Altri "cimiteri"Dossier vittime

Altri “cimiteri”

Africa

Anno 2016

Nigeria (Maiduguri), 9/10 febbraio 2016

Almeno 58 profughi sono morti in un doppio attentato suicida messo a segno da due donne nel campo di Maiduguri, la principale città del nord est della Nigeria. Altri 78 rifugiati sono rimasti feriti, alcuni in modo grave. L’eccidio è opera del gruppo fondamentalista di Boko Haram, come è emerso in seguito alla cattura di una terza terrorista che voleva farsi esplodere. Nel campo di Maidaguri vivono circa 50 mila profughi, costretti ad abbandonare le loro case dalle minacce e dalle uccisioni di Boko Haram, che ha avuto origine proprio in questa zona della Nigeria e che, secondo fonti governative, in sei anni di rivolta ha provocato oltre 20 mila vittime e circa 2,5 milioni di profughi.

Camerun (frontiera nigeriana). L’assalto al campo di Maiduguri faceva parte di un’azione a più largo raggio: il giorno dopo un attentato simile è stato compiuto, da due terroristi suicidi, in Camerun, in un villaggio al confine con la Nigeria. E gli attentatori, secondo le autorità locali, venivano appunto dalla Nigeria. Almeno 10 le vittime accertate, oltre 40 i feriti.

(Fonte: Hurriyet Daily News) 

Congo (confine con lo Zambia), 16/18 giugno 2016

I corpi senza vita di 19 giovani etiopi vengono trovati in fondo a un container trasportato da un Tir proveniente dallo Zambia, nel sud-est della repubblica Democratica del Congo.

La notizia è stata riferita ufficialmente il 18 giugno da un portavoce del governo, ma la scoperta risale ad almeno un paio di giorni prima. In precedenza, presso Mwenda, una piccola città al confine con lo Zambia, durante un controllo nel container, erano stati trovati altri 76 etiopici, molto provati e in cattive condizioni, ma ancora vivi. Lo ha comunicato il ministro dell’interno della provincia dell’Alto Katanga, Ufwa Kasongo Kibali all’agenzia Reuters, specificando che non sarebbe chiaro il motivo per cui tutti quei giovani si erano nascosti nel container per passare il confine. In realtà – hanno rilevato funzionari dell’Onu – quella seguita dal Tir che trasportava il container è una delle vie di fuga dal Corno d’Africa verso il Sud Africa. Evidentemente era questa la meta finale sia dei 19 morti che dei sopravvissuti. E’ noto infatti – come rileva anche la Reuters, che molti trafficanti offrono ai migranti “passaggi” all’interno di container lungo percorsi lunghi migliaia di miglia, percorse in più giorni in condizioni estreme. Un’altra strage di questo genere è stata scoperta nel 2012 nella Tanzania centrale: 45 migranti, sempre etiopi, soffocati nel container caricato su un Tir fermato casualmente per un controllo.

Non è stato specificato se quei giovani etiopi fossero di etnia oromo, la regione dove sono in corso dure proteste represse con al forza dal governo di Addis Abeba (una situazione che sta spingendo molti a fuggire e a chiedere asilo in altri paesi) o se si tratti di etiopi di altre etnie, in fuga a causa della siccità e della conseguente carestia che ha colpito non meno di 10 milioni di persone.

(Fonte: Reuters e Tesfa News).

Nigeria (Bama, regione nord-est), 23 giugno 2016

Circa 200 rifugiati, in fuga dalle violenze di Boko Haram, sono morti d’inedia, dissenteria e disidratazione, nel corso del mese di maggio, nel campo profughi di Bama, una piccola città dello Stato del Bormo, nel nord-est della Nigeria. Lo ha denunciato Ghada Hatim, il capo dell’equipe di Medici senza frontiere che ha raggiunto per la prima volta Bama nella seconda metà del mese, denunciando subito la situazione disperata a cui sono costretti i rifugiati e gli sfollati. Ed è soltanto l’ultimo rapporto: dall’inizio dell’anno i morti per fame e sete nei campi profughi sarebbero più di 1.200. Tra le vittime sono numerosissimi i bambini: almeno uno su cinque dei 15 mila visitati dai sanitari di Msf soffrivano di malnutrizione acuta. I più gravi sono stati trasferiti nel centro nutrizionale di Msf a Maiduguri.

Quella che si profila a Bama è una “catastrofica emergenza umanitaria”. “Stiamo trattando bambini malnutriti, sopravvissuti a un autentico orrore – ha raccontato Ghada Hatim – Ci hanno detto che molte persone, compresi minorenni, sono morti di fame. Nuove tombe compaiono quotidianamente: in un solo giorno possono morire anche 30 persone per fame o per malattia”. Nella zona – dove fino al marzo 2016 sono infuriati combattimenti e rappresaglie – sono almeno 24 mila i civili abbandonati a se stessi.

(Fonte: Daily Sabah Turkey, Avvenire)

Sud Sudan (Juba), 9/10 luglio 2016

Un profugo morto e numerosi feriti a Juba, nel campo di accoglienza Onu, colpito da alcuni razzi nel corso della battaglia combattuta nelle vicinanze tra milizie fedeli al presidente Salva Kiir e truppe legate al vicepresidente Riek Machar. Lo scontro tra le due fazioni è la prosecuzione dei grossi combattimenti che si sono riaccesi all’inizio di luglio, minando per l’ennesima volta il tentativo di porre fine, dopo due anni e mezzo, alla guerra civile scoppiata nel dicembre del 2013. Non si sa quale delle due parti abbia lanciato quel razzo, seguito da altre granate. Il portavoce delle forze ribelli, Gatjian Deng, si è limitato a dire che gli scontri sono ripresi, dopo quelli d’inizio mese, perché un elicottero governativo avrebbe attaccato la loro base  di Jebel, alla periferia di Juba. Il portavoce del Governo non ha rilasciato commenti. Sta di fatto che domenica mattina il campo Onu per rifugiati è stato colpito. “La situazione è molto grave. Ci sono stati molti feriti in questa zona, circa 50 o forse 60. Feriti civili. Razzi e granate hanno colpito anche il nostro campo, ferendo otto persone”, ha detto un funzionario delle Nazioni Unite, aggiungendo che almeno uno di questi feriti è morto, ma di non sapere con precisione quanti altri morti e feriti ci siano stati fuori del campo, dove i combattimenti sono stati molto pesanti.

(Fonte: The Guardian).

Morti e dispersi. Censimento delle vittime 2016: riassunto

Nigeria (Maiduguri) e Camerun (confine nigeriano). Almeno 68 morti (58 in Nigeria e 10 in Camerun) in due doppi attentati suicidi di Boko Haram: il primo in un campo profughi, l’altro in un villaggio di frontiera. 

Congo (confine con lo Zambia). Diciannove migranti etiopi trovati soffocati  in fondo a un container trasportato da un Tir (16/18 giugno)

Nigeria (Bama). Circa 200 profughi morti di fame e per disidratazione nel campo di Bama nel mese di maggio secondo Msf. Altri 1.000, in vari campi, dall’inizio dell’anno. (23 giugno)

Sud Sudan (Juba, zona di Jebel). Un morto e numerosi feriti nel campo profughi Onu colpito da razzi e granate durante i combattimenti esplosi nelle vicinanze fra truppe governative e ribelli (9/10 luglio)

Totale vittime: 1.288

– Morti durante la fuga: 19

– Morti nei campi: 1.269

Anno 2017

Nigeria (Rann), 17 gennaio 2017

Oltre 100 morti e almeno 120 feriti, in Nigeria, nell’area orientale di Rann (regione di Bomo), in un campo profughi bombardato per errore da un jet militare, un caccia dell’aeronautica in missione contro postazioni delle milizie islamiche integraliste di Boko Haram. Tra le vittime, oltre ai rifugiati, ci sono operatori sanitari e umanitari nigeriani che lavoravano per Medici Senza Frontiere e per il Comitato internazionale della Croce Rossa. Il generale Lucky Irabor, capo delle operazioni contro il gruppo jihadista aderente all’Isis, ha dichiarato di aver ordinato la missiione basandosi su informazioni che segnalavano la presenza e l’attività di un forte raggruppoam,ento di Boko Haram in un’area corrispondente alle coordinate del campo bombardato. Non è chiaro se si sia trattato di di un errore geografico commesso dal comando o tattico del pilota. Sta di fatto che il jet è arrivato intorno alle 9 del mattino, quando il campo era affollatissimo: i rifugiati, colpiti in pieno, non hanno avuto scampo.

Neggli ultimi sei anni, la guerra tra il governo di Abuja e Boko Haram ha provocato più di 20 mila vittime.

(Fonte: Il Fatto Quotidiano, Al Jazeera)

Camerun (Kolofata), 2 giugno 2017

Almeno 9 profughi uccisi e decine feriti in un duplice attentato suicida nel campo per rifugiati nigeriani di Kolofota, nel nord del Camerun. Ad attuare la strage, con due attacchi kamikaze pressoché simultanei, sono state due ragazzine minorenni, con cinture esplosive imbottite di tritolo, che si sono fatte saltare in aria in mezzo alla gente. Le vittime sono morte sul colpo; i 15 feriti più gravi sono stati trasferiti all’ospedale di Mora. Il governatore della regione, Midjiyawa Bakari, ha subito attribuito l’attentato a Boko Haram, il gruppo fondamnetalista che ha aderito e dichiarato obbedienza al Califfato di Al Baghdadi. Le milizie armate di Boko Haram – ha specificato – sono responsabili di numerosi attacchi armati e sequestri di persone, nel Camerun, in particolare nell’area limitrofa al lago Ciad. E’ una violenza che il Paese sta subendo da anni, a causa dei raid sempre più frequenti lanciati dai miliziani attraverso il confine. La stessa Kolofota è stata colpita da un attacco di questo genere nel settembre 2015, anche in quel caso con 9 vittime”.

(Fonte: Al Jazeera).

Congo Rep. Dem. (Kamayola, Sud Kivu), 17 settembre 2017

Almeno 37 profughi burundesi uccisi dalla polizia e dalle forze di sicurezza dell’esercito durante una protesta a Kamanyola, una piccola città della provincia del Sud Kivu. Secondo quanto  ha riferito un attivista politico, Wendo Joel, i rifugiati si sono ribellati alle autorità congolesi che volevano espellerli dal paese e deportarli in Burundi contro la loro volontà. Alla manifestazione sono seguiti degli scontri nel corso dei quali i profughi hanno cercato di liberare alcuni compagni presi prigionieri dalla polizia, che ha aperto il fuoco uccidendo decine di persone. Alla fine si sono contati 37 cadaveri e oltre 100 feriti. Fonti Onu hanno confermato sia la ricostruzione dei fatti che il numero delle vittime. Altre fonti parlano invece di 36 morti mentre un diplomatico occidentale sostiene di aver ricevuto conferma di “18 morti e decine di feriti”, pur precisando che si tratta di un primissimo, sommario bilancio. La polizia  e l’esercito hanno giustificato l’uso delle armi asserendo che i manifestanti erano armati di machete e coltelli. Dall’aprile 2015 si sono riversati in Congo almeno 400 mila rifugiati, spinti a fuggire dalle violenze scoppiate soprattutto nella capitale, Bujumbuta, ma anche in altre parti del paese e dalle dure repressioni del regime, contestato da fette sempre più larghe della popolazione per la decisione del presidente Pierre Nkurunziza di cambiare la Costituzione, in modo da poter esercitare un terzo mandato come capo di Stato.

(Fonte: Avvenire)

Morti e dispersi. Censimento delle vittime 2017: riassunto

Nigeria (Rann). Oltre 100 morti in un campo profughi bombardato per errore da un caccia militare governativo (17 gennaio)

Camerun (Kolofata). Almeno 9 profughi morti e decine di feriti in un duplice attentato kamikaze nel campo profughi di Kolofata (2 giugno)

Congo Rep. Dem (Kamayola). Almeno 37 profughi uccisi dalla polizia e 100 feriti durante gli scontri seguiti a una protesta 16/(17 settembre)

Totale vittime: 146

– Morti durante la fuga

– Morti nei campi: 109

– Uccisi dalla polizia: 37

Anno 2020

Niger (Diffa, regione di Borno), 18 febbraio

Almeno 23 profughi morti soffocati o schiacciati nella ressa che si è scatenata durante la distribuzione di cibo e aiuti in un centro accoglienza a Diffa, nella regione di Borno, nel sud est del Niger. Il campo – hanno riferito le autorità – è sovraffollato a causa del continuo arrivo di profughi in fuga dalle violenze di Boko Aram. Si calcola che solo i nigeriani fuggiti a Diffa dal 2009 siano circa 120 mila e, secondo i dati Onu, oltre 3 milioni in tutto dall’intera Nigeria, sia verso il Niger che il Chad ed altre aree. Le condizioni di vita nei campi sono spesso miserevoli. La ressa mortale è stata causata probabilmente dal timore di essere esclusi dalla distribuzione di aiuti. Le forze di polizia presenti hanno perso il controllo della situazione ed è stata strage.

(Fonte: Anadolu Agency)

Mozambico (Moatize, provincia di Tete), 24 marzo

Sessantaquattro profughi in fuga dall’Etiopia sono morti soffocati nel rimorchio del Tir con il quale contavano di raggiungere il Sud Africa. La strage è stata scoperta al valico di confine di Moatize, nella provincia di Tete, tra il Malawi e il Mozambico, nei pressi del fiume Zambesi. Se ne sono accorte le guardie di frontiera che, insospettite da alcuni rumori, hanno ordinato di aprire il portellone posteriore, scoprendo 14 profughi ancora in vita e i cadaveri di altri 64 morti durante il viaggio dal Malawi. L’autista, un giovane mozambicano, ha ammesso di aver accettato di trasportare clandestinamente, dietro compenso, i 78 giovani dal Malawi ma si ritiene che il Mozambico doveva essere solo una tappa e che la meta finale del gruppo fosse il Sud Africa. Oltre all’autista, la polizia ha tratto in arresto il trafficante che aveva organizzato il viaggio, identificato grazie alla confessione dello stesso autista.

(Fonte: Anadolu Agency, Associated Press)

Morti e dispersi: censimento delle vittime. Riassunto

Niger (Diffa). Almeno 23 profughi morti schiacciati o soffocati nella ressa esplosa nel centro accoglienza durante la distribuzione di cibo e aiuti (18 febbraio)

Mozambico (Moatize, provincia di Tete). Morti 64 profughi etiopi soffocati nel rimorchio del Tir dove si erano nascosti in Malawi per superare il confine (24 marzo)

Totale vittime: 87

– Morti durante la fuga: 64

– Morti nei campi: 23

– Uccisi dalla polizia

Anno 2023

Etiopia (regione di Gambella), 20 settembre

Almeno 30 rifugiati sono morti per fame e malnutrizione nella regione etiope di Gambella. Lo ha denunciato la Commissione etiope peri diritti umani (Ehrc) tornando a chiedere con forza, per tutte le comunità di profughi, il ripristino dell’assistenza alimentare interrotta o fortemente ridotta a causa della guerra e dei combattimenti tra le milizie di diverse fazioni. La regione alla fine di agosto ospitava quasi 400 mila rifugiati. Le difficoltà sono iniziate a partire dal mese di maggio quando in alcuni dei campi di accoglienza non sono più arrivati gli aiuti alimentari e la situazione è progressivamente peggiorata nei mesi successivi. Oltre ai 30 rifugiati segnalati dall’Ehcr (morti di stenti o durante attacchi subiti da milizie armate mentre lasciavano i campi in cerca di cibo) si teme che ci siano numerose altre vittime. Anche il Servizio per i rifugiati e i rimpatriati (Rrs) del governo federale, infatti, ha segnalato numerosi decessi dovuti alla fame in seguito alla sospensione degli aiuti alimentari. La crisi ad aggravarsi a causa, in particolare, del conflitto armato nella zona Ahmara, intensificatosi da agosto in poi, e del glusso continuo di rifugiati dai paesi limitrofi nelle regioni Ahmara, Benisghangui-Gumuz, Gambella e nella vicina Somalia. Senza contare la crisi sempre aperta in Tigray, dove il flusso degli aiuti si è interrotto o fortemente ridotto dal mese di aprile in poi.

(Fonte: Anadolu Agency)

Congo (provincia di Kwilu) 23 settembre 2023

Almeno 60 sfollati dalle zone occidentali nella provincia di Kwilu, nel Congo centrale, sono morti di fame e di stenti in pochi giorni. All’inizio del mese di settembre. Lo ha denunciato la Commissione Umanitaria provinciale, specificando che tra le vittime si contano 33 bambini, 17 donne e 10 uomini. Un rapporto di Un Radio aggiunge che nello stesso periodo nella provincia di Kwilu e in quella di Mai Ndombe sono arrivati dal territorio di Kwamouth più di 4.600 sfollati in fuga dalle rappresaglie e dalle violenze di bari gruppi di miliziani e bisognosi di tutto ma per i quali manca anche la più elementare forma di assistenza e accoglienza. Quei 60 morti sono vittime di questa situazione. Secondo l’Unhcr gli sfollati interni nel Congo sono più di 6,2 milioni.

(Fonte: Anadolu Agency)

Morti e dispersi: censimento delle vittime. Riassunto

Etiopia (Gambella). Almeno 30 rifugiati morti di fame o uccisi mentre lasciavano i campi profughi in cerca di cibo (21 settembre)

Congo (provincia di Kwilu). Almeno 60 sfollati interni morti di fame e di stenti nella provincia di Kwilu (23 settembre)

Totale vittime: 90

– Morti durante la fuga

– Morti nei campi: 90

– Uccisi dalla polizia

Birmania

Profughi Rohingya

Birmania (Stato di Rakhine), 4/5 gennaio 2017

Almeno 3 morti nel naufragio di una piccola barca carica di profughi Rohingya che cercavano di rifugiarsi in Bangladesh attraversando il fiume situato al confine con la Birmania. Le vittime sono un bimbo di appena 16 mesi, Mohammed Shohayet, il suo fratellino e la madre. Non è noto se ci siano stati altri morti o dispersi. La tragedia è avvenuta verso la fine di dicembre ma se ne è avuta notizia in Europa solo il 4 gennaio, quando la foto del corpicino di Mohammed, con il viso affondat o nel fango della riva del fiume, ha fatto  il giro del mondo, richiamando l’attenzione della comunità internazionale sulla tragedia, largamente sottaciuta, dei Rohingya.

Naufragio dopo il pogrom. Le circostanze del naufragio sono state narrate da Zafor Alam, il padre di Mohammed, l’unico sopravvissuto della famiglia, a un cronista della Cnn nel campo profughi del Bangladesh dove si trova. Lui, sua moglie e i bambini erano in fuga, insieme ad altri Rohingya da un vero e proprio pogrom. “Il nostro villaggio è stato assalito – ha detto – I soldati sparavano dagli elicotteri sulle case. I miei nonni sono morti bruciati vivi. Noi siamo scappati e ci siamo nascosti nella giungla per giorni. Ma i soldati sono venuti a cercarci anche nella giungla. Così siamo scappati di nuovo, cercando di arrivare in Bangladesh attraverso il fiume”.

Per passare dall’altra parte Zafor e gli altri hanno torvatio una barca. Erano ancora in mezzo al guado quando sono arrivati i soldati che hanno cominciato a sparare. A bordo si è scatenato panico e la barca è affondata.

Almeno 86 morti in tre mesi. Il Governo birmano nega le violenze contro i Rohingya ma è ampiamente smentito dai fatti. L’accesso allo stato di Rakhine, dove vivono quasi tutti i Rohingya, è vietato ai giornalisti e agli operatori umanitari. Nel mese di dicembre, però, Human Rights Watch ha diffuso foto satellitari nelle quali si vedono interi villaggi bruciati e centinaia di case abbandonate, proprio nella zona dove viveva la famiglia del piccolo Mohammed, confermando in pieno il racconto fatto da Zafor Alam. Non solo: dopo un attacco a un posto di polizia avvenuto il 9 ottobre 2016 e attribuito a ribelli Rohingya dalle forze di sicurezza, è iniziata un’offensiva militare con pesanti rastrellamenti nei confronti anche della popolazione civile. Secondo varie Ong il bilancio, in meno di tre mesi,  prima della fine dell’anno, è stato di almeno 86 morti e 27 mila profughi.

(Fonte: Agenzia Ansa, La Stampa, Repubblica)

Birmania (Stato di Rakhine), 3 febbraio 2017

Quattro bambini massacrati durante la serie di pogrom condotti dalla polizia e dall’esercito birmano contro i villaggi Rohingya, nella regione di Rakhine, ai confine con il Bangladesh.

Il massacro. A riferire il massacro è un rapporto dell’Onu, ripreso dal quotidiano Al Jazeera, sulle operazioni militari disposte dal governo di Naypyadaw contro alcuni gruppi ribelli ma che hanno colpito in realtà soprattutto la popolazione civile inerme, tanto da configurare l’accusa di crimini di guerra e di crimini contro l’umanità. Nel rapporto non è specificato in quale villaggio sia avvenuta la strage dei quattro bambini. Si specifica però che tre di loro, tutti di meno di sei anni, sono stati massacrati a coltellate e il quarto, di appena otto mesi, è stato ucciso da uno dei soldati che stavano violentando in gruppo la madre, alla quale lo avevano strappato mentre lo teneva al seno.

L’inchiesta Onu. Il rapporto dell’Onu che riferisce di questo massacro conferma le relazioni presentate dalle Ong sui rastrellamenti, le uccisioni di massa, la distruzione e l’incendio di interi villaggi, le violenze e gli stupri che, iniziati il 9 ottobre 2016, si sono protratti per mesi, fino al gennaio 2017, costringendo alla fuga dalla regione di Rakhine verso il Bangladesh almeno 69 mila persone: 3 mila in più di quanto avevano denunciato le Ong. Le accuse si basano sulla testimonianza di 204 sopravvissuti raccolte nei campi profughi, oltre che su documentazioni fotografiche e filmate. Delle 101 donne intervistate dai commissari Onu, in partcolare, più della metà ha dichiarato di essere stata vittima di stupri di massa e di altre vilenze a sfondo sessuale. Alcune giovani madri hanno raccontato che i loro bambini di pochi anni sono stati calpestati e picchiati dai soldati delle forze di sicurezza fino alla morte.

(Fonte: Al Jazeera)

Birmania (area di confine con il Bangladesh), 17 settembre 2017

Oltre 400 civili, inclusi numerosi bambini e molte donne, risultano uccisi dalle forze di sicurezza birmane nella serie di rappresaglie scattate anche contro la popolazione inerme dopo l’assalto condotto, verso la fine di agosto, dalle milizie dell’Arakan Rohingya Salvation Army (Arsa), l’esercito di liberazione, contro alcune postazioni militari. Particolarmente sanguinosa risulta la strage perpetrata all’inizio del mese di settembre, quando reparti dell’esercito hanno preso di mira anche con armi pesanti, inclusi razzi e colpi di mortaio, le colonne dei profughi che dallo Stato di Rakhine cercavano di passare il confine per trovare rifugio nel Banmgladesh. Si calcola che in meno di 20 giorni siano state costrette ad abbandonare la propria casa in cerca di scampo almeno 400 mila persone. Secondo il rapporto dell’Onu, si tratta di una delle piùgravi crisi di rifugiati degli ultimi anni.

(Fonte: Al Jazeera).

Bangladesh-Birmania (Balukhali Pan), 17 settembre 2017

Tre profughi morti nei disordini scoppiati nella zona al confine tra la Birmania e il Bangladesh percorsa ogni giorno da migliaia di profughi rohingya in fuga. Le vittime sono due bambinbi e una donna. Ci sarebbero inoltre diversi feriti. La strage si è verificata lungo la strada di Baulukhali Pan. Centinaia di persone si accalcavano nei pressi di un centro non autorizzato per la distribuzione e abiti ed altri generi di prima necessità ai profughi in fuga. Quando la polizia è intervenuta per bloccare alcune persone sospettate di pretendere dei compensi in cambio degli abiti distribuiti e di altre forme di assistenza, si è scatenato il panico e, nella fuga concitata che ne è seguita, i due mabini e la donna sono stati travolti dalla folla, rimanendo uccisi.

(Fonte: Al Jazeera)

Bangladesh-Birmania (Patuwartek, Oceano Indiano), 28 settembre 2017

Circa cento morti nel naufragio di un barcone carico di profughi Rohingya in fuga dal Myanmar per sottrarsi alle violenze delle forze di sicurezza birmane. Soltanto 17 sono riusciti a salvarsi e sono stati recuperati 15 corpi senza vita. Tutti gli altri sono considerati “dispersi”. Il battello era partito verso le 22 di mercoledì 27 da Go Zon Dia, un villaggio roynghia lungo il fiume Naf, scendendo la corrente fino al mare. Era stracarico e instabile, ma la navigazione fluviale è stata abbastanza tranquilla. I problemi sono iniziati dopo la foce, in mare aperto. Il naufragio è avvenuto verso le 17,30 di giovedì 28 all’altezza di Patuwartek, una località a circa 8 chilometri da Inani Beach, nel distretto di Cox,s Bazar, probabilmenge proprio per il mare mosso e il sovraccarico: la barca si è rovesciata ed è andata a fondo rapidamente. “A bordo – ha raccontato uno dei sopravvissuti, Nurul Islam, un profugo ventiduenne originario di Rathetaung – eravamo in più di cento, con molte donne e bambini. Con me c’erano mia madre, mia moglie, mio figlio e la sorella di mia moglie con i suoi tre bambini. Sono morti tutti. Ho cercato di aiutarli. In particolare di afferrare il mio bambino, ma non ci sono riuscito. Tutti i soccorritori hanno detto di aver visto flottare i corpi senza vita di numerosi bambini quando sono arrivati sul luogo del naufragio. “Era già tardi – hanno detto – abbiamo potuto solo recuperare i cadaveri”.

(Fonte: Al Jazeera).

Birmania-Bangladesh (estuario del fiume Naf), 8/9 ottobre 2017

Almeno cento profughi Roinghya sono morti nel naufragio del barcone su cui stavano fuggendo dalla Birmania verso il Bangladesh. Sono stati recuperati solo 12 corpi, in gran parte di bambini. Tutti gli altri risultano dispersi. Tredici i superstiti, tra cui tre donne e due bambini. E’ accaduto nell’estuario del fiume Naf. Secondo quanto ha riferito Abdoul Jalil, un ufficiale della guardia di frontiera bengalese, il barcone, stracarico,  si è rovesciato ed è affondato rapidamentne al largo di Galachar, un villaggio costiero del Bangladesh non lontano dal confine con la Birmania. Per gli oltre cento profughi che erano a b ordo non c’è stato scampo: quando sono arrivati i soccorsi, sono sttai trovati in vita solo tredici naufraghi.

(Fonte: Al Jazeera).      

Morti e dispersi. Censimento delle vittime 2016/2017. Riassunto

Birmania (Stato di Rakhine). Almeno 86 morti e 27 mila profughi in seguito ai rastrellamenti condotti da reparti dell’esercito birmano contro la popolazione civile Rohingya (ottobre-dicembre 2016)

Birmania (Stato di Rakhine). Almeno tre vittime (una donna e i suoi 2 bambini) nel naufragio di una barca sul fiume al confine con il Bangladesh. (4/5 gennaio 2017)

Birmania (Stato di Rakhine). Quattro bambini (3 di sei anni e uno di otto mesi) massacrati dalle forze di sicurezza birmane (3 febbraio 2017).

Birmania (Stato di Rakhine). Almeno 400 vittime civili nelle rappresaglie scatenate dall’esercito dopo una serie di attacchi della resistenza (17 settembre 2017)

Bangladesh-Birmania (Balukhali Pan). Tre profughi morti (2 bambini e 1 donna) nei disordini scoppiati dopo l’intervento della polizia in un centro di assistenza non autorizzato (17 Settembre 2017).

Bangladesh-Birmania (Patuwartek). Almeno 100 morti nel naufragio di un barcone di profughi (28 settembre 2017)

Bangladesh-Birmania (foce del fiume Naf). Cento tra morti e dipersi nel naufragio di un barcone carico di profughi Rohingya (8/9 ottobre)

Totale vittime: 696

– Uccisi dall’esercito: 490

– Morti durante la fuga: 206