo della Libia. C’è anche un numero imprecisato di dispersi: quasi sicuramente almeno 10. L’allarme è scattato nelle prime ore del mattino, in seguito a varie segnalazioni giunte alla centrale operativa della Guardia Costiera a Roma, che ha mobilitato la nave Diciotti e unità di varie Ong, tra le quali Save the Children, Moas e Life Boat. Sono stati tratti in salvo complessivamente oltre mille migranti. I profughi morti erano su due dei battelli soccorsi, uccisi probabilmente da ipotermia e sfinimento: 7 sul primo, intercettato dalla Diciotti, e uno sul secondo, recuperato dalla Topaz Responder, unità della Ong Moas. Quest’ultimo, quando è stato raggiunto, era in procinto di affondare. A bordo c’erano 117 persone, tra cui alcuni bambini. Il corpo senza vita recuperato è della madre di due di questi. I superstiti hanno segnalato che molti loro compagni sono scomparsi in mare prima dell’arrivo della nave. Non ne è stata trovata traccia. Stando al numero medio di migranti sui gommoni (spesso oltre 140), potrebbero essere circa 25. Certamente non meno di una decina. Le vittime dovrebbero dunque essere, in totale, almeno 18. Due delle donne prese a bordo erano in gravi condizioni per ipotermia e sono state trasferite in un ospedale siciliano con un elicottero. Un trasferimento urgente si è reso necessario anche per un’altra donna in arresto cardiaco, che era sulla nave Diciotti.

(Fonti: Sito web Moas, Agenzia Ansa, La Repubblica, The Libya Herald).

Spagna-Marocco (Ceuta), 25 novembre 2016

Il cadavere di un giovane profugo subsahariano è stato avvistato al largo di Ceuta, di fronte alla spiaggia di el Chorillo, dai pescatori di una tonnara e recuperato poco dopo da una motovedetta della Guardia Civil. La salma era tenuta a galla da  un rudimentale salvagente ricavato dalla camera d’aria di una ruota per auto, alla quale era assicurata una fune per aggrapparsi. Secondo la polizia era in acqua da non più di 24 ore. E’ probabile che il giovane abbia tentato di raggiungere via mare il litorale di Ceuta dal Marocco, aggirando a nuoto la triplice barriera di filo laminato alta sei metri, eretta lungo i confini a terra: le correnti lo avrebbero spinto al largo e la morte deve essere sopraggiunta per ipotermi ae sfinimento. Non aveva indosso documenti e non è stato possibile identificarlo.

(Fonte: El Faro de Ceuta, No Borders Morocco)

Malta-Libia (Canale di Sicilia), 26 novembre 2016

Otto profughi morti su un gommone alla deriva al largo di Malta, nel Canale di Sicilia. A intercettare il battello, partito dalla Libia, è stata la Fastnet Sentinel, una unità britannica inserita nel dispositivo di Frontex. Era 56 miglia a sud di Lampedusa, ma nel quadrante di mare di competenza maltese per i soccorsi. A bordo l’equipaggio della nave ha trovato 7 cadaveri e 2 giovani in fin di vita, per i quali è stato chiesto il trasferimento urgente in un centro medico. L’operazione è stata eseguita da un elicottero che, decollato da La Valletta, ha trasportato i due giovani all’ospedale Mater Dei di Malta. Uno è morto poco dopo lo sbarco, l’altro è stato sottoposto a terapia intensiva per un grave stato di disidratazione. E’ verosimile che sia questa anche la causa della morte degli atri 8.

(Fonte: Ebl News, Malta Today, Independent, China Europe)

Austria-Italia (Worgl, confine con la Germania), 2/3 dicembre 2016

Due profughi, un uomo e una donna, sono morti e uno è rimasto gravemente ferito su un treno merci in Tirolo, nel tentativo di passare clandestinamente il confine tra l’Italia e l’Austria e poi proseguire verso la Germania. L’incidente si è verificato nella stazione di Worgl, alla frontiera austro-tredesca. I tre erano su un vagone della cosiddetta Rola (Rollende Landstrasse: strada su binari), un servizio di convogli speciali che trasportano tir e altri mezzi pesanti da Verona a Worgl, passando per il Brennero. Nascosti sotto uno dei tir, erano riusciti a superare il confine italo-austriaco ma, una volta giunti a Worgl, dopo aver viaggiato quasi tutta la nottte, sono stati travolti dallo stesso tir durante le manovre di scarico. Secondo la polizia, c’è da credere che i tre abbiano perso i sensi a causa del freddo o addirittura che le due vittime fossero già morte per ipotermia quando il treno è arrivato al confine tedesco. I motori dei camion, infatti, vengono accesi 15 minuti prima dello scarico e i tre, se fossero stati coscienti, avrebbero avuto tutto il tempo di scendere dal vagone e allontanarsi. Invece non si sono mossi e nessuno si è accorto di loro fino all’incidente. Il ragazzo ferito è stato trasferito in gravissime condizioni alla clinica universitaria di Innsbruck. Per gli altri è stata disposta l’autopsia. Il treno della Rola era partito alle 20,04 del 2 dicembre da Verona e dalle 22,19 alle 23,46 è rimasto in sosta al Brennero. Non si sa dove i tre siano riusciti a salire. L’incidente si è verificato all’1,30 di notte del giorno 3, circa 30 minuti dopo l’arrivo del convoglio in stazione, a Worgl.

(Fonte: Corriere del Ticino, La Repubblica).

Italia-Libia (Canale di Sicilia), 4/5 dicembre 2016

Recuperati 16 cadaveri, tra la serata di domenica 4 e la mattinata di lunedì 5, in una serie di operazioni di soccorso a cinque gommoni e quattro piccole barche in legno. Circa 800 i migranti tratti in salvo. Tutte le imbarcazioni, partite dalla Libia, sono state intercettate nel Canale di Sicilia, a decine di chilometri dalla costa africana. Sono intervenute, su segnalazione della Centrale Operativa della Guardia Costiera, la nave Diciotti, la nave militare irlandese Samuel Beckett e la Aquarius, della Ong Sos Mediterranee, che opera in collaborazione con Medici Senza Frontiere. I primi 14 corpi senza vita sono stati trovati la sera del 4 dalla Beckett, che ha prestato aiuto a tre gommoni e a un barchino, prendendo a bordo in tutto 438 persone e facendo poi rotta per Augusta. Le altre due vittime (due donne morte per ipotermia) sono state recuperate dalla Aquarius la mattina successiva verso le otto, dopo una intera notte passata alla deriva, su un gommone in procinto di sgonfiarsi con 143 profughi a bordo: 138 uomini (47 minorenni) e 5 donne. La Diciotti ha soccorso il quinto gommone e tre barchini.

(Fonte: Agenzia Ansa, Lybian Express, Siracusa gds, Giornale di Sicilia, Il Fatto Quotidiano, Repubblica).

Libia (Tajoura, Tripoli), 5/11 dicembre 2016

Almeno 39 vittime in un naufragio del quale non si è avuta notizia finché i cadaveri non hanno cominciato a spiaggiarsi, circa 20 chilometri a est di Tripoli, nella località costiera di Tajoura. A dare l’allarme sono stati alcuni abitanti del posto la mattina del 5 dicembre. La Mezzaluna Rossa ha inviato una squadra di operatori per le operazioni di recupero. “Siamo riusciti a portare a riva 11 salme – ha dichiarato Mohammed Ahmed, uno dei componenti dell’equipe di soccorso – Le correnti le stavano spingendo verso la costa. Abbiamo visto altri 5 corpi che flottavano in mare, ma non abbiamo potuto recuperare anche quelli: non avevamo mezzi adatti e sarebbero stati necessari altri uomini”. Il calare della notte ha poi reso più difficili le ricerche. Quei 5 corpi sono stati poi recuperasti l’indomani dalla Guardia Costiera. Nei giorni successivi sono riaffiorati altri 23 cadaveri: 10 il giorno otto, 8 il dieci e 15 l’undici dicembre, per un totale di 39. Le vittime sono in gran parte subsahariane. C’è da credere che ci siano numerosi dispersi.

(Fonte: Al Alam Daily News, Libya Herald, Maritime Incidents Libyan Coast)

Marocco-Spagna (Alhucemas), 7 dicembre 2016

Quattro morti e due dispersi nel naufragio di un gommone con a bordo 43 migranti che tentavano di raggiungere la Spagna dal Marocco. Il battello è salpato dalla zona di Alhucemas, una città portuale nella regione di Tangeri, ma è riuscito a fare solo poche miglia: come hanno riferito alcuni dei sopravvissuti alla Ong Caminando Fronteras, era ancora in vista della costa quando ha cominciato a sgonfiarsi per un’avaria alle camere stagne ed è affondato. La Guardia Costiera marocchina ha recuperato 34 naufraghi. Nelle ore successive, 4 corpi senza vita sono stati spinti dalle correnti sulle spiagge di Costa Matadero e Cala Bonita. Altri tre naufraghi – ha riferito Caminando Fronteras, che era in contatto con il gruppo di migranti fin dalla partenza – sono riusciti a raggiungere la riva a nuoto. Nessuna traccia degli altri due. In totale, dunque, le vittime sono sei: i 4 morti di cui è stato trovato il cadavere e 2 dispersi.

(Fonte: El Diario, Rapporto dicembre No Borders Morocco)

Italia-Libia (Canale di Sicilia), 8 dicembre 2016

Due profughi morti, un uomo e una donna, sui gommoni intercettati da varie unità di soccorso nel Canale di Sicilia, nella notte tra il 7 e l’8 dicembre. Le operazioni di recupero e di trasbordo sono state rese difficili dalle condizioni meteomarine, con temperature molto basse e mare forza 5. Risultano 573 i migranti tratti in salvo, in maggioranza uomini, tutti trasferiti sulla nave Gregoretti, della Guardia Costiera, che poi ha fatto rotta verso Pozzallo, dove è arrivata la mattina del giorno 8. I due profughi morti sono stati trovati sullo stesso gommone: probabilmente sono vittime del freddo. Anche altri 104 naufraghi erano in uno stato di forte ipotermia. In particolare quelli recuperati in mare o comunque con gli abiti inzuppati di una miscela di acqua e carburante. Subito dopo lo sbarco a Pozzallo, 7 sono stati ricoverati per difficoltà respiratorie, uno era in condizioni disperate.

(Fonte: Agenzia Ansa, Il Giornale di Sicilia, Repubblica)

Italia-Libia (Canale di Sicilia), 11 dicembre 2016

Sei profughi trovati ormai senza vita e 1.150 tratti in salvo in sette operazioni di soccorso nel Canale di Sicilia. I natanti – un barcine, 5 gommoni e  un barchino in legno – sono stati intercettati a qualche decina di miglia dalla costa libica, dopo essere salpati dalla zona di Tripoli. L’allarme è arrivato alla centrale operativa della Guardia Costiera, che ha mobilitato le navi Diciotti e Gregoretti, la Aviere della Marina Militare, una unità del dispositivo Eunavformed e la Aquarius di Medici Senza Frontiere e Sos Mediterranee. Sul barcone c’erano circa 300 persone; sul barchino, soccorso dalla Aquarius, c’erano 36 (di cui 28 uomini e 8 donne); gli altri naufraghi erano sui gommoni, tutti stracarichi. Le salme sono state trovate e recuperate durante il trasbordo.

(Fonte: Agenzia Ansa, Giornale di Sicilia, Rai News)

Libia (Al Zawiyah e Zuwara), 13/14 dicembre 2016

Due morti accertati e una stima di 20 dispersi, per un totale di 22 vittime, in due naufragi accaduti il 13 e il 14 dicembre di fronte alle coste libiche, il primo ad Al Zawiyah e il secondo a Zuwara.

Al Zawiyah, 13 dicembre. Non sono note le circostanze del naufragio. Il rapporto della Guardia Costiera libica registra il recupero di due corpi senza vita e di 26 naufraghi sulla spiaggia e al largo di Al Zawiyah, a ovest di Tripoli. Non sono state fornite informazioni dettagliate nemmeno sul salvataggio e sul ritrovamento delle due salme. I migranti tratti in salvo, riportati in Libia, sono stati trasferiti in un centro di detenzione. E’ molto probabile che ci siano anche numerosi dispersi.

Zuwara, 14 dicembre. Venti vittime, secondo la stima della Guardia Costiera, in un naufragio avvenuto al largo di Zuwara. Anche in questo caso il rapporto ufficiale, Maritime Incidents, non riferisce dettagli. Si limita a precisare che i migranti tratti in salvo sono 139, dei quali 36 donne.

(Fonte: Libya Herald, Maritime Incidents Libyan Coast)

Italia-Libia (Canale di Sicilia), 15/16 dicembre 2016

Un migrante morto e 388 tratti in salvo sono stati sbarcati la mattina del 16 dicembre nel porto di Palermo dalla nave Navarro, della Marina Militare spagnola, inserita nel programma Eunavformed. I profughi erano a bordo di alcuni gommoni salpati dalla Libia e intercettati giovedì 15 nel Canale di Sicilia, a qualche decina di miglia dalla costa africana, durante diverse operazioni di soccorso.

(Fonte: Agenzia Ansa, edizione Sicilia)

Marocco-Spagna (Tougout, Nador), 20 dicembre 2016

Il cadavere di un giovane migrante subsahariano è stato trovato sulla spiaggia di Tougout, non lontano dalla città portuale di Nador, in Marocco. Ignote le circostanze della morte: è probabile che il ragazzo sia annegato nel tentativo di raggiungere l’enclave spagnola di Melilla, circa 10 chilometri a nord di Nador. Non si sa se da solo o con altri migranti. Non è stato possibile neanche identificare la vittima. La notizia è stata data dalla Ong Association Marocaine des Droits Humains e ripresa da No Borders Morocco nel rapporto mensile di dicembre.

(Fonte: Sito Association Marocaine des Droits Humains, No Borders Morocco)

Italia-Libia (Canale di Sicilia), 21/22 dicembre 2016

Otto morti e oltre 90 dispersi, per un totale di almeno 100 vittime, nel naufragio di due gommoni nel Canale di Sicilia. Tra le vittime l’Unhcr segnala numerose donne e bambini. I due battelli, salpati dalla costa libica il 21 dicembre, navigavano in coppia. Sul primo, secondo le testimonianze di alcuni dei sopravvissuti, c’erano fra 120 e 140 persone; sul secondo, circa 120. Il naufragio è avvenuto nelle prime ore del giorno 22 a causa del sovraccarico e per le difficili condizioni meteomarine: i “colpi di mare” della navigazione devono aver lesionato le camere stagne dei gommoni, che hanno cominciato ad afflosciarsi, fino a rovesciarsi e ad affondare sotto il peso delle persone che erano a bordo. Le unità inviate in soccorso dalla centrale operativa di Roma hanno tratto in salvo dal primo battello 63 migranti. I sopravvissuti del secondo sono 80. Recuperati 8 corpi senza vita, ai quali vanno aggiunti dunque oltre 90 dispersi, ma forse anche di più se effettivamente sul primo gommone c’erano quasi 140 e non 120 uomini e donne. Nello stesso braccio di mare sono stati recuperati altri 175 migranti che erano a bordo di un terzo gommone e di un barchino in legno. I superstiti sbarcati in Sicilia sono dunque 318. Sono intervenuti una nave della Marina, una della Guardia Costiera e due rimorchiatori privati.

(Fonte: Repubblica edizione Palermo, La Stampa, Il Giornale di Sicilia, Agenzia Ansa, edizione Sicilia)

Italia (Ventimiglia), 23 dicembre 2016

Un migrante algerino di 25 anni è morto, travolto da un treno, lungo la ferrovia che conduce da Ventimiglia in Francia. L’incidente è accaduto verso le 17,30 nella frazione di Latte, nei pressi della galleria della Mortola. Il ragazzo, che non aveva documenti con sé ed è stato identificato solo più tardi grazie alle indicazioni di alcuni amici, dovrebbe essere arrivato alla massicciata ferroviaria da una stradina che parte dal mare, poco distante. Era insieme a un gruppo di altri migranti. E’ probabile che volesse seguire la linea per entrare in Francia di nascosto, ma poco dopo essersi incamminato lungo i binari è stato investito da un convoglio francese proveniente da Ventimiglia e diretto a Nizza. Il macchinista ha subito arrestato il treno, dando l’allarme: quando sul posto sono arrivati i mezzi di soccorso e la polizia il giovane era ancora in vita, ma è morto subito dopo.

(Fonte: Repubblica edizione di Genova, Agenzia Ansa Liguria)

Libia (Al Zawiyah), 23 dicembre 2016

Cinque corpi senza vita e 62 naufraghi recuperati dalla Guardia Costiera libica di fronte alle coste di Al Zawiah, a ovest di Tripoli. Ignote le circostanze del naufragio e quasi nessuna informazione anche sulle operazioni di soccorso. La notizia è stata riferita dal rapporto della seconda metà di dicembre (pubblicato nei primi giorni di gennaio 2017) Maritime Incidents Libyan Coast, redatto dalla sezione libica dell’Oim in collaborazione con la Guardia Costiera e Red Crescent (la Mezzaluna Rossa). Vittime e naufraghi sarebbero in aggioranza migranti subsahariani.

(Fonte: Maritime Incidents Libyan Coast e Libya Herald)

Libia (Tripoli), 27/28 dicembre 2016

Undici corpi senza vita sono stati recuperati da personale della Mezzaluna Rossa a breve distanza dalla riva o su alcune spiagge intorno a Tripoli. Appartengono a migranti morti in un naufragio di cui non si è avuta notizia fino a quando non sono cominciate ad affiorare le salme delle vittime. L’allarme è stato dato martedì 27 dicembre da alcuni abitanti della zona che, vedendo i primi cadaveri flottare verso la spiaggia di Hay Al Andalus, hanno avvertito la Mezzaluna Rossa. Sul posto è stata inviata una squadra di soccorso per il recupero. Altri corpi, fino a un totale di 11, si sono spiaggiati successivamente su un arco di costa lungo 15 chilometri, a ovest di Tripoli. A giudicare dalle condizioni, i corpi erano in mare da diverso tempo. Il naufragio dovrebbe dunque essere avvenuto almeno un giorno prima degli avvistamenti, intorno al 26 dicembre. Imprecisato il numero dei dispersi: è ipotizzabuile più di 100, a giudicare dal numero medio dei migranti che i trafficanti costringono a salire su ciascun gommone in partenza. La Mezzaluna Rossa ha diffuso il primo rapporto ufficiale il giorno 28.

(Fonte: Libyan Express, Al Manar Tv, Presstv)

Serbia (Drazevac), 29 dicembre 2016

Due migranti sono morti e 10 sono rimasti feriti, in Serbia, dopo che il furgone station wagon su cui viaggiavano si è ribaltato nel tentativo di sfuggire alla polizia. L’incidente è avvenuto nei pressi del villaggio di Drazevac, circa 120 chilometri a sud di Belgrado, lungo l’autostrada da Nis, una città vicino al confine bulgaro. La vettura, stipata di profughi provenienti da Siria, Afghanistan ed Iraq, entrati clandestinamente dalla Bulgaria, è stata intercettata da una pattuglia. Il conducente non si è fermato all’alt, ma ha è riuscito a fare solo pochi chilometri: nella concitazione della fuga ha perso il controllo ed è uscito di strada. Tra i feriti ci sono anche 5 bambini. L’autista/passatore si è dileguato, sottraendosi alla cattura.

(Fonte: Ansa Med, Faro di Roma, Corriere del Ticino).