Dossier vittimeMediterraneo e Canarie

2015 Mediterraneo

Cinque ragazzi subsahariani morti il 18 giugno 2014 sulle barriere di acciaio e filo spinato, alte 7 metri, che dividono l’enclave spagnola di Melilla dal Marocco. Lo stesso è accaduto il 30 agosto ad altri due giovani migranti. In mare, una lunga serie di naufragi, con migliaia di vittime. Ad esempio, quello del 21 luglio nel Canale di Sicilia, con 180 tra morti e dispersi. O, ancora, a sud di Lampedusa il 22 agosto: circa 250 vittime. E la tragedia del barcone che, partito verso l’Europa da Damietta, in Egitto, è affondato il 13 settembre a sud di Malta, spezzando la vita di quasi 500 persone. Ma l’elenco sembra non finire mai: altre 200 vittime nel Canale di Sicilia appena 24 ore dopo la strage del peschereccio egiziano e quasi 180, al largo di Zuwara, nelle acque libiche, fra il 3 e il 4 ottobre. Poi, sul finire dell’anno, la scoperta, il 23 dicembre, di una vera e propria esecuzione a freddo avvenuta in settembre al confine tra l’Eritrea e il Sudan: 13 ragazzini di età compresa tra 16 e 20 anni (7 donne e 6 uomini) uccisi a raffiche di mitra dalla polizia di frontiera eritrea e fatti sparire in una fossa comune. Sono alcuni degli episodi più drammatici della strage di migranti nell’arco del 2014, con un totale di 3.540 vite perdute sulle vie di fuga verso l’Europa: 3.443 inghiottite dal mare e 97 sulle “rotte di terra”. E’ la dimostrazione di quanto sia carica di morte la politica di chiusura nei confronti di profughi e migranti adottata dalla Fortezza Europa. Un doloroso, sconfortante viatico per il 2015.

Spagna, 05 gennaio 2015

Due piccole imbarcazioni con a bordo complessivamente 21 profughi, tutti algerini, fanno naufragio al largo delle coste spagnole. Cinque scompaiono in mare. Gli altri 16 vengono tratti in salvo da navi dirottate sul posto dalla Guardia Costiera spagnola e da una motovedetta e trasportati in Spagna, a Murcia.

(Fonte: Notiziario online No Borders Morocco, rapporto sui primi due mesi 2015)

Spagna-Marocco (Ceuta), 18 gennaio 2015

Quattro migranti algerini tentano di arrivare sulla costa di Ceuta a nuoto, dopo essersi gettati in mare da una nave commerciale. Due, ormai in prossimità delle acque territoriali del’enclave spagnola in Marocco, vengono soccorsi da una vedetta della Guardia Civil. Degli altri due non si trova traccia, né a terra né durante le ricerche in mare condotte dalla polizia e dalla guardia costiera spahmola e vengono considerati dispersi.

(Fonte: Notiziario online No Borders Morocco, rapporto sui primi due mesi 2015) 

Spagna-Marocco (Melilla), 30 gennaio 2015

Almeno nove profughi morti e 15 dispersi nel naufragio di un barcone al largo di Melilla, una delle due enclavi spagnole in Marocco. Scarsi i particolari sulla sciagura. La sola cosa certa è che le 24 vittime (morti e dispersi) facevano parte di un gruppo di 31 migranti che stavano cercando di raggiungere via mare Melilla, per trovare rifugio in territorio appartenente alla Spagna e, dunque, all’Europa, aggirando la barriera di filo spinato e sensori elettronici che circonda sia questa enclave che quella di Ceuta. Una barriera pressoché insormontabile, presidiata sia dalla Guardia Civil spagnola che dalla polizia marocchina, come dimostra, un paio di giorni dopo, il blocco di un gruppo di circa 400 migranti, provenienti da vari paesi dell’Africa occidentale e dell’Africa sub sahariana, sorpresi il primo febbraio dalle pattuglie della Guardia Civil, respinti in Marocco e consegnati alle autorità di polizia marocchine. Da quel momento, di fatto, si ignora la sorte di questi 400 profughi.

Dal primo gennaio al 28 febbraio, secondo il rapporto di No Borders Morocco, oltre duemila migranti tentato di arrivare in Spagna o entrando nelle enclavi di Ceuta e Melilla o puntando direttamente sulla penisola iberica a bordo di gommoni e piccole imbarcazioni partendo dalla costa africana.

(Fonte: Notiziario Human Rights Watch e Notiziario online No Borders Morocco, rapporto sui primi due mesi 2015)

Italia (Lampedusa), 8-9 febbraio 2015

Ventinove profughi muoiono di ipotermia nel Canale di Sicilia. Facevano parte di un gruppo di 105 migranti, in buona parte maliani, partito dalla Libia su un gommone, con rotta verso Lampedusa. A un centinaio di miglia dall’isola inizia la tragedia. Il mare in tempesta, con onde alte fino a nove metri, rende pressoché ingovernabile il battello. Parte una richiesta di aiuto con un telefono satellitare al Centro nazionale di soccorso di Roma della Guardia Costiera. Scattato l’allarme, vengono dirottati nella zona due mercantili che navigavano poco distante, il Bourbon Argos e il Saint Rock, mentre da Lampedusa partono due motovedette. Sono i mercantili a intercettare per primi, quando è già notte avanzata, il barcone ormai alla deriva. Verso le 22 arrivano anche le motovedette. Comincia il trasbordo dei naufraghi, ma 7 nel frattempo sono morti di freddo. Le salme vengono caricate su una delle motovedette. Altri naufraghi, bagnati, intirizziti e quasi privi di conoscenza, risultano in gravissime condizioni. Completato il trasbordo, le motovedette fanno rotta il più velocemente possibile su Lampedusa, ma il mare mosso rallenta la navigazione. Quando finalmente arrivano in porto, altri 22 dei più gravi sono ormai morti. Uno dei 7 trovati senza vita al momento del trasbordo presenta anche una lesione alla testa, forse dovuta a percosse o a una caduta al momento dell’imbarco. I superstiti vengono soccorsi dal personale medico dell’isola e dei comandi militari.

“I 366 morti dell’ottobre 2013 non sono serviti a niente – denuncia il sindaco di Lampedusa, Giusi Nicolini – Le parole del Papa non sono servite a niente. Siamo tornati a prima di Mare Nostrum. E’ la realtà. E’ la prova che Triton non è Mare Nostrum. Siamo tornati indietro”.

(Fonte: Il Fatto Quotidiano online, La Repubblica online, Bollettino Ansa online).

Italia-Libia (Lampedusa e Tripoli) 9-10 febbraio 2015

La tragedia dei 29 profughi morti di freddo assume proporzioni enormi: dalla spiaggia di Garbouli, vicino a Tripoli, oltre al gommone intercettato nella notte tra il l’8 e il 9 febbraio, ne sono partiti altri tre. C’è stata, in sostanza, una “spedizione” di 4 gommoni con a bordo complessivamente circa 430 profughi e migranti, partiti a distanza di mezz’ora l’uno dall’altro. Gommoni vecchi e malandati, con un motore di appena 40 cavalli ed equipaggiati con sole 10 taniche di benzina. E’ da pensare, inoltre, con nessun “scafista” al timone: viste le condizioni del mare i trafficanti hanno affidato il compito di seguire la rotta agli stessi profughi, dando loro alcune indicazioni sommarie. Il risultato è un’autentica strage: le vittime, secondo i calcoli dell’Oim, sono sicuramente più di 330. Anzi, stando alle testimonianze dei sopravvissuti, almeno 345. In maggioranza si tratta di profughi in fuga dal Mali e da altri paesi della fascia occidentale dell’Africa sub sahariana.

A scoprire la reale portata della tragedia sono gli equipaggi dei mercantili deviati nella zona dell’emergenza per i soccorsi da parte della Guardia Costiera italiana. Dopo che il primo gommone è stato recuperato, le due navi, pattugliando la zona, scoprono che a breve distanza ce ne sono altri due semi affondati. Sul primo ci sono sette giovani, sul secondo due soltanto. Tutti uomini. Appare evidente che alla partenza erano molti di più: i trafficanti non “sacrificano” un “prezioso gommone” per così pochi profughi. Tratti in salvo, infatti, i sette ragazzi confermano che a bordo di ciascun natante c’erano più di cento persone, incluse donne e bambini di pochi anni. Non solo: raccontano che in realtà alla partenza i gommoni erano quattro, Il primo, anche questo con più di cento profughi, è affondato dopo poche ore di navigazione, provocando la morte di tutti quelli che erano a bordo. “Abbiamo assistito alla tragedia senza poter far nulla per aiutarli”, specificano. Poi anche gli altri gommoni hanno cominciato a imbarcare acqua. Uno, anzi, ha cominciato addirittura sa sgonfiarsi nella parte anteriore. La furia delle onde e del vento ha trascinato in mare a poco a poco quasi tutti quelli che erano a bordo: hanno ceduto prima i più deboli, bambini e donne, e poi via via gli altri. Alla fine, sono rimasti in sette sul primo e appena due sul secondo. Il gommone trovato con 7 giovani assiderati a bordo, quello da cui è partito l’allarme, probabilmente era in condizioni leggermente migliori così ha retto fino all’arrivo dei soccorsi, anche se per altri 22 dei 105 imbarcati non c’è stato nulla da fare: non si sono ripresi dal profondo stato di ipotermia dovuta al freddo, al vento, agli abiti zuppi d’acqua gelata.

La Procura di Agrigento apre un’inchiesta e si muove con cautela, asserendo che “non sono stati trovati né relitti né corpi”. E’ fin troppo facile replicare che trovare relitti e corpi è impossibile con il mare forza 8 e che, comunque, i relitti di almeno altri due gommoni sono stati visti dagli equipaggi dei due mercantili che hanno tratto in salvo gli ultimi 9 superstiti (due su un gommone e sette sull’altro). E, in ogni caso, alcuni dei superstiti dicono subito di poter indicare i nomi se non di tutte almeno di gran parte delle vittime. Lo conferma Giovanni Abbate, dell’Oim: “Per quanto sembri incredibile, i profughi dicono di essere perfettamente in grado di dare nomi e cognomi, età e provenienza delle persone che sono partite con loro. Molti erano parenti o amici, molti hanno fraternizzato durante la permanenza nei centri libici”.

(Fonte: Repubblica online, Il Sole 24 Ore online, Il Fatto Quotidiano).

Libia, 21 febbraio 2015

Tre migranti massacrati di botte, uccisi a pugni e calci, in un cantiere edile in Libia, probabilmente nei dintorni di Tripoli. E’ quanto denuncia un ragazzo non ancora maggiorenne fuggito dalla Guinea e arrivato in Italia con i 3.800 profughi salvati e sbarcati in Sicilia dalle navi della Marina Militare tra il 13 e il 17 febbraio. Interrogato nel corso delle operazioni di identificazione, il giovane ha raccontato di aver attraversato il Senegal, il Mali, il Burkina Faso e il Niger per arrivare in Libia, dove al confine è stato catturato dai militari e imprigionato. Nei tre mesi trascorsi in carcere dice di essere stato sfruttato come operaio edile insieme ad altri compagni, subendo continui pestaggi. E proprio di questi pestaggi sistematici ad opera dei loro sfruttatori – denuncia – sarebbero rimasti vittime tre altri ragazzi costretti a lavorare con lui.

(Fonte: Avvenire)

Italia-Libia, 3-4-5 marzo 2015

Dieci profughi muoiono nel Canale di Sicilia a causa del ribaltamento del gommone sul quale facevano rotta verso la Sicilia. Indagini successive portano alla scoperta che ci sarebbero anche una cinquantina di dispersi. E solo per caso la strage non assume proporzioni ancora più grandi: il naufragio avviene non lontano dalle piattaforme petrolifere libiche e un rimorchiatore adibito al servizio di queste strutture, il Gagliardo, può intervenire in tempi abbastanza rapidi insieme alla nave Dattilo della Marina Militare italiana, che incrocia nella zona, salvando gli altri 121 migranti che erano a bordo del natante affondato. Le salme vengono tutte recuperate nel corso delle operazioni di ricerca e caricate sulla Dattilo, che ha a bordo altri 318 migranti soccorsi poche ore prima in un’altra operazione di salvataggio.

I primi rapporti parlano solo di dieci morti, in base al numero delle salme recuperate in mare. Le testimonianze dei superstiti, ascoltati il 5 marzo ad Augusta nell’ambito dell’inchiesta aperta dalla Procura di Siracusa, denunciano però che il gommone era partito da Zuara, in Libia, sovraffollato: a bordo c’erano non meno di 170/180 persone. Tenendo conto che 121 sono i naufraghi tratti in salvo e dieci le vittime, mancherebbero all’appello tra 40 e 50 profughi.

Tra la mattinata del giorno 3 e l’alba del 4 si registra una vera e propria situazione d’emergenza nel Canale di Sicilia tra la Libia e Lampedusa, con ben 7 operazioni di salvataggio coordinate dal Centro operativo nazionale della Guardia Costiera di Roma: in una fascia di mare situata a circa 50 miglia a nord delle coste libiche vengono soccorsi 5 gommoni e 2 barconi. Complessivamente vengono tratti in salvo 941 migranti siriani, palestinesi, tunisini e sub sahariani. Partecipano alle operazioni, oltre al rimorchiatore delle piattaforme e alla Dattilo, tre mercantili dirottati in zona dalla Guardia Costiera e la nave Fiorillo della Marina. Tutti i profughi dichiarano di essere partiti dalla Libia: è l’ennesima conferma che le spiagge libiche sono affollate di migranti in attesa di partire. Secondo alcune stime sarebbero circa 600 mila. E l’esodo continua: la mattina del giorno 5, sempre non lontano dalle piattaforme petrolifere, a 50 miglia dalla costa libica, vengono soccorsi altri due gommoni: uno, con a bordo 91 migranti, di nuovo dal rimorchiatore Gagliardo e l’altro, con 88 persone, dal Kreta, un rimorchiatore maltese.

(Fonte: La Repubblica, Il Fatto Quotidiano, Il Giornale di Sicilia)

Spagna (Canarie), 5-11 marzo 2015

Venti tra morti e dispersi al largo delle Canarie in due diversi episodi.

Il primo, con 8 vittime, viene segnalato il giorno 5: una “patera”, un tipo di barca molto usata dai migranti sulla rotta dall’Africa verso l’arcipelago spagnolo dell’Atlantico, viene data per dispersa. Partita dalle coste africane la notte tra il 28 febbraio e il primo marzo dalla costa a sud di Dajla, nel Sahara Occidentale, con 21 migranti a bordo, se ne perdono quasi subito le tracce: non risulta arrivata alle Canarie né approdata da qualche parte di nuovo sul continente africano. A dare l’allarme è una Ong che sapeva della partenza. Le ricerche, condotte dal Salvamento Marittimo spagnolo, vanno avanti senza risultati per cinque giorni. Tutti i profughi vengono considerati dispersi. Sei giorni dopo, l’11 marzo, un mercantile intercetta la barca: a bordo sono rimasti in 13, tutti pressoché moribondi. Gli altri 8, morti di sete e di stenti, sono stati fatti scivolare in mare dai compagni. I superstiti in condizioni più gravi vengono ricoverati a Lanzarote (la più nord-orientale delle Canarie), gli altri 10, dopo alcuni giorni di terapie contro disidratazione ed ipotermia, trasferiti al Centro di internamento per stranieri di Barranco Seco.

Il secondo incidente, avvenuto il giorno 11, riguarda un barcone con 30 migranti a bordo. Segnalato in difficoltà e scattate le ricerche, viene raggiunto dai mezzi di soccorso partiti da Lanzarote (la più nord-orientale delle Canarie), che riescono a portare in salvo 18 persone e a recuperare 4 cadaveri (due uomini, una donna e un bambino). Gli altri 8 migranti che erano sul natante vengono considerati dispersi.

Nei mesi di marzo e aprile vengono segnalati (in base a un censimento costruito essenzialmente con notizie di stampa) circa 1.900 tentativi di ingresso nel territorio spagnolo attraverso le isole Canarie, le enclave di Ceuta e Melilla in Marocco o (in misura minore) anche direttamente sulla costa metropolitana meridionale (soprattutto ad Almeira e a Cartagena), a bordo di piccole imbarcazioni o addirittura gommoni Zodiac. Oltre 560 i tentativi riusciti. Non rientrano in questo conto le centinaia di profughi bloccati e fermati dalla polizia marocchina in due distinte operazioni nei campi profughi improvvisati di Nador (21-24 aprile) e Bolingo (29-30 aprile), nei pressi di Ceuta e Melilla.

Il 24 aprile, la guardia di frontiera di Ceuta segnala che nei sei mesi tra settembre 2014 e febbraio 2015 sono entrati nell’enclave 472 migranti o profughi, la maggior parte nascosti nel doppio fondo di auto e camion. Sono in maggioranza giovani provenienti dalla Guinea. Nella prima quindicina di marzo gli ingressi risultano 21.

(Fonte: No Borders Morocco, relazione bimestrale marzo-aprile; El Diario, El Pais) 

Italia (Roma), 12 marzo 2015

“Dall’inizio dell’anno circa 470 persone hanno perso la vita o sono scomparse nel Mediterraneo durante i viaggi della speranza verso l’Europa”: è quanto emerge dal rapporto del Commissariato dell’Onu per i rifugiati (Unhcr), che sottolinea come nello stesso periodo del 2014 le vittime sono state 15. La denuncia è la premessa per una serie di proposte all’Unione Europea per affrontare il prevedibile afflusso di migliaia di migranti nel corso dell’anno. Tra le iniziative da assumere, il varo di una operazione di ricerca e soccorso europea simile a Mare Nostrum; la realizzazione di “un sistema europeo per compensare le perdite economiche subite dalle compagnie di navigazione coinvolte nel salvataggio in mare”, un meccanismo di equa distribuzione dei rifugiati siriani. Inoltre, soluzioni per affrontare le difficoltà che incontrano i rifugiati una volta arrivati in Europa.

(Fonte: La Repubblica)

Bulgaria (confine con la Turchia nei pressi di Edirne), 31 marzo 2015

Due profughi iracheni muoiono di freddo dopo essere stati respinti dalle guardie di frontiera mentre tentavano di passare dalla Turchia in Bulgaria. Un terzo profugo viene ricoverato in condizioni critiche per ipotermia all’ospedale di Edirne. E’ accaduto all’inizio del mese, ma se ne è avuta notizia solo il giorno 31 in seguito a un rapporto dell’Unhcr, che chiede un’indagine su quanto è accaduto e più in generale sulle misure di controllo praticate alle frontiere.

Queste le circostanze. Le vittime facevano parte di un gruppo di 12 iracheni, appartenenti alla minoranza yazida, intenzionati ad entrare in Bulgaria per chiedere asilo in Europa. Al confine vengono tutti intercettati e fermati dalle guardie di frontiera bulgare che, stando alle denunce, dopo averli picchiati e privati di tutti i loro beni, li respingono, disperdendoli. Rimasti isolati e attardati in un gruppo più piccolo, i due uomini, che hanno subito gravi lesioni nel pestaggio della polizia, muoiono per ipotermia sul lato turco del confine, di notte, prima che possano essere soccorsi dalla gendarmeria di Edirne che, allertata da alcuni dei superstiti, ha avviato una operazione di ricerca. I soccorsi arrivano in tempo invece per salvare la vita a un terzo profugo, anch’egli colpito da ipotermia a causa delle condizioni fisiche debilitate e delle temperature molto rigide della notte, accentuate dal maltempo.

(Fonte: relazione pubblicata sul sito Unhcr del 31 marzo alle ore 5,00)

Egitto, 10 aprile 2015

Due migranti muoiono in un naufragio nelle acque egiziane, al largo del delta del Nilo. Le vittime erano a bordo di un barcone partito da una spiaggia a est di Alessandria d’Egitto, nel governatorato di Kafr el Sheikh, con a bordo circa 200 uomini e donne decisi a raggiungere l’Europa. La tragedia avviene poco dopo la partenza. Fonti mediche citate dai media egiziani riferiscono che, oltre a recuperare le due salme, i soccorsi riescono a salvare gli altri naufraghi, 5 dei quali risultano feriti. Secondo notizie diffuse su twitter i migranti tratti in salvo, una volta a riva, sono stati arrestati dalla Guardia Costiera. Si parla complessivamente di 129 arresti, ma se sul battello c’erano circa 200 persone, resta da stabilire quale sorte abbiano subito almeno una cinquantina di loro: o per qualche motivo non sono stati arrestati come gli altri oppure il bilancio delle vittime è molto più alto. Le vittime potrebbe essere complessivamente tra 50 e 60.

Dall’Egitto in pratica non filtrano particolari dopo le prime notizie diffuse dai giornali e i media europei non approfondiscono la vicenda.

(Fonte: Il Fatto Quotidiano online, Rai News, The News International)   

Libia (acque a circa 30 miglia dalle coste africane), 10/11 aprile 2015

Un giovane profugo viene trovato senza vita a bordo di un barcone con 222 migranti raggiunto a circa 30 miglia dalle coste libiche dal pattugliatore Orione, della Marina Militare italiana, impegnato nella zona in una operazione di vigilanza pesca. Sulle cause della morte viene aperta un’inchiesta: si ipotizza ipotermia e affaticamento.

E’ una giornata campale per i natanti carichi di migranti in difficoltà nel canale di Sicilia. Nelle stesse ore il mercantile Cape Bon, con l’assistenza della nave Fiorillo (Guardia Costiera) soccorre e prende a bordo 235 migranti che si trovavano su un altro barcone a non grande distanza e due mercantili, il City of Hamburg e il Maersk Regensburg ne mettono in salvo oltre 500 (rispettivamente 93 e 429) che erano su un terzo barcone. Un quarto natante riesce a raggiungere le coste del Salento, in Puglia, sbarcando un’ottantina di profughi, in grande maggioranza siriani.

(Fonte: La Repubblica, La Stampa, Telegiornale Rai3 ore 14,20) 

Italia-Libia (Canale di Sicilia, 80 miglia dalle coste africane), 12/13 aprile

Almeno nove morti nel ribaltamento di un barcone carico di migranti nel Canale di Sicilia. Imprecisato il numero dei dispersi, ma secondo diverse testimonianze dei superstiti dovrebbero essere quasi 370. Il naufragio si è verificato a 80 miglia dalle coste africane. Unità della Guardia Costiera italiana giunte sul posto per i soccorsi hanno tratto in salvo 144 naufraghi e recuperato 9 cadaveri. Si teme che il bilancio possa essere molto più grave perché sicuramente a bordo del barcone affondato non c’erano solo 153 migranti ma molti di più. Forse, stando alle richieste di soccorso, addirittura quasi 520. Alcuni dei superstiti riferiscono a operatori di Save the Children che tra morti e dispersi ci sarebbero state quasi 400 vittime. Meglio: tenendo conto che 144 sono stati salvati e che sono sati recuperati 9 cadaveri, i dispersi in mare risulterebbero 365 circa, portando così il numero totale delle vittime ad oltre 370. Una strage pari a quella di Lampedusa.

I superstiti e una delle salme sono stati trasferiti a bordo di una nave della Marina Militare impegnata nell’operazione Triton che ha fatto rotta verso la Sicilia; gli altri corpi sono stati presi a bordo di uno dei guardacoste impegnati nella ricerca dei dispersi. Per le ricerche è stato inviato nella zona anche un aereo Atr 42 della Guardia Costiera.

(Fonte. La Repubblica, Giornale di Sicilia, Il Fatto Quotidiano, La Stampa).   

Italia (Pozzallo), 13 aprile 2015

Un giovane profugo, probabilmente nigeriano, muore per aver esalato la benzina rovesciata, a causa del mare mosso, sul fondo del gommone su cui viaggiava verso l’Italia con circa 110 altri migranti. Il corpo viene gettato in mare dallo scafista. A raccontare questo ennesimo tragico episodio alla polizia e alla Guardia Costiera sono stati alcuni compagni della vittima al momento dello sbarco a Pozzallo, precisando tra l’altro che il cadavere è stato dilaniato dagli squali che seguivano il gommone. Lo scafista, Aboubakarma Banghoura, 19 anni, originario della Guinea, è stato fermato con l’accusa, oltre che di favoreggiamento dell’emigrazione clandestina, anche di “morte derivante da altro reato”. E’ il quattordicesimo scafista fermato in Italia dall’inizio dell’anno.

(Fonte: La Repubblica online, il Giornale di Sicilia,  Il Sole 24 Ore del 14 aprile).

Italia (Reggio Calabria), 14 aprile 2015

Un giovane donna muore con il bambino che ha in grembo sulla nave Orione, della Marina Militare), che l’ha presa a bordo da uno dei barconi intercettati nel Canale di Sicilia. In avanzato stato di gravidanza, stava male già quando è stata soccorsa. Nonostante le cure prestate dal personale medico della Marina, probabilmente debilitata dalle fatiche del viaggio, si è aggravata ed è spirata nella notte tra il 13 e il 14 aprile, prima che la nave, con 670 profughi a bordo, raggiungesse il porto di Reggio Calabria.

(Fonte. La Repubblica online)  

Italia-Libia (Canale di Sicilia), 14/16 aprile 2015

Quarantuno morti nel naufragio di un gommone avvenuto nel Canale di Sicilia. A riferirlo sono gli unici quattro superstiti, presi a bordo dalla nave Foscari, della Marina Militare italiana il giorno 16 e sbarcati a Trapani la mattina del 17.

Secondo il racconto dei sopravvissuti (due provenienti dalla Nigeria, uno dal Ghana e uno dal Niger), al momento della partenza, da una spiaggia vicino a Tripoli, erano in 45, su un piccolo gommone, vecchio e in pessime condizioni. Dopo alcune ore di navigazione, i tubolari pneumatici del natante hanno cominciato a sgonfiarsi, tanto da non poter più neanche procedere: un relitto alla deriva in procinto di affondare. I naufraghi sono stati avvistati da un aereo in ricognizione, che ha dato l’allarme, ma quando la nave Foscari è giunta sul posto il gommone si era ormai inabissato. I superstiti erano solo quattro, recuperati e presi a bordo dai marinai della Foscari e condotti poi a Trapani.

(Fonte: Ansa, Repubblica, Corriere della Sera, La Stampa).

Italia-Libia (Canale di Sicilia), 14/16 aprile 2015

Dodici migranti vengono gettati in mare dal gommone su cui cercavano di raggiungere la Sicilia e muoiono annegati. Una strage originata da “odio religioso”: a scaraventare le vittime fuoribordo, tutti giovani cristiani, sarebbero stati un gruppo di altri profughi di religione islamica.

Così raccontano alla polizia di frontiera i compagni dei dodici giovani scomparsi tra le onde al loro arrivo in porto a Palermo, il 16 aprile, a bordo della nave Ellensborg, che ha soccorso nel Canale di Sicilia il gommone in difficoltà per il quale era partito un Sos alla Guardia Costiera. Della strage vengono accusati quindici giovani, tutti islamici, individuati anche in base alle foto fatte allo sbarco per l’identificazione e segnalazione dei migranti in arrivo. Uno è un ragazzo di 17 anni. Sono tutti imputati di omicidio plurimo con l’aggravante dell’odio per motivi religiosi. L’inchiesta viene condotta dal sostituto procuratore Maurizio Scalia. Il fermo iniziale viene confermato il giorno 18 dal Gip per quattordici dei quindici sotto accusa. Per il ragazzo che si è dichiarato diciassettenne vengono disposti accertamenti per stabilirne l’età esatta: nel caso venga confermato che ha solo 17 anni, il fascicolo processuale sarà trasmesso al Tribunale dei minori.

Questa la ricostruzione dei fatti secondo il racconto dei testimoni. Sul gommone, partito da una delle spiagge di Tripoli la notte del 14 aprile, c’erano 110 migranti, in maggioranza islamici ma con un buon numero di cristiani. Durante la navigazione sarebbe scoppiata una lite per la “supremazia” a bordo tra i due gruppi di religione diversa, anche in relazione – sembrerebbe – alla gestione dell’acqua disponibile. Altro motivo di contrasto, secondo alcuni testimoni, il fatto che gli islamici avrebbero voluto impedire ai cristiani di pregare. Ovvero: un vero e proprio “scontro religioso”. Anzi, soprattutto per questo gli islamici (di nazionalità ivoriana, senegalese, maliana e della Guinea Bissau) avrebbero minacciato più volte di gettare in mare i cristiani, tutti nigeriani e ghanesi. La lite sarebbe così sfociata in una violenta rissa, nel corso della quale gli islamici avrebbero davvero scaraventato fuori bordo ad uno ad uno ben 12 cristiani, come avevano minacciato, abbandonandoli al loro destino. Gli altri migranti cristiani si sarebbero salvati “facendo gruppo”: avrebbero cioè creato una vera e propria catena, difendendosi con la forza della disperazione tutti insieme, per impedire agli altri di prelevarli uno per volta e buttarli fuori bordo.

Nel frattempo la  presenza del gommone in difficoltà era stata segnalata e la nave Ellensborg lo ha raggiunto, prendendo a bordo tutti i migranti che c’erano ancora. Nessuno ha parlato fino all’arrivo a Palermo quando, vinta la paura di ritorsioni, più di qualcuno ha deciso di rivolgersi alla polizia. Racconti univoci e che collimano nella ricostruzione dei fatti, secondo gli inquirenti. Da qui l’incriminazione dei 15 presunti responsabili. I quali, però, negano decisamente questa ricostruzione e di essere implicati nella strage.

(Fonte: Ansa, Repubblica, La Stampa, Corriere della Sera, Il Sole 24 Ore) 

Italia-Libia (Canale di Sicilia), notte tra il 18 e il 19 aprile 2015

Quasi 700 migranti morti nel naufragio di un peschereccio nel Canale di Sicilia, a circa 70 miglia dalla Libia. Dopo una prima stima di 700  vittime, in base alle testimonianze dei pochissimi superstiti, appena 28, si è ipotizzato che il “bilancio di morte” fosse ancora più grave: 800 o addirittura 850 morti. Il recupero del relitto e dei corpi imprigionati all’interno, nel giugno/luglio 2016, ha permesso di stabilire che era esatta la prima stima: 675 i corpi ritrovati in tutto a cui vanno aggiunti, presumibilmente, alcuni dispersi, per un totale di circa 700 vittime. E’ in ogni caso la più grossa sciagura di tutti i tempi nel Mediterraneo e la strage di immigrati più vasta mai registrata nella storia delle migrazioni nel mondo in epoca contemporanea..

Queste le circostanze della tragedia. Il peschereccio, un natante lungo tra i 25 e i 30 metri, risulta partito vuoto dall’Egitto per caricare i migranti sulle coste della Libia nord occidentale, vicino a Zuwara, e fare poi rotta verso l’Italia, pieno all’inverosimile: quasi 700 migranti, di cui circa 200 donne e una cinquantina di bambini. La maggior parte delle persone sono stipate sottocoperta, pare addirittura con i boccaporti ed i portelloni di accesso chiusi. Quando il natante arriva a 130 chilometri dalla costa africana, a 205 da Malta e a 240 da Lampedusa, intorno alla mezzanotte in Italia, viene lanciato un Sos con un telefono satellitare. Quasi certamente è lo stesso scafista a “chiamare”. L’allarme viene raccolto a Roma, dal Centro Nazionale di Soccorso della Guardia Costiera, che dirotta nella zona i mercantili più vicini. Il primo ad arrivare è un portacontainer portoghese, il King Jacob, che si avvicina per prestare gli aiuti. Proprio la vista della nave provoca la sciagura. Come ha riferito il comandante del King Jacob, non appena scorgono il cargo i profughi a bordo cominciano ad agitarsi e si spostano in gran numero sul lato da cui si avvicina la nave da cui tutti si aspettano la salvezza, forse per attirare l’attenzione. E’ una mossa fatale: il brusco movimento di centinaia di persone rompe il già fragile equilibrio-assetto del peschereccio stracarico, che si inclina da un lato e si ribalta rapidamente, trascinando a fondo quasi tutto il suo carico di umanità. Il ribaltamento, con ogni probabilità, è favorito anche dalla collisione tra la nave e il barcone, abbandonato senza guida dallo scafista, che lascia il timone per confondersi tra gli immigrati e non esser individuato.

I  primi soccorritori, soprattutto i marinai del King Jacob, riescono a salvare solo 28 naufraghi. Nel corso della giornata continuano le operazioni di ricerca e recupero, condotte da un vasto schieramento di navi civili e militari fatte affluire sul posto. Il mare è coperto di cadaveri: i sopravvissuti vengono cercati letteralmente uno per uno in mezzo alle salme. Ventiquattro i corpi recuperati e poi trasferiti a Malta a bordo della nave Gregoretti, della Marina Militare italiana A questi si sono aggiunte poi altre 24 salme, recuperate in seguito, per un totale di 48. E’ riuscito a salvarsi, in pratica, solo chi non era intrappolato sottocoperta o chi ha avuto la fortuna di non essere travolto dal ribaltamento o dal risucchio del naufragio ed è riuscito ad aggrapparsi a qualche rottame galleggiante. Tra i superstiti e tra le salme arrivate a Malta non c’era nessun bambino, a conferma che tutti i più piccoli e le donne erano stati chiusi nella stiva.

Si è subito annunciato molto difficile il recupero delle salme rimaste imprigionate sotto o nello scafo. Il naufragio è avvenuto all’altezza di una vasta secca dove il fondale è a circa 200 metri dalla superficie anziché 400 come nel resto della zona. Ma anche a 200 metri di profondità non possono operare i normali sommozzatori. Ovvero, non appena il Governo italiano ha deciso di procedere in ogni caso al recupero, si è posta la necessità di fare ricorso a una operazione speciale.

Il recupero del relitto e delle salme. Al recupero si è provveduto un anno dopo, ad opera della Marina italiana e con l’intervento di tecnici e mezzi in grado di operare a grande profondità. Il relitto è stato agganciato e rimosso con estrema cautela, per essere poi trasferito nel porto di Augusta e sistemato in un contenitore particolare di protezione. E’ poi iniziato il recupero delle salme. Nella stiva sono stati trovati 458 corpi senza vita. A questi ne vanno aggiunti altri 169 trovati e raccolti sui fondali circostanti il punto dell’affondamento. Altri 48 erano stati recuperati nei momenti successivi al naufragio. Si arriva così a 675 vittime, più eventuali dispersi di cui si è persa traccia, per un totale di circa 700 e non 800/850 come si è ipotizzato a un certo punto nell’immediatezza della tragedia.

(Fonti: La Repubblica, Il Sole 24 Ore, Il Fatto, Corriere della Sera del 19/20 aprile 2015 e del 14 luglio 2016).

Libia (Misurata-Tripoli), 19 aprile 2015

Cinquantasette profughi fuggiti dall’Eritrea e dall’Etiopia, tutti di religione cristiana, vengono giustiziati dai miliziani dell’Isis in parte in una località imprecisata del Sahara libico, altri sulla costa, probabilmente tra Misurata e Tripoli. Le prime notizie arrivate in Italia parlavano di 28 vittime. Secondo fonti della diaspora eritrea, che ha indagato a lungo sulla strage, i morti sarebbero invece più del doppio.

Il massacro, documentato da un filmato poi messo in rete e diffuso nel web, viene condotto in due riprese in due località diverse. La prima esecuzione ha come teatro un ambiente semidesertico. Quarantatre ragazzi (i media italiani, basandosi solo sulle immagini del filmato, dicevano invece 14), con indosso una tuta nera, vengono fatti inginocchiare, divisi in più gruppi, di fronte ai loro carnefici e assassinati con un colpo alla nuca dopo che un uomo, con il volto coperto e in tuta mimetica, ne ha pronunciato la “condanna”: l’accusa è di essere “apostati”, in nome dell’idea dell’Islam come unica religione accettata. Gli altri 14 prigionieri, vestiti di una tunica arancione, vengono invece fatti stendere a terra e decapitati su una spiaggia, a pochi passi dalla battigia.

I 57 giovani massacrati facevano parte di un gruppo di 80 profughi (72 eritrei e 8 etiopi di etnia oromo) rapiti dall’Isis il 4 marzo mentre, a bordo di un camion-bus, si dirigevano verso Tripoli, provenienti dal Sud della Libia, nella speranza di potersi imbarcare verso l’Italia. Di alcuni si conoscono anche le generalità: l’Eritrean Forum Radio riferisce che amici e familiari li avrebbero riconosciuti nel filmato dell’Isis.

Non sono chiare le circostanze del sequestro. Stando a quel poco che è trapelato, i migranti sarebbero partiti all’inizio di febbraio da Khartoum diretti in Libia, a Tripoli, nella prospettiva di trovare un “passaggio” attraverso il Mediterraneo. Con loro c’erano anche diversi somali. Lungo la strada sono incappati in un posto di blocco presidiato da una trentina di miliziani armati. Non è escluso, anzi, che siano stati traditi o addirittura “venduti” da qualcuno del gruppo, forse un infiltrato eritreo che si sarebbe finto profugo come gli altri.

Sta di fatto che i miliziani li hanno presi prigionieri, soffocando sul nascere ogni tentativo di resistenza. Gli islamici (in pratica tutti i somali) e l’autista sono stati lasciati andare. Dagli 80 trattenuti sono stati separati 10 minorenni, 10 donne e, poco prima dell’esecuzione, altri 3 giovani che si sono dichiarati musulmani. Le ragazze sarebbero state scelte come “vergini”, i ragazzini per convincerli gradualmente a convertirsi all’Islam. La conversione all’Islam sarebbe stata posta invece a tutti gli altri prigionieri come unica possibilità di salvezza e, di fronte al loro rifiuto, sarebbe stata decisa la condanna a morte.

Le prime notizie sul sequestro sono state comunicate il 25 marzo da uno dei prigionieri, che si è messo in contatto con la sua famiglia in Eritrea, “rubando” una telefonata senza che i carcerieri se ne accorgessero. E proprio questa famiglia ha poi dato l’allarme. E’ stata l’unica comunicazione. Nei giorni successivi non si è potuto stabilire alcun contatto, né con quel giovane che con altri prigionieri. Altre notizie sono state poi comunicate all’inizio di aprile da cinque dei dieci minorenni sequestrati, che sono riusciti a scappare e a nascondersi in Libia insieme a un sesto ragazzo, anch’egli, pare, sfuggito all’Isis ma membro di un altro gruppo di profughi, sempre eritrei. L’Eritrean Forum Radio ha riferito che le esecuzioni degli “apostati” uccisi con un colpo alla nuca sarebbero avvenute in tempi diversi: prima un gruppo di 14, quelli del filmato, e poi via via tutti gli altri.

Secondo fonti della diaspora, tre dei ragazzi eritrei uccisi si erano rifugiati anni fa in Israele attraverso il Sinai. Avevano lasciato da qualche mese Tel Aviv per andare in Ruanda o in Uganda, in base alle nuove norme dello Stato israeliano volte a trasferire i rifugiati (considerati in genere come “infiltrati” e  non richiedenti asilo) in paesi africani disposti ad Ruanda. I tre avrebbero deciso di fuggire verso la Libia dall’Uganda, dopo che si era profilato il loro rimpatrio forzato in Eritrea. Uno dei tre in Israele era ospite del centro di detenzione di accoglierli. Un accordo tra governi è stato in proposito sottoscritto di recente con il Holot.

(Fonte: Il Fatto Quotidiano, Eritrean Forum Radio di Londra, Ribka Sibhatu del Coordinamento Eritrea Democratica )

Grecia (Rodi), 20 aprile 2015

Tre morti e un numero imprecisato di dispersi in mare nel naufragio di un barcone carico di migranti nelle acque di Rodi. Il natante era partito dalla vicina Turchia, uno dei tanti che, in numero crescente, tentano la traversata dell’Egeo dopo che la frontiera terrestre sul fiume Evros è stata chiusa da un’alta barriera di filo spinato, cemento e sensori elettronici per impedirne l’attraversamento. Forse a bordo c’erano circa 200 persone, in maggioranza siriani ed etiopi.

Il naufragio è avvenuto quasi all’arrivo, in prossimità della spiaggia di Zephyros, non lontano dal porto dell’isola. Stando alle testimonianze di alcuni superstiti e agli accertamenti condotti dalla polizia greca, gli scafisti hanno abbandonato i profughi quando erano ancora al largo, lasciando senza governo il natante, che ha proseguito la rotta fino a urtare una scogliera e cominciando subito dopo ad inabissarsi. La paura ha spinto molti dei migranti a bordo a gettarsi in acqua per cercare di raggiungere a nuoto la riva prima che potessero scattare i soccorsi. Le tre vittime sarebbero annegate in questo modo: le salme sono state recuperate dai primi soccorritori. Secondo il bilancio fornito dalla polizia portuale, i superstiti sono 93, di cui 30 ricoverati in ospedale. Ci dovrebbero essere dunque un centinaio di dispersi, ma le autorità greche tendono ad escludere che ci siano altre vittime: ammesso che a bordo del barcone fossero salite davvero quasi 200 persone (cifra ritenuta eccessiva, nonostante le testimonianze di alcuni dei superstiti), quelle mancanti all’appello potrebbero aver raggiunto la riva, abbastanza vicina al punto del naufragio, ed essersi poi dileguate. Le ricerche non hanno dato esito, né in mare né a terra. E’ in corso un’inchiesta.

(Fonte: Repubblica, La Stampa, Il Messaggero, Telegiornale La 7 e Rai 3).

Libia (Misurata), 23 aprile 2015

Tre giovani eritrei restano uccisi nella sparatoria tra due squadre rivali di miliziani. Altri cinque vengono feriti e si ignora la loro sorte. La notizia arriva dalla richiesta di aiuto all’agenzia Habeshia da parte di circa 400 tra eritrei ed etiopi prigionieri in un centro di detenzione a Misurata. Le tre vittime facevano parte, dello stesso gruppo.

Questi i fatti, narrati il 23 aprile con una telefonata “rubata” all’insaputa dei carcerieri, ma avvenuti qualche giorno prima. I 400 profughi erano prigionieri di miliziani “autonomi” in un carcere ricavato in una ex scuola. Una formazione di militari fedeli al governo di Tripoli ha assaltato la prigione per prenderne il controllo e i migranti detenuti sono rimasti in pratica tra i due fuochi. Con le nuove “guardie” la situazione nel carcere non è cambiata: continui maltrattamenti, pestaggi e frequenti “prelievi” di prigionieri di cui poi si perde ogni traccia: spariti nel nulla. Il giorno 22, in particolare, uomini armati hanno portato via circa 50 donne, senza specificare perché siano state separate dagli altri, dove siano state trasferite e a chi eventualmente siano state consegnate. L’autore della telefonata, un giovane eritreo, ha parlato di richieste che variano da 2.000 a 2.500 dollari di riscatto per il rilascio.

(Fonte: Agenzia Habeshia).

Libia (Tripoli), 23 aprile 2015

Un ragazzo è stato ucciso a bastonate dagli scafisti perché “non obbediva agli ordini”: è una tragedia nella tragedia che emerge nell’inchiesta condotta dalla Procura di Catania sul naufragio del barcone nel quale sono morte circa 800 persone nel Canale di Sicilia. A denunciare l’omicidio sono stati alcuni dei sopravvissuti, che parlano anzi di altre vittime, “picchiate selvaggiamente con dei bastoni” o morte di stenti prima dell’imbarco. Il ragazzo a cui fanno riferimento, in particolare, sarebbe stato pestato a sangue fino ad essere ucciso proprio sul gommone sul quale, insieme a decine di altri, veniva trasbordato dalla spiaggia fino al peschereccio, poi affondato durante la rotta, che attendeva in rada. La sua colpa sarebbe stata quella di essersi alzato in piedi senza permesso. Il cadavere – hanno raccontato i testimoni – è stato poi gettato in mare. Gli altri decessi – non si sa bene quanti ma sicuramente più di qualcuno, forse una decina – si sarebbero verificati nei giorni precedenti a causa di “violenze, percosse e trattamenti inumani”. Sul caso è stata aperta un’inchiesta condotta dal procuratore di Catania Giovanni Salvi.

(Fonte: La Repubblica).

Macedonia (ferrovia Veles-Skopje), 23 aprile 2015

Quattordici profughi muoiono travolti da un treno in Macedonia. Facevano parte di un gruppo di circa 50 migranti afghani e somali provenienti dalla Turchia ed entrati nel paese forse dalla Bulgaria o più probabilmente dalla Grecia. Si stavano dirigendo a piedi verso Skopje, la capitale, per proseguire poi il viaggio attraverso tutta la penisola balcanica e raggiungere la Germania o il Nord Europa. Avevano scelto di seguire i binari per non perdere la strada, con il rischio di smarrirsi tra i boschi, ma dopo la stazione di Veles non devono essersi accorti del sopraggiungere di un treno, partito da Gevgelija (nel sud della Macedonia, non lontano dal confine greco) e diretto a Belgrado. Il convoglio ha travolto in piena velocità il gruppo e in quattordici sono stati uccisi.

La Macedonia è attraversata costantemente da migliaia di immigrati, per lo più entrati dalla frontiera greca, che cercano di entrare in Serbia. Da qui alcuni puntano su Ungheria, Croazia o Slovenia, paesi che fanno parte della Ue dove possono chiedere asilo, ma la maggior parte punta verso la Germania e la Svezia.

(Fonte: La Repubblica).

Libia (centri di detenzione), aprile-maggio 2015

Quattro giovani profughi uccisi da miliziani o agenti di polizia libici. Si tratta di tre diversi episodi accaduti in uno dei centri di detenzione per migranti disseminati nel paese e riferiti subito dopo lo sbarco da richiedenti asilo arrivati in Italia e assistiti presso l’ambulatorio di Emergency allestito sulla banchina del porto di Augusta. Le testimonianze sono state raccolte da Flore Murard, giornalista, collaboratrice di Emergency.

Massacrato a bastonate. Testimonianza resa da L. K., 22 anni, del Gambia: “Se non hai i soldi vieni detenuto finché non li trovi. E’ un andirivieni continuo,, un business organizzato contro noi neri. Nel frattempo vieni picchiato nelle celle, con bastoni o sbarre di metallo, finché i tuoi parenti non mandano i soldi che servono per uscire. Mi picchiavano perché con la gamba ferita zoppicavo e rallentavo le file. Anche le donne incinte vengono picchiate. Ho visto bastionare un ragazzo finché non è morto”.

Scaraventato giù da un edificio. Testimonianza di P. S., 21 anni, nigeriano. Ha raccontato di essere stato sequestrato da un gruppo di miliziani armati e costretto a lavorare notte e giorno nei cantieri di Tripoli. Ha provato a ribellarsi e i suoi sequestratori, per punirlo, lo hanno scaraventato giù da un edificio. Nella caduta ha riportato gravissime lesioni e fratture a una gamba che, mai curate, hanno sviluppato un’infezione alle ossa. Resterà invalido. Anche suo cugino ha provato a protestare ed anche lui è stato gettato giù dal palazzo, morendo nella caduta.

Uccisi a fucilate. Testimonianza di Demba, nigeriano, evaso da un centro di detenzione: “Quando siamo fuggiti dal campo, nella sparatoria ho visto morire due miei compagni di viaggio, ammazzati di fronte a me”.

(Fonte: Rivista Emergency, edizione di settembre 2015, servizio di Flore Murard)   

Libia-Italia (Canale di Sicilia), 3 maggio 2015

Almeno dieci morti nel Canale di Sicilia tra i profughi in navigazione verso l’Italia a bordo di tre diversi gommoni soccorsi da mezzi della Marina Militare e da navi mercantili. Nove, per l’esattezza, sono i cadaveri recuperati, ma non si esclude che le vittime possano essere anche di più. I primi due corpi ripescati in mare sono quelli di due giovani africani morti probabilmente di stenti: erano a bordo di un gommone con 105 persone intercettato 45 miglia a nord est di Tripoli. Altre quattro salme erano su un secondo gommone, con 73 migranti, soccorso dalla nave portacontainer Zeran a 35 miglia da Tripoli, sempre in direzione nord est. Due dei sopravvissuti erano in condizioni gravissime. A circa 35 miglia a nord di Zhuwara, infine, tre migranti sono annegati lanciandosi in acqua dal gommone su cui stavano viaggiando insieme a circa 80 compagni nel tentativo di raggiungere un rimorchiatore che si stava avvicinando per i soccorsi. Tre cadaveri (due donne e un uomo) arrivano il 5 maggio a Crotone a bordo della petroliera panamense Prince.

(Fonte: Il Fatto Quotidiano, La Repubblica, Corriere della Sera).

Libia-Italia (Canale di Sicilia), 5 maggio

Decine di profughi annegati nel Canale di Sicilia, poco prima di essere soccorsi dalla nave portacontainer Zeran, a causa di un incidente che ha semiaffondato il gommone su cui stavano cercando di raggiungere la Sicilia. Le prime stime parlano di almeno 40 morti ma probabilmente sono molti di più. Forse addirittura un centinaio.

La ricostruzione della strage si basa sulle testimonianze rese a Save The Children da alcuni dei profughi (194 in tutto, di cui 18 donne e 2 minorenni), sbarcati dalla Zeran nel porto di Catania. Quei 194 migranti erano su due gommoni, soccorsi in tempi diversi. Sul primo, 105 persone, tutte tratte in salvo. Sull’altro 197. La tragedia si sarebbe verificata proprio al momento dei soccorsi. Mentre la nave accostava, nella concitazione di afferrare le cime con cui issarsi a bordo, tra i profughi si sarebbe creata una ressa: molti sono caduti o si sono gettati in acqua, altri sarebbero rimasti schiacciati sul fondo, fino a che, forse nell’urto contro la fiancata del cargo, è esploso uno dei tubolari pneumatici del gommone, che ha cominciato ad affondare. I superstiti hanno parlato inizialmente di oltre 40 compagni scomparsi tra le onde. Ma se trovasse conferma che sul natante c’erano 197 persone e che tutti o quasi tutti i sopravvissuti sono stati presi a bordo dalla Zeran, i morti sarebbero molti di più. Tenendo conto che il gruppo sbarcato a Catania era di 194 persone (di cui 105 del gommone che non ha avuto problemi), i sopravvissuti al naufragio sarebbero circa 90 e i dispersi un centinaio. Cinque cadaveri sono stati recuperati e portati insieme ai sopravvissuti a Catania. Sulla vicenda è stata aperta un’inchiesta da parte della Procura di Catania.

(Fonte: Repubblica, La Stampa, Corriere della Sera, Il Fatto Quotidiano, Ansa Sicilia e Ansa nazionale, Cadena Ser)

Italia (Canale di Sicilia), 20 maggio 2015

Un giovane, di nazionalità sconosciuta, muore prima che arrivino i soccorsi a bordo del barcone su cui è salito in Libia insieme ad altri 286 migranti. Il natante, partito da una spiaggia vicino a Tripoli, viene intercettato alla deriva nel Canale di Sicilia, dalla nave Sfinge, della Marina Militare italiana. I naufraghi e la salma vengono trasferiti ad Augusta. Sulle cause della morte viene disposta una inchiesta.

(Fonte: La Repubblica, cronaca di Palermo)

Libia (Bengasi), 25 maggio 2015

Almeno tre profughi restano uccisi a Bengasi negli scontri a fuoco per il controllo del centro della città nell’ambito dell’offensiva scatenata dall’esercito di Tobruk, su iniziativa del generale Khalifa Aftar, contro le milizie del Bengazhi Revolutionaries Shura Council (Brsc), la coalizione islamica fedele al governo di Tripoli. Alla battaglia, accanto ma non alleate del Brsc, prendono parte anche formazioni armate dello Stato Islamico. I combattimenti sono particolarmente duri nei quartieri centrali. Secondo le rassicurazioni dell’esercito libico di Haftar, la zona dovrebbe essere stata interamente evacuata dai civili. In realtà dichiarazioni raccolte da Human Rights Watch affermano che ci sono ancora numerose famiglie libiche e anche numerosi profughi (siriani, palestinesi e di vari paesi subsahariani) a cui non è concesso andarsene in sicurezza, che spesso non sanno come procurarsi il cibo, sono privati dei servizi essenziali e spesso finiscono per trovarsi coinvolti loro malgrado negli scontri a fuoco. Vari testimoni parlano di parecchi morti. Tra questi, in particolare, tre risultano profughi: Abu Shawki, un palestinese di 75 anni, colpito da un proiettile vagante alla testa; uno sconosciuto di nazionalità siriana, raggiunto da uno Shrapnel mentre stava uscendo dalla moschea di downtown e morto dopo due giorni di agonia; uno sconosciuto fuggito dalla Mauritania, ucciso da miliziani dell’Isis di fronte alla moschea El Sabri mentre, insieme a un gruppo di civili, tentava di lasciare la zona.

(Fonte: Human Rights Watch. Rapporto “Civilians trapped in Benghazi).

Spagna-Marocco (Melilla), 25 maggio 2015

Un ragazzo marocchino muore precipitando dal muro sopra il costone roccioso che domina il porto di Melilla, una delle enclave spagnole in Marocco. Si chiamava Osama ed era originario di Fez. A Melilla era arrivato già da qualche tempo ma il suo obiettivo era quello di raggiungere l’Europa imbarcandosi clandestinamente su uno dei ferry di linea che collegano l’enclave a Malaga, Almeira e Motril (Granada) con corse giornaliere. Scesa la notte, ha cercato di raggiungere le banchine del porto calandosi dal muro di recinzione con una corda, per poi scivolare a bordo del ferry, approfittando del buio. Scavalcato il muro, però, deve aver perso la presa ed è precipitato dall’alto, rimanendo esanime a terra. Gli amici che erano con lui sulla rupe inizialmente non si sono accorti di nulla: pensavano che Osama fosse riuscito a raggiungere l’area portuale. La tragedia è stata scoperta solo il mattino dopo quando un passante ha visto il corpo ai piedi del costone ed ha avvertito le forze di sicurezza dell’area portuale. Osama non aveva documenti con sé e inizialmente si è riusciti a stabilire che si trattava di un ragazzo presumibilmente di età inferiore ai 18 anni, forse marocchino o algerino o comunque maghrebino. Solo quando la notizia si è diffusa si è risaliti all’identità, grazie ad altri profughi marocchini presenti nell’enclave di Melilla, che hanno rconosciuto il corpo.

(Fonte: No Borders Morocco, El Diario Es. El Mundo) 

Italia-Libia (Canale di Sicilia), 29 maggio 2015

I corpi senza vita di 17 profughi vengono recuperati su un gommone con 217 persone a bordo, alla deriva nel Canale di Sicilia, dall’equipaggio della nave Fenice, della Marina Militare italiana. Non si tratta di un naufragio: le vittime potrebbero essere morte di sete o di stenti durante la traversata o forse calpestate da altri migranti nel tentativo di trovare un posto. Sul caso viene aperta un’inchiesta della magistratura.

Nella stessa giornata del 29 maggio si registrano altri 21 interventi di soccorso a barconi o gommoni carichi di profughi in difficoltà nel Mediterraneo. Vengono recuperati, da navi della Marina italiana e da altre unità militari straniere impegnate nell’operazione Triton, 9 barconi e 13 gommoni, incluso quello con i 17 morti a bordo. In tutto vengono tratti in salvo e trasferite in Sicilia 4.243 migranti.

(Fonte: Repubblica, La Stampa, Corriere della Sera, Tg-3 edizione ore 14,15).

Spagna-Marocco (Melilla), fine maggio/inizio giugno 2015

Un giovane marocchino annega nel tentativo di raggiungere a nuoto il territorio dell’enclave spagnola di Melilla, verosimilmente con l’intenzione di proseguire poi la fuga verso la Penisola Iberica e l’Europa. Veniva da Nador, una piccola città portuale distante circa dieci chilometri da Melilla, alla quale è collegata da un’autostrada. Ignote le circostanze precise della morte del ragazzo. Stando alle notizie riferite dalla stampa, probabilmente il giovane, quasi certamente minorenne, ha raggiunto via terra le vicinanze della barriera di confine e poi si è gettato in mare in un punto defilato per superare a nuoto la frontiera, eludendo la sorveglianza delle guardie marocchine e spagnole, ma le forze devono averlo abbandonato e non è riuscito a guadagnare la spiaggia.

(Fonte: El Diario. Es) 

Arlit (Sahara al confine tra Niger e Libia), 3/11 giugno 2015

Diciotto migranti muoiono di sete e d’inedia durante la traversata del Sahara dal Niger alla Libia. I corpi vengono trovati otto giorni dopo nella zona di Arlit, una piccola città in pieno deserto vicino al confine. Si tratta di 17 uomini e di una donna, provenienti in maggioranza da Mali, Senegal, Costa d’Avorio e Nuova Guinea.

Secondo i rapporti della polizia di frontiera il gruppo di migranti, partito il 3 giugno su un Land Cruiser, ha perso la strada a causa di una tempesta di sabbia che ha cancellato la pista. Privi di orientamento, hanno vagato nel deserto per ore, fino ad esaurire la benzina, rimanendo bloccati. Uno di loro, un algerino, è riiuscito a catturare un cammello ed ha tentato di raggiungere  un villaggio in pieno deserto, Assamanka, pe ricercare acqua e aiuti ma è caduto poco dopo durante la strada ed è morto. Gli altri 17 sono stati trovati privi di vita nei pressi del Land Cruiser l’11 giugno da una pattuglio di polizia mobilitata per le ricerche attivate da conoscenti di alcuni dei migranti del gruppo, allarmati dal mancato arrivo in Libia.

“Ci dobbiamo chiedere – ha riferito Giuseppe Lo Prete, dell’Oim – quante persone sono morte (e stanno morendo) nel deserto, anche prima di arrivare al Mediterraneo. Noi pensiamo che questo non sia un caso isolato, ma senza una raccolta sistematica di informazioni e senza una operazione di salvataggio, non sapremo mai quanti migranti possano essere scomparsi”.

(Fonte: rapporto Oim,, Ansa, La Stampa, Rai News)

Londra, 18 giugno 2015

Un giovane migrante di nazionalità sconosciuta muore precipitando da un aereo proveniente da Johannesburg in fase di atterraggio all’aeroporto Heathrow di Londra, al termine di un volo di 13 mila chilometri fatto nel vano del carrello. Il corpo viene recuperato su un edificio di Richmond, un quartiere nella zona meridionale della metropoli. Un altro clandestino viene ritrovato semi assiderato e ricoverato in gravi condizioni all’ospedale: anche lui ha fatto tutto il viaggio aggrappato nel vano nel vano del carrello, dove era salito insieme al compagno, eludendo la sorveglianza del personale di servizio dell’aeroporto sudafricano. E’ probabile che al momento dell’atterraggio il giovane precipitato fosse già morto, ucciso dal freddo estremo e dalla fatica.

(Fonte: La Repubblica, La Stampa, Sky News). 

Libia (Mediterraneo tra Tripoli e Zwarah), 22 giugno 2015

Un morto e un ferito su un gommone carico di 300 profughi preso di mira dal fuoco di milizie armate libiche, forse una motovedetta. Il ferito viene soccorso da un elicottero italiano e portato a Lampedusa; il morto e gli altri 298 migranti vengono presi a bordo dalla nave militare che ha intercettato il natante e dopo il salvataggio fa rotta verso un porto siciliano. Non sono chiare le circostanze della sparatoria. Secondo alcune fonti a terra, in Libia, tra i porti di Tripoli e di Zwarah, negli ultimi giorni si sarebbe combattuta una breve ma violenta guerra tra bande rivali di miliziani che si contendono il traffico dei migranti. Ciò spiegherebbe come mai nel week end non si sono registrate partenze. Il gommone sarebbe stato colpito proprio perché era riuscito a prendere il largo. E il fuoco sarebbe partito da una motovedetta lanciata all’inseguimento. La Marina e la Guardia Cosatiera libiche negano di essere coinvolte nell’episodio. Anziché una motovedetta militare, dunque, potrebbe trattarsi di un motoscafo veloce di miliziani. Sull’episodio viene aperta un’inchiesta da parte della Procura di Agrigento. Incaricati di sentire i testimoni-superstiti la polizia di frontiera e la squadra mobile.

(Fonte: La Stampa, Corriere della Sera, Repubblica, il Sole 24 Ore)

Spagna-Marocco (Mediterraneo tra Alhoceima e Almeira), 22 giugno

Ventidue migranti scompaiono in mare mentre tentano di raggiungere la Spagna dal Marocco. Erano a bordo di una barca partita tra il 19 e il 20 dal litorale di Alhoceima e diretta verso Tarifa o Almeira. L’allarme scatta quando, dopo due giorni, non si ha più notizia di quei profughi. Senza esito le ricerche organizzate dal Servizio di Salvataggio Marittimo spagnolo, con navi ed elicotteri partiti dalla stessa Alhoceima, porto d’imbarco, da Tangeri, Tarifa e Almeira. Dopo oltre due giorni le l’operazione di soccorso viene interrotta. Tutto lascia credere il battello sia affindato e che tutti i profughi a bordo siano annegati. “Altre 22 vittime – denuncia No Borders Morocco – della Fortezza Europa”.

In questi giorni di giugno sono numerosi i tentativi di raggiungere la Spagna dal Marocco. Il 19 giugno dieci migranti vengono individuati e salvati su una barca vicino a Gibilterra mentre cinque riescono a raggiungere l’enclave spagnola di Ceuta via mare su un canotto. Il giorno venti sono tratti in salvo, con tre operazioni distinte in mare, 20 migranti nord africani a Motril, 19 sub sahariani (17 uomini e 2 donne) ad Almeira e un profugo solitario trovato alla deriva su un piccolo battello al largo di Tarifa.

(Fonte: No Borders Morocco) 

Grecia-Turchia (tra l’isola di Kos e la città turca di Bodrum), 23 giugno

Sei migranti annegati nel braccio di mare tra la città turca di Bodrum e l’isola greca di Kos, verso la quale stavano facendo rotta. Causa della tragedia: il rovesciamento, a sole tre miglia dalla costa di Bodrum, del barcone sul quale le vittime erano salite insieme a decine di altri profughi.

La notizia è stata riferita dalle autorità turche. Sul posto è intervenuta la Guardia Costiera di Ankara, salvando 66 persone, tra cui un bambino. Non è escluso che il bilancio delle vittime sia più grave: potrebbero esserci alcuni dispersi. E’ stata disposta un’inchiesta dalla magistratura turca per stabilire quanti migranti fossero a bordo al momento della partenza.

(Fonte: Il Messaggero).

Italia (Catania), 25 giugno 2015

C’è anche una donna morta tra i circa 500 migranti sbarcati dal pattugliatore svedese “Poseidon” nel porto di Catania. I profughi (497 per l’esattezza, oltre alla vittima) sono stati soccorsi tra il 23 e il 24 in tre diverse operazioni nel Canale di Sicilia. Il corpo senza vita della donna presenta una profonda ferita. Non sono chiare le circostanze e le cause. La Procura dispone un’inchiesta.

Nello stesso giorno sbarcano a Trapani altri 422 profughi (344 uomini, 39 donne, 7 bambini e 32 minori non accompagnati) soccorsi il giorno 23 in due dioverse operazioni dalla nave belga Godetia.

(Fonte: La Repubblica cronaca di Palermo, Telegiornale Rai 2 ore 14,15)

Marocco (Tangeri), 27 giugno 2015

Due giovani senegalesi annegano nel naufragio di un piccolo gommone con cui stanno cercando di raggiungere la costa spagnola. La tragedia avviene al largo di Tangeri. Le due vittime (C. G. F e K. F.) erano partite con altri nove migranti a bordo di uno Zodiac. Durante la traversata il battello si è rovesciato per cause imprecisate ed i due sono scomparsi quasi subito tra le onde. Gli altri sono riusciti ad aggrapparsi a un tubolare del gommone, fino a che sono stati soccorsi da un guardacoste della Marina marocchina. Solo uno dei corpi è stato recuperato e trasbordato a Tangeri.

(Fonte: No Borders Morocco e Yabiladi.com)

Marocco (Boukhalef, Tangeri), primo luglio 2015

Un morto e due feriti gravi durante lo sgombero forzato da parte della polizia delle decine di case occupate da migranti subsahariani, a Boukhalef, un sobborgo alla periferia di Tangeri, in Marocco, da anni rifugio di centinaia di giovani in fuga dal proprio paese,  in buona parte con l’intento di raggiungere l’Europa. L’operazione, decisa dopo disordini, spesso a sfondo razzista, scatenati da gruppi di marocchini ostili alla presenza degli immigrati, viene condotta con ben duemila agenti di polizia e soldati, che circondano tutto il borgo e vanno a cercare gli “africani neri” casa per casa. Ne nascono spesso proteste e tafferugli. La morte del giovane africano matura in una di queste situazioni di tensione: nella confusione che segue all’irruzione della polizia, precipita dal quarto piano di un edificio e muore poco dopo in ospedale.  Secondo il giornale online Yabiladi il corpo presenterebbe anche ferite da “arma bianca”. Due altri migranti restano gravemente feriti. Circa 500 vengono arrestati e deportati nel sud del Marocco, in centri di detenzione. Almeno altrettanti fuggono nei boschi vicini o si nascondono nella Medina di Tangeri. La vittima si chiamava Mamadou Kone, 29 anni, proveniente dalla Costa d’Avorio.

(Fonte: No Borders Morocco e Yabiladi.com )

Tunisia (El Bibane), 5 luglio 2015

I corpi di cinque giovani vengono recuperati al largo delle coste tunisine, all’altezza di El Bibane, nel sud del paese, non lontano dal confine con la Libia. Si tratta di migranti africani, di nazionalità imprecisata. Non si hanno informazioni sulle circostanze precise della loro morte, ma tutto lascia credere che si tratti di profughi partiti dalle spiagge libiche. E’ probabile che si sia verificato un naufragio di cui non si è avuta notizia fino alla scoperta dei cadaveri. Si teme per questo che le vittime possano essere molte di più.

(Fonte: La Repubblica, Avvenire, Agenzia Agi, Quotidiano Net).

Mar Egeo tra Grecia e Turchia, 7 luglio 2015

Affonda nell’Egeo un barcone di migranti, probabilmente in maggioranza siriani, partito dalla costa della Turchia e diretto verso una delle isole greche. Le vittime, stando ai rapporti della Guardia Costiera greca e turca, sono 19. Soltanto 4 i cadaveri recuperati.

(Fonte: La Repubblica).

Italia-Libia(Canale di Sicilia), 09 luglio 2015

Almeno 12 migranti morti nel naufragio di un gommone con circa 120 persone a bordo nel Canale di Sicilia, 40 miglia a nord della costa libica. L’allarme è scattato nel primo pomeriggio, facendo convergere sul posto diverse unità della Marina italiana: i pattugliatori Dattilo e Corsi e due motovedette partite da Lampedusa. Nella zona indicata sono stati trovati non uno ma quattro gommoni, di cui uno, appunto, semi affondato con 106 naufraghi aggrappati in parte ai tubolari pneumatici ancora in grado di galleggiare. L’equipaggio del Dattilo, la prima nave ad arrivare, ha recuperato 12 cadaveri e tratto in salvo i naufraghi. Le altre unità hanno prestato soccorso ai  tre gommoni ancora in navigazione, con a bordo 287 migranti. Poco dopo è stato recuperato ancora un gommone con 106 persone e, in serata, tre barconi con 324 migranti. Complessivamente risultano così 823 le persone tratte in salvo nel corso della giornata. Senza esito le ricerche di eventuali dispersi del primo gommone naufragato e dal quale è partito l’Sos.

(Fonte: La Stampa, La Repubblica, Il Fatto Quotidiano)

Tunisia (El Katef e Ben Guerdane), 10 luglio 2015

Almeno altri 30 morti, in un naufragio, al largo delle coste della Tunisia. Secondo quanto riferisce il sito d’informazione Kapitali, 10 corpi vengono recuperati da una motovedetta della Guardia Costiera tunisina al largo di El Katef, nella regione meridionale del paese (governatorato di Medenine), nei pressi di Ben Guerdane, la città tunisina più lontana dalla capitale: per arrivare a Tunisi ci sono 499 chilometri di strada ma sino al confine libico di Ras Ajdir appena 32. Mentre le prime dieci salme vengono trasportate nel porto di El Katef, nella zona ne vengono avvistate altre venti e non è escluso che vittime e dispersi siano molti di più. Non risultano imbarchi di profughi dalla Tunisia: tutto lascia credere che ci sia stato il naufragio di un barcone o di un gommone salpato dalle vicine coste libiche e diretto verso l’Italia. Secondo alcune ipotesi meno accreditate, anzi, i naufragi potrebbero essere addirittura due, con un bilancio di morti e dispersi ancora più grave. Appena cinque giorni prima un altro naufragio si è verificato poco distante, nel tratto di mare di fronte alla laguna di El Bibane: cinque i corpi recuperati.

Queste nuove sciagure confermano che si sta aprendo o addirittura si è già aperta un’altra rotta per i disperati intrappolati in Libia. Una rotta che conta già almeno 35 vittime, tenendo conto solo dei corpi recuperati e senza contare probabilmente decine o forse centinaia di dispersi.

(Fonti. Avvenire, Agenzia Agi, Quotidiano Net, Rai News)

Libia (Tajoura), 14 luglio 2015

Almeno cento morti in un naufragio avvenuto a poche miglia dalle coste libiche, di fronte a Tajoura, una piccola città litoranea, circa dieci chilometri a est di Tripoli, divenuta uno dei principali punti d’imbarco dei migranti che cercano di raggiungere l’Italia dal Nord Africa. Tra le vittime, anche numerosi bambini e donne. Non si hanno notizie precise sulla sciagura, resa nota dall’agenzia Migrant Report e poi confermata dalle autorità di Tripoli, le quali non escludono anzi che il bilancio possa essere ancora più drammatico. Gran parte dei corpi recuperati in mare o sulla spiaggia sono stati trasferiti all’obitorio dell’ospedale di Tripoli. Stando ai primi accertamenti e a giudicare dal numero dei morti, dovrebbe essersi trattato di un gommone, un tipo di natante più facile da trovare dei tradizionali barconi in legno ma che potrebbe caricare al massimo una ventina di persone, anche se i trafficanti ve ne fanno salire in genere un centinaio circa. I frequenti incidenti che capitano a questi battelli pneumatici sono quasi sempre dovuti proprio al sovraccarico.

(Fonti: Avvenire, Migrant Report, News 24, Quotidiano Net)

Libia (Sabha), 14 luglio 2015

Ventitré migranti morti di sete e di stenti oppure uccisi dai maltrattamenti dei trafficanti nel deserto libico. Ne riferisce l’agenzia Migrant Report. Inizialmente viene data notizia del ritrovamento di tre salme (una coppia nigeriana e un uomo di nazionalità incerta) lungo una pista nel deserto di Sabha, la città del sud della Libia, già capoluogo del Fezzan, divenuta uno dei principali punti di snodo delle varie vie di fuga dei profughi provenienti dal Sahara e diretti verso Tripoli o comunque la costa. Sulla scia di questa informazione, si scopre che nell’obitorio dell’ospedale locale ci sarebbero una ventina di altri corpi, appartenenti a migranti caduti nelle mani dei trafficanti e uccisi come avvertimento per gli altri ostaggi oppure che non hanno retto le torture a cui sono stati sottoposti per estorcere denaro alle loro famiglie. Anche queste salme sono state trovate abbandonate ai margini di strade e piste in pieno deserto, in vari punti ma a non grande distanza da Sabha.

(Fonte: Avvenire)

Italia (Canale di Sicilia), 17 luglio 2015

Una bambina siriana di dieci anni muore per una crisi diabetica nel Canale di Sicilia durante la traversata dall’Egitto alle coste italiane. La piccola era con il padre e le sorelle su un barcone con a bordo ben 320 profughi. I familiari si erano premuniti portando una piccola scorta di insulina per il viaggio, nel timore di necessità improvvise o del prolungarsi della rotta. A un certo punto gli scafisti, per cercare di fare spazio, hanno buttato in mare alla rinfusa gran parte dei bagagli dei migranti, compreso lo zainetto nel quale c’erano le fiale di insulina portate dal papà della piccola per fronteggiare ogni evenienza.

La traversata si è rivelata più lunga del previsto e la bambina è stata colta da una crisi. fino a entrare in coma: senza insulina non c’è stato nulla da fare. Il cadavere è stato abbandonato in mare. Il padre ha raccontato tutto al commissario di Siracusa subito dopo lo sbarco.

(Fonte: La Repubblica, Il Fatto Quotidiano, La Stampa).

Italia (Canale di Sicilia), 17 luglio 2015

Un giovane africano privo di vita viene trovato su un gommone carico di migranti nel Canale di Sicilia. A bordo anche 14 ustionati da idrocarburi. La salma viene trasbordata sulla nave Siem Pilot che, con 456 migranti soccorsi in varie operazioni al largo della Libia fa rotta verso la Sardegna ed arriva a Cagliari la mattina del 18 luglio. Sulle cause della morte del giovane, di nazionalità i mprecisata, viene aperta un’inchiesta da parte della Procura.

(Fonti: Sardinia Post, L’Unione (Sarda).

Libia (al largo di Tripoli), 22 luglio 2015

Circa quaranta profughi morti in un naufragio alcune decine di miglia al largo delle coste libiche. Le vittime erano su un gommone con a bordo 120/125 persone, partito dalle vicinanze di Tripoli, insieme ad altri due gommoni, nella notte tra martedì e mercoledì. Dopo qualche ora di navigazione il natante ha cominciato a sgonfiarsi e ad imbarcare acqua, fino a che verso le dieci del mattino è naufragato, provocando la morte di una quarantina di migranti, tra cui numerose donne e bambini. I superstiti sono 88: li ha raccolti in un primo momento una nave mercantile che li ha poi affidati alla nave militare tedesca Schleswig Holstein, che complessivamente ha preso a bordo 283 profughi, trasferendoli poi al porto di Augusta, in Sicilia, dove è giunta il giorno 23. Il conto delle vittime è stato fatto in base alle testimonianze di alcuni superstiti raccolte da Save the Children. Indagini dell’Unhcr sono giunte alla stessa conclusione così come quelle della Procura di Siracusa: si parla di 35/40 orti, inclusi i due scafisti. Secondo alcune testimonianze, l’avaria al gommone potrebbe essere stata causata da una errata manovra di avvicinamento della nave mercantile arrivata per prima sul posto per i soccorsi: ci sarebbe stata una collisione e il gommone sarebbe colato a picco. Una dinamica simile a quella di altri naufragi, incluso quello disastroso del 18/19 aprile, con circa 850 vittime.

I 283 sbarcati ad Augusta sono in maggioranza eritrei e somali, ma ci sono anche giovani fuggiti dal Benin e dal Mali. La stessa proporzione dovrebbe esserci grossomodo tra le vittime.

(Fonte: La Repubblica, La Stampa, Il Fatto Quotidiano).

Italia-Libia (Canale di Sicilia), 28 luglio 2015

I cadaveri di 14 giovani migranti vengono recuperati, nelle prime ore del pomeriggio, su un barcone diretto verso l’Italia e raggiunto dalla nave Le Niam, della Marina militare irlandese, inquadrata nella flotta di Frontex e messa in allerta dalla centrale di coordinamento dei soccorsi della Guardia Costiera italiana. Sullo stesso barcone erano altri 522 migranti, tutti tratti in salvo dai soccorritori. Non ancora chiarite le cause della tragedia: l’ipotesi più accreditata è quella che la morte sia stata provocata dai gas di scarico del motore o da soffocamento per la ressa nella parte bassa della barca. Nel corso della giornata vengono condotte nel Canale di Sicilia altre quattro operazioni di soccorso con l’intervento, oltre che della stessa nave Le Niam, delle due unità allestite da Medici senza frontiere e di un pattugliatore svedese. Risultano 1.810 le persone tratte in salvo.

(Fonte: Il Giornale di Sicilia, La Repubblica cronaca di Palermo).

Italia-Libia (Canale di Sicilia), 31 luglio 2015

I cadaveri di due giovani vengono trovati a bordo di uno dei due barconi soccorsi dalla nave Sirio, della Marina militare italiana, nel Canale di Sicilia. I due natanti, partiti dalle coste libiche, navigavano in coppia, con a bordo complessivamente 680 migranti, tra cui numerose donne e bambini. Nella stessa giornata, in quel tratto di mare vengono soccorsi da navi mercantili e mezzi della Guardia Costiera un altro barcone e due gommini. Si tratta in tutto, compresi i primi due barconi, di 1.230 persone. Le due salme vengono sbarcate a Cagliari, porto al quale sono destinati 435 dei 1.230 migranti tratti in salvo nel corso della giornata. Viene aperta un’inchiesta per stabilire le cause della morte dei due giovani.

(Fonte: Rai News).

Italia-Libia (Canale di Sicilia), 1 agosto 2015

Cinque migranti morti e 780 tratti in salvo da unità della Guardia Costiera italiana, della Finanza e di Medici senza Frontiere su quattro gommoni e un barcone nel Canale di Sicilia. Partiti da località imprecisate della Libia e diretti verso l’Italia, i cinque natanti sono stati intercettati a una distanza variabile tra le 30 e le 40 miglia dalle coste libiche: erano tutti in difficoltà e non in grado di reggere ancora a lungo il mare. I cinque cadaveri erano su uno dei due gommoni soccorsi dalla nave di Medici senza Frontiere, che ha preso a bordo anche i migranti del gommone soccorso dalla Guardia Costiera. Del quarto si è occupata una motovedetta della Finanza mentre il barcone, con oltre 360 persone, è stato recuperato dal rimorchiatore Asso 29. E’ probabile che la morte dei cinque giovani sia stata causata da una serie di concause: l’elevata temperatura raggiunta a bordo, sete e stenti, debilitazione, ecc. I profughi tratti in salvo provenivano prevalentemente da Eritrea, Siria e Palestina.

(Fonte: Corriere della Sera, El Pais).

Spagna-Marocco, 3 agosto 2015

Un marocchino di 27 anni, N. M., muore soffocato nella valigia dove si era nascosto per poter arrivare in Spagna, a bordo dell’auto del fratello, A. M., di 34 anni, che, in possesso di passaporto francese, stava rientrando in Europa dopo un breve periodo trascorso a casa. Il “piano della valigia” doveva servire per superare i controlli alla frontiera prima dell’imbarco sul ferry a Melilla, per poi sbarcare in Spagna e proseguire il viaggio in macchina fino in Francia. Nessuno in effetti si è accorto inizialmente di nulla al posto di confine né durante le operazioni di imbarco. Le lunghe ore trascorse chiuso in quel piccolo spazio, più di 6 e mezza tra sosta in porto e navigazione, sono state però fatali al giovane. Quando A.M., a 20 minuti dall’arrivo nel porto di Almeira, è potuto scendere nel garage della nave e aprire il bagagliaio, il fratello era già morto. Senza esito i tentativi di rianimarlo, prima a bordo e poi a terra. Secondo i primi accertamenti medici, la morte è sopravvenuta per asfissia e disidratazione.

(Fonte: El Pais, Tg La7, ore 13,30).

Spagna-Marocco (Ceuta), 3 agosto 2015

Quattro profughi morti e quattro dispersi in mare nel tentativo di raggiungere Ceuta, una delle due enclave spagnole in Marocco. Secondo le fonti ufficiali, quattro migranti sono annegati mentre cercavano di arrivare a nuoto fino alla costa di Ceuta, ma una Ong locale riferisce che in realtà le vittime sono almeno 8: i quattro annegati (di cui sono state recuperate le salme) e altri quattro di cui si è persa ogni traccia e sono dunque da considerarsi quanto meno desaparecidos. Non è escluso, anzi, che le vittime siano anche di più: la stessa Ong riferisce di una piccola imbarcazione partita dalla costa marocchina, carica di migranti, in difficoltà e che sarebbe stata lasciata in pratica senza soccorsi. Si ignora la sorte di questo natante e delle persone che erano a bordo.

(Fonte: No Borders Morocco e Eldiario)

Italia-Libia (Canale di Sicilia), 05 agosto 2015

Oltre 200 tra morti (25 le salme recuperate) e dispersi nel Canale di Sicilia per il naufragio di un grosso peschereccio in ferro, stracarico di migranti, “gestito” da cinque “scafisti”, due tunisini e tre libici. La tragedia, una delle più gravi del Mediterraneo, è avvenuta a circa 15 miglia dalle coste libiche. Il natante, un peschereccio in ferro, era partito durante la notte da Zuwara con centinaia di persone a bordo, circa 600 stando alle prime richieste di soccorso e alle testimonianze di alcuni superstiti. Almeno cento erano stipate nella stiva: si tratta nella stragrande maggioranza di africani (provenienti da paesi sub sahariani), sistemati sotto bordo perché avevano pagato un ticket “ridotto” rispetti ai 1.200 dollari di media richiesti per la traversata. Sul ponte si trovavano invece soprattutto siriani, palestinesi e bengalesi.

I problemi sono iniziati nella mattinata, poco più di tre ore dopo la partenza, pare per un guasto ai motori che, temendo il peggio visto che lo scafo ha cominciato a imbarcare acqua, ha indotto a lanciare un Sos con un telefono satellitare. La richiesta di aiuto è stata recepita a Catania e da qui è rimbalzata al Centro di coordinamento dei soccorsi in mare della Guardia Costiera a Roma. Sul posto sono state dirottate immediatamente la Dignity One, una delle navi di Medici senza Frontiere, e la Le Niamh, una unità della Marina irlandese. E’ stata proprio quest’ultima a raggiungere per prima il peschereccio in difficoltà. Quando è stata a circa un miglio di distanza ha messo in mare due lance per accostare il peschereccio ed effettuare le operazioni di soccorso e trasbordo. E’ a questo punto che si è verificata la tragedia: gran parte dei migranti si sono riversati tutti insieme sul lato dal quale stavano arrivando i soccorsi, compromettendo la stabilità e provocando il rovesciamento del peschereccio, che subito dopo è affondato. Gli equipaggi della Le Niamh e della Dignity One hanno recuperato 399 persone in mare e 25 salme. Stando alle dichiarazioni dei superstiti che parlano della presenza di 600 persone a bordo, ci dovrebbero essere almeno 175 dispersi di cui non si ha più traccia: in particolare, i circa 100 migranti, per lo più africani, che i trafficanti avevano chiuso nella stiva e che, data la rapidità del naufragio, non hanno avuto modo di mettersi in salvo.

Arrestati i cinque scafisti, allo sbarco a Palermo, su ordine della Procura, che ha aperto un’inchiesta..

(Fonti: La Repubblica, La Stampa, Corriere della Sera, Ansa, El Pais, Tg La7, Il Manifesto, Il Fatto Quotidiano).

Italia-Libia (Canale di Sicilia), 11 agosto 2015

Circa 50 dispersi per l’affondamento di un gommone nel Canale di Sicilia, a circa 40 miglia dalla costa libica. Ad avvistare il battello in difficoltà, ormai semi sgonfio, è stato, nel primo pomeriggio, un elicottero della nave Mimbelli, in servizio di perlustrazione, che ha lanciato zattere di salvataggio e comunicato la situazione d’emergenza. La prima nave ad arrivare sul posto è stata la Fenice, della Marina Militare, che poco prima aveva già salvato 120 migranti su un altro gommone. Sono state recuperate 52 persone, aggrappate alle zattere gettate dall’elicottero. Una volta a bordo della Fenice, i superstiti hanno dichiarato che al momento della partenza dalla Libia erano almeno un centinaio e che molti non ce l’hanno fatta a resistere quando il gommone ha cominciato a inabissarsi. Risulterebbero, dunque, circa 50 dispersi. Senza esito le ricerche condotte dal personale della Marina per ritrovarli.

(Fonte: Ansa, Corriere della Sera, Repubblica, La Stampa).

Italia-Libia (Canale di Sicilia), 15 agosto 2015

Quarantanove morti asfissiati su un barcone carico di migranti soccorso dalla Marina italiana a circa 21 miglia dalla costa libica. Il battello, un peschereccio in legno lungo 14 metri, era partito dalla Libia poche ore prima, stracarico di profughi africani: oltre 360 persone. Un carico al limite della capienza, inclusa la stiva, dove vengono chiusi generalmente quelli che pagano un ticket più basso per la traversata. Durante la navigazione il motore è probabilmente andato in panne ed è stato lanciato l’Sos con un telefono satellitare. L’allarme è stato raccolto dalla Guardia Costiera, che ha dirottato sul posto il pattugliatore della Marina Cigala Fulgosi. Quando l’elicottero in dotazione all’unità navale lo ha individuato, il barcone era immobile in mezzo al mare. Sembrava una operazione di soccorso come tante altre, invece, quando sono saliti a bordo, i marinai hanno trovato nella stiva 49 cadaveri (una decina in più dei circa 40 ipotizzati inizialmente), accatastati l’uno sull’altro e alcuni semisommersi nell’acqua di sentina, densa di nafta, rifiuti ed escrementi. Le vittime sono in maggioranza uomini, probabilmente morti per asfissia a causa delle esalazioni del carburante o degli scarichi del motore. Le persone tratte in salvo sono 312, tra cui una cinquantina di donne e diversi bambini.

Le salme sono state recuperate e portate sul Cigala Fulgosi e poi trasbordate, insieme ai 312 superstiti, sulla nave norvegese Siem Pilot, per essere trasferite a Catania. La Procura ha aperto  un’inchiesta sullal strage.

(Fonte: La Repubblica, Corriere della Sera, La Stampa, Il Sole 24 Ore, Ansa)

Italia (in mare al largo della Calabria), 17 agosto 2015

Un morto su un barcone carico di migranti partito dalla Libia e diretto in Italia. Il battello, un vecchio peschereccio in legno, viene intercettato al largo della Calabria dopo l’Sos raccolto dal Coordinamento soccorsi di Roma della Guardia Costiera. Sul posto intervengono due motovedette partite da Roccella Ionica e da Crotone, un pattugliatore della Marina croata e un mercantile che incrociava nella zona: un intervento in forze perché il soccorso si prospetta difficile a causa delle cattive condizioni del mare e il barcone è in gravi difficoltà. I soccorritori trovano a bordo circa 350 migranti molto provati e il cadavere di una ragazza di 21 anni, morta poche ore prima, durate la traversata, probabilmente per una crisi glicemica. Sia i profughi che la salma vengono trasferiti a Reggio Calabria.

(Fonte: La Stampa, la Repubblica).

Grecia (mare Egeo, isola di Lesbo), 17 agosto 2015

Due migranti morti e cinque dispersi nel mare Egeo, al largo dell’isola di Lesbo. La notizia è astata riferita dalla polizia portuale greca, intervenuta per i soccorsi. Molto scarsi i particolari: si sa soltanto che i sette erano a bordo di una imbarcazione di fortuna, forse un gommone, con altre persone. Erano partiti dalla costa turca per tentare di raggiungere Lesbo, seguendo una delle rotte più battute dai profughi in fuga attraverso la rotta del Mediterraneo Orientale. A breve distanza dall’isola il battello si è rovesciato per cause imprecisate, incluso, probabilmente, il sovraccarico. Quando la guardia costiera è giunta sul posto ha recuperato due cadaveri e alcuni superstiti hanno precisato che mancavano altre cinque persone.

(Fonte: Liberation del 25 agosto)

Turchia-Grecia (Egeo tra Bodrum e Kos), 18 agosto 2015

I corpi senza vita di cinque migranti, presumibilmente siriani, vengono trovati da una guardacoste turco al largo di Bodrum. Secondo la guardia costiera erano partiti con un piccolo battello dalla costa anatolica per tentare di raggiungere la vicina isola di Kos e poi proseguire per il continente e l’Europa del nord attraverso i Balcani Durante la traversata la barca si è inabissata per ragioni rimasta sconosciute. Le salme sono state avvistate e recuperate, in acque di pertinenza turca, da un battello della polizia nelle prime ore del mattino, il che fa pensare che la tragedia deve essersi verificata durante la notte. La Guardia Costiera turca non ha voluto fornire particolari sull’episodio, incluse l’identità e la nazionalità delle vittime.

(Fonti: Associated Press Greek Reporter e Anadolu Agency) 

Italia (Canale di Sicilia), 25 agosto 2015

Un ragazzino eritreo di 15 anni muore a bordo della nave Dignity di Medici senza Frotniere, sulla quale era stato trasferito dopo essere stato soccorso da una unità della Marna italiana insieme ad altri 300 profughi. La morte è dovuta a debilitazione, c ausa diretta dei maltrattamenti, delle percosse, del duro lavoro a cui è stato costretto, dai trafficanti che lo tenevano prigioniero in Libia prima che riuscisse a salire sul barcone che avrebbe dovuto portarlo in Italia.  “Il ragazzo – si legge nel rapporto di Msf – viaggiava da solo e quando è Arrivato a bordo era in condizioni critiche, con difficoltà di movimento. Le persone che viaggiavano con lui hanno riferito che era stato ripetutamente e brutalmente picchiato in Libia, tre settimane prima. Da quel momento la sua salute era peggiorata e senza nessun tipo di cure è stato costretto a continuare un pesante lavoro fisico, spesso senza cibo né acqua”. “Non è un caso isolato – afferma Save the Children – Dalle testimonianze che raccogliamo ogni giorno nei porti dove sbarcano i migranti, da parte dei minori spesso non accompagnati abbiamo purtroppo la conferma di abusi e maltrattamenti di ogni tipo subiti in Libia prima della partenza”.

La salma è stata trasferiti dalla nave Dignity ad Augusta. La procura ha disposto un’indagine.

(Fonti: La Repubblica, Il Sole 24 ore, La Stampa, Corriere della Sera, Tg-3).

Libia-Italia (Canale di Sicilia), 26 agosto 2015.

I cadaveri di 52 migranti vengono trovati dai soccorritori della nave svedese Poseidon al largo delle coste libiche su un barcone alla deriva, con oltre 400 persone a bordo. E’ una tragedia identica a quella di Ferragosto, con 49 vittime. Il natante, un vecchio peschereccio in legno di colore blu, partito dalla Libia, era diretto verso l’Italia. Dopo poche ore di navigazione si è trovato in difficoltà ed ha lanciato un Sos intercettato dalla Guardia Costiera italiana, che ha dirottato sul posto la Poseidon la quale, peraltro, aveva appena terminato un’altra operazione di soccorso, recuperando su un gommone circa 130 migranti su un gommone in procinto di affondare. Durante le operazioni di trasbordo, la scoperta dei 52 cadaveri, su indicazione di alcuni dei superstiti. Le vittime, in maggioranza migranti dell’Africa sub sahariana, erano stati ammassati sotto coperta in uno spazio di 6 metri per 4 alto appena un metro e 20 centimetri. Uno spazio insufficiente per tante decine di uomini. Quando si sono resi conto che potevano morire, hanno cercato di uscire ma, secondo il racconto di alcuni superstiti, gli scafisti hanno impedito di salire in coperta, bloccando il boccaporto e colpendo duramente chi si avvicinava all’uscita, un’apertura di meno di un metro quadrato. La morte è dovuta quasi certamente a soffocamento ed asfissia per le esalazioni del motore. Le salme sono state portate a Palermo, insieme ai superstiti. La Procura palermitana ha aperto un’inchiesta, arrestando dieci presunti scafisti.

(Fonte: Il Messaggero, La Stampa, Corriere della Sera, Il Sole 24 ore, Il Tirreno, Il Fatto Quotidiano, Rai News).

Italia (Canale di Sicilia), 26 agosto 2015.

Una giovane donna presa a bordo della nave svedese Poseidon muore durante la navigazione verso Palermo. Era sul gommone con circa 130 migranti soccorso poco prima che scattasse l’allarme per il barcone sul quale sono stati poi trovati i cadaveri di 51 profughi rinchiusi nella stiva. I corpi sbarcati a Palermo dalla Poseidon sono così complessivamente 53. Anche sulla morte di questa donna la Procura palermitana ha aperto un’inchiesta.

(Fonte: Il Messaggero, Corriere della Sera)

Italia (Canale di Sicilia), 26 agosto 2015.

Il pattugliatore croato Andrija Mohorovicic sbarca a Catania, insieme a 218 profughi tratti in salvo in varie operazioni di soccorso, anche il cadavere di un ventenne sudanese, morto durante la traversata pe runa crisi diabetica. La salva viene trasferita all’obitorio dell’ospedale Garibaldi su disposizione della Preocura etnea. Il giovane era a bordo di uno dei gommoni soccorsi nel Canale di Sicilia: era già morente quando sono arrivati i soccorsi della nave croata.

(Fonte: Corriere della Sera).

Italia (Canale di Sicilia), 26/28 agosto 2015

La motonave Fiorillo, della Guardia Costiera, sbarca a Reggio Calabria i cadaveri di un uomo e tre donne. Il primo era su un gommone con 113 profughi a bordo soccorso il giorno 26 nel Canale di Sicilia dalla stessa Fiorillo. Si tratta di un giovane sudanese, trovato già morto, probabilmente per crisi cardiaca, quando il gommone è stato raggiunto dalla motonave. Le tre donne, di cui una incinta, erano invece su un altro gommone, con 120 migranti a bordo, raggiunto al largo della Libia, sempre il giorno 26, da due motovedette della Guardia Costiera, la Cp324 e la Cp 319, partite da Lampedusa. Tutte e tre le donne presentavano gravi ustioni dovute probabilmente a contatto con idrocarburi. La morte potrebbe essere stata causata dalle esalazioni del motore e proprio anche da quelle ustioni. La Procura reggina ha aperto un fascicolo d’inchiesta sulla morte sia del sudanese che delle tre donne. Il 4 settembre sono stati arrestati due giovani ghanesi, accusati di essere gli “scafisti”.

(Fonte: Corriere della Sera, Il Messaggero, Il Sole 24 ore) 

Austria (Parndorf), 27 agosto 2015.

Settantuno cadaveri di profughi vengono trovati su un Tir frigorifero abbandonato lungo l’autostrada nei pressi di Parndorf, una piccola città vicina al confine con l’Ungheria e la Slovacchia. Tra le vittime, anche 4 bambini e 8 donne. Una delle bambine non aveva più di due anni, gli altri piccoli erano di età compresa tra gli otto e i dieci anni Si tratta quasi certamente, in maggioranza, di siriani e afghani, morti probabilmente per soffocamento, mentre tentavano di raggiungere la Germania. Tutto lascia credere che i camionisti, che li avevano presi a bordo in Ungheria, abbiano abbandonato il Tir, dandosi alla fuga, quando si sono accorti della strage. Il giorno dopo (28 agosto) per questo massacro la polizia ungherese annuncia l’arresto di cinque persone. Secondo gli inquirenti sono il proprietario del camion, i due conducenti e altri complici: quattro bulgari e un afghano.

(Fonti: Repubblica, Il Sole 24 ore, La Stampa, Corriere della Sera, Il Messaggero, Il Fatto Quotidiano  

Spagna (Motril), 27 agosto 2015

Intercettati e recuperati in mare, al largo delle coste andaluse, circa 30 miglia di fronte al porto di Motril (Granada) i corpi di due giovani: secondo la polizia si tratta di profughi che, partiti dal litorale del Marocco con una piccola barca, hanno fatto naufragio durante la traversata. Ignote le circostanze della tragedia provenienti e nessuna notizia sul numero di persone che erano a bordo del natante. Il bilancio delle vittime potrebbe essere dunque molto più pesante.

(Fonte: El Mundo attraverso Fortress Europe). 

Libia (Zuwara), 28 agosto 2015.

Circa 200 morti e quasi certamente un centinaio di dispersi, per un totale presumibile di 300 vittime, in un duplice naufragio meno di un miglio al largo di Zuwara, il piccolo porto libico vicino al confine tunisino diventato uno dei principali punti d’imbarco dei profughi in fuga verso l’Italia. Ne hanno dato notizia le autorità libiche, specificando che la Guardia Costiera di Tripoli ha tratto in salvo 201 persone. Nessuna segnalazione, vista la distanza, è pervenuta invece al centro di coordinamento dei soccorsi della Guardia Costiera italiana a Roma.

La prima sciagura è avvenuta meno di un’ora dopo la partenza: un vecchio barcone si è rovesciato, probabilmente per il sovraccarico, le pessime condizioni dello scafo e del motore e l’imperizia degli scafisti che lo governavano. A bordo c’erano, sempre secondo la Marina libica, circa 400 persone. Tra 40 e 50, chiusi sottocoperta, sono rimasti imprigionati nella stiva, dove sono stati trovati quando il natante si è arenato. L’equipaggio della motovedetta giunta sul posto per i soccorsi ha riferito che in mare galleggiavano circa 160 cadaveri: tra giovedì 28 prima di notte e i giorni successivi ne sono stati recuperati oltre cento.

Il secondo naufragio riguarda un gommone con circa 100 profughi a bordo. La sciagura – secondo il Guardian, la Bbc e fonti di Medici senza Frontiere – dovrebbe essere avvenuto nella stessa zona del primo. Forse parte di quei 160 cadaveri avvistati dalla Guardia Costiera libica provenivano anche da questo natante. Se le indicazioni dei superstiti sono esatte, sui due battelli sarebbero saliti dunque complessivamente quasi 500 migranti. Tenendo conto dei 201 tratti in salvo dalla Marina libica e dei 200 morti accertati (quelli rimasti imprigionati nella stiva e i cadaveri avvistati a breve distanza dalla riva o spiaggiati), dunque, ci sarebbero anche circa 100 dispersi: ovvero, le vittime potrebbero essere in tutto quasi 300. Il Guardian di Londra riferisce esplicitamente questa cifra, precisando che le persone messe in salvo sono 198 e i cadaveri recuperati 110.

Le autorità libiche hanno comunicato che dei 201 tratti in salvo, 147 sono stati condotti nel centro di detenzione di Sabratha. La maggioranza dei profughi – secondo le forze di sicurezza libiche – proveniva da Pakistan, Siria, Marocco e Bangladesh. Non è escluso tuttavia che quelli rimasti imprigionati nella stiva siano originari dell’Africa sub sahariana, i più poveri, che pagano un po’ di meno il “ticket” per la traversata e ai quali viene assegnato il posto peggiore e più pericoloso sottocoperta.

(Fonti: Il Guardian, Ansa, Il Secolo XIX, Agenzia Agi, Il Sole 24 ore, Repubblica, Corriere della Sera, La Stampa).

Italia (Messina), 29 agosto 2015.

La nave Diciotti, della Guardia Costiera, sbarca i cadaveri di due donne al molo Marconi del porto di Messina. Le due vittime facevano parte del gruppo di 563 migranti soccorsi nel Canale di Sicilia su due barconi: secndo notizie di staampa, potrebbero essere morte soffocate nella stiva del battello su cui stavano tentando la traversata verso l’Italia. La Procura di Messina ha aperto un’inchiesta e disposto un’autopsia come primo atto.

(Fonte: La Repubblica).

Grecia (isola di Simi), 29 agosto 2015.

Un ragazzo di 17 anni resta ucciso in una sparatoria su un battello che trasportava decine di migranti. Il battello, uno yacht di 25 metri, era partito dalle coste della Turchia, facendo rotta verso l’isola di Simi. A bordo, riferiscono le autorità greche, c’erano circa 70 profughi. Alla vista di una motovedetta, l’equipaggio turco avrebbe cercato di sottrarsi ai controlli. A questo punto non è chiara la ricostruzione dei fatti. La Guardia Costiera greca parla di “conflitto a fuoco”, ma non si è stato specificat,o come lo scontro sia iniziato: se cioè a far fuoco per prima, come intimidazione, sia stata la motovedetta per bloccare la fuga o se i primi colpi siano partiti dallo Yacht e la Guardia Costiera abbia risposto al fuoco. Sicuramente sono stati sparati numerosi colpi: oltre al ragazzo morto, sarebbero rimasti feriti un marinaio greco e un trafficante. Non è chiaro nemmeno dove si trovasse esattamente il diciassettenne a bordo del battello dei profughi quando è stato raggiunto dal proiettile che lo ha ucciso. Lo yacht è stato poi bloccato e rimorchiato a Simi, dove l’intero equipaggio turco è stato arrestato.

(Fonte: Corriere della Sera, Repubblica).

Libia (Khoms), 30 agosto 2015

Trentasette morti e un numero imprecisato di dispersi, verosimilmente diverse decine, in un naufragio al largo della Libia, davanti alla costa di Khoms, una città a circa cento chilometri a est di Tripoli. A dare notizia della tragedia è stato Mohamad al Misrati, uno dei portavoce della Mezzaluna Rossa libica. Ignote le circostanze della sciagura: l’allarme è scattato quando sette corpi sono affiorati tra la spiaggia e una scogliera artificiale, dove sono stati trascinati dalla corrente. Nelle ore successive sono stati individuati in mare, più al largo, altri 30 corpi in mare. Tutto lascia credere che la strage si sia consumata in pochi minuti ma a breve distanza dalla riva, come i due naufragi del giorno 28: non si spiegherebbe altrimenti che parte delle salme siano state spinte sino a riva dalle onde. Il bilancio è sicuramente molto più grave di sette vittime. La stessa Mezzaluna Rossa, che sta conducendo le ricerche, parla di “almeno 37 morti”, lasciando intendere che vanno considerati anche decine di dispersi. Tenendo conto di come persino i gommoni o i battelli più piccoli vengono sovraccaricati dai trafficanti, potrebbe non essere azzardato ipotizzare che ci siano complessivamente un centinaio di vittime.

(Fonte: La Repubblica, La Stampa, Tg-2 ore 20,30)

Spagna-Marocco (Ceuta), 31 agosto 2015

Un profugo subsahariano è annegato nel naufragio della piccola imbarcazione con cui stava cercando di raggiungere il territorio spagnolo insieme a 12 compagni, che sono riusciti a salvarsi. Si tratta di un giovane non identificato, sui 20/25 anni. Lui e gli altri forse più che Ceuta volevano tentare di raggiungere direttamente la penisola iberica. Così pensano i soccorritori a giudicare dalla barca su cui viaggiavano: un battello di vetroresina non grande ma robusto e dotato di un buon motore fuoribordo, registrato presso la l’ufficio marittimo di Ceuta e che non risulta rubato. L’ipotesi più accreditata è che abbiano perso la rotta a causa della fitta nebbia che, a quell’ora, le 11,30 circa, avvolgeva tutto quel tratto di mare, finendo così sulla scogliera di Santa Catalina, uno dei tratti più pericolosi della baia nord di Ceuta, a causa delle forti correnti. Cinque dei tredici profughi che erano a bordo sono riusciti a issarsi su uno scoglio, dove sono stati soccorsi e tratti in salvo da un pescatore marocchino. Altri sette sono riusciti a raggiungere la terraferma, dove sono stati presi in carico dalla Croce Rossa. La stessa Croce Rossa ha dato l’allarme e fatto scattare le ricerche per il tredicesimo giovane, di cui si erano perse le tracce. Il suo corpo senza vita è stato trovato incastrato tra le rocce, semisommerso.

(Fonte: El Pais).

Italia (Canale di Sicilia), 01 settembre 2015

I cadaveri di quattro donne vengono trovati dai marinai del pattugliatore d’altura Cigala Fulgosi su un gommone a circa 50 miglia dalla Libia, nel Canale di Sicilia. A bordo, oltre alle vittime, c’erano 112 migranti: 83 uomini e 18 donne (di cui due in stato di gravidanza) e 11 ragazzi minorenni. La maggior parte sono originari dell’Africa sub sahariana, così come le quattro donne trovate morte. Le vittime, tutte giovani, erano state collocate in fondo al gommone. Stando ai primi esami medici la morte risale a qualche ora prima dell’arrivo dei soccorsi. Il battello era partito da una località imprecisata della costa libica la sera prima.

(Fonte: Repubblica, Corriere della Sera, La Stampa)

Grecia-Turchia (stretto tra Kos e Bodrum), 02 settembre 2015

Sedici tra morti e dispersi – di cui 5 bambini e ragazzini minorenni – hanno perso la vita in due distinti naufragi, nello stretto braccio di mare tra la penisola turca di Bodrum e l’isola greca di Kos. La duplice tragedia è avvenuta in piena notte, mentre i migranti, tutti siriani, cercavano di raggiungere la Grecia dalla Turchia a bordo di due piccoli gommoni. La rotta non è lunga, non più di 5 miglia, ed è molto battuta, ma nessuno si è accorto di nulla. L’allarme è scattato solo alle prime luci del mattino, quando su una spiaggia vicino a Bodrum, spinti dalle onde e dalla corrente, sono arrivati i cadaveri di due bambini: uno di appena due anni, l’altro, il fratellino, di 5. La Guardia Costiera turca ha organizzato le ricerche, riuscendo a trarre in salvo quattro naufraghi mentre altri due sono riusciti a raggiungere a nuoto la terraferma. Si è potuto così appurare che il primo battello pneumatico aveva a bordo 16 persone: 7 sono annegate, 5 disperse e 4 sono state salvate. Sul secondo, partito poco dopo, erano almeno in sei: una donna e tre bambini sono morti mentre altri due profughi (tra cui il marito della donna e padre di due dei bambini) si sono salvati. Sono state proprio le testimonianze dei superstiti a segnalare che le vittime sono almeno 16, sempre che non ci siano dispersi anche nel secondo battello: forse uno se, come riferiscono alcune fonti, a bordo c’erano 7 e non 6 migranti.

Nel corso della stessa nottata dei due naufragi i guardacoste turchi hanno bloccato oltre 100 profughi siriani che tentavano di raggiungere le isole greche su piccoli battelli pneumatici, simili a quelli affondati.

(Fonte: Corriere della Sera, La Stampa, Repubblica, El Pais, Le Monde, Guardian)

Italia-Libia (Canale di Sicilia e Cagliari), 03 settembre 2015

Sei cadaveri (quattro donne e due uomini) vengono sbarcati a Cagliari dalla nave norvegese Siem Pilot, giunta al molo Rinascita con 781 profughi soccorsi in varie operazioni condotte nei giorni precedenti dalla Marina Militare e dalla Guardia Costiera nel Canale di Sicilia, al largo della Libia. Le donne sono quelle trovate il primo settembre dal pattugliatore Cigala Fulgosi a bordo di un gommone con 112 migranti. Gli altri due cadaveri sono stati recuperati su altri gommoni.

(Fonte: Ansa Sardegna, La Nuova Sardegna, Corriere della Sera, Repubblica)

Spagna-Marocco (Ceuta), 06 settembre 2015

La Guardia Civil recupera al largo di Ceuta il cadavere di un giovane migrante tenuto a galla da un giubbotto di salvataggio pneumatico. A far scattare le ricerche è la segnalazione di un veliero in navigazione nello stretto di Gibilterra, che comunica di aver visto due giovani in mare a circa sei miglia da punta Almina. Quando i soccorritori arrivano sul posto trovano soltanto il giovane ormai privo di vita, un profugo subsahariano di circa vent’anni morto per ipotermia a causa della lunga permanenza in acqua. Due unità del servizio di salvamento marittimo continuano le ricerche fino a notte, senza trovare traccia dell’altro naufrago. Secondo la polizia questo secondo giovane sarebbe riuscito a raggiungere la costa, nascondendosi in qualche rifugio rimasto sconosciuto. Non è chiaro se i due abbiano tentato di arrivare a Ceuta con un battello poi affondato durante la traversata oppure a nuoto, come sembra più probabile, non essendo stata trovata alcuna traccia di un naufragio o resti alla deriva.

(Fonti: El Diario, No Borders Morocco)

Italia-Libia (Lampedusa), 06 settembre 2015

Venti dispersi, nel canale di Sicilia, per il naufragio di un gommone con a bordo quasi 130 profughi. Il natante era partito dalla Libia diretto verso Lampedusa. A oltre 30 miglia dalla costa, con il mare forza 4, ha cominciato a sgonfiarsi e almeno una ventina di persone sono cadute in acqua. I primi soccorsi sono arrivati dalla nave Dattilo, della Marina Militare italiana, che ha recuperato i 107 migranti che erano ancora a bordo, trasferendoli poco dopo su due unità della Capitaneria di Porto. Poi sono iniziate le ricerche dei dispersi, che si sono protratte fino  a sera, ma nessun corpo è emerso dal mare. I superstiti sono stati sbarcati a Lampedusa e affidati agli operatori del progetto “Mediterranean Hope”, della Federazione delle Chiese Evangeliche, che ne hanno raccolto le testimonianze per ricostruire la tragedia.

(Fonte: Repubblica, Corriere della Sera).

Grecia (Mar Egeo, isola di Samo), 12 settembre 2015.

Cinque dispersi nel naufragio di una barca di migranti tra la Turchia e l’isola di Samo. Al momento dell’incidente, il battello, partito dalle coste turche con a bordo 29 profughi, presumibilmente in gran parte siriani, è avvenuto nelle acque territoriali greche. I soccorsi, organizzati dalla Guardia Costiera greca, hanno consentito di salvare 25 naufraghi. Degli altri cinque non si è trovata traccia: quattro – secondo le testimonianze dei superstiti – erano minorenni. Le ricerche sono proseguite fino a sera e riprese il giorno dopo, domenica, quando è scattato un novo allarme per un naufragio di fronte all’isola di Farmakonisi.

(Fonte: El Pais, Associated Press Greek Reporter).

Grecia (Mar Egeo, isola di Farmakonisi), 13 settembre 2015

Almeno 34 migranti morti nel naufragio di un barcone nell’Egeo, a breve distanza dall’isola greca di Farmakonisi. Quasi la metà delle vittime accertate erano bimbi: 4 neonati, 6 bambini e 5 bambine. Secondo quanto riporta l’agenzia di stampa Ana di Atene, il battello, salpato dalla Turchia, aveva a bordo oltre 130 profughi. Quando era ormai nelle vicinanze di Farmakonisi, distante una quindicina di chilometri dalle coste turche, si è ribaltato ed è affondato rapidamente, per cause imprecisate. Ventinove naufraghi sono riusciti a raggiungere l’isola a nuoto, altri 68 sono stati individuati e tratti in salvo dalla Guardia Costiera greca ma 34 hanno perso la vita. I più deboli: bambini e donne. Otto salme sono state ritrovate nella stiva del barcone, altri 26 corpi recuperati ormai esanimi tra le onde. Senza esito le ricerche per trovare eventuali altri naufraghi dispersi.

Fonti: La Repubblica, Corriere della Sera, La Stampa).

Turchia-Grecia (Dacta), 15 settembre 2015

Almeno 26 migranti morti nel naufragio di un barcone nell’Egeo, tra la Turchia e la Grecia. Tra le vittime risultano anche 4 bambini e 11 donne. Inizialmente si parlava di una ventina di morti, poi saliti a 24 e infine (Il Tempo), secondo le ultime indicazioni, di 26. La barca, un grosso natante in legno del tipo usato nella zona (sia in Turchia che in Grecia) per escursioni turistiche lungo la costa e nelle isole dell’Egeo, era partita durante la notte dal porto turco di Dacta, nella provincia sud occidentale. A bordo c’erano quasi 240 persone. Poco dopo l’alba, probabilmente a causa delle cattive condizioni del mare, si è rovesciata ed è affondata. Sul posto, al limite delle acque territoriali, sono intervenute cinque unità della Guardia Costiera turca, che hanno tratto in salvo 211 persone e recuperato circa 20 salme. Altri sei corpi sono stati trovati successivamente durante le ricerche di eventuali dispersi.

(Fonte: Tg Com Mediaset, Ansa, Unione Sarda, Il Tempo).

Libia (Tripoli), 18 settembre 2015

Sette migranti morti e quattro dispersi, per un totale di 11 vittime, su un gommone semi affondato a 22 miglia nautiche a nord est di Tripoli. Il natante era partito durante la notte dalle coste libiche con 113 persone a bordo. Durate la navigazione verso l’Italia ha cominciato a sgonfiarsi fino a diventare ingovernabile e a cominciare ad affondare. Sarebbe stata un’altra strage con otre cento vittime se non fosse stato individuato da una petroliera. “Ci trovavamo a 22 miglia da Tripoli quando, intorno alle 9, abbiamo avvistato un gruppo di persone in mare – ha raccontato un ufficiale della petroliera – Erano vicino a un gommone che si era sgonfiato e su cui erano adagiati 7 cadaveri, tra cui quello di un bambino piccolo”. L’equipaggio della nave ha tratto in salvo 102 persone: i superstiti hanno segnalato che 4 donne, alcune delle quali in stato di gravidanza, erano disperse. Senza esito le ricerche condotte dalla stessa petroliera e dalla Guardia Costiera libica. I superstiti sono sttai condotti a Tripoli.

(Fonte: Rai News)  

Turchia (Cesme), 18 settembre 2015

Una bambina siriana di 4 anni muore in un naufragio al largo della Turchia. La piccola – Hanan Al Jarwan – era con i familiari ed altri profughi siriani (in tutto 15 persone, inclusa la bimba) a bordo di un barcone di fortuna partito dalla costa di Cesme, nella provincia occidentale turca di Smirne. Diretto certamente verso una delle isole greche dell’Egeo, il natante è affondato a causa delle cattive condizioni del mare. La Guardia Costiera turca ha tratto in salvo 14 naufraghi, tra cui quattro bambini. Inizialmente, della piccola Hanan non è stata trovata traccia. Il suo corpicino senza vita è stato poi spinto dalla corrente sulla spiaggia di Altinkoy, nel distretto di Cesme.

(Fonte: Corriere Quotidiano, Il Tempo, La Sicilia, Today).

Turchia-Grecia (Mar Egeo), 19 settembre 2015

Quattordici tra morti e dispersi nel naufragio di un barcone avvenuto tra la Turchia e l’isola greca di Lesbo, nell’Egeo. Tra le vittime, anche una bambina di 5 anni, trovata ancora in vita dai soccorritori ma morta poco dopo all’ospedale di Lesbo.

La tragedia è avvenuta quando la costa greca era già in vista. Secondo le testimonianze dei superstiti, sul natante, partito dalla costa turca, c’erano complessivamente 26 persone, quasi tutte siriane. La Guardia Costiera ha recuperato 13 naufraghi, tra i quali la bimba, ormai priva di conoscenza anche se respirava ancora debolmente. Le ricerche sono state protratte sino al tramonto. Nessuna traccia degli altri 13 migranti.

(Fonte: Ansa, Repubblica, Il Secolo XIX).

Turchia-Grecia (Canakkale-Lesbo), 19/20 settembre 2015

Ventisei vittime – 13 morti (tra cui quattro bambini) e 13 dispersi – nella collisione tra un barcone carico di migranti e un traghetto di linea. La tragedia è avvenuta lungo la rotta che va dalla città portuale turca di Canakkale, nella zona ovest, all’isola greca di Lesbo. La notizia è stata resa nota da un portavoce della Guardia Costiera turca, intervenuta sul posto per i soccorsi. Non sono chiare le circostanze precise del naufragio. Forse il ferry si è avvicinato per prestare soccorso al barcone che, partito da Canakkale, si dirigeva verso Lesbo ma era in gravi difficoltà per il mare grosso. E’ probabile che durante questa operazione, particolarmente difficile a causa delle condizioni meteomarine, le onde e il vento abbiano sospinto violentemente la barca contro la fiancata della nave e il forte urto può aver provocato l’affondamento. A bordo, secondo l’agenzia turca Dogan che ha riportato le testimonianze di alcuni superstiti, c’erano 46 persone. Venti sono state tratte in salvo e tredici sono state recuperate ormai senza vita. Ci dovrebbero essere, dunque, 13 dispersi di cui si è persa ogni traccia. Il totale delle vittime sale così a 26.

(Fonte: Ansa, Il Secolo XIX, Il Tempo)

Turchia (Gumusluk-Bodrum), 27 settembre 2015

Diciassette migranti morti in un naufragio al largo do Bodrum. Le vittime erano a bordo di un barcone salpato dal porto turco di Gumusluk, diretto verosimilmente verso l’isola greca di Kos, seguendo una delle rotte più battute dai rifugiati che dalla Turchia cercano di arrivare in Grecia, per poi proseguire verso l’Europa centrale o la Scandinavia. Secondo quanto riferisce l’agenzia ufficiale turca Anadolu, al momento della partenza c’erano a bordo 37 persone. La tragedia è avvenuta al largo del porto di Bodrum, nella Turchia sud-occidentale, a poche miglia da Kos. Non sono chiare le cause: probabilmente il mare grosso e il forte vento. La Guardia Costiera è riuscita a trarre in salvo 20 naufraghi. Nessuna speranza per gli altri.

(Fonte: Repubblica, Rai News, Il Messaggero, Ansa, Giornale di Sicilia)

Grecia (Lesbo), 30 settembre 2015

Due morti e 11 dispersi nel naufragio di un gommone di otto metri carico di profughi al largo dell’isola greca di Lesbo. Le salme recuperate sono quelle di un bambino di 4 anni e di una donna di 35. Il natante, partito dalla costa turca nonostante il mare in tempesta, si è rovesciato a causa delle onde e delle forti raffiche di vento, che in quel momento soffiava a più di forza 6. A bordo, secondo alcuni superstiti, c’erano alla partenza 47 persone. I naufraghi sono stati avvistati da un traghetto in navigazione lungo la tratta tra la città turca di Aivali e Lesbo, che ha lanciato l’allarme alla guardia costiera. Per le operazioni di soccorso sono intervenute sul posto numerose unità. Poco dopo è stata individuata e soccorsa, nella stessa zona, un’altra barca di migranti in gravi difficoltà: tratti tutti salvi i 40 migranti che erano a bordo. Sia questi che i superstiti del gommone naufragato sono stati trasferiti dalla Guardia Costiera greca a Mitilene, capoluogo dell’isola di Lesbo.

(Fonte: La Repubblica).

Libia (Tripoli e Sabratha), 4 ottobre 2015

I corpi senza vita di 95 migranti, quasi tutti subsahariani, vengono trovati in due punti della costa libica: 85 presso Tripoli e 10 a Sabratha, uno dei principali punti d’imbarco dei gommoni diretti verso l’Italia. La notizia viene comunicata dalla Mezzaluna Rossa e ripresa da alcuni media: in Italia dall’Ansa e da Rai News. Si tratta, evidentemente, delle vittime di un’altra tragedia dell’emigrazione forzata dall’Africa. Le cause e le circostanze precise non sono note. Anzi non si è saputo nulla della strage fino a quando le salme non sono state spinte dalle correnti e dalle onde verso la costa. Data la distanza tra Tripoli e Sabratha, circa 70 chilometri, è verosimile che si siano verificati non uno ma due naufragi. Probabilmente due gommoni andati a picco mentre si trovavano ancora nelle acque territoriali libiche, poco dopo essere partiti uno da Tripoli e l’altro da Sabratha. Non si spiegherebbe altrimenti come mai parte dei cadaveri si siano spiaggiati a Tripoli e gli altri a Sabratha, molto più a ovest, senza altre “tracce” negli oltre 70 chilometri di costa intermedi. I media italiani ed europei non hanno approfondito la notizia. Ma se questa ricostruzione è esatta e tenendo conto che su ogni gommone i trafficanti caricano in media un centinaio di persone, le vittime, tra morti accertati e dispersi, sono probabilmente molte di più. Verosimilmente il doppio: circa 200.

La notizia viene rilanciata il 6 ottobre dall’Oim (che parla di almeno 100 morti) e poi ripresa con grande evidenza (ma due giorni di ritardo rispetto al dispaccio Ansa da Bengasi) da diverse grandi testate giornalistiche italiane.

(Fonte: Ansa, Rai News, Repubblica).

Grecia (isola di Kos), 5 ottobre 2015

Quattro corpi senza vita vengono trovati spiaggiati sull’isola di Kos a breve distanza l’uno dall’altro. Si tratta di due adulti, un uomo e una donna, e di due bambini piccoli: uno aveva presumibilmente meno di un anno e l’altro fra tre e cinque anni. Le condizioni delle salme inducono a ritenere che fossero in acqua da tempo, prima di finire sull’arenile di un albergo, nella parte orientale dell’isola.

Secondo le autorità greche, i quattro erano a bordo di uno dei gommoni che ogni giorno tentano di raggiungere Kos dalla vicina Turchia: solo nell’ultimo week end la Guardia Costiera greca ha condotto nell’Egeo 57 operazioni di soccorso, salvando 1.743 migranti. Non sono note le circostanze della tragedia. Forse qualche elemento in più potrebbe emergere dall’autopsia e dall’esame del Dna, disposto dalla magistratura greca, per stabilire se non altro la data presumibile della morte. Nei giorni successivi non sno state diffuse ulteriori notizie.

(Fonte: Il Fatto Quotidiano, Avvenire, La Stampa, Ansa, Corriere della Sera).

Spagna-Marocco (Ceuta), 9 ottobre 2015

Due migranti morti e altri venti feriti nel naufragio di una barca che dalle coste marocchine cercava di raggiungere le spiagge dell’enclave spagnola di Ceuta. Secondo la ricostruzione fatta da Caminando Fronteras, una Ong che opera in Marocco, ci sarebbero precise, pesanti responsabilità della Marina Reale marocchina. La barca, hanno riferito esponenti della Ong a giornalisti di Cadena Ser, si stava avvicinando alle acque territoriali di Ceuta quando è stata intercettata e violentemente speronata da una unità della Marina. In seguito al colpo si è rovesciata e due giovani, uno guineano di nome Giorgio e un camerunense chiamato Olivier, sono annegati. Gli altri sono stati tratti a boro della nave marocchina e sarebbero poi stati duramente pestati dalla polizia, prima di essere trasferiti in un centro di detenzione dal commissariato di Castillejos, il porto da cui presumibilmente erano partiti nel tentativo di raggiungere il territorio spagnolo.

A denunciare la morte di due loro compagni a Caminando Fronteras sono stati telefonicamente alcuni dei superstiti dopo essere stati trasferiti. Il Consiglio nazionale dei Diritti Umani ha chiesto di liberare i detenuti sia pe rmotivi umanitari che, in particolare, come testimoni della morte di due loro compagni e in generale della violenza subita.

(Fonte: Cadena Ser, Ceutaactualidad, Agenzia El Dia, No Borders Morocco) 

Egitto (Baltim), 10 ottobre 2015

Almeno dieci morti e venti superstiti nel naufragio di un barcone carico di migranti avvenuto di fronte alle coste egiziane, non lontano dal porto di Baltim, nella provincia di Kafr al Sheij, a nord est del Cairo. Secondo il quotidiano Al Ahram, che ha dato la notizia, poi ripresa dai maggiori media italiani, il natante era diretto in Italia, con a bordo un numero imprecisato di rifugiati, in massima parte siriani. “Le ricerche continuano per trovare altri sopravvissuti o cadaveri”, riferisce il giornale. Alcuni dei sopravvissuti, appena giunti a riva, sono fuggiti per sottrarsi all’arresto a cui sono inesorabilmente sottoposti tutti gli stranieri che entrano in Egitto senza documenti o comunque in modo irregolare: secondo i dati forniti dalla polizia di frontiera, tra l’ottobre 2014 e l’aprile 2015 si contano 6.004 fermi.

C’è da credere che le vittime siamo molte più delle dieci calcolate in base al numero di cadaveri recuperati in mare. Baltim, nel delta nel Nilo, è uno dei principali porti d’imbarco per la rotta dei migranti che dall’Egitto puntano verso l’Italia. Una rotta lunga e difficile che implica l’uso di grossi barconi i quali, prima della partenza, per non essere intercettati dalla polizia, sostano al limite delle acque territoriali: i profughi vengono trasferiti a bordo dalla spiaggia con imbarcazioni minori, una serie di viaggi che dura fino a che il “carico” non è completo. In genere il nulla osta alla partenza viene dato dalle organizzazioni di  trafficanti quando sul barcone ci sono non meno di 300/400 persone. Tutti gli ultimi arrivi dall’Egitto hanno seguito questa trafila. Tenendo conto delle dieci salme recuperate e dei 20 superstiti, dunque, ci dovrebbero essere centinaia di dispersi. Presumibilmente circa 300

Spagna-Marocco (Melilla), 13 ottobre 2015

Il corpo di un giovane magrebino viene recuperato da una squadra di sommozzatori della Guardia Civil spagnola nelle acque di una baia isolata a Melilla. A far scattare le ricerche è stata la segnalazione di alcuni sub. Negli abiti del morto la polizia non trova documenti: si riesce a stabilire solo che doveva avere tra i 30 e i 40 anni, ma la Guardia Civil ritiene che fosse un profugo proveniente da un paese del Maghreb, perché la baia in cui è stato trovato è il punto di riferimento abituale dei migranti che cercano di entrare clandestinamente nel porto commerciale di Melilla per imbarcarsi di nascosti su una delle navi che salpano quotidianamente per Malaga. E’ probabile che l’uomo sia annegato nel tentativo di raggiungere a nuoto uno dei moli.

(Fonte: Europa Press Ceuta y Melilla, No Borders Morocco)

Grecia (Lesbo), 14 ottobre 2015

Tre dispersi nel ribaltamento di una barca di migranti al largo dell’isola di Lesbo. Una motovedetta della Guardia Costiera greca, giunta sul posto per i soccorsi, ha recuperato 21 naufraghi (poi fatti sbarcare a Lesbo), ma non ha trovato traccia degli altri tre che si trovavano a bordo al momento della partenza e dell’incidente nel corso della navigazione.

La marina greca, impegnata in numerose altre operazioni di salvataggio in quel braccio di mare, non ha fornito particolari sulle cause e le circostanze del naufragio.

(Fonte: Associated Press sulla base di notizie riportate dalla stampa greca). 

Grecia (Lesbo), 15 ottobre 2015

Sette morti – quattro bambini di cui un neonato, due donne e un uomo – nel naufragio di una barca carica di migranti di fronte all’isola greca di Lesbo, nell’Egeo. Sul natante, una piccola imbarcazione in legno, avevano preso posto 39 profughi, a quanto pare quasi tutti siriani: salpati dalla Turchia, volevano raggiungere l’Europa attraverso la Grecia. Stando alle prime ricostruzioni, la sciagura si è verificata a causa di un forte impatto contro una unità della Guardia Costiera greca arrivata per prestare assistenza. In quel tratto di mare imperversava una forte burrasca, ma i profughi avevano deciso di partire ugualmente per timore di restare bloccati in Turchia. Probabilmente sono state proprio le onde, il vento e la corrente a scagliare la piccola barca contro la fiancata della nave militare, causandone l’affondamento. Lo stesso equipaggio della nave ha prestato i primi soccorsi, recuperando 32 naufraghi ma per i più piccoli, nonostante indossassero cinture di salvataggio, e tre adulti non c’è stato nulla da fare.

(Fonte: El Pais)

Bulgaria (Sredets, frontiera con la Turchia), 15 ottobre 2015

Un migrante afghano viene ucciso da un colpo di fucile esploso dalle guardie di frontiera bulgare nei pressi di Sredets, ai confini con la Turchia. Secondo la polizia si sarebbe trattato di un incidente: un proiettile di rimbalzo di una raffica esplosa a scopo intimidatorio. L’uomo – è questa la ricostruzione fornita dal ministero degli interni – faceva parte di un gruppo di 54 migranti afghani, di età compresa tra i 20 e i 30 anni, che cercavano di entrare in Bulgaria per poi proseguire verso la Germania e il Nord Europa. Sorpresi dalla polizia al momento di passare la frontiera, non si sarebbero fermati all’alt, mostrando anzi un atteggiamento molto aggressivo. Da qui la decisione di sparare diversi “colpi in aria”, per indurre l’intero gruppo a fermarsi e a tornare indietro. E uno dei colpi, appunto, avrebbe raggiunto casualmente alla testa uno dei migranti, morto poi poco dopo, mentre veniva trasportato in ospedale. Non è stata resa nota la versione dei compagni della vittima. Le prime ricostruzioni dell’accaduto parlavano di “profughi armati”. Proprio per questo le guardie di frontiera avrebbero aperto il fuoco. Nelle ore successive il ministero ha precisato che in possesso della vittima è stata in effetti trovata una pistola, ma chiusa nello zaino. E’ la prima volta che a una frontiera europea vengono esplosi colpi d’arma da fuoco contro i profughi e i migranti.

(Fonti: Ansa, Repubblica, Il Fatto Quotidiano, La Stampa).

Spagna-Marocco (Ceuta), 16 ottobre 2015

Trovato casualmente in mare, nelle acque di Ceuta, il corpo senza vita di un ragazzo maghrebino. Si tratta con ogni probabilità di un migrante annegato mentre tentava di raggiungere a nuoto il territorio dell’enclave spagnola, aggirando via amare le barriere di confine con il Marocco. Stando all’esame medico era minorenne, dell’età apparente di 16 o 17 anni.

(Fonte: El Diario attraverso Fortress Europe)

Grecia (Kalymnos, mar Egeo), 17 ottobre 2015

Tre bambini e una donna morti e un quarto bambino disperso nel naufragio di un barcone carico di migranti nell’Egeo, di fronte all’isola di Kalymnos. Non è chiaro quanti migranti ci fossero a bordo al momento dell’imbarco e non è stato precisato, di conseguenza, se ci siano anche altri dispersi. La barca era partita dalle coste della Turchia, nei pressi di Bodrum. La Guardia Costiera greca ha tratto in salvo 11 persone e recuperato le salme dei tre bambini e della donna. I superstiti hanno segnalato che a bordo c’era anche un altro bambino ma, nonostante le ricerche, non se ne è trovata traccia.

(Fonte: Agenzia Agi, Ansa, La Repubblica, Corriere della Sera).

Turchia(Canakkale, mar Egeo), 17 ottobre 2015

Almeno 12 morti e una quindicina di dispersi. E’ il bilancio del naufragio di un barcone avvenuto al largo delle coste turche. Il natante, una grossa barca in legno, era salpato dalla città costiera di Ayvalik, nel nord ovest della Turchia, con oltre 50 profughi siriani a bordo, per cercare di raggiungere l’isola greca di Lesbo. Il naufragio è avvenuto nel tratto di mare tra Kanakkale, in Turchia, e Lesbo: la barca si è rovesciata ed è affondata in breve tempo. Unità della Guardia Costiera turca hanno tratto in salvo 25 naufraghi e recuperato 12 corpi senza vita ma, secondo le testimonianze di alcuni superstiti, ci sarebbero una quindicina di dispersi. Le vittime, dunque, dovrebbero essere in tutto 27, tra morti e dispersi. La notizia è stata diffusa dall’agenzia di stampa Anadolu, riportando informazioni attinte dalla Guardia Costiera. Imprecisate le cause esatte della tragedia: forse il maltempo e il mare molto mosso, come confermerebbe l’altro naufragio, vicino all’isola greca di Kalymnos, avvenuto poche ore prima.

(Fonte: Agenzia Agi, Ansa, Corriere della Sera, La Repubblica).

Grecia (isola di Farmakonissi), 18 ottobre 2015

Un bimbo iracheno di otto anni annega cadendo in acqua dal barcone sul quale si trovava insieme ai genitori per raggiungere la Grecia dalla Turchia. Il barcone, con circa 110 migranti a bordo, partito dalle coste dell’Anatolia occidentale, era diretto verso Farmakonissi, una delel isole del Dod ecaneso, distante solo poche miglia marine. I genitori hanno raccontato che il piccolo è improvvisamente caduto in acqua: aiutati anche dagli altri profughi, hanno cercat o subito di soccorrerlo, ma quando è stato recuperato era ormai troppo tardi. Il piccolo è stato dichiarato morto sulla spiaggia di Leros, dove sono stati portati dalla Guardia Costiera greca tutti i migranti giunti con quel barcone.

(Fonte: Liberation, Ansa, Il Fatto Quotidiano, Repubblica, Il Sole 24 Ore).

Grecia (isola di Kastellorizo), 18 ottobre 2015

Cinque vittime nel naufragio di un barcone al largo dell’isola di Kastellorizo, nell Dodecaneso: 2 bambini, 2 donne e un uomo, che risulta disperso. L’allarme viene dato da un veliero battente bandiera americana che, in navigazione nell’Egeo tra la Turchia occidentale e le isole greche, avvista in mare e recupera dodici naufraghi. Oltre ai naufraghi superstiti, viene trovato in mare anche un bambino di meno di  un anno ormai privo di vita. I naufraghi stessi raccontano di essere partiti dal piccolo porto turco di Kas, in Anatolia, per cercare di raggiungere Kastellorizo, distante solo pochi chilometri. Aggiungono che mancano delle persone salite a bordo al momento della partenza. In seguito alla richiesta di soccorso lanciata dall’equipaggio del veliero, la Guardia Costiera greca organizza una serie di ricerche nella zona, recuperando i corpi di 2 donne e un bambino, mentre non si torva traccia di un uomo scomparso al momento del naufragio.

(Fonte: Liberation, Ansa, Repubblica, Il Sole 24 ore, Il Fatto Quotidiano).

Libia-Italia (Canale di Sicilia, 130 miglia da Lampedusa), 18 ottobre 2015

Otto morti (7 donne e 1 uomo) su un gommone con oltre un centinaio di migranti a bordo partito dalle coste libiche e intercettato nel Canale di Sicilia. L’allarme scatta nel pomeriggio, quando la Guardia Costiera intercetta la richiesta di soccorso lanciata con un telefono cellulare da uno dei profughi che erano sullo stesso gommone. Sul posto è giunta la nave Bersagliere, della Marina Militare: sul gommone,, in quel momento, c’erano 112 persone ancora in vita, anche se molto provate, e 8 cadaveri, stesi sul fondo e già in parte sommersi dall’acqua che il natante stava imbarcando. Vivi e morti sono stati presi a bordo e poi trasferiti sulla nave spagnola Rio Segura, inserita nel programma dell’operazione Triton.

(Fonte: La Sicilia e Repubblica).

Spagna-Marocco (Ceuta), 20 ottobre 2015

Un morto e un disperso nel naufragio di una barca con 12 migranti subsahariani a bordo nelle acque di Ceuta. Il battello era partito di prima mattina dalla costa marocchina. Dopo qualche ora, non avendone più notizia e avendo perso tutti i contatti, alcuni attivisti del collettivo Caminando Fronteras, al corrente del tentativo dei dodici migranti di raggiungere via mare il territorio spagnolo, hanno dato l’allarme. Verso le 9,40 una unità della Guardia Civil e una del Servizio Salvamento hanno trovato in mare, nella baia di Ceuta, la barca rovesciata, accanto alla quale c’erano 10 giovani ancora in vita, che sono stati salvati. Poco dopo è stato individuato e recuperato il cadavere di un altro giovane. Nessuna traccia del dodicesimo.

(Fonte: El Diario, No Borders Morocco)

Turchia-Grecia (Mar Egeo, Kusadasi), 21 ottobre 2015

Almeno 12 tra morti e dispersi (2 morti e 10 dispersi) nell’Egeo in un naufragio al largo di Kusadasi, una città costiera della provincia turca di Aydin. Le vittime erano su un peschereccio salpato tra il 21 e il 22 per fare rotto verso una delle isole greche del Dodecaneso. A bordo, stando a ricostruzione di stampa, pare ci fossero oltre una ventina di profughi siriani. Quando era ancora nelle acque territoriali turche il barcone si è ribaltato ed è affondato. I naufraghi sono rimasti alla deriva per diverse ore. I primi soccorsi sono arrivati da alcuni pescatori turchi, che hanno avvistato i superstiti tenuti a galla da giubbotti di salvataggio. Tra le persone tratte in salvo c’è anche un bambino di 18 mesi che sembrava ormai morto per ipotermia: i pescatori sono riusciti a rianimarlo e, una volta condotto a riva è stato ricoverato all’ospedale statale di Esmirna, dove si è ripreso. Fuori pericolo anche gli altri bambini recuperati in mare. Le ricerche successive hanno portato al ritrovamento di due cadaveri ma, secondo le testimonianze dei superstiti ci sarebbero almeno decina di dispersi.

(Fonte: Agenzia Dogan, Il Fatto Quotidiano, Strettoweb, Mondocronaca)

Libia (costa tra Zliten e Khoms), 24 ottobre 2015

Sulle spiagge di Zliten e Khoms, in Libia, affiorano 43 cadaveri di migranti. La notizia arriva dalla Mezzaluna Rossa, allertata da alcuni abitanti della costa. Il primo ritrovamento viene segnalato a Zliten, una città portuale situata 160 chilometri a est di Tripoli: sospinti dalle onde e dalla corrente, riferisce il portavoce della Mezzaluna Rossa Mohamed al Misrati, arrivano sulla spiaggia o vicino alla riva inizialmente 25 corpi e poi altri 4. Quasi nelle stesse ore – segnala Fawzi Abdel Aal, sempre a nome della Mezzaluna Rossa – sono scoperti altri 14 corpi sulla spiaggia di Siline, nei pressi di Khoms, distante 40 chilometri da Zliten e 120 da Tripoli. Secondo le autorità libiche, ci sarebbero anche almeno una trentina di dispersi, forse parecchi di più. Le vittime sarebbero dunque, in tutto, non meno di 73. La maggior parte – riferisce la Mezzaluna Rossa – erano migranti provenienti da paesi dell’Africa sub sahariana che con tutta probabilità speravano di arrivare a Lampedusa.

Ignote le circostanze precise della tragedia: stando ai primi accertamenti, è plausibile che la barca o più probabilmente il gommone dei migranti sia affondato a causa del mare grosso. I giornali italiani parlano di un solo naufragio ma Liberation riferisce di “due casi”: data la distanza tra le due località in cui si sono spiaggiate le salme, in effetti, l’ipotesi che si tratti di due diversi naufragi è plausibile. Le vittime, dunque, potrebbero essere molte di più delle 73 ipotizzate in base alle prime informazioni e ai primi rapporti di polizia.

(Fonte: Liberation, Ansa, Corriere della Sera, La Stampa, Repubblica)

Grecia (Lesbo), 25 ottobre 2015

Dieci vittime (3 morti – una donna e due bambini di 7 e 2 anni – e 7 dispersi) in un naufragio davanti all’isola di Lesbo, nell’Egeo. Il barcone affondato era partito dalle coste turche con 63 migranti a bordo, in maggioranza siriani ma anche afghani. Una traversata resa difficile dalle condizioni del mare mosso e del forte vento. Proprio il maltempo è la causa della tragedia: le onde hanno spinto il natante sugli scogli, mandandolo a fondo in pochi minuti. Sono intervenute in soccorso alcune unità della Guardia Costiera greca, che hanno tratto in salvo 53 naufraghi e recuperato tre salme. Dai superstiti si è poi saputo che mancavano altre sette persone, scomparse in mare al momento del naufragio.

(Fonte: Ansa, Tg-3 ore 14,15, Associated Press Greek Reporter).

Spagna-Marocco (Ceuta), 26 ottobre 2015

Un migrante annega nelle acque di Ceuta in seguito al rovesciamento del piccolo gommone, uno Zodiac, con cui stava cercando di raggiungere la costa dell’enclave spagnola insieme ad altri dieci profughi, tutti di origine subsahariana. Il battello era salpato poco prima dalla costa marocchina. Quel tratto di mare è caratterizzato da forti correnti, ma al momento della partenza, ha segnalato la Croce Rossa, il vento era moderato e le acque calme. Ignote dunque le cause del naufragio. Sta di fatto che lo Zodiac non è mai arrivato a terra: si è rovesciato ed è affondato nella zona di Santa Catalina, di pertinenza spagnola, a non grande distanza dalla riva. Una unità della Guardia Civil ha recuperato parte dei naufraghi, mentre altri sono riusciti a raggiungere la spiaggia a nuoto. Tutti i superstiti sono stati accompagnati al Centro di soggiorno temporaneo di Ceuta. Il cadavere è stato individuato e recuperato circa un’ora dopo l’inizio delle ricerche.

(Fonte: El Diario, No Borders Morocco)  

Grecia (Chio), 26 ottobre 2015

Una giovane di 21 anni, siriano, muore al largo dell’isola greca di Chio, nell’Egeo, cadendo in mare dalla barca su cui stava tentando la traversata dalla Turchia insieme ad altri 35 profughi, anch’essi siriani. Secondo le testimonianze di alcuni dei suoi compagni, sarebbe scivolata in acqua forse a causa di un movimento brusco della barca causato dalle onde. Quando è stato possibile raggiungerla e recuperarla era già morta. Secondo fonti giornalistiche, i trafficanti nella seconda metà di ottobre hanno intensificando le traversate, anche con imbarcazioni sovraccariche e precarie, affidate a gente poco esperta, in previsione dell’arrivo di altre decine di migliaia di profughi dalla Siria.

(Fonte: El Mundo, servizio di Alberto Rojas, Associated Press).

Grecia (Lesbo), 26 ottobre 2015

Il cadavere di un giovane affiora e viene recuperato poco distante dalla costa dell’isola di Lesbo. Secondo gli accertamenti condotti dalla Guardia Costiera greca, si tratta di un siriano sui vent’anni, imbarcatosi con altri 42 profughi dalle rive orientali della Turchia su un battello di resina plastica. Alcuni dei compagni hanno raccontato che era caduto e scomparso in mare non molto prima dell’arrivo a Mitilene. L’incidente sarebbe stato provocato dal mare grosso: una grossa ondata ha trascinato la barca su una scogliera, infrangendola tra le rocce, quasi al termine della navigazione – riferisce la cronaca dell’Associated Press – non lontano dal porto di Mitilene, il capoluogo e principale approdo dell’isola. I naufraghi sono riusciti a guadagnare la riva con le proprie forze o con l’aiuto dei soccorritori. Tutti tranne quel giovane, scomparso in mare e riaffiorato successivamente ormai senza vita.

(Fonte: El Mundo, servizio di Alberto Rojas, Associated Press).

Grecia (Lesbo, Samo, Aghatonissi), 28 ottobre 2015

Almeno 11 morti (di cui 8 bambini) e un numero imprecisato di dispersi in quattro naufragi di barconi carichi di migranti nelle acque dell’Egeo orientale. Il primo naufragio viene segnalato al largo dell’isola di Samo: morti 2 bambini e un uomo, salvati 51 naufraghi, ignoto il numero dei dispersi. Almeno tre morti nei pressi dell’isolotto di Agathonissi, a sud di Samo. In un terzo naufragio, nelle acque di Lesbo, al largo della spiaggia di Molyvos, è annegato un bambino di sei anni: anche in questi due casi non è stato precisato il numero dei dispersi. La Guardia Costiera greca ha comunicato solo che complessivamente sono stati tratti in salvo 241. L’agenzia Associated Press, citando fonti della Marina Greca, parla di un quarto naufragio, che fa salire il numero delle vittime a 11 (in base al numero dei corpi recuperati). Resta indefinito il numero dei dispersi.

(Fonti: Associated Press, Corriere della Sera, La Stampa, Repubblica, Rai News, Il Messaggero, Tg Com, Il Secolo XIX).

Grecia (Lesbo), 29 ottobre 2015

Quaranta morti e almeno 10 dispersi, nel naufragio di un barcone in legno carico di migranti al largo dell’isola di Lesbo. Otto salme sono state recuperate durante i primi soccorsi, 32 nei giorni successivi. Secondo le informazioni fornite dalla Guardia Costiera greca, il natante, partito dalla costa turca orientale nonostante le cattive condizioni del mare, si è rovesciato non lontano da Lesbo ed è poi affondato rapidamente. La Guardia costiera ha tratto in salvo 242 persone (tra cui molti bambini e donne), molte delle quali duramente provate e in stato di ipotermia, e recuperato inizialmente 8 salme: sette durante i primi soccorsi e una, quella di un ragazzo, dopo alcune ore durante le ricerche dei dispersi. Tre giorni dopo sono state trovate altre 32 salme. Secondo le testimonianze di alcuni superstiti, al momento della partenza a bordo c’erano circa 300 profughi. I dispersi, dopo il recupero di 40 salme,  dovrebbero essere una decina e il conto totale delle vittime almeno 50.

(Fonte: Associated Press, El Pais, Corriere della Sera)

Spagna (Malaga) 28/29 ottobre 2015

Quattro morti e 35 dispersi nel naufragio di un gommone carico di migranti al largo di Malaga. Il battello pneumatico – lungo sei metri e calibrato per un carico massimo di 10 persone – era partito il giorno prima, mercoledì, da una spiaggia situata a due chilometri da Alhucemas, in Marocco, con 54 profughi a bordo, per cercare di raggiungere le coste dell’Andalusia, in Spagna. Durante la traversata si è trovato in gravi difficoltà per il sovraccarico e il mare mosso ed ha cominciato ad affondare. L’allarme al Centro di Salvataggio Marittimo di Almeira, in Spagna, è stato lanciato da una Ong che, al corrente della partenza del gommone dalle coste marocchine, non ne aveva più avuto notizie. A individuare il battello è stato, giovedì mattina, un elicottero del servizio Frontex. Quando una unità della Guardia Costiera spagnola della base di Malaga lo ha raggiunto, il gommone era semisommerso, con 15 persone aggrappate ai tubolari pneumatici ancora gonfi. Le ricerche successive nella zona hanno consentito di recuperare 4 salme. Nessuna traccia degli altri 35 migranti che erano a bordo. Il bilancio finale è dunque di 39 vittime.

Quasi due settimane dopo, l’11 novembre, un sottomarino olandese ha individuato e recuperato le salme di 3 dei 35 dispersi. Si tratta di due donne e un uomo: i c orpi sono stati consegnati alle autorità spagnole a Malaga.

(Fonti: El Diario, Diariosur Malaga, Abc Espana, Ansa No Biorders Morocco).

Grecia (Kalymnos e Rodi), 30 ottobre 2015

Almeno 28 vittime (22 morti e 6 dispersi) in due naufragi avvenuti nelle stesse ore, nell’Egeo Orientale, nei pressi dell’isola di Kalymnos e al largo di Rodi.

Kalymnnos. Nelle acque di Kalymnos è affondato un barcone in legno partito dalla vicina costa turca con oltre 150 migranti, in massima parte siriani, con numerosi bambini e donne. La tragedia è dovuta quasi certamente al mare grosso e al sovraccarico: la barca si è prima ribaltata e poi è andata a picco. Erano le prime luci dell’alba e l’isola greca era ormai vicina. Sul posto si sono concentrati pe ri soccorsi unità della Guardia Costiera e pescherecci, oltre che un elicottero di Frontex, che sono riusciti a portare in salvo 138 naufraghi ed hanno recuperato 19 corpi senza vita (13 sono di bambini). Non è stato comunicato se e quanti dispersi ci siano.

Rodi. Al largo di Rodi è andata a picco una barca più piccola, partita durante la notte dalla costa dell’Anatolia orientale. A bordo c’erano una quidicina di persone. Il mare grosso ha reso molto difficile la navigazione. Prima di raggiungere Rosi è stato lanciato l’Sos. Un ità della Marina greca hanno tratto in salvo 6 naufraghi e recuperato 3 salme. Sei i dispersi.

(Fonti: Ansa, Corriere della Sera, Repubblica, La Stampa, El Pais).

Grecia (Samo e Farmakonnisi), 1 novembre 2015

Tredici morti e almeno 10 dispersi in due naufragi nell’Egeo orientale nelle acque delle isole di Samo e Farmakonnisi, per un totale di  23 vittime.

Samo. A Samo è affondata una vecchia barca in legno cabinata, partita poche ore prima dalla costa turca con 26 persone a bordo. Il naufragio è avvenuto a non grande distanza dalla riva. Questa circostanza ha favorito la rapidità dei soccorsi, prestati da volontari e pescatori dell’isola. Per 11 persone, tuttavia, non c’è stato nulla da fare: 4 donne, 4 neonati e 2 bambini sono rimasti intrappolati nella cabina della barca affondata e un’ altra bambina, data inizialmente per dispersa, è stata trovata più tardi senza vita su una spiaggia.

Farmakonnisi. Il naufragio di Farmakonnisi è avvenuto poche ore dopo quello di Samo. E’ colata a picco un’imbarcazione di fortuna partita dalla Turchia con 15 persone a bordo. I soccorsi sono stati organizzati da una unità di Frontex, che ha tratto in salvo 3 migranti e recuperato 2 cadaveri. I dispersi sono dunque dieci, per un totale di 12 vittime.

Secondo notizie riportate dal quotidiano spagnolo El Mundo, anche in Turchia cominciano a scarseggiare le barche per i profughi: i trafficanti mettono in vendita sempre più spesso autentici rottami, recuperati magari in cantieri di smantellamento e comunque non più in grado di reggere il mare: uno scafista conduce la barca fino al limite delle acque territoriali turche e poi rientra con un’altra imbarcazione, affidando il timone a uno dei profughi. Anche questo spiega forse l’escalation di naufragi, insieme al maltempo, al sovraccarico.

(Fonti: Repubblica, Ansa, Corriere della Sera, La Stampa, Le Monde).

Grecia (Kos), 4/5 novembre 2015

Due bambini annegano in un naufragio a poche centinaia di metri da Kos. Erano con le famiglie (16 persone in tutto) a bordo di un gommone partito nella notte tra mercoledì 4 e giovedì 5 novembre da una spiaggia nei pressi di Bodrum, in Turchia, per raggiungere l’isola greca, distante poche miglia. La tragedia si è verificata a meno di 300 metri dalla riva: il canotto, che aveva già cominciato a imbarcare acqua durante la traversata, è affondato rapidamente e i due bambini sono scomparsi. Il padre di uno dei due è stato costretto ad abbandonare in acqua il corpicino ormai senza vita per aiutare gli altri familiari. Una unità della Guardia Costiera greca ha salvato i 14 naufraghi superstiti e recuperato la salma di uno dei piccoli. L’altro, sei anni di età, risulta disperso.

(Fonte: Today mondo, Libero quotidiano).

Grecia (Lesbo), 08 novembre 2015

Il cadavere di un giovane sui vent’anni viene trovato su una spiaggia dell’isola di Lesbo. Non è stato possibile identificarlo, ma appare certo che si tratti di un profugo. La Guardia Costiera afferma che né nella giornata di sabato 7 né in quella di domenica 8 sono stati segnalati incidenti o naufragi di barche di migranti. Non sono chiare, dunque, le circostanze in cui quel ragazzo è morto. Si potrebbe ipotizzare che si tratti di uno dei dieci dispersi del naufragio avvenuto nelle acque dell’isola il 29 ottobre (40 morti e 10 dispersi, per un totale di 50 vittime), ma le condizioni della salma non lascerebbero pensare a una permanenza in acqua così lunga. In ogni caso, né le autorità greche, né le agenzie giornalistiche ricollegano la scoperta del cadavere alla sciagura del 29 ottobre. Non è escluso, dunque, che il giovane fosse a bordo di uno dei piccoli canotti pneumatici che anche tra il 7 e l’8 novembre sono arrivati a Lesbo carichi di migranti.

(Fonte: Associated Press, Newser, Ekathimerini News).

Turchia(Ayvacik), 11 novembre 2015

Almeno 14 morti (di cui 7 bambini) nel naufragio di un barcone carico di profughi al largo delle coste turche, nel mar Egeo. Le vittime erano a bordo di un barcone partito durante la notte con oltre 40 persone a bordo da Ayvacik, nella provincia anatolica di Cannakale, e diretto verso Lesbo. Distante una decina di chilometri. La tragedia è accaduta a meno di due chilometri di distanza dall’isola greca: la barca si è rovesciata, forse a causa del mare grosso o di uno sbilanciamneto del carico di passeggeri, ed è affondata rapidamente.

Quando la Guardia Costiera turca è giunta sul posto per i soccorsi, 14 persone, in maggioranza bambini e donne, erano già annegate. I soccorritori sono riusciti a trarre in salvo 27 naufraghi, riconducendoli poi in Turchia. Gli organi di informazione turchi e greci non ne hanno dato notizie ma non è escluso che ci sia anche qualche disperso).

(Fonti: Corriere della Sera, repubblica, Ansa, La Stampa, Ekathimerini, Anadolu)

Spagna (Isole Canarie), 17/18 novembre 2015

Ventiquattro morti (un solo cadavere recuperato e 23 dispersi in mare) nel naufragio di una barca con 46 migranti subsahariani a bordo. Ventidue i superstiti, tratti in salvo da una unità del servizio spagnolo Salvamento Marittimo. I migranti – 45 uomini e una sola donna – erano partiti dalle coste del Sahara Occidentale, puntando sulle Canarie, una rotta di oltre 150 miglia. Erano su un battello piccolo, pochi metri di lunghezza e un motore di appena 20 cavalli, poco adatto a una traversata così lunga nell’Atlantico, specie in questa stagione. Dopo quasi due giorni di navigazione si sono trovati in difficoltà a causa del mare grosso ed hanno chiesto aiuto con un cellulare. In quel momento erano a 22 miglia dalla costa marocchina e a 128 miglia dall’arcipelago spagnolo, in direzione sud-est. L’allarme alle unità di soccorso è stato lanciato la mattina di martedì 17 dal collettivo Caminando Fronteras, che era in contatto con alcuni familiari dei migranti. Quando però la Guardamar Thalia, una motovedetta del Salvamento Marittimo, partita dalle Canarie, è arrivata sul posto, la barca si era ormai rovesciata. In acqua, aggrappati allo scafo o nelle vicinanze c’erano 22 uomini, che sono stati tratti a bordo dal guardacoste. Sono stati proprio alcuni dei superstiti a segnalare che mancavano all’appello 24 compagni.

Nel corso delle ricerche, condotte fino al calar della notte, è stata individuata e recuperata la salma di un uomo. Nessuna traccia dei corpi degli altri 23 migranti dispersi in mare. Il pattugliamento è ripreso all’alba del giorno 18 e si è protratto sino a sera, ma senza risultati. Il collettivo Caminando Fronteras contesta a Salvamento Marittimo di aver condotto in ritardo le operazioni di soccorso.

E’ la più grossa tragedia del mare sulla rotta dei migranti dall’Africa verso le Canarie dal 2006, quando ci furono 45 vittime nei naufragi quasi contemporanei di due barche partite dal Sahara Occidentale e dalla Mauritania.

(Fonti: El Pais, El Diario).

Spagna (Motril), 20 novembre 2015

Il corpo senza vita di una donna di origine subsahariana viene trovato in mare da un guardacoste del Salvamento Marittimo, circa 26 miglia al largo del porto di Motril, nei pressi di. Granada. La scoperta è stata del tutto casuale: la nave stava svolgendo un normale servizio di pattugliamento quando, verso le 11, ha avvistato il cadavere ed ha dato l’allarme. La salma è stata recuperata poco dopo da un’altra unità della Marina, che l’ha trasportata al porto di Motril, dove è arrivata nelle prime ore della sera. Senza esito le ricerche di eventuali altri naufraghi nella zona. Si ignorano le circostanze precise della morte della donna. Sicuramente non si tratta di un evento molto recente: a giudicare dalle condizioni, il corpo era in acqua almeno da una settimana. Data la distanza dalla riva, tutto lascerebbe pensare al naufragio di una piccola imbarcazione partita dal Marocco di cui però non si è avuta alcuna notizia.

(Fonte: El Diario).

Turchia-Grecia (Bodrum e Kos), 18/22 novembre 2015

Quindici profughi siriani annegati nel naufragio del gommone con cui stavano cercando di raggiungere l’isola greca di Kos dalla costa turca: 9 corpi sono stati recuperati, gli altri risultano dispersi. Tra le vittime, una bambina di 4 anni, trovata quattro giorni dopo la tragedia. A bordo del battello pneumatico, pilotato da uno dei migranti, al momento della partenza da una spiaggia vicino a Bodrum, la mattina del 18 novembre, c’erano 20 persone. Kos è distante da Bodrum meno di 10 chilometri, ma il mare mosso e le correnti hanno reso difficile e pericolosa la navigazione: il gommone si è rovesciato e una quindicina di migranti sono scomparsi in breve tra le onde. Quando una motovedetta della Guardia Costiera turca è giunta sul posto è riuscita a recuperare solo 5 naufraghi. Nei giorni successivi sono stati trovate otto salme alla deriva. Domenica 22 novembre, infine, incastrato in una scogliera non lontana da Bodrum un pescatore dilettante ha scoperto per caso il corpo della bambina. La piccola è stata identificata da uno dei superstiti. L’uomo ha detto di riconoscerla senza alcun dubbio: era una piccola di quattro anni che viaggiava con la madre, anche lei morta nel naufragio. Si chiamava Sena: è morta a breve distanza dal punto in cui, nel mese di settembre, è annegato il piccolo Aylan Kurdi, di appena due anni, le immagini del cui corpicino senza vita, gettato dal mare sulla spiaggia di Bodrum, ha scosso la coscienza del mondo intero.

Secondo un rapporto dell’Unicef, nei primi undici mesi del 2015 sono morti oltre 700 bambini nel tentativo di attraversare il Mediterraneo.

(Fonti: Eldiario.es, Hurriyet Daily News).

Turchia(mar Egeo, Ayvacik e Bodrum), 25 novembre 2015

Sei bambini morti e almeno tre adulti dispersi, forse 6, nel naufragio di due imbarcazioni cariche di migranti, al largo delle coste della Turchia, in due tratti di mare diversi, nell’Egeo. Ne ha dato notizia, attraverso l’agenzia nazionale Anadolu, la Guardia Costiera turca.

Nel primo incidente, con 4 vittime, è rimasto coinvolto una barca piuttosto grande, partita dal porto di Ayvacik, nel distretto occidentale di Canakkale, con a bordo 55 profughi siriani e afghani. Il mare grosso e il forte vento non hanno scoraggiato la partenza. Durante la navigazione, però, l’imbarcazione si è trovata in difficoltà e i profughi hanno lanciato l’allarme con un cellulare alla Guardia Costiera, poche ore dopo la mezzanotte del 24 e comunque prima dell’alba del giorno 25, mentre erano ancora all’interno delle acque territoriali turche. Una motovedetta salpata anch’essa dalla base di Ayvacik, ha raggiunto la zona indicata, ma nel frattempo la barca era affondata. Quasi tutti i naufraghi sono stati tratti in salvo. Per quattro bambini era però ormai troppo tardi: i loro corpi sono stati recuperati in mare durante i soccorsi e portati all’obitorio dell’ospedale di Ayvacik. Presso lo stesso ospedale sono stati ricoverati in gravi condizioni quattro dei superstiti. Non è stato reso noto se ci siano anche dei dispersi.

Comunicando la notizia di questa ennesima tragedia, la Guardia Costiera turca ha reso noto che poco prima c’era stato un altro naufragio. In questo caso al largo della penisola di Bodrum, dove si è ribaltato ed è affondato per il mare in burrasca un gommone con 25 profughi siriani a bordo. Una quindicina sono stati tratti in salvo da un guardacoste; per due, anche in questo caso bambini, i soccorsi non sono arrivati  in tempo. Almeno altri tre naufraghi risulterebbero dispersi ma potrebbero essere sei se le persone tratte in salvo sono 15 su 22. Le vittime sono due fratellini: Diven Hali Hussein, di appena un anno, e Beren Hali Hussein, di quattro.

Quelle di giovedì 24 e di venerdì 25 novembre sono state giornate particolarmente dure nel tratto di mare tra la Turchia e le isole greche a causa del mare in tempesta. Tra il pomeriggio di giovedì e la mattina di venerdì la Guardia Costiera ha condotto otto operazioni di salvataggio, portando in salvo 357 migranti salpati dalle coste turche per cercare di raggiungere la Grecia nonostante il maltempo.

(Fonte: Anadolu Agency e La Stampa)

Turchia (costa di Canakkale), 30 novembre 2015

Il cadavere di un migrante rimasto sconosciuto, forse siriano, viene trovato nell’Egeo, a breve distanza dalla riva, sul litorale della provincia di Canakkale, durante un’operazione congiunta e simultanea di numerosi guardacoste turchi per bloccare la partenza di profughi siriani, afghani, iracheni e iraniani verso la Grecia. La salma è stata riportata a riva da una unità della Guardia Costiera. Non sono note le circostanze dell’annegamento.

E’ la prima, grande operazione di blocco della costa effettuata dalla Turchia dopo l’accordo definitivo firmato il giorno 29 con l’Unione Europea che, in cambio di 3 miliardi di euro da versare nell’arco di un anno, impegna Ankara a impedire le partenze di richiedenti asilo, rifugiati e migranti dal suo territorio verso l’Europa. Un blocco condotto subito in forze: ha interessato otto diversi punti d’imbarco verso l’isola greca di Lesbo lungo tutto il litorale della provincia di Canakkale. Sono stati fermati e almeno provvisoriamente arrestati, in tutto, 752 rifugiati e richiedenti asilo, tutti provenienti da nazioni ad alto rischio.

Tutte le principali Ong e numerosi movimenti umanitari hanno condannato l’accordo tra Ue e Turchia e il conseguente blocco, segnalando che si tratta di respingimenti di massa indiscriminati, contrari al diritto internazionale e un novo capitolo del processo di esternalizzazione delle frontiere messo inpiedi dall’Unione Europea.

(Fonte: Daily Sabah Turkey, El Diario Es.)

Turchia-Marocco (Fnideq-Ceuta), 30 novembre 2015

Due giovani camerunensi muoiono asfissiati in una grotta durante una retata della polizia marocchina in un accampamento improvvisato di migranti a Fnideq (Castillejos), una località marocchina vicino all’enclave spagnola di Ceuta. Erano conosciuti dai compagni come “Vapeur” e Le Bir”. Lo hanno segnalato a un cronista di El Diario un profugo, anch’egli camerunense, amico di uno dei due. La denuncia è stata poi confermata da diversi altri migranti.

Il blitz – uno dei tanti condotti periodicamente contro i campi di fortuna dove si rifugiano i migranti in attesa di tentare di passare le barriere che chiudono i confini di Ceuta e Melilla – è scattato alle 10,30. Come sempre accade in queste retate, gli agenti, oltre a bloccare i profughi, hanno distrutto l’accampamento, incendiando le tende improvvisate con teli di plastica e i ripari costruiti con materiale di risulta all’ingresso delle grotte dove, ora che il freddo comincia a sentirsi, si rifugiano la notte numerosi migranti. Vapeur e Le Bir sono morti probabilmente proprio soffocati dal fumo che ha invaso la grotta dove avevano passato la notte ed erano rimasti nascosti durante i l blitz.

Michael, il profugo che ha informato El Diario, è riuscito a sfuggire alla retata, nascondendosi tutto il giorno nel vicino abitato di Fnideq. Verso le 19,30 è tornato con altri profughi al campo per constatare la situazione e magari recuperare qualche oggetto sfuggito alla distruzione ed ha scoperto i due corpi, quasi all’ingresso della grotta. E’ stato lui anche ad identificarli: “Uno era un ragazzo che si chiamava Le Bir. L’altro, il mio amico Vapeur”, ha detto, precisando di non aver osato entrare nella grotta né spostare i due cadaveri: “E’ la polizia che se ne deve occupare”, ha aggiunto un gruppo di una decina di profughi, che ha avvisato il commissariato di quanto era accaduto.

E’ stata avvertita anche Helena Maleno, del collettivo Caminando Fronteras, la quale a sua volta ha allertato le autorità marocchine, la polizia e il Centro Regione pe ri Diritti Umani di Tangeri, Tetuàn e Rabat.

(Fonte: El Diario Es del primo dicembre 2015).

Turchia (Cesme, provincia di Izmir), 1 dicembre 2015

Quattro profughi morti e 29 dispersi, per un totale di 33 vittime, in un naufragio al largo delle coste turche della provincia di Izmir. La barca era salpata dalla zona di Cesme. A bordo, al momento della partenza, c’erano 35 migranti, tutti siriani, decisi a raggiungere l’isola greca di Chio, una delle mete più frequenti per chi fugge dalla Turchia, perché non è molto lontana dalla costa turca. Con il mare grosso, però, la rotta è difficile e pericolosa. Quando era ancora nelle acque territoriali turche la barca è affondata. Due sono riusciti a salvarsi a nuoto, raggiungendo la costa, ed hanno dato l’allarme alla Guardia Costiera turca. Le ricerche successive hanno permesso di individuare e recuperare tre corpi ormai privi di vita. Una settimana dopo, la mattina del giorno 8, il corpicino di una bambina di 5 anni (poi identificata come Sajida Ali) viene ritrovato sulla spiaggia di Pirlanta, vicino a Cesme. Degli altri 29 naufraghi non è stata trovata traccia.

(Fonte: Anadolu Agency)

Grecia-Macedonia (Idumeni), 03 dicembre 2015

Un profugo muore folgorato dall’alta tensione mentre tenta di scavalcare la barriera eretta al confine tra Macedonia e Grecia, a Idumeni. La vittima era un marocchino di 22 anni. Secondo quanto riferito dalla polizia di frontiera macedone, il giovane è salito sul tetto di uno dei vagoni di un treno carico di migranti e richiedenti asilo bloccato al confine e in attesa di ritornare verso Salonicco e proseguire per Atene. Non è chiaro se volesse cercarsi un posto per partire anche lui o stesse cercando comunque un modo per passare dall’altra parte della fitta rete metallica e di filo spinato fatto costruire dal governo macedone per bloccare i profughi. Alcuni suoi amici hanno dichiarato ad alcuni volontari di Moving Europe Bus che aveva scalato il vagone soltanto per cercare un posto per dormire. Sta di fatto che, quando è arrivato sul tetto, ha toccato inavvertitamente il cavo di alimentazione elettrica della ferrovia e ne è rimasto fulminato all’istante. Il primo a dare la notizia è stato il portavoce di Medici senza Frontiere, che opera da oltre un anno lungo la frontiera turco-macedone per prestare soccorso ai migranti.

Il quotidiano online Daily Sabah Turkey riferisce che questo giovane marocchino sarebbe il secondo profugo in pochi giorni a morire folgorato in quel punto della frontiera tra Grecia e Macedonia. Un incidente analogo si sarebbe verificato sabato 28 novembre. Non vengono però fornite notizie più dettagliate.

(Fonti: El Diaro, Daily Sabah, Radioandadurto, Voxnews, Moving Europe Bus)

Spagna (Almeira), 3 dicembre 2015

Ventuno morti in un gruppo di 50 profughi che dal Marocco cercava di raggiungere le coste spagnole. I migranti erano su una grossa barca di legno salpata da Nador il giorno prima. La navigazione si è rivelata subito difficile a causa del mare molto mosso e del sovraccarico. Durante la notte è stato lanciato l’allarme. Quando unità del Servizio di Salvamento della Guardia Costiera spagnola partite da Almeira, in Andalusia, hanno raggiunto il natante a bordo c’erano solo 29 superstiti. I superstiti hanno inizialmente dichiarato che gli altri erano caduti in acqua per il mare in tempesta. Si è poi scoperto che almeno dieci delle 21 vittime erano state gettate in mare durante una rissa a bordo. I due responsabili degli omicidi sono stati individuati dalla polizia e processati dalle autorità spagnole.

(Fonte: 20 Minutos attraverso Fortress Europe)

Marocco-Spagna (Oceano Atlantico), 07 dicembre 2015

Undici migranti morti e 28 dispersi, per un totale di 39 vittime, nel naufragio di  un barcone diretto verso le isole Canarie. Secondo quanto riferisce l’agenzia marocchina Map e in base alle informazioni fornite dalla Ong Caminando Fronteras, la barca è salpata nella notte tra domenica e lunedì dal porto atlantico di Bujador, nel Sahara Occidentale, con a bordo 39 migranti subsahariani. I profughi hanno deciso di prendere il mare, nonostante le cattive condizioni atmosferiche. La tragedia si è verificata dopo circa cento chilometri di navigazione, quasi certamente proprio a causa del mare in tempesta. L’allarme è stato dato verso le tre del mattino da alcuni operatori di Caminando Fronteras che, al corrente della partenza dell’imbarcazione diretta verso le Canarie, avevano perso tutti i contatti. Per le ricerche sono intervenuti la Guardia Costiera marocchina e un aereo spagnolo. I soccorritori hanno trovato i resti del barcone rovesciato e individuato 11 cadaveri. Nessuna traccia degli altri 28 naufraghi.

I viaggi dei migranti lungo la rotta atlantica verso le Canarie si sono intensificati dopo il blocco totale della zona intorno alle enclave di Ceuta e Melilla e lo sgombero della costa mediterranea da parte della polizia marocchina che opera in base al mandato del Processo di Rabat. A parte questo naufragio, tra il 5 e il 7 dicembre sono stati localizzati altri due barconi partiti dal Sahara Occidentale, il primo con 51 e il secondo con 47 migranti, che sono riusciti a raggiungere le Canarie. Secondo quanto riferisce il quotidiano El Mundo, citando l’associazione umanitaria Gadem, dopo le ultime retate della polizia nelle zone di Tangeri, Ceuta e Melilla sulla costa mediterranea, numerosi profughi, in particolare senegalesi, si sono concentrati nella citta saharawi di El Aaiun (dove vive una grossa colonia senegalese), in attesa di trovare un imbarco per le Canarie lungo la rotta atlantica.

(Fonti: Repubblica e El Mundo)  

Turchia (Cesme, provincia di Izmir), 08 dicembre 2015

Sei bambini morti e un numero  imprecisato di dispersi nel naufragio di un gommone di migranti nell’Egeo, al largo di Cesme, in Turchia. Il battello pneumatico era partito in piena notte, tra lunedì e martedì, da una spiaggia vicino Cesme, un porto della costa occidentale turca, nella provincia di Izmir, diretto presumibilmente verso l’isola greca di Chio. A bordo c’erano più di 50 persone. Il mare era in tempesta ma i profughi, tutti afghani, probabilmente contavano proprio su questo, oltre che sull’oscurità, per sfuggire ai controlli della Guardia Costiera turca che da lunedì 30 novembre sta attuando un rigido blocco di tutti i punti d’imbarco sulla costa in base all’accordo firmato tra Ankara e l’Unione Europea. Durate la navigazione, a causa delle furia delle onde, sembra abbia ceduto il rinforzo in legno dello scafo del gommone, che si è ribaltato. Secondo quanto riferisce l’agenzia Anadolu, dovevano essere le 2,30 del mattino. Quando è scattato l’allarme sono giunte sul posto unità alcuni guardacoste, che hanno tratto in salvo 45 naufraghi (tra cui un ragazzino di 12 anni ormai semi assiderato) e recuperato sei salme. Tutte le vittime sono bambini, tra cui un neonato. Sono stati segnalati almeno due o tre dispersi, ma probabilmente sono anche di più.

(Fonti: Repubblica, Corriere della Sera, Ansa, Cbc News, Daily Sabah).

Grecia (Farmakonissi), 08 dicembre 2015

Il corpo senza vita di un bambino di sei mesi viene trovato in mare al largo dell’isola di Farmakonissi, nell’Egeo.

Secondo fonti dell’agenzia Dogan News è l’unica vittima del  naufragio – avvenuto intorno alle dieci di sera – di una barca carica di profughi salpata dalla costa turca per tentare di raggiungere la Grecia. Al momento della partenza a bordo c’erano in tutto 19 migranti, tra cui sei bambini. Tutti gli altri naufraghi sono stati tratti in salvo da unità della Guardia Costiera turca.

(Fonte: Dogan Agency News) 

Grecia (Farmokonissi), 09 dicembre 2015

Ventiquattro vittime (11 morti di cui è stato recuperato il corpo e 13 dispersi) in un naufragio vicino all’isola greca di Farmakonissi, nell’Egeo. Non è escluso che ci siano anche altri dispersi.

Il natante, una barca in legno,  era partito verso l’alba dalla costa della vicina Turchia per raggiungere la piccola isola egea con a bordo almeno 50 profughi. Era già nelle acque greche, a breve distanza dall’isola, quando si è ribaltato. Ignote le cause della tragedia. Il mare era quasi calmo e non c’era vento forte: forse c’è stato qualche movimento brusco che ha alterato l’equilibrio dello scafo. Il sovraccarico e la paura devono aver fatto il resto. La Guardia Costiera greca e alcune unità di Frontex hanno salvato 26 persone (17 uomini, 5 donne e 4 bambini). Di altre 11, annegate prima che arrivassero i soccorsi, sono state recuperate le salme: 5 bambini, 4 uomini e 2 donne. Non si è trovata traccia degli altri naufraghi: stando alle testimonianze dei superstiti, concordi nell’affermare che al momento della partenza erano almeno in 50, i dispersi dovrebbero essere non meno di 13. I bambini tratti in salvo sono stati ricoverati in ospedale per una grave forma di ipotermia.

(Fonti: Repubblica, Corriere della Sera, La Stampa, Dogan News Agency).

Turchia-Grecia (Farmakonissi), 10 dicembre 2015

Tredici vittime (quattro morti e nove dispersi) nel naufragio di una barca carica di migranti nel mare Egeo, tra la Turchia e la Grecia, al di Farmakonissi, una delle isole del Dodecaneso, distante poche miglia dalla costa anatolica.

Secondo quanto riferisce l’agenzia Dogan News, la barca è affondata durante la breve traversata, prima dell’alba, senza che la ventina di migranti che erano a bordo, tutti siriani, abbiano potuto lanciare una richiesta di aiuto. L’allarme è scattato quando sono stati avvistati cinque naufraghi che cercavano di raggiungere la costa della Turchia a nuoto. Altri due naufraghi sono stati tratti in salvo dalla Guardia Costiera greca, con la collaborazione di quella turca. Le successive ricerche in mare nella zona hanno portato al recupero di quattro salme. Nessuna traccia degli altri 9 naufraghi.

(Fonte: Dogan News Agency)

Turchia-Grecia (Kas e Kastelorizo), 15 dicembre 2015

Sei vittime (tre salme recuperate in mare, due spiaggiate e un disperso) in un naufragio nell’Egeo, tra la Turchia e l’isola greca di Kastelorizo.

Si tratta di profughi siriani salpati prima dell’alba su un gommone dal litorale turco nei pressi del porto di Kas. Al momento della partenza a bordo c’erano in tutto 21 persone. Il naufragio è avvenuto al largo di Kastelorizo, a meno di due chilometri dalla costa, in circostanze rimaste imprecisate, almeno nella prima fase delle indagini. Inizialmente nessuno si è accorto di nulla. L’allarme è scattato quando una motovedetta della Guardia Costiera turca ha avvistato casualmente in mare cinque naufraghi. Quasi contemporaneamente, a terra, in un tratto di costa rocciosa, ne sono stati trovati altri dodici, che erano riusciti a raggiungere la riva da soli. Sono stati i superstiti a precisare che, essendo più di venti al momento della partenza, c’erano dei dispersi. La Guardia Costiera turca ha organizzato le ricerche, coinvolgendo anche quella greca. Proprio un guardacoste turco ha individuato e recuperato i cadaveri. Nessuna traccia inizialmente degli altri tre profughi dispersi. Alcune ore dopo i corpi senza vita di due bambine di 7 e 11 anni sono stati trovati su una spiaggia di Kas, nella provincia di Antalya, distante 2,5 chilometri da Kastelorizo.

(Fonte: El Diaro Es., La Stampa)

Turchia-Grecia (Cesme-Chio), 16 dicembre 2015

Due bambini iracheni annegati nel naufragio di un barcone carico di profughi che, nella notte tra martedì 15 e mercoledì 16 dicembre, dalla costa turca cercava probabilmente di raggiungere l’isola greca di Chio: avevano sei e due anni. I loro corpi senza vita, tenuti a galla da giubbotti pneumatici di salvataggio, sono stati avvistati mercoledì al largo e recuperati da alcuni pescatori turchi, che li hanno poi trasporti a Izmir, consegnandoli alla Guardia Costiera. Sulle circostanze del naufragio, avvenuto in acque turche, è stata aperta un’indagine da parte della stessa Guardia Costiera. Il battello su cui si trovavano era partito dal porto di Cesme e durante la navigazione si è rovesciato per cause imprecisate. Secondo le autorità turche, nell’arco delle 24 ore in quel tratto di mare sono stati tratti in salvo circa 200 naufraghi: non è stato chiarito in quante operazioni. I due bambini, dati inizialmente per dispersi, sono stati poi trovati da una delle barche di pescatori mobilitate per i soccorsi e le ricerche insieme alle unità militari.

(Fonte: Repubblica, La Stampa, Il Secolo XIX, Hurriyet Daily News Turkey).

Turchia (Bodrum), 16 dicembre 2015

Quattro bambini di età tra i due e i sei anni annegati nel tratto di mare compreso tra il porto turco di Bodrum e l’isola greca di Chio. Erano a bordo di un barca in legno di 14 metri partita da Bodrum con a bordo 62 profughi (tra cui 22 bambini) siriani, iracheni e afghani. La traversata è di poche miglia ma si è rivelata subito molto difficile a causa del mare mosso e del vento forte, tanto più che la barca, abbandonata dai trafficanti al momento della partenza, era governata alla meglio da uno dei profughi, inesperto di navigazione. Il naufragio è avvenuto in acque turche. La Guardia Costiera è riuscita a individuare e a salvare 58 naufraghi. Quattro dei 22 bambini, però, erano già morti quando sono stati avvistati e recuperati. Anche molti degli altri piccoli sono in cattive condizioni: in particolare un bimbo di tre anni.

Saneya Kurbani, la madre di una delle vittime, una bambina di tre anni, ha raccontato di aver recuperato uno dei suoi due bambini in mare mentre la barca cominciava ad affondare e di aver appreso che la figlia era annegata soltanto quando è riuscita a raggiungere la riva. Ha raccontato anche di aver pagato 2.000 dollari per ciascuno di loro ai trafficanti che le avevano promesso di farla arrivare con la famiglia e gli altri profughi in territorio greco. “Ci avevano detto – ha precisato – che saremmo andati in Grecia con uno yacht ma al momento della partenza, a mezzanotte, sono arrivati due uomini, entrambi turchi, con una piccola barca da pesca. Hanno avviato il motore e poi ci hanno abbandonato”.

(Fonte: Hurriyet Daily News Turkey).

Grecia (Lesbo), 16 dicembre 2015

Due morti nel naufragio di una barca carica di migranti al largo di Lesbo. Non è escluso che ci siano anche dei dispersi. Secondo quanto ha riferito la Guardia Costiera greca, l’imbarcazione, partita dalle coste turche con a bordo dozzine di migranti, si è rovesciata a nord dell’isola, probabilmente a causa delle cattive condizioni del mare. I naufraghi, individuati da un elicottero, sono stati soccorsi da unità militari e da barche di pescatori greci. I primi rapporti hanno riferito di due vittime (di cui sono stati recuperati i corpi) e dozzine di dispersi. Il servizio trasmesso successivamente da Ert Tv, la televisione di Stato greca, ha confermato i due morti ed ha parlato di circa 70 naufraghi tratti in salvo. Non è chiaro se ci siano però anche dei dispersi, non essendo noto il numero delle persone salite a bordo alla partenza dalla Turchia. Altre fonti giornalistiche parlano di 83 sopravvissuti.

(Fonte: Ekathimerini News).

Turchia-Grecia (Bodrum e Farmakonissi), 18 dicembre 2015

Otto morti, cinque dei quali bambini, in due naufragi nell’Egeo tra la costa turca e le isole greche: il primo tra Bodrum e Kos, il secondo di fronte a Farmakonmissi.

Bodrum-Kos. Il naufragio è avvenuto nelle acque turche. L’imbarcazione, un battello piccolo, con otto profughi iracheni a bordo, era salpata prima dell’alba da una spiaggia di Bodrum, diretta verso l’isola di Kos, distante circa sette miglia. Poco dopo la partenza si è rovesciata. Per quattro dei naufraghi la Guardia Costiera turca è giunta in tempo a salvarli; degli altri quattro, tra i quali due bambini, èstato possibile solo recuperare i corpi senza vita.

Farmakonissi. Anche in questo caso si trattava di una piccola imbarcazione partita dalla Turchia. Il naufragio è avvenuto in acque internazionali, tra la costa dell’Anatolia e l’isola greca di Farmakonissi, che era probabilmente la meta dei profughi, tutti siriani. Scarse le informazioni fornite dalla Guardia Costiera greca, che ha organizzato i soccorsi con unità provenienti sia da Farmakonissi che da Rodi. Si sa solo che quattro naufraghi, tra cui tre bambini, sono annegati. I corpi delle vittime sono stati portati a Rodi.

(Fonte: La Repubblica, Il Messaggero).

Turchia-Grecia (Bodrum, Kalymnos-Kos), 19 dicembre 2015

Diciotto morti (di cui 10 bambini) nel naufragio di una vecchia barca da pesca tra la costa turca e le isole greche di Kalymnos e Kos. E’ accaduto durante la notte tra il 18 e il 19: la barca – un malandato peschereccio in legno lungo 14 metri – era partita da una spiaggia di Bodrum con 32 persone a bordo. E’ verosimile che sia salpata in piena notte e nonostante le cattive condizioni del mare per sfuggire ai controlli della polizia e della guardia costiera turca. Doveva far rotta verso Kalymnos, situata a poche miglia sia dalla Turchia che da Kos. Il naufragio, riferiscono vari media turchi, è avvenuto circa due miglia (3,5 chilometri) al largo di Kalymnos. L’allarme è stato dato da alcuni pescatori che hanno udito le grida di aiuto ed hanno allertato la Guardia Costiera turca. I soccorritori hanno recuperato diciotto salme e tratto in salvo 14 naufraghi, tutti in cattive condizioni per un forte stato di ipotermia, tanto da dover essere ricoverati nell’ospedale di Bodrum.

La polizia turca ha arrestato un siriano accusato di aver organizzato la gtraversata. L’uomo ha dichiarato di essere a sua volta un profugo che voleva raggiungere l’Europa e che i trafficanti gli hanno dato un compenso di mille dollari per pilotare la barca. Si è così scoperto che per ciascuno degli occupanti della barca affondata l’organizzazione dei trafficanti ha preteso 3.000 dollari per trasferirli a Kalymnos in piena notte e nonostante il mare molto mosso. Il bilancio della tragedia sarebbe potuto risultare anche più pesante: secondo i giornali turchi dovevano imbarcarsi altri venti profughi i quali però, all’ultimo momento, si sono rifiutati di salire sulla barca dopo aver scoperto che si trattava di un vecchio e malandato peschereccio anziché uno yatch come era stato promesso dai trafficanti.

(Fonti: El Diario Es. Repubblica, Corriere della Sera, Il Messaggero).

Marocco (Tangeri), 19 dicembre 2015

Nove profughi morti in un naufragio nelle acque di Tangeri, in Marocco. Le vittime erano a bordo di una barca in legno salpata dalle coste marocchine e diretta verso la Spagna. Il naufragio è  avvenuto poco dopo la partenza, ,verosimilmente a causa del mare molto mosso. A bordo c’erano complessivamente 30 migranti. Le unità della Guardia Costiera marocchina patite da Tangeri e Arrivate sul posto sono riuscite a trarre in salvo 21 naufraghi, recup0erando nove corpi ormai privi di vita. Tra le vittime ci sono anche tre neonati.

(Fonte: Abc attraverso Fortress Europe)

Turchia (Cesme), 20 dicembre 2015

I corpi senza vita di due migranti sono stati recuperati dalla Guardia Costiera turca al largo di Cesme, nel tratto di mare tra la costa dell’Anatolia e l’isola greca di Chio. Si tratta di una ragazza di circa 17 anni e di un bimbo di poco più di tre anni. Non è nota la loro identità: le salme sono state trasferite presso un istituto di medicina legale di Izmir per procedere all’identificazione. Altri 69 naufraghi, tutti afghani, sono stati tratti in salvo, sempre dalla Guardia Costiera di Izmir, dopo il naufragio della barca con cui stavano tentando di raggiungere Chio. E’ verosimile che la ragazza e il bambino siano rimasti vittima proprio di questo naufragio. Le autorità turche non hanno specificato se ci siano anche dei dispersi.

(Fonti: Daily Sabah Turkey e Hurriyet Daily News).

Turchia-Grecia (Kusadasi-Samo), 22 dicembre 2015

Dodici morti, tra cui 4 bambini, nel naufragio di una piccola barca carica di profughi tra la costa turca e l’isola greca di Samo. Sette i naufraghi tratti in salvo. Non si esclude che possano esserci alcuni dispersi: secondo il quotidiano spagnolo El Diario (che cita fonti di agenzia turche) potrebbero essere 6, per un totale di 18 vittime.

L’incidente è avvenuto intorno alle 11 del mattino. La barca, in resina, lunga appena 4 metri, era partita dalla zona di Kusadasi, una città turistica con un piccolo porto nella provincia di Aydin. A bordo, secondo la Guardia Costiera turca, ci sarebbero stati almeno 20 migranti, che presumibilmente intendevano raggiungere la vicina isola di Samo. Il mare mosso e il carico eccessivo sono probabilmente la causa della tragedia: la barca si è rovesciata ed è poi colata a picco. La Guardia Costiera turca ha individuato e recuperato sette naufraghi ancora in vita, tutti in cattive condizioni, tanto da dover essere ricoverati all’ospedale di Kusadasi. Nel corso delle ricerche sono stati trovati inizialmente 11 corpi senza vita: 8 di adulti e 3 di bambini. Nelle ore successive è stata recuperata la salma di un quarto bambino. Nonostante la barca fosse molto piccola, però, pare che ci siano anche altri dispersi.

(Fonti: Hurriyet Daily News, La Repubblica, Anadolu Agency, Il Fatto Quotidiano El Diario Es.).

Grecia (Farmakonissi), 23 dicembre 2015

Quattordici vittime – 13 profughi annegati e uno disperso in mare – in un naufragio al largo dell’isola greca di Farmakonissi. Erano salpati prima dell’alba dalla costa turca con una barca di sei metri. A bordo c’erano 18 profughi, tra cui donne e bambini, tutti siriani. La sciagura è avvenuta a poche miglia a est dell’isola, alle prime luci del giorno. Ignote le circostanze del naufragio: la Guardia Costiera greca ha riferito che quando i primi soccorritori sono giunti sul posto i naufraghi erano già in acqua. Quindici sono stati tratti in salvo. Di altri undici sono stati recuperati i corpi senza vita durante la fase iniziale delle operazioni di soccorso. I superstiti hanno riferito che c’erano almeno tre dispersi. Nelle ore successive sono stati rintracciati i corpi di due di loro. Del terzo non è stata trovata traccia. Le salme recuperate sono di sette bambini, due donne e quattro uomini. Quasi tutti i 15 superstiti sono risultati in cattive condizioni: tre di loro, in particolare, sono stati ricoverati in stato di coma nell’ospedale dell’isola di Leros.

(Fonti: Ekathimerini, Hurriyet Daily News, Corriere della Sera).

Italia-Libia (Canale di Sicilia), 24 dicembre 2015

Un morto tra gli 809 migranti soccorsi nel Canale di Sicilia, a bordo di 7 gommoni in difficoltà, dalla nave Dattilo, della Marina Militare italiana, insieme alla Bourbon Argos, la nave di Medici senza Frontiere, e al pattugliatore d’altura Cigala Fulgosi. La salma, presa a bordo dal pattugliatore, è stata portata ad Augusta e poi trasferita all’obitorio del cimitero di Siracusa per l’ispezione disposta dalla Procura. La vittima non è stata identificata: si tratta di un ragazzo di età compresa tra i 20 e i 25 anni.

(Fonte: .La Repubblica).

Turchia-Grecia (Bademli-Lesbo), 24 dicembre 2015

Almeno 20 morti e un numero imprecisato di dispersi (forse 13) nel naufragio di una grossa barca circa due miglia al largo della costa di Bademler, in Turchia. Tra i morti ci sono 11 bambini e una donna incinta.

Da quando la Turchia, in base all’accordo con l’Unione Europea, si è impegnata a bloccare le sue coste, le imbarcazioni dei migranti salpano in genere quando è ancora notte e anche se il mare è in cattive condizioni, sperando in tal modo di sfuggire ai controlli della polizia e della Guardia Costiera. Anche questo battello, un semi cabinato in legno, è salpato dalla costa turca prima dell’alba con a bordo più di 50 profughi siriani che, nonostante il mare molto mosso, intendevano raggiungere l’isola greca di Lesbo. L’allarme è scattato nelle primissime ore del mattino, quando alcune corpi sono affiorati in mare non lontano dalle spiagge di Bademler, una località a circa 70 chilometri a nord di Izmir (Smirne). Unità della Guardia Costiera e un elicottero hanno individuato poco dopo il relitto e i naufraghi. Quando sono arrivati sul posto i soccorritori hanno tratto in salvo 21 persone e recuperato inizialmente 18 corpi. Altri due sono stati recuperati successivamente dai sommozzatori della marina, intervenuti perché alcuni superstiti hanno riferito che c’erano delle persone rimaste imprigionate nella cabina del battello affondato. Secondo alcune testimonianze riferite alla Guardia Costiera, al momento della partenza a bordo c’erano in tutto 41 persone ma secondo altre ci sarebbero ancora dei dispersi, perché sarebbero salpati in tutto più di 50 migranti.

(Fonti: La Repubblica, Corriere della Sera, El Diario Es, Hurriyet, Daily Sabah, Anadolu Agency).

Marocco-Spagna (Ceuta), 25 dicembre 2015

Due morti, almeno dodici feriti e 104 arrestati nell’assalto in massa di centinaia di migranti subsahariani alle barriere della frontiera dell’enclave spagnola di Ceuta in Marocco. Il tentativo di passare il confine è scattato nelle prime ore del mattino: una massa di giovani si sono presentati al vallo di confine, nella località di Belyunech. La polizia marocchina ne ha fermati e arrestati 104, ma almeno altri 250, secondo informazioni della Guardia Civile spagnola e della Croce Rossa, hanno tentato di passare e 185 sono riusciti ad entrare nel territorio di Ceuta. Dodici di questi sono rimasti feriti nel salto della barriera, tanto da dover essere ricoverati all’ospedale; gli altri sono stati trasferiti nel centro di accoglienza. Le due vittime si sono avute sul lato marocchino della frontiera. Secondo le autorità di Tangeri si tratta di due giovani, la cui identità è rimasta sconosciuta, annegati mentre cercavano di superare a nuoto via mare la barriera. I loro corpi sono stati trovati e recuperati da agenti delle forze di sicurezza marocchine. La Ong Caminando Fronteras e diversi migranti asseriscono che ci sarebbero almeno altri due morti, ma dei loro corpi non è stata trovata traccia.

(Fonte: El Diario Es. Rai Tg-3 delle ore 14,30)

Il 2015 – riepilogo

Totale vittime: 3.882

  • Morti a terra: 217
  • Morti e dispersi in mare: 3.665

Per i morti in mare la ripartizione è la seguente:

  • Mediterraneo Occidentale (Marocco e Spagna incluse le Canarie): oltre 205
  • Mediterraneo Centrale (Italia, Libia, Egitto): oltre 2.870
  • Mediterraneo Orientale (Turchia e Grecia ): circa 590

Osservazione

Secondo il quotidiano online turco Daily Sabah –  che cita fonti dell’Oim – i profughi morti nell’Egeo, tra la Turchia e la Grecia, dall’inizio dell’anno fino all’8 dicembre 2015, sono 627: ben 129 in più di quanto risulti a questo dossier a quella data. Se i dati riferiti da Daily Sabah sono esatti, il totale delle vittime sulle tre rotte mediterranee (ovest, centro ed est), inclusi i “morti a terra”, sale a oltre 4.000:

  • Totale vittime dossier: 3.882
  • Differenza vittime rotta orientale: 169
  • Totale generale: 4.051 (3.882 più 169)

 2015 – la cronaca

Spagna, 05 gennaio 2015

Due piccole imbarcazioni con a bordo complessivamente 21 profughi, tutti algerini, fanno naufragio al largo delle coste spagnole. Cinque scompaiono in mare. Gli altri 16 vengono tratti in salvo da navi dirottate sul posto dalla Guardia Costiera spagnola e da una motovedetta e trasportati in Spagna, a Murcia.

(Fonte: Notiziario online No Borders Morocco, rapporto sui primi due mesi 2015)

Spagna-Marocco (Ceuta), 18 gennaio 2015

Quattro migranti algerini tentano di arrivare sulla costa di Ceuta a nuoto, dopo essersi gettati in mare da una nave commerciale. Due, ormai in prossimità delle acque territoriali del’enclave spagnola in Marocco, vengono soccorsi da una vedetta della Guardia Civil. Degli altri due non si trova traccia, né a terra né durante le ricerche in mare condotte dalla polizia e dalla guardia costiera spahmola e vengono considerati dispersi.

(Fonte: Notiziario online No Borders Morocco, rapporto sui primi due mesi 2015) 

Spagna-Marocco (Melilla), 30 gennaio 2015

Almeno nove profughi morti e 15 dispersi nel naufragio di un barcone al largo di Melilla, una delle due enclavi spagnole in Marocco. Scarsi i particolari sulla sciagura. La sola cosa certa è che le 24 vittime (morti e dispersi) facevano parte di un gruppo di 31 migranti che stavano cercando di raggiungere via mare Melilla, per trovare rifugio in territorio appartenente alla Spagna e, dunque, all’Europa, aggirando la barriera di filo spinato e sensori elettronici che circonda sia questa enclave che quella di Ceuta. Una barriera pressoché insormontabile, presidiata sia dalla Guardia Civil spagnola che dalla polizia marocchina, come dimostra, un paio di giorni dopo, il blocco di un gruppo di circa 400 migranti, provenienti da vari paesi dell’Africa occidentale e dell’Africa sub sahariana, sorpresi il primo febbraio dalle pattuglie della Guardia Civil, respinti in Marocco e consegnati alle autorità di polizia marocchine. Da quel momento, di fatto, si ignora la sorte di questi 400 profughi.

Dal primo gennaio al 28 febbraio, secondo il rapporto di No Borders Morocco, oltre duemila migranti tentato di arrivare in Spagna o entrando nelle enclavi di Ceuta e Melilla o puntando direttamente sulla penisola iberica a bordo di gommoni e piccole imbarcazioni partendo dalla costa africana.

(Fonte: Notiziario Human Rights Watch e Notiziario online No Borders Morocco, rapporto sui primi due mesi 2015)

Italia (Lampedusa), 8-9 febbraio 2015

Ventinove profughi muoiono di ipotermia nel Canale di Sicilia. Facevano parte di un gruppo di 105 migranti, in buona parte maliani, partito dalla Libia su un gommone, con rotta verso Lampedusa. A un centinaio di miglia dall’isola inizia la tragedia. Il mare in tempesta, con onde alte fino a nove metri, rende pressoché ingovernabile il battello. Parte una richiesta di aiuto con un telefono satellitare al Centro nazionale di soccorso di Roma della Guardia Costiera. Scattato l’allarme, vengono dirottati nella zona due mercantili che navigavano poco distante, il Bourbon Argos e il Saint Rock, mentre da Lampedusa partono due motovedette. Sono i mercantili a intercettare per primi, quando è già notte avanzata, il barcone ormai alla deriva. Verso le 22 arrivano anche le motovedette. Comincia il trasbordo dei naufraghi, ma 7 nel frattempo sono morti di freddo. Le salme vengono caricate su una delle motovedette. Altri naufraghi, bagnati, intirizziti e quasi privi di conoscenza, risultano in gravissime condizioni. Completato il trasbordo, le motovedette fanno rotta il più velocemente possibile su Lampedusa, ma il mare mosso rallenta la navigazione. Quando finalmente arrivano in porto, altri 22 dei più gravi sono ormai morti. Uno dei 7 trovati senza vita al momento del trasbordo presenta anche una lesione alla testa, forse dovuta a percosse o a una caduta al momento dell’imbarco. I superstiti vengono soccorsi dal personale medico dell’isola e dei comandi militari.

“I 366 morti dell’ottobre 2013 non sono serviti a niente – denuncia il sindaco di Lampedusa, Giusi Nicolini – Le parole del Papa non sono servite a niente. Siamo tornati a prima di Mare Nostrum. E’ la realtà. E’ la prova che Triton non è Mare Nostrum. Siamo tornati indietro”.

(Fonte: Il Fatto Quotidiano online, La Repubblica online, Bollettino Ansa online).

Italia-Libia (Lampedusa e Tripoli) 9-10 febbraio 2015

La tragedia dei 29 profughi morti di freddo assume proporzioni enormi: dalla spiaggia di Garbouli, vicino a Tripoli, oltre al gommone intercettato nella notte tra il l’8 e il 9 febbraio, ne sono partiti altri tre. C’è stata, in sostanza, una “spedizione” di 4 gommoni con a bordo complessivamente circa 430 profughi e migranti, partiti a distanza di mezz’ora l’uno dall’altro. Gommoni vecchi e malandati, con un motore di appena 40 cavalli ed equipaggiati con sole 10 taniche di benzina. E’ da pensare, inoltre, con nessun “scafista” al timone: viste le condizioni del mare i trafficanti hanno affidato il compito di seguire la rotta agli stessi profughi, dando loro alcune indicazioni sommarie. Il risultato è un’autentica strage: le vittime, secondo i calcoli dell’Oim, sono sicuramente più di 330. Anzi, stando alle testimonianze dei sopravvissuti, almeno 345. In maggioranza si tratta di profughi in fuga dal Mali e da altri paesi della fascia occidentale dell’Africa sub sahariana.

A scoprire la reale portata della tragedia sono gli equipaggi dei mercantili deviati nella zona dell’emergenza per i soccorsi da parte della Guardia Costiera italiana. Dopo che il primo gommone è stato recuperato, le due navi, pattugliando la zona, scoprono che a breve distanza ce ne sono altri due semi affondati. Sul primo ci sono sette giovani, sul secondo due soltanto. Tutti uomini. Appare evidente che alla partenza erano molti di più: i trafficanti non “sacrificano” un “prezioso gommone” per così pochi profughi. Tratti in salvo, infatti, i sette ragazzi confermano che a bordo di ciascun natante c’erano più di cento persone, incluse donne e bambini di pochi anni. Non solo: raccontano che in realtà alla partenza i gommoni erano quattro, Il primo, anche questo con più di cento profughi, è affondato dopo poche ore di navigazione, provocando la morte di tutti quelli che erano a bordo. “Abbiamo assistito alla tragedia senza poter far nulla per aiutarli”, specificano. Poi anche gli altri gommoni hanno cominciato a imbarcare acqua. Uno, anzi, ha cominciato addirittura sa sgonfiarsi nella parte anteriore. La furia delle onde e del vento ha trascinato in mare a poco a poco quasi tutti quelli che erano a bordo: hanno ceduto prima i più deboli, bambini e donne, e poi via via gli altri. Alla fine, sono rimasti in sette sul primo e appena due sul secondo. Il gommone trovato con 7 giovani assiderati a bordo, quello da cui è partito l’allarme, probabilmente era in condizioni leggermente migliori così ha retto fino all’arrivo dei soccorsi, anche se per altri 22 dei 105 imbarcati non c’è stato nulla da fare: non si sono ripresi dal profondo stato di ipotermia dovuta al freddo, al vento, agli abiti zuppi d’acqua gelata.

La Procura di Agrigento apre un’inchiesta e si muove con cautela, asserendo che “non sono stati trovati né relitti né corpi”. E’ fin troppo facile replicare che trovare relitti e corpi è impossibile con il mare forza 8 e che, comunque, i relitti di almeno altri due gommoni sono stati visti dagli equipaggi dei due mercantili che hanno tratto in salvo gli ultimi 9 superstiti (due su un gommone e sette sull’altro). E, in ogni caso, alcuni dei superstiti dicono subito di poter indicare i nomi se non di tutte almeno di gran parte delle vittime. Lo conferma Giovanni Abbate, dell’Oim: “Per quanto sembri incredibile, i profughi dicono di essere perfettamente in grado di dare nomi e cognomi, età e provenienza delle persone che sono partite con loro. Molti erano parenti o amici, molti hanno fraternizzato durante la permanenza nei centri libici”.

(Fonte: Repubblica online, Il Sole 24 Ore online, Il Fatto Quotidiano).

Libia, 21 febbraio 2015

Tre migranti massacrati di botte, uccisi a pugni e calci, in un cantiere edile in Libia, probabilmente nei dintorni di Tripoli. E’ quanto denuncia un ragazzo non ancora maggiorenne fuggito dalla Guinea e arrivato in Italia con i 3.800 profughi salvati e sbarcati in Sicilia dalle navi della Marina Militare tra il 13 e il 17 febbraio. Interrogato nel corso delle operazioni di identificazione, il giovane ha raccontato di aver attraversato il Senegal, il Mali, il Burkina Faso e il Niger per arrivare in Libia, dove al confine è stato catturato dai militari e imprigionato. Nei tre mesi trascorsi in carcere dice di essere stato sfruttato come operaio edile insieme ad altri compagni, subendo continui pestaggi. E proprio di questi pestaggi sistematici ad opera dei loro sfruttatori – denuncia – sarebbero rimasti vittime tre altri ragazzi costretti a lavorare con lui.

(Fonte: Avvenire)

Italia-Libia, 3-4-5 marzo 2015

Dieci profughi muoiono nel Canale di Sicilia a causa del ribaltamento del gommone sul quale facevano rotta verso la Sicilia. Indagini successive portano alla scoperta che ci sarebbero anche una cinquantina di dispersi. E solo per caso la strage non assume proporzioni ancora più grandi: il naufragio avviene non lontano dalle piattaforme petrolifere libiche e un rimorchiatore adibito al servizio di queste strutture, il Gagliardo, può intervenire in tempi abbastanza rapidi insieme alla nave Dattilo della Marina Militare italiana, che incrocia nella zona, salvando gli altri 121 migranti che erano a bordo del natante affondato. Le salme vengono tutte recuperate nel corso delle operazioni di ricerca e caricate sulla Dattilo, che ha a bordo altri 318 migranti soccorsi poche ore prima in un’altra operazione di salvataggio.

I primi rapporti parlano solo di dieci morti, in base al numero delle salme recuperate in mare. Le testimonianze dei superstiti, ascoltati il 5 marzo ad Augusta nell’ambito dell’inchiesta aperta dalla Procura di Siracusa, denunciano però che il gommone era partito da Zuara, in Libia, sovraffollato: a bordo c’erano non meno di 170/180 persone. Tenendo conto che 121 sono i naufraghi tratti in salvo e dieci le vittime, mancherebbero all’appello tra 40 e 50 profughi.

Tra la mattinata del giorno 3 e l’alba del 4 si registra una vera e propria situazione d’emergenza nel Canale di Sicilia tra la Libia e Lampedusa, con ben 7 operazioni di salvataggio coordinate dal Centro operativo nazionale della Guardia Costiera di Roma: in una fascia di mare situata a circa 50 miglia a nord delle coste libiche vengono soccorsi 5 gommoni e 2 barconi. Complessivamente vengono tratti in salvo 941 migranti siriani, palestinesi, tunisini e sub sahariani. Partecipano alle operazioni, oltre al rimorchiatore delle piattaforme e alla Dattilo, tre mercantili dirottati in zona dalla Guardia Costiera e la nave Fiorillo della Marina. Tutti i profughi dichiarano di essere partiti dalla Libia: è l’ennesima conferma che le spiagge libiche sono affollate di migranti in attesa di partire. Secondo alcune stime sarebbero circa 600 mila. E l’esodo continua: la mattina del giorno 5, sempre non lontano dalle piattaforme petrolifere, a 50 miglia dalla costa libica, vengono soccorsi altri due gommoni: uno, con a bordo 91 migranti, di nuovo dal rimorchiatore Gagliardo e l’altro, con 88 persone, dal Kreta, un rimorchiatore maltese.

(Fonte: La Repubblica, Il Fatto Quotidiano, Il Giornale di Sicilia)

Spagna (Canarie), 5-11 marzo 2015

Venti tra morti e dispersi al largo delle Canarie in due diversi episodi.

Il primo, con 8 vittime, viene segnalato il giorno 5: una “patera”, un tipo di barca molto usata dai migranti sulla rotta dall’Africa verso l’arcipelago spagnolo dell’Atlantico, viene data per dispersa. Partita dalle coste africane la notte tra il 28 febbraio e il primo marzo dalla costa a sud di Dajla, nel Sahara Occidentale, con 21 migranti a bordo, se ne perdono quasi subito le tracce: non risulta arrivata alle Canarie né approdata da qualche parte di nuovo sul continente africano. A dare l’allarme è una Ong che sapeva della partenza. Le ricerche, condotte dal Salvamento Marittimo spagnolo, vanno avanti senza risultati per cinque giorni. Tutti i profughi vengono considerati dispersi. Sei giorni dopo, l’11 marzo, un mercantile intercetta la barca: a bordo sono rimasti in 13, tutti pressoché moribondi. Gli altri 8, morti di sete e di stenti, sono stati fatti scivolare in mare dai compagni. I superstiti in condizioni più gravi vengono ricoverati a Lanzarote (la più nord-orientale delle Canarie), gli altri 10, dopo alcuni giorni di terapie contro disidratazione ed ipotermia, trasferiti al Centro di internamento per stranieri di Barranco Seco.

Il secondo incidente, avvenuto il giorno 11, riguarda un barcone con 30 migranti a bordo. Segnalato in difficoltà e scattate le ricerche, viene raggiunto dai mezzi di soccorso partiti da Lanzarote (la più nord-orientale delle Canarie), che riescono a portare in salvo 18 persone e a recuperare 4 cadaveri (due uomini, una donna e un bambino). Gli altri 8 migranti che erano sul natante vengono considerati dispersi.

Nei mesi di marzo e aprile vengono segnalati (in base a un censimento costruito essenzialmente con notizie di stampa) circa 1.900 tentativi di ingresso nel territorio spagnolo attraverso le isole Canarie, le enclave di Ceuta e Melilla in Marocco o (in misura minore) anche direttamente sulla costa metropolitana meridionale (soprattutto ad Almeira e a Cartagena), a bordo di piccole imbarcazioni o addirittura gommoni Zodiac. Oltre 560 i tentativi riusciti. Non rientrano in questo conto le centinaia di profughi bloccati e fermati dalla polizia marocchina in due distinte operazioni nei campi profughi improvvisati di Nador (21-24 aprile) e Bolingo (29-30 aprile), nei pressi di Ceuta e Melilla.

Il 24 aprile, la guardia di frontiera di Ceuta segnala che nei sei mesi tra settembre 2014 e febbraio 2015 sono entrati nell’enclave 472 migranti o profughi, la maggior parte nascosti nel doppio fondo di auto e camion. Sono in maggioranza giovani provenienti dalla Guinea. Nella prima quindicina di marzo gli ingressi risultano 21.

(Fonte: No Borders Morocco, relazione bimestrale marzo-aprile; El Diario, El Pais) 

Italia (Roma), 12 marzo 2015

“Dall’inizio dell’anno circa 470 persone hanno perso la vita o sono scomparse nel Mediterraneo durante i viaggi della speranza verso l’Europa”: è quanto emerge dal rapporto del Commissariato dell’Onu per i rifugiati (Unhcr), che sottolinea come nello stesso periodo del 2014 le vittime sono state 15. La denuncia è la premessa per una serie di proposte all’Unione Europea per affrontare il prevedibile afflusso di migliaia di migranti nel corso dell’anno. Tra le iniziative da assumere, il varo di una operazione di ricerca e soccorso europea simile a Mare Nostrum; la realizzazione di “un sistema europeo per compensare le perdite economiche subite dalle compagnie di navigazione coinvolte nel salvataggio in mare”, un meccanismo di equa distribuzione dei rifugiati siriani. Inoltre, soluzioni per affrontare le difficoltà che incontrano i rifugiati una volta arrivati in Europa.

(Fonte: La Repubblica)

Bulgaria (confine con la Turchia nei pressi di Edirne), 31 marzo 2015

Due profughi iracheni muoiono di freddo dopo essere stati respinti dalle guardie di frontiera mentre tentavano di passare dalla Turchia in Bulgaria. Un terzo profugo viene ricoverato in condizioni critiche per ipotermia all’ospedale di Edirne. E’ accaduto all’inizio del mese, ma se ne è avuta notizia solo il giorno 31 in seguito a un rapporto dell’Unhcr, che chiede un’indagine su quanto è accaduto e più in generale sulle misure di controllo praticate alle frontiere.

Queste le circostanze. Le vittime facevano parte di un gruppo di 12 iracheni, appartenenti alla minoranza yazida, intenzionati ad entrare in Bulgaria per chiedere asilo in Europa. Al confine vengono tutti intercettati e fermati dalle guardie di frontiera bulgare che, stando alle denunce, dopo averli picchiati e privati di tutti i loro beni, li respingono, disperdendoli. Rimasti isolati e attardati in un gruppo più piccolo, i due uomini, che hanno subito gravi lesioni nel pestaggio della polizia, muoiono per ipotermia sul lato turco del confine, di notte, prima che possano essere soccorsi dalla gendarmeria di Edirne che, allertata da alcuni dei superstiti, ha avviato una operazione di ricerca. I soccorsi arrivano in tempo invece per salvare la vita a un terzo profugo, anch’egli colpito da ipotermia a causa delle condizioni fisiche debilitate e delle temperature molto rigide della notte, accentuate dal maltempo.

(Fonte: relazione pubblicata sul sito Unhcr del 31 marzo alle ore 5,00)

Egitto, 10 aprile 2015

Due migranti muoiono in un naufragio nelle acque egiziane, al largo del delta del Nilo. Le vittime erano a bordo di un barcone partito da una spiaggia a est di Alessandria d’Egitto, nel governatorato di Kafr el Sheikh, con a bordo circa 200 uomini e donne decisi a raggiungere l’Europa. La tragedia avviene poco dopo la partenza. Fonti mediche citate dai media egiziani riferiscono che, oltre a recuperare le due salme, i soccorsi riescono a salvare gli altri naufraghi, 5 dei quali risultano feriti. Secondo notizie diffuse su twitter i migranti tratti in salvo, una volta a riva, sono stati arrestati dalla Guardia Costiera. Si parla complessivamente di 129 arresti, ma se sul battello c’erano circa 200 persone, resta da stabilire quale sorte abbiano subito almeno una cinquantina di loro: o per qualche motivo non sono stati arrestati come gli altri oppure il bilancio delle vittime è molto più alto. Le vittime potrebbe essere complessivamente tra 50 e 60.

Dall’Egitto in pratica non filtrano particolari dopo le prime notizie diffuse dai giornali e i media europei non approfondiscono la vicenda.

(Fonte: Il Fatto Quotidiano online, Rai News, The News International)   

Libia (acque a circa 30 miglia dalle coste africane), 10/11 aprile 2015

Un giovane profugo viene trovato senza vita a bordo di un barcone con 222 migranti raggiunto a circa 30 miglia dalle coste libiche dal pattugliatore Orione, della Marina Militare italiana, impegnato nella zona in una operazione di vigilanza pesca. Sulle cause della morte viene aperta un’inchiesta: si ipotizza ipotermia e affaticamento.

E’ una giornata campale per i natanti carichi di migranti in difficoltà nel canale di Sicilia. Nelle stesse ore il mercantile Cape Bon, con l’assistenza della nave Fiorillo (Guardia Costiera) soccorre e prende a bordo 235 migranti che si trovavano su un altro barcone a non grande distanza e due mercantili, il City of Hamburg e il Maersk Regensburg ne mettono in salvo oltre 500 (rispettivamente 93 e 429) che erano su un terzo barcone. Un quarto natante riesce a raggiungere le coste del Salento, in Puglia, sbarcando un’ottantina di profughi, in grande maggioranza siriani.

(Fonte: La Repubblica, La Stampa, Telegiornale Rai3 ore 14,20) 

Italia-Libia (Canale di Sicilia, 80 miglia dalle coste africane), 12/13 aprile

Almeno nove morti nel ribaltamento di un barcone carico di migranti nel Canale di Sicilia. Imprecisato il numero dei dispersi, ma secondo diverse testimonianze dei superstiti dovrebbero essere quasi 370. Il naufragio si è verificato a 80 miglia dalle coste africane. Unità della Guardia Costiera italiana giunte sul posto per i soccorsi hanno tratto in salvo 144 naufraghi e recuperato 9 cadaveri. Si teme che il bilancio possa essere molto più grave perché sicuramente a bordo del barcone affondato non c’erano solo 153 migranti ma molti di più. Forse, stando alle richieste di soccorso, addirittura quasi 520. Alcuni dei superstiti riferiscono a operatori di Save the Children che tra morti e dispersi ci sarebbero state quasi 400 vittime. Meglio: tenendo conto che 144 sono stati salvati e che sono sati recuperati 9 cadaveri, i dispersi in mare risulterebbero 365 circa, portando così il numero totale delle vittime ad oltre 370. Una strage pari a quella di Lampedusa.

I superstiti e una delle salme sono stati trasferiti a bordo di una nave della Marina Militare impegnata nell’operazione Triton che ha fatto rotta verso la Sicilia; gli altri corpi sono stati presi a bordo di uno dei guardacoste impegnati nella ricerca dei dispersi. Per le ricerche è stato inviato nella zona anche un aereo Atr 42 della Guardia Costiera.

(Fonte. La Repubblica, Giornale di Sicilia, Il Fatto Quotidiano, La Stampa).   

Italia (Pozzallo), 13 aprile 2015

Un giovane profugo, probabilmente nigeriano, muore per aver esalato la benzina rovesciata, a causa del mare mosso, sul fondo del gommone su cui viaggiava verso l’Italia con circa 110 altri migranti. Il corpo viene gettato in mare dallo scafista. A raccontare questo ennesimo tragico episodio alla polizia e alla Guardia Costiera sono stati alcuni compagni della vittima al momento dello sbarco a Pozzallo, precisando tra l’altro che il cadavere è stato dilaniato dagli squali che seguivano il gommone. Lo scafista, Aboubakarma Banghoura, 19 anni, originario della Guinea, è stato fermato con l’accusa, oltre che di favoreggiamento dell’emigrazione clandestina, anche di “morte derivante da altro reato”. E’ il quattordicesimo scafista fermato in Italia dall’inizio dell’anno.

(Fonte: La Repubblica online, il Giornale di Sicilia,  Il Sole 24 Ore del 14 aprile).

Italia (Reggio Calabria), 14 aprile 2015

Un giovane donna muore con il bambino che ha in grembo sulla nave Orione, della Marina Militare), che l’ha presa a bordo da uno dei barconi intercettati nel Canale di Sicilia. In avanzato stato di gravidanza, stava male già quando è stata soccorsa. Nonostante le cure prestate dal personale medico della Marina, probabilmente debilitata dalle fatiche del viaggio, si è aggravata ed è spirata nella notte tra il 13 e il 14 aprile, prima che la nave, con 670 profughi a bordo, raggiungesse il porto di Reggio Calabria.

(Fonte. La Repubblica online)  

Italia-Libia (Canale di Sicilia), 14/16 aprile 2015

Quarantuno morti nel naufragio di un gommone avvenuto nel Canale di Sicilia. A riferirlo sono gli unici quattro superstiti, presi a bordo dalla nave Foscari, della Marina Militare italiana il giorno 16 e sbarcati a Trapani la mattina del 17.

Secondo il racconto dei sopravvissuti (due provenienti dalla Nigeria, uno dal Ghana e uno dal Niger), al momento della partenza, da una spiaggia vicino a Tripoli, erano in 45, su un piccolo gommone, vecchio e in pessime condizioni. Dopo alcune ore di navigazione, i tubolari pneumatici del natante hanno cominciato a sgonfiarsi, tanto da non poter più neanche procedere: un relitto alla deriva in procinto di affondare. I naufraghi sono stati avvistati da un aereo in ricognizione, che ha dato l’allarme, ma quando la nave Foscari è giunta sul posto il gommone si era ormai inabissato. I superstiti erano solo quattro, recuperati e presi a bordo dai marinai della Foscari e condotti poi a Trapani.

(Fonte: Ansa, Repubblica, Corriere della Sera, La Stampa).

Italia-Libia (Canale di Sicilia), 14/16 aprile 2015

Dodici migranti vengono gettati in mare dal gommone su cui cercavano di raggiungere la Sicilia e muoiono annegati. Una strage originata da “odio religioso”: a scaraventare le vittime fuoribordo, tutti giovani cristiani, sarebbero stati un gruppo di altri profughi di religione islamica.

Così raccontano alla polizia di frontiera i compagni dei dodici giovani scomparsi tra le onde al loro arrivo in porto a Palermo, il 16 aprile, a bordo della nave Ellensborg, che ha soccorso nel Canale di Sicilia il gommone in difficoltà per il quale era partito un Sos alla Guardia Costiera. Della strage vengono accusati quindici giovani, tutti islamici, individuati anche in base alle foto fatte allo sbarco per l’identificazione e segnalazione dei migranti in arrivo. Uno è un ragazzo di 17 anni. Sono tutti imputati di omicidio plurimo con l’aggravante dell’odio per motivi religiosi. L’inchiesta viene condotta dal sostituto procuratore Maurizio Scalia. Il fermo iniziale viene confermato il giorno 18 dal Gip per quattordici dei quindici sotto accusa. Per il ragazzo che si è dichiarato diciassettenne vengono disposti accertamenti per stabilirne l’età esatta: nel caso venga confermato che ha solo 17 anni, il fascicolo processuale sarà trasmesso al Tribunale dei minori.

Questa la ricostruzione dei fatti secondo il racconto dei testimoni. Sul gommone, partito da una delle spiagge di Tripoli la notte del 14 aprile, c’erano 110 migranti, in maggioranza islamici ma con un buon numero di cristiani. Durante la navigazione sarebbe scoppiata una lite per la “supremazia” a bordo tra i due gruppi di religione diversa, anche in relazione – sembrerebbe – alla gestione dell’acqua disponibile. Altro motivo di contrasto, secondo alcuni testimoni, il fatto che gli islamici avrebbero voluto impedire ai cristiani di pregare. Ovvero: un vero e proprio “scontro religioso”. Anzi, soprattutto per questo gli islamici (di nazionalità ivoriana, senegalese, maliana e della Guinea Bissau) avrebbero minacciato più volte di gettare in mare i cristiani, tutti nigeriani e ghanesi. La lite sarebbe così sfociata in una violenta rissa, nel corso della quale gli islamici avrebbero davvero scaraventato fuori bordo ad uno ad uno ben 12 cristiani, come avevano minacciato, abbandonandoli al loro destino. Gli altri migranti cristiani si sarebbero salvati “facendo gruppo”: avrebbero cioè creato una vera e propria catena, difendendosi con la forza della disperazione tutti insieme, per impedire agli altri di prelevarli uno per volta e buttarli fuori bordo.

Nel frattempo la  presenza del gommone in difficoltà era stata segnalata e la nave Ellensborg lo ha raggiunto, prendendo a bordo tutti i migranti che c’erano ancora. Nessuno ha parlato fino all’arrivo a Palermo quando, vinta la paura di ritorsioni, più di qualcuno ha deciso di rivolgersi alla polizia. Racconti univoci e che collimano nella ricostruzione dei fatti, secondo gli inquirenti. Da qui l’incriminazione dei 15 presunti responsabili. I quali, però, negano decisamente questa ricostruzione e di essere implicati nella strage.

(Fonte: Ansa, Repubblica, La Stampa, Corriere della Sera, Il Sole 24 Ore) 

Italia-Libia (Canale di Sicilia), notte tra il 18 e il 19 aprile 2015

Quasi 700 migranti morti nel naufragio di un peschereccio nel Canale di Sicilia, a circa 70 miglia dalla Libia. Dopo una prima stima di 700  vittime, in base alle testimonianze dei pochissimi superstiti, appena 28, si è ipotizzato che il “bilancio di morte” fosse ancora più grave: 800 o addirittura 850 morti. Il recupero del relitto e dei corpi imprigionati all’interno, nel giugno/luglio 2016, ha permesso di stabilire che era esatta la prima stima: 675 i corpi ritrovati in tutto a cui vanno aggiunti, presumibilmente, alcuni dispersi, per un totale di circa 700 vittime. E’ in ogni caso la più grossa sciagura di tutti i tempi nel Mediterraneo e la strage di immigrati più vasta mai registrata nella storia delle migrazioni nel mondo in epoca contemporanea..

Queste le circostanze della tragedia. Il peschereccio, un natante lungo tra i 25 e i 30 metri, risulta partito vuoto dall’Egitto per caricare i migranti sulle coste della Libia nord occidentale, vicino a Zuwara, e fare poi rotta verso l’Italia, pieno all’inverosimile: quasi 700 migranti, di cui circa 200 donne e una cinquantina di bambini. La maggior parte delle persone sono stipate sottocoperta, pare addirittura con i boccaporti ed i portelloni di accesso chiusi. Quando il natante arriva a 130 chilometri dalla costa africana, a 205 da Malta e a 240 da Lampedusa, intorno alla mezzanotte in Italia, viene lanciato un Sos con un telefono satellitare. Quasi certamente è lo stesso scafista a “chiamare”. L’allarme viene raccolto a Roma, dal Centro Nazionale di Soccorso della Guardia Costiera, che dirotta nella zona i mercantili più vicini. Il primo ad arrivare è un portacontainer portoghese, il King Jacob, che si avvicina per prestare gli aiuti. Proprio la vista della nave provoca la sciagura. Come ha riferito il comandante del King Jacob, non appena scorgono il cargo i profughi a bordo cominciano ad agitarsi e si spostano in gran numero sul lato da cui si avvicina la nave da cui tutti si aspettano la salvezza, forse per attirare l’attenzione. E’ una mossa fatale: il brusco movimento di centinaia di persone rompe il già fragile equilibrio-assetto del peschereccio stracarico, che si inclina da un lato e si ribalta rapidamente, trascinando a fondo quasi tutto il suo carico di umanità. Il ribaltamento, con ogni probabilità, è favorito anche dalla collisione tra la nave e il barcone, abbandonato senza guida dallo scafista, che lascia il timone per confondersi tra gli immigrati e non esser individuato.

I  primi soccorritori, soprattutto i marinai del King Jacob, riescono a salvare solo 28 naufraghi. Nel corso della giornata continuano le operazioni di ricerca e recupero, condotte da un vasto schieramento di navi civili e militari fatte affluire sul posto. Il mare è coperto di cadaveri: i sopravvissuti vengono cercati letteralmente uno per uno in mezzo alle salme. Ventiquattro i corpi recuperati e poi trasferiti a Malta a bordo della nave Gregoretti, della Marina Militare italiana A questi si sono aggiunte poi altre 24 salme, recuperate in seguito, per un totale di 48. E’ riuscito a salvarsi, in pratica, solo chi non era intrappolato sottocoperta o chi ha avuto la fortuna di non essere travolto dal ribaltamento o dal risucchio del naufragio ed è riuscito ad aggrapparsi a qualche rottame galleggiante. Tra i superstiti e tra le salme arrivate a Malta non c’era nessun bambino, a conferma che tutti i più piccoli e le donne erano stati chiusi nella stiva.

Si è subito annunciato molto difficile il recupero delle salme rimaste imprigionate sotto o nello scafo. Il naufragio è avvenuto all’altezza di una vasta secca dove il fondale è a circa 200 metri dalla superficie anziché 400 come nel resto della zona. Ma anche a 200 metri di profondità non possono operare i normali sommozzatori. Ovvero, non appena il Governo italiano ha deciso di procedere in ogni caso al recupero, si è posta la necessità di fare ricorso a una operazione speciale.

Il recupero del relitto e delle salme. Al recupero si è provveduto un anno dopo, ad opera della Marina italiana e con l’intervento di tecnici e mezzi in grado di operare a grande profondità. Il relitto è stato agganciato e rimosso con estrema cautela, per essere poi trasferito nel porto di Augusta e sistemato in un contenitore particolare di protezione. E’ poi iniziato il recupero delle salme. Nella stiva sono stati trovati 458 corpi senza vita. A questi ne vanno aggiunti altri 169 trovati e raccolti sui fondali circostanti il punto dell’affondamento. Altri 48 erano stati recuperati nei momenti successivi al naufragio. Si arriva così a 675 vittime, più eventuali dispersi di cui si è persa traccia, per un totale di circa 700 e non 800/850 come si è ipotizzato a un certo punto nell’immediatezza della tragedia.

(Fonti: La Repubblica, Il Sole 24 Ore, Il Fatto, Corriere della Sera del 19/20 aprile 2015 e del 14 luglio 2016).

Libia (Misurata-Tripoli), 19 aprile 2015

Cinquantasette profughi fuggiti dall’Eritrea e dall’Etiopia, tutti di religione cristiana, vengono giustiziati dai miliziani dell’Isis in parte in una località imprecisata del Sahara libico, altri sulla costa, probabilmente tra Misurata e Tripoli. Le prime notizie arrivate in Italia parlavano di 28 vittime. Secondo fonti della diaspora eritrea, che ha indagato a lungo sulla strage, i morti sarebbero invece più del doppio.

Il massacro, documentato da un filmato poi messo in rete e diffuso nel web, viene condotto in due riprese in due località diverse. La prima esecuzione ha come teatro un ambiente semidesertico. Quarantatre ragazzi (i media italiani, basandosi solo sulle immagini del filmato, dicevano invece 14), con indosso una tuta nera, vengono fatti inginocchiare, divisi in più gruppi, di fronte ai loro carnefici e assassinati con un colpo alla nuca dopo che un uomo, con il volto coperto e in tuta mimetica, ne ha pronunciato la “condanna”: l’accusa è di essere “apostati”, in nome dell’idea dell’Islam come unica religione accettata. Gli altri 14 prigionieri, vestiti di una tunica arancione, vengono invece fatti stendere a terra e decapitati su una spiaggia, a pochi passi dalla battigia.

I 57 giovani massacrati facevano parte di un gruppo di 80 profughi (72 eritrei e 8 etiopi di etnia oromo) rapiti dall’Isis il 4 marzo mentre, a bordo di un camion-bus, si dirigevano verso Tripoli, provenienti dal Sud della Libia, nella speranza di potersi imbarcare verso l’Italia. Di alcuni si conoscono anche le generalità: l’Eritrean Forum Radio riferisce che amici e familiari li avrebbero riconosciuti nel filmato dell’Isis.

Non sono chiare le circostanze del sequestro. Stando a quel poco che è trapelato, i migranti sarebbero partiti all’inizio di febbraio da Khartoum diretti in Libia, a Tripoli, nella prospettiva di trovare un “passaggio” attraverso il Mediterraneo. Con loro c’erano anche diversi somali. Lungo la strada sono incappati in un posto di blocco presidiato da una trentina di miliziani armati. Non è escluso, anzi, che siano stati traditi o addirittura “venduti” da qualcuno del gruppo, forse un infiltrato eritreo che si sarebbe finto profugo come gli altri.

Sta di fatto che i miliziani li hanno presi prigionieri, soffocando sul nascere ogni tentativo di resistenza. Gli islamici (in pratica tutti i somali) e l’autista sono stati lasciati andare. Dagli 80 trattenuti sono stati separati 10 minorenni, 10 donne e, poco prima dell’esecuzione, altri 3 giovani che si sono dichiarati musulmani. Le ragazze sarebbero state scelte come “vergini”, i ragazzini per convincerli gradualmente a convertirsi all’Islam. La conversione all’Islam sarebbe stata posta invece a tutti gli altri prigionieri come unica possibilità di salvezza e, di fronte al loro rifiuto, sarebbe stata decisa la condanna a morte.

Le prime notizie sul sequestro sono state comunicate il 25 marzo da uno dei prigionieri, che si è messo in contatto con la sua famiglia in Eritrea, “rubando” una telefonata senza che i carcerieri se ne accorgessero. E proprio questa famiglia ha poi dato l’allarme. E’ stata l’unica comunicazione. Nei giorni successivi non si è potuto stabilire alcun contatto, né con quel giovane che con altri prigionieri. Altre notizie sono state poi comunicate all’inizio di aprile da cinque dei dieci minorenni sequestrati, che sono riusciti a scappare e a nascondersi in Libia insieme a un sesto ragazzo, anch’egli, pare, sfuggito all’Isis ma membro di un altro gruppo di profughi, sempre eritrei. L’Eritrean Forum Radio ha riferito che le esecuzioni degli “apostati” uccisi con un colpo alla nuca sarebbero avvenute in tempi diversi: prima un gruppo di 14, quelli del filmato, e poi via via tutti gli altri.

Secondo fonti della diaspora, tre dei ragazzi eritrei uccisi si erano rifugiati anni fa in Israele attraverso il Sinai. Avevano lasciato da qualche mese Tel Aviv per andare in Ruanda o in Uganda, in base alle nuove norme dello Stato israeliano volte a trasferire i rifugiati (considerati in genere come “infiltrati” e  non richiedenti asilo) in paesi africani disposti ad Ruanda. I tre avrebbero deciso di fuggire verso la Libia dall’Uganda, dopo che si era profilato il loro rimpatrio forzato in Eritrea. Uno dei tre in Israele era ospite del centro di detenzione di accoglierli. Un accordo tra governi è stato in proposito sottoscritto di recente con il Holot.

(Fonte: Il Fatto Quotidiano, Eritrean Forum Radio di Londra, Ribka Sibhatu del Coordinamento Eritrea Democratica )

Grecia (Rodi), 20 aprile 2015

Tre morti e un numero imprecisato di dispersi in mare nel naufragio di un barcone carico di migranti nelle acque di Rodi. Il natante era partito dalla vicina Turchia, uno dei tanti che, in numero crescente, tentano la traversata dell’Egeo dopo che la frontiera terrestre sul fiume Evros è stata chiusa da un’alta barriera di filo spinato, cemento e sensori elettronici per impedirne l’attraversamento. Forse a bordo c’erano circa 200 persone, in maggioranza siriani ed etiopi.

Il naufragio è avvenuto quasi all’arrivo, in prossimità della spiaggia di Zephyros, non lontano dal porto dell’isola. Stando alle testimonianze di alcuni superstiti e agli accertamenti condotti dalla polizia greca, gli scafisti hanno abbandonato i profughi quando erano ancora al largo, lasciando senza governo il natante, che ha proseguito la rotta fino a urtare una scogliera e cominciando subito dopo ad inabissarsi. La paura ha spinto molti dei migranti a bordo a gettarsi in acqua per cercare di raggiungere a nuoto la riva prima che potessero scattare i soccorsi. Le tre vittime sarebbero annegate in questo modo: le salme sono state recuperate dai primi soccorritori. Secondo il bilancio fornito dalla polizia portuale, i superstiti sono 93, di cui 30 ricoverati in ospedale. Ci dovrebbero essere dunque un centinaio di dispersi, ma le autorità greche tendono ad escludere che ci siano altre vittime: ammesso che a bordo del barcone fossero salite davvero quasi 200 persone (cifra ritenuta eccessiva, nonostante le testimonianze di alcuni dei superstiti), quelle mancanti all’appello potrebbero aver raggiunto la riva, abbastanza vicina al punto del naufragio, ed essersi poi dileguate. Le ricerche non hanno dato esito, né in mare né a terra. E’ in corso un’inchiesta.

(Fonte: Repubblica, La Stampa, Il Messaggero, Telegiornale La 7 e Rai 3).

Libia (Misurata), 23 aprile 2015

Tre giovani eritrei restano uccisi nella sparatoria tra due squadre rivali di miliziani. Altri cinque vengono feriti e si ignora la loro sorte. La notizia arriva dalla richiesta di aiuto all’agenzia Habeshia da parte di circa 400 tra eritrei ed etiopi prigionieri in un centro di detenzione a Misurata. Le tre vittime facevano parte, dello stesso gruppo.

Questi i fatti, narrati il 23 aprile con una telefonata “rubata” all’insaputa dei carcerieri, ma avvenuti qualche giorno prima. I 400 profughi erano prigionieri di miliziani “autonomi” in un carcere ricavato in una ex scuola. Una formazione di militari fedeli al governo di Tripoli ha assaltato la prigione per prenderne il controllo e i migranti detenuti sono rimasti in pratica tra i due fuochi. Con le nuove “guardie” la situazione nel carcere non è cambiata: continui maltrattamenti, pestaggi e frequenti “prelievi” di prigionieri di cui poi si perde ogni traccia: spariti nel nulla. Il giorno 22, in particolare, uomini armati hanno portato via circa 50 donne, senza specificare perché siano state separate dagli altri, dove siano state trasferite e a chi eventualmente siano state consegnate. L’autore della telefonata, un giovane eritreo, ha parlato di richieste che variano da 2.000 a 2.500 dollari di riscatto per il rilascio.

(Fonte: Agenzia Habeshia).

Libia (Tripoli), 23 aprile 2015

Un ragazzo è stato ucciso a bastonate dagli scafisti perché “non obbediva agli ordini”: è una tragedia nella tragedia che emerge nell’inchiesta condotta dalla Procura di Catania sul naufragio del barcone nel quale sono morte circa 800 persone nel Canale di Sicilia. A denunciare l’omicidio sono stati alcuni dei sopravvissuti, che parlano anzi di altre vittime, “picchiate selvaggiamente con dei bastoni” o morte di stenti prima dell’imbarco. Il ragazzo a cui fanno riferimento, in particolare, sarebbe stato pestato a sangue fino ad essere ucciso proprio sul gommone sul quale, insieme a decine di altri, veniva trasbordato dalla spiaggia fino al peschereccio, poi affondato durante la rotta, che attendeva in rada. La sua colpa sarebbe stata quella di essersi alzato in piedi senza permesso. Il cadavere – hanno raccontato i testimoni – è stato poi gettato in mare. Gli altri decessi – non si sa bene quanti ma sicuramente più di qualcuno, forse una decina – si sarebbero verificati nei giorni precedenti a causa di “violenze, percosse e trattamenti inumani”. Sul caso è stata aperta un’inchiesta condotta dal procuratore di Catania Giovanni Salvi.

(Fonte: La Repubblica).

Macedonia (ferrovia Veles-Skopje), 23 aprile 2015

Quattordici profughi muoiono travolti da un treno in Macedonia. Facevano parte di un gruppo di circa 50 migranti afghani e somali provenienti dalla Turchia ed entrati nel paese forse dalla Bulgaria o più probabilmente dalla Grecia. Si stavano dirigendo a piedi verso Skopje, la capitale, per proseguire poi il viaggio attraverso tutta la penisola balcanica e raggiungere la Germania o il Nord Europa. Avevano scelto di seguire i binari per non perdere la strada, con il rischio di smarrirsi tra i boschi, ma dopo la stazione di Veles non devono essersi accorti del sopraggiungere di un treno, partito da Gevgelija (nel sud della Macedonia, non lontano dal confine greco) e diretto a Belgrado. Il convoglio ha travolto in piena velocità il gruppo e in quattordici sono stati uccisi.

La Macedonia è attraversata costantemente da migliaia di immigrati, per lo più entrati dalla frontiera greca, che cercano di entrare in Serbia. Da qui alcuni puntano su Ungheria, Croazia o Slovenia, paesi che fanno parte della Ue dove possono chiedere asilo, ma la maggior parte punta verso la Germania e la Svezia.

(Fonte: La Repubblica).

Libia (centri di detenzione), aprile-maggio 2015

Quattro giovani profughi uccisi da miliziani o agenti di polizia libici. Si tratta di tre diversi episodi accaduti in uno dei centri di detenzione per migranti disseminati nel paese e riferiti subito dopo lo sbarco da richiedenti asilo arrivati in Italia e assistiti presso l’ambulatorio di Emergency allestito sulla banchina del porto di Augusta. Le testimonianze sono state raccolte da Flore Murard, giornalista, collaboratrice di Emergency.

Massacrato a bastonate. Testimonianza resa da L. K., 22 anni, del Gambia: “Se non hai i soldi vieni detenuto finché non li trovi. E’ un andirivieni continuo,, un business organizzato contro noi neri. Nel frattempo vieni picchiato nelle celle, con bastoni o sbarre di metallo, finché i tuoi parenti non mandano i soldi che servono per uscire. Mi picchiavano perché con la gamba ferita zoppicavo e rallentavo le file. Anche le donne incinte vengono picchiate. Ho visto bastionare un ragazzo finché non è morto”.

Scaraventato giù da un edificio. Testimonianza di P. S., 21 anni, nigeriano. Ha raccontato di essere stato sequestrato da un gruppo di miliziani armati e costretto a lavorare notte e giorno nei cantieri di Tripoli. Ha provato a ribellarsi e i suoi sequestratori, per punirlo, lo hanno scaraventato giù da un edificio. Nella caduta ha riportato gravissime lesioni e fratture a una gamba che, mai curate, hanno sviluppato un’infezione alle ossa. Resterà invalido. Anche suo cugino ha provato a protestare ed anche lui è stato gettato giù dal palazzo, morendo nella caduta.

Uccisi a fucilate. Testimonianza di Demba, nigeriano, evaso da un centro di detenzione: “Quando siamo fuggiti dal campo, nella sparatoria ho visto morire due miei compagni di viaggio, ammazzati di fronte a me”.

(Fonte: Rivista Emergency, edizione di settembre 2015, servizio di Flore Murard)   

Libia-Italia (Canale di Sicilia), 3 maggio 2015

Almeno dieci morti nel Canale di Sicilia tra i profughi in navigazione verso l’Italia a bordo di tre diversi gommoni soccorsi da mezzi della Marina Militare e da navi mercantili. Nove, per l’esattezza, sono i cadaveri recuperati, ma non si esclude che le vittime possano essere anche di più. I primi due corpi ripescati in mare sono quelli di due giovani africani morti probabilmente di stenti: erano a bordo di un gommone con 105 persone intercettato 45 miglia a nord est di Tripoli. Altre quattro salme erano su un secondo gommone, con 73 migranti, soccorso dalla nave portacontainer Zeran a 35 miglia da Tripoli, sempre in direzione nord est. Due dei sopravvissuti erano in condizioni gravissime. A circa 35 miglia a nord di Zhuwara, infine, tre migranti sono annegati lanciandosi in acqua dal gommone su cui stavano viaggiando insieme a circa 80 compagni nel tentativo di raggiungere un rimorchiatore che si stava avvicinando per i soccorsi. Tre cadaveri (due donne e un uomo) arrivano il 5 maggio a Crotone a bordo della petroliera panamense Prince.

(Fonte: Il Fatto Quotidiano, La Repubblica, Corriere della Sera).

Libia-Italia (Canale di Sicilia), 5 maggio

Decine di profughi annegati nel Canale di Sicilia, poco prima di essere soccorsi dalla nave portacontainer Zeran, a causa di un incidente che ha semiaffondato il gommone su cui stavano cercando di raggiungere la Sicilia. Le prime stime parlano di almeno 40 morti ma probabilmente sono molti di più. Forse addirittura un centinaio.

La ricostruzione della strage si basa sulle testimonianze rese a Save The Children da alcuni dei profughi (194 in tutto, di cui 18 donne e 2 minorenni), sbarcati dalla Zeran nel porto di Catania. Quei 194 migranti erano su due gommoni, soccorsi in tempi diversi. Sul primo, 105 persone, tutte tratte in salvo. Sull’altro 197. La tragedia si sarebbe verificata proprio al momento dei soccorsi. Mentre la nave accostava, nella concitazione di afferrare le cime con cui issarsi a bordo, tra i profughi si sarebbe creata una ressa: molti sono caduti o si sono gettati in acqua, altri sarebbero rimasti schiacciati sul fondo, fino a che, forse nell’urto contro la fiancata del cargo, è esploso uno dei tubolari pneumatici del gommone, che ha cominciato ad affondare. I superstiti hanno parlato inizialmente di oltre 40 compagni scomparsi tra le onde. Ma se trovasse conferma che sul natante c’erano 197 persone e che tutti o quasi tutti i sopravvissuti sono stati presi a bordo dalla Zeran, i morti sarebbero molti di più. Tenendo conto che il gruppo sbarcato a Catania era di 194 persone (di cui 105 del gommone che non ha avuto problemi), i sopravvissuti al naufragio sarebbero circa 90 e i dispersi un centinaio. Cinque cadaveri sono stati recuperati e portati insieme ai sopravvissuti a Catania. Sulla vicenda è stata aperta un’inchiesta da parte della Procura di Catania.

(Fonte: Repubblica, La Stampa, Corriere della Sera, Il Fatto Quotidiano, Ansa Sicilia e Ansa nazionale, Cadena Ser)

Italia (Canale di Sicilia), 20 maggio 2015

Un giovane, di nazionalità sconosciuta, muore prima che arrivino i soccorsi a bordo del barcone su cui è salito in Libia insieme ad altri 286 migranti. Il natante, partito da una spiaggia vicino a Tripoli, viene intercettato alla deriva nel Canale di Sicilia, dalla nave Sfinge, della Marina Militare italiana. I naufraghi e la salma vengono trasferiti ad Augusta. Sulle cause della morte viene disposta una inchiesta.

(Fonte: La Repubblica, cronaca di Palermo)

Libia (Bengasi), 25 maggio 2015

Almeno tre profughi restano uccisi a Bengasi negli scontri a fuoco per il controllo del centro della città nell’ambito dell’offensiva scatenata dall’esercito di Tobruk, su iniziativa del generale Khalifa Aftar, contro le milizie del Bengazhi Revolutionaries Shura Council (Brsc), la coalizione islamica fedele al governo di Tripoli. Alla battaglia, accanto ma non alleate del Brsc, prendono parte anche formazioni armate dello Stato Islamico. I combattimenti sono particolarmente duri nei quartieri centrali. Secondo le rassicurazioni dell’esercito libico di Haftar, la zona dovrebbe essere stata interamente evacuata dai civili. In realtà dichiarazioni raccolte da Human Rights Watch affermano che ci sono ancora numerose famiglie libiche e anche numerosi profughi (siriani, palestinesi e di vari paesi subsahariani) a cui non è concesso andarsene in sicurezza, che spesso non sanno come procurarsi il cibo, sono privati dei servizi essenziali e spesso finiscono per trovarsi coinvolti loro malgrado negli scontri a fuoco. Vari testimoni parlano di parecchi morti. Tra questi, in particolare, tre risultano profughi: Abu Shawki, un palestinese di 75 anni, colpito da un proiettile vagante alla testa; uno sconosciuto di nazionalità siriana, raggiunto da uno Shrapnel mentre stava uscendo dalla moschea di downtown e morto dopo due giorni di agonia; uno sconosciuto fuggito dalla Mauritania, ucciso da miliziani dell’Isis di fronte alla moschea El Sabri mentre, insieme a un gruppo di civili, tentava di lasciare la zona.

(Fonte: Human Rights Watch. Rapporto “Civilians trapped in Benghazi).

Spagna-Marocco (Melilla), 25 maggio 2015

Un ragazzo marocchino muore precipitando dal muro sopra il costone roccioso che domina il porto di Melilla, una delle enclave spagnole in Marocco. Si chiamava Osama ed era originario di Fez. A Melilla era arrivato già da qualche tempo ma il suo obiettivo era quello di raggiungere l’Europa imbarcandosi clandestinamente su uno dei ferry di linea che collegano l’enclave a Malaga, Almeira e Motril (Granada) con corse giornaliere. Scesa la notte, ha cercato di raggiungere le banchine del porto calandosi dal muro di recinzione con una corda, per poi scivolare a bordo del ferry, approfittando del buio. Scavalcato il muro, però, deve aver perso la presa ed è precipitato dall’alto, rimanendo esanime a terra. Gli amici che erano con lui sulla rupe inizialmente non si sono accorti di nulla: pensavano che Osama fosse riuscito a raggiungere l’area portuale. La tragedia è stata scoperta solo il mattino dopo quando un passante ha visto il corpo ai piedi del costone ed ha avvertito le forze di sicurezza dell’area portuale. Osama non aveva documenti con sé e inizialmente si è riusciti a stabilire che si trattava di un ragazzo presumibilmente di età inferiore ai 18 anni, forse marocchino o algerino o comunque maghrebino. Solo quando la notizia si è diffusa si è risaliti all’identità, grazie ad altri profughi marocchini presenti nell’enclave di Melilla, che hanno rconosciuto il corpo.

(Fonte: No Borders Morocco, El Diario Es. El Mundo) 

Italia-Libia (Canale di Sicilia), 29 maggio 2015

I corpi senza vita di 17 profughi vengono recuperati su un gommone con 217 persone a bordo, alla deriva nel Canale di Sicilia, dall’equipaggio della nave Fenice, della Marina Militare italiana. Non si tratta di un naufragio: le vittime potrebbero essere morte di sete o di stenti durante la traversata o forse calpestate da altri migranti nel tentativo di trovare un posto. Sul caso viene aperta un’inchiesta della magistratura.

Nella stessa giornata del 29 maggio si registrano altri 21 interventi di soccorso a barconi o gommoni carichi di profughi in difficoltà nel Mediterraneo. Vengono recuperati, da navi della Marina italiana e da altre unità militari straniere impegnate nell’operazione Triton, 9 barconi e 13 gommoni, incluso quello con i 17 morti a bordo. In tutto vengono tratti in salvo e trasferite in Sicilia 4.243 migranti.

(Fonte: Repubblica, La Stampa, Corriere della Sera, Tg-3 edizione ore 14,15).

Spagna-Marocco (Melilla), fine maggio/inizio giugno 2015

Un giovane marocchino annega nel tentativo di raggiungere a nuoto il territorio dell’enclave spagnola di Melilla, verosimilmente con l’intenzione di proseguire poi la fuga verso la Penisola Iberica e l’Europa. Veniva da Nador, una piccola città portuale distante circa dieci chilometri da Melilla, alla quale è collegata da un’autostrada. Ignote le circostanze precise della morte del ragazzo. Stando alle notizie riferite dalla stampa, probabilmente il giovane, quasi certamente minorenne, ha raggiunto via terra le vicinanze della barriera di confine e poi si è gettato in mare in un punto defilato per superare a nuoto la frontiera, eludendo la sorveglianza delle guardie marocchine e spagnole, ma le forze devono averlo abbandonato e non è riuscito a guadagnare la spiaggia.

(Fonte: El Diario. Es) 

Arlit (Sahara al confine tra Niger e Libia), 3/11 giugno 2015

Diciotto migranti muoiono di sete e d’inedia durante la traversata del Sahara dal Niger alla Libia. I corpi vengono trovati otto giorni dopo nella zona di Arlit, una piccola città in pieno deserto vicino al confine. Si tratta di 17 uomini e di una donna, provenienti in maggioranza da Mali, Senegal, Costa d’Avorio e Nuova Guinea.

Secondo i rapporti della polizia di frontiera il gruppo di migranti, partito il 3 giugno su un Land Cruiser, ha perso la strada a causa di una tempesta di sabbia che ha cancellato la pista. Privi di orientamento, hanno vagato nel deserto per ore, fino ad esaurire la benzina, rimanendo bloccati. Uno di loro, un algerino, è riiuscito a catturare un cammello ed ha tentato di raggiungere  un villaggio in pieno deserto, Assamanka, pe ricercare acqua e aiuti ma è caduto poco dopo durante la strada ed è morto. Gli altri 17 sono stati trovati privi di vita nei pressi del Land Cruiser l’11 giugno da una pattuglio di polizia mobilitata per le ricerche attivate da conoscenti di alcuni dei migranti del gruppo, allarmati dal mancato arrivo in Libia.

“Ci dobbiamo chiedere – ha riferito Giuseppe Lo Prete, dell’Oim – quante persone sono morte (e stanno morendo) nel deserto, anche prima di arrivare al Mediterraneo. Noi pensiamo che questo non sia un caso isolato, ma senza una raccolta sistematica di informazioni e senza una operazione di salvataggio, non sapremo mai quanti migranti possano essere scomparsi”.

(Fonte: rapporto Oim,, Ansa, La Stampa, Rai News)

Londra, 18 giugno 2015

Un giovane migrante di nazionalità sconosciuta muore precipitando da un aereo proveniente da Johannesburg in fase di atterraggio all’aeroporto Heathrow di Londra, al termine di un volo di 13 mila chilometri fatto nel vano del carrello. Il corpo viene recuperato su un edificio di Richmond, un quartiere nella zona meridionale della metropoli. Un altro clandestino viene ritrovato semi assiderato e ricoverato in gravi condizioni all’ospedale: anche lui ha fatto tutto il viaggio aggrappato nel vano nel vano del carrello, dove era salito insieme al compagno, eludendo la sorveglianza del personale di servizio dell’aeroporto sudafricano. E’ probabile che al momento dell’atterraggio il giovane precipitato fosse già morto, ucciso dal freddo estremo e dalla fatica.

(Fonte: La Repubblica, La Stampa, Sky News). 

Libia (Mediterraneo tra Tripoli e Zwarah), 22 giugno 2015

Un morto e un ferito su un gommone carico di 300 profughi preso di mira dal fuoco di milizie armate libiche, forse una motovedetta. Il ferito viene soccorso da un elicottero italiano e portato a Lampedusa; il morto e gli altri 298 migranti vengono presi a bordo dalla nave militare che ha intercettato il natante e dopo il salvataggio fa rotta verso un porto siciliano. Non sono chiare le circostanze della sparatoria. Secondo alcune fonti a terra, in Libia, tra i porti di Tripoli e di Zwarah, negli ultimi giorni si sarebbe combattuta una breve ma violenta guerra tra bande rivali di miliziani che si contendono il traffico dei migranti. Ciò spiegherebbe come mai nel week end non si sono registrate partenze. Il gommone sarebbe stato colpito proprio perché era riuscito a prendere il largo. E il fuoco sarebbe partito da una motovedetta lanciata all’inseguimento. La Marina e la Guardia Cosatiera libiche negano di essere coinvolte nell’episodio. Anziché una motovedetta militare, dunque, potrebbe trattarsi di un motoscafo veloce di miliziani. Sull’episodio viene aperta un’inchiesta da parte della Procura di Agrigento. Incaricati di sentire i testimoni-superstiti la polizia di frontiera e la squadra mobile.

(Fonte: La Stampa, Corriere della Sera, Repubblica, il Sole 24 Ore)

Spagna-Marocco (Mediterraneo tra Alhoceima e Almeira), 22 giugno

Ventidue migranti scompaiono in mare mentre tentano di raggiungere la Spagna dal Marocco. Erano a bordo di una barca partita tra il 19 e il 20 dal litorale di Alhoceima e diretta verso Tarifa o Almeira. L’allarme scatta quando, dopo due giorni, non si ha più notizia di quei profughi. Senza esito le ricerche organizzate dal Servizio di Salvataggio Marittimo spagnolo, con navi ed elicotteri partiti dalla stessa Alhoceima, porto d’imbarco, da Tangeri, Tarifa e Almeira. Dopo oltre due giorni le l’operazione di soccorso viene interrotta. Tutto lascia credere il battello sia affindato e che tutti i profughi a bordo siano annegati. “Altre 22 vittime – denuncia No Borders Morocco – della Fortezza Europa”.

In questi giorni di giugno sono numerosi i tentativi di raggiungere la Spagna dal Marocco. Il 19 giugno dieci migranti vengono individuati e salvati su una barca vicino a Gibilterra mentre cinque riescono a raggiungere l’enclave spagnola di Ceuta via mare su un canotto. Il giorno venti sono tratti in salvo, con tre operazioni distinte in mare, 20 migranti nord africani a Motril, 19 sub sahariani (17 uomini e 2 donne) ad Almeira e un profugo solitario trovato alla deriva su un piccolo battello al largo di Tarifa.

(Fonte: No Borders Morocco) 

Grecia-Turchia (tra l’isola di Kos e la città turca di Bodrum), 23 giugno

Sei migranti annegati nel braccio di mare tra la città turca di Bodrum e l’isola greca di Kos, verso la quale stavano facendo rotta. Causa della tragedia: il rovesciamento, a sole tre miglia dalla costa di Bodrum, del barcone sul quale le vittime erano salite insieme a decine di altri profughi.

La notizia è stata riferita dalle autorità turche. Sul posto è intervenuta la Guardia Costiera di Ankara, salvando 66 persone, tra cui un bambino. Non è escluso che il bilancio delle vittime sia più grave: potrebbero esserci alcuni dispersi. E’ stata disposta un’inchiesta dalla magistratura turca per stabilire quanti migranti fossero a bordo al momento della partenza.

(Fonte: Il Messaggero).

Italia (Catania), 25 giugno 2015

C’è anche una donna morta tra i circa 500 migranti sbarcati dal pattugliatore svedese “Poseidon” nel porto di Catania. I profughi (497 per l’esattezza, oltre alla vittima) sono stati soccorsi tra il 23 e il 24 in tre diverse operazioni nel Canale di Sicilia. Il corpo senza vita della donna presenta una profonda ferita. Non sono chiare le circostanze e le cause. La Procura dispone un’inchiesta.

Nello stesso giorno sbarcano a Trapani altri 422 profughi (344 uomini, 39 donne, 7 bambini e 32 minori non accompagnati) soccorsi il giorno 23 in due dioverse operazioni dalla nave belga Godetia.

(Fonte: La Repubblica cronaca di Palermo, Telegiornale Rai 2 ore 14,15)

Marocco (Tangeri), 27 giugno 2015

Due giovani senegalesi annegano nel naufragio di un piccolo gommone con cui stanno cercando di raggiungere la costa spagnola. La tragedia avviene al largo di Tangeri. Le due vittime (C. G. F e K. F.) erano partite con altri nove migranti a bordo di uno Zodiac. Durante la traversata il battello si è rovesciato per cause imprecisate ed i due sono scomparsi quasi subito tra le onde. Gli altri sono riusciti ad aggrapparsi a un tubolare del gommone, fino a che sono stati soccorsi da un guardacoste della Marina marocchina. Solo uno dei corpi è stato recuperato e trasbordato a Tangeri.

(Fonte: No Borders Morocco e Yabiladi.com)

Marocco (Boukhalef, Tangeri), primo luglio 2015

Un morto e due feriti gravi durante lo sgombero forzato da parte della polizia delle decine di case occupate da migranti subsahariani, a Boukhalef, un sobborgo alla periferia di Tangeri, in Marocco, da anni rifugio di centinaia di giovani in fuga dal proprio paese,  in buona parte con l’intento di raggiungere l’Europa. L’operazione, decisa dopo disordini, spesso a sfondo razzista, scatenati da gruppi di marocchini ostili alla presenza degli immigrati, viene condotta con ben duemila agenti di polizia e soldati, che circondano tutto il borgo e vanno a cercare gli “africani neri” casa per casa. Ne nascono spesso proteste e tafferugli. La morte del giovane africano matura in una di queste situazioni di tensione: nella confusione che segue all’irruzione della polizia, precipita dal quarto piano di un edificio e muore poco dopo in ospedale.  Secondo il giornale online Yabiladi il corpo presenterebbe anche ferite da “arma bianca”. Due altri migranti restano gravemente feriti. Circa 500 vengono arrestati e deportati nel sud del Marocco, in centri di detenzione. Almeno altrettanti fuggono nei boschi vicini o si nascondono nella Medina di Tangeri. La vittima si chiamava Mamadou Kone, 29 anni, proveniente dalla Costa d’Avorio.

(Fonte: No Borders Morocco e Yabiladi.com )

Tunisia (El Bibane), 5 luglio 2015

I corpi di cinque giovani vengono recuperati al largo delle coste tunisine, all’altezza di El Bibane, nel sud del paese, non lontano dal confine con la Libia. Si tratta di migranti africani, di nazionalità imprecisata. Non si hanno informazioni sulle circostanze precise della loro morte, ma tutto lascia credere che si tratti di profughi partiti dalle spiagge libiche. E’ probabile che si sia verificato un naufragio di cui non si è avuta notizia fino alla scoperta dei cadaveri. Si teme per questo che le vittime possano essere molte di più.

(Fonte: La Repubblica, Avvenire, Agenzia Agi, Quotidiano Net).

Mar Egeo tra Grecia e Turchia, 7 luglio 2015

Affonda nell’Egeo un barcone di migranti, probabilmente in maggioranza siriani, partito dalla costa della Turchia e diretto verso una delle isole greche. Le vittime, stando ai rapporti della Guardia Costiera greca e turca, sono 19. Soltanto 4 i cadaveri recuperati.

(Fonte: La Repubblica).

Italia-Libia(Canale di Sicilia), 09 luglio 2015

Almeno 12 migranti morti nel naufragio di un gommone con circa 120 persone a bordo nel Canale di Sicilia, 40 miglia a nord della costa libica. L’allarme è scattato nel primo pomeriggio, facendo convergere sul posto diverse unità della Marina italiana: i pattugliatori Dattilo e Corsi e due motovedette partite da Lampedusa. Nella zona indicata sono stati trovati non uno ma quattro gommoni, di cui uno, appunto, semi affondato con 106 naufraghi aggrappati in parte ai tubolari pneumatici ancora in grado di galleggiare. L’equipaggio del Dattilo, la prima nave ad arrivare, ha recuperato 12 cadaveri e tratto in salvo i naufraghi. Le altre unità hanno prestato soccorso ai  tre gommoni ancora in navigazione, con a bordo 287 migranti. Poco dopo è stato recuperato ancora un gommone con 106 persone e, in serata, tre barconi con 324 migranti. Complessivamente risultano così 823 le persone tratte in salvo nel corso della giornata. Senza esito le ricerche di eventuali dispersi del primo gommone naufragato e dal quale è partito l’Sos.

(Fonte: La Stampa, La Repubblica, Il Fatto Quotidiano)

Tunisia (El Katef e Ben Guerdane), 10 luglio 2015

Almeno altri 30 morti, in un naufragio, al largo delle coste della Tunisia. Secondo quanto riferisce il sito d’informazione Kapitali, 10 corpi vengono recuperati da una motovedetta della Guardia Costiera tunisina al largo di El Katef, nella regione meridionale del paese (governatorato di Medenine), nei pressi di Ben Guerdane, la città tunisina più lontana dalla capitale: per arrivare a Tunisi ci sono 499 chilometri di strada ma sino al confine libico di Ras Ajdir appena 32. Mentre le prime dieci salme vengono trasportate nel porto di El Katef, nella zona ne vengono avvistate altre venti e non è escluso che vittime e dispersi siano molti di più. Non risultano imbarchi di profughi dalla Tunisia: tutto lascia credere che ci sia stato il naufragio di un barcone o di un gommone salpato dalle vicine coste libiche e diretto verso l’Italia. Secondo alcune ipotesi meno accreditate, anzi, i naufragi potrebbero essere addirittura due, con un bilancio di morti e dispersi ancora più grave. Appena cinque giorni prima un altro naufragio si è verificato poco distante, nel tratto di mare di fronte alla laguna di El Bibane: cinque i corpi recuperati.

Queste nuove sciagure confermano che si sta aprendo o addirittura si è già aperta un’altra rotta per i disperati intrappolati in Libia. Una rotta che conta già almeno 35 vittime, tenendo conto solo dei corpi recuperati e senza contare probabilmente decine o forse centinaia di dispersi.

(Fonti. Avvenire, Agenzia Agi, Quotidiano Net, Rai News)

Libia (Tajoura), 14 luglio 2015

Almeno cento morti in un naufragio avvenuto a poche miglia dalle coste libiche, di fronte a Tajoura, una piccola città litoranea, circa dieci chilometri a est di Tripoli, divenuta uno dei principali punti d’imbarco dei migranti che cercano di raggiungere l’Italia dal Nord Africa. Tra le vittime, anche numerosi bambini e donne. Non si hanno notizie precise sulla sciagura, resa nota dall’agenzia Migrant Report e poi confermata dalle autorità di Tripoli, le quali non escludono anzi che il bilancio possa essere ancora più drammatico. Gran parte dei corpi recuperati in mare o sulla spiaggia sono stati trasferiti all’obitorio dell’ospedale di Tripoli. Stando ai primi accertamenti e a giudicare dal numero dei morti, dovrebbe essersi trattato di un gommone, un tipo di natante più facile da trovare dei tradizionali barconi in legno ma che potrebbe caricare al massimo una ventina di persone, anche se i trafficanti ve ne fanno salire in genere un centinaio circa. I frequenti incidenti che capitano a questi battelli pneumatici sono quasi sempre dovuti proprio al sovraccarico.

(Fonti: Avvenire, Migrant Report, News 24, Quotidiano Net)

Libia (Sabha), 14 luglio 2015

Ventitré migranti morti di sete e di stenti oppure uccisi dai maltrattamenti dei trafficanti nel deserto libico. Ne riferisce l’agenzia Migrant Report. Inizialmente viene data notizia del ritrovamento di tre salme (una coppia nigeriana e un uomo di nazionalità incerta) lungo una pista nel deserto di Sabha, la città del sud della Libia, già capoluogo del Fezzan, divenuta uno dei principali punti di snodo delle varie vie di fuga dei profughi provenienti dal Sahara e diretti verso Tripoli o comunque la costa. Sulla scia di questa informazione, si scopre che nell’obitorio dell’ospedale locale ci sarebbero una ventina di altri corpi, appartenenti a migranti caduti nelle mani dei trafficanti e uccisi come avvertimento per gli altri ostaggi oppure che non hanno retto le torture a cui sono stati sottoposti per estorcere denaro alle loro famiglie. Anche queste salme sono state trovate abbandonate ai margini di strade e piste in pieno deserto, in vari punti ma a non grande distanza da Sabha.

(Fonte: Avvenire)

Italia (Canale di Sicilia), 17 luglio 2015

Una bambina siriana di dieci anni muore per una crisi diabetica nel Canale di Sicilia durante la traversata dall’Egitto alle coste italiane. La piccola era con il padre e le sorelle su un barcone con a bordo ben 320 profughi. I familiari si erano premuniti portando una piccola scorta di insulina per il viaggio, nel timore di necessità improvvise o del prolungarsi della rotta. A un certo punto gli scafisti, per cercare di fare spazio, hanno buttato in mare alla rinfusa gran parte dei bagagli dei migranti, compreso lo zainetto nel quale c’erano le fiale di insulina portate dal papà della piccola per fronteggiare ogni evenienza.

La traversata si è rivelata più lunga del previsto e la bambina è stata colta da una crisi. fino a entrare in coma: senza insulina non c’è stato nulla da fare. Il cadavere è stato abbandonato in mare. Il padre ha raccontato tutto al commissario di Siracusa subito dopo lo sbarco.

(Fonte: La Repubblica, Il Fatto Quotidiano, La Stampa).

Italia (Canale di Sicilia), 17 luglio 2015

Un giovane africano privo di vita viene trovato su un gommone carico di migranti nel Canale di Sicilia. A bordo anche 14 ustionati da idrocarburi. La salma viene trasbordata sulla nave Siem Pilot che, con 456 migranti soccorsi in varie operazioni al largo della Libia fa rotta verso la Sardegna ed arriva a Cagliari la mattina del 18 luglio. Sulle cause della morte del giovane, di nazionalità i mprecisata, viene aperta un’inchiesta da parte della Procura.

(Fonti: Sardinia Post, L’Unione (Sarda).

Libia (al largo di Tripoli), 22 luglio 2015

Circa quaranta profughi morti in un naufragio alcune decine di miglia al largo delle coste libiche. Le vittime erano su un gommone con a bordo 120/125 persone, partito dalle vicinanze di Tripoli, insieme ad altri due gommoni, nella notte tra martedì e mercoledì. Dopo qualche ora di navigazione il natante ha cominciato a sgonfiarsi e ad imbarcare acqua, fino a che verso le dieci del mattino è naufragato, provocando la morte di una quarantina di migranti, tra cui numerose donne e bambini. I superstiti sono 88: li ha raccolti in un primo momento una nave mercantile che li ha poi affidati alla nave militare tedesca Schleswig Holstein, che complessivamente ha preso a bordo 283 profughi, trasferendoli poi al porto di Augusta, in Sicilia, dove è giunta il giorno 23. Il conto delle vittime è stato fatto in base alle testimonianze di alcuni superstiti raccolte da Save the Children. Indagini dell’Unhcr sono giunte alla stessa conclusione così come quelle della Procura di Siracusa: si parla di 35/40 orti, inclusi i due scafisti. Secondo alcune testimonianze, l’avaria al gommone potrebbe essere stata causata da una errata manovra di avvicinamento della nave mercantile arrivata per prima sul posto per i soccorsi: ci sarebbe stata una collisione e il gommone sarebbe colato a picco. Una dinamica simile a quella di altri naufragi, incluso quello disastroso del 18/19 aprile, con circa 850 vittime.

I 283 sbarcati ad Augusta sono in maggioranza eritrei e somali, ma ci sono anche giovani fuggiti dal Benin e dal Mali. La stessa proporzione dovrebbe esserci grossomodo tra le vittime.

(Fonte: La Repubblica, La Stampa, Il Fatto Quotidiano).

Italia-Libia (Canale di Sicilia), 28 luglio 2015

I cadaveri di 14 giovani migranti vengono recuperati, nelle prime ore del pomeriggio, su un barcone diretto verso l’Italia e raggiunto dalla nave Le Niam, della Marina militare irlandese, inquadrata nella flotta di Frontex e messa in allerta dalla centrale di coordinamento dei soccorsi della Guardia Costiera italiana. Sullo stesso barcone erano altri 522 migranti, tutti tratti in salvo dai soccorritori. Non ancora chiarite le cause della tragedia: l’ipotesi più accreditata è quella che la morte sia stata provocata dai gas di scarico del motore o da soffocamento per la ressa nella parte bassa della barca. Nel corso della giornata vengono condotte nel Canale di Sicilia altre quattro operazioni di soccorso con l’intervento, oltre che della stessa nave Le Niam, delle due unità allestite da Medici senza frontiere e di un pattugliatore svedese. Risultano 1.810 le persone tratte in salvo.

(Fonte: Il Giornale di Sicilia, La Repubblica cronaca di Palermo).

Italia-Libia (Canale di Sicilia), 31 luglio 2015

I cadaveri di due giovani vengono trovati a bordo di uno dei due barconi soccorsi dalla nave Sirio, della Marina militare italiana, nel Canale di Sicilia. I due natanti, partiti dalle coste libiche, navigavano in coppia, con a bordo complessivamente 680 migranti, tra cui numerose donne e bambini. Nella stessa giornata, in quel tratto di mare vengono soccorsi da navi mercantili e mezzi della Guardia Costiera un altro barcone e due gommini. Si tratta in tutto, compresi i primi due barconi, di 1.230 persone. Le due salme vengono sbarcate a Cagliari, porto al quale sono destinati 435 dei 1.230 migranti tratti in salvo nel corso della giornata. Viene aperta un’inchiesta per stabilire le cause della morte dei due giovani.

(Fonte: Rai News).

Italia-Libia (Canale di Sicilia), 1 agosto 2015

Cinque migranti morti e 780 tratti in salvo da unità della Guardia Costiera italiana, della Finanza e di Medici senza Frontiere su quattro gommoni e un barcone nel Canale di Sicilia. Partiti da località imprecisate della Libia e diretti verso l’Italia, i cinque natanti sono stati intercettati a una distanza variabile tra le 30 e le 40 miglia dalle coste libiche: erano tutti in difficoltà e non in grado di reggere ancora a lungo il mare. I cinque cadaveri erano su uno dei due gommoni soccorsi dalla nave di Medici senza Frontiere, che ha preso a bordo anche i migranti del gommone soccorso dalla Guardia Costiera. Del quarto si è occupata una motovedetta della Finanza mentre il barcone, con oltre 360 persone, è stato recuperato dal rimorchiatore Asso 29. E’ probabile che la morte dei cinque giovani sia stata causata da una serie di concause: l’elevata temperatura raggiunta a bordo, sete e stenti, debilitazione, ecc. I profughi tratti in salvo provenivano prevalentemente da Eritrea, Siria e Palestina.

(Fonte: Corriere della Sera, El Pais).

Spagna-Marocco, 3 agosto 2015

Un marocchino di 27 anni, N. M., muore soffocato nella valigia dove si era nascosto per poter arrivare in Spagna, a bordo dell’auto del fratello, A. M., di 34 anni, che, in possesso di passaporto francese, stava rientrando in Europa dopo un breve periodo trascorso a casa. Il “piano della valigia” doveva servire per superare i controlli alla frontiera prima dell’imbarco sul ferry a Melilla, per poi sbarcare in Spagna e proseguire il viaggio in macchina fino in Francia. Nessuno in effetti si è accorto inizialmente di nulla al posto di confine né durante le operazioni di imbarco. Le lunghe ore trascorse chiuso in quel piccolo spazio, più di 6 e mezza tra sosta in porto e navigazione, sono state però fatali al giovane. Quando A.M., a 20 minuti dall’arrivo nel porto di Almeira, è potuto scendere nel garage della nave e aprire il bagagliaio, il fratello era già morto. Senza esito i tentativi di rianimarlo, prima a bordo e poi a terra. Secondo i primi accertamenti medici, la morte è sopravvenuta per asfissia e disidratazione.

(Fonte: El Pais, Tg La7, ore 13,30).

Spagna-Marocco (Ceuta), 3 agosto 2015

Quattro profughi morti e quattro dispersi in mare nel tentativo di raggiungere Ceuta, una delle due enclave spagnole in Marocco. Secondo le fonti ufficiali, quattro migranti sono annegati mentre cercavano di arrivare a nuoto fino alla costa di Ceuta, ma una Ong locale riferisce che in realtà le vittime sono almeno 8: i quattro annegati (di cui sono state recuperate le salme) e altri quattro di cui si è persa ogni traccia e sono dunque da considerarsi quanto meno desaparecidos. Non è escluso, anzi, che le vittime siano anche di più: la stessa Ong riferisce di una piccola imbarcazione partita dalla costa marocchina, carica di migranti, in difficoltà e che sarebbe stata lasciata in pratica senza soccorsi. Si ignora la sorte di questo natante e delle persone che erano a bordo.

(Fonte: No Borders Morocco e Eldiario)

Italia-Libia (Canale di Sicilia), 05 agosto 2015

Oltre 200 tra morti (25 le salme recuperate) e dispersi nel Canale di Sicilia per il naufragio di un grosso peschereccio in ferro, stracarico di migranti, “gestito” da cinque “scafisti”, due tunisini e tre libici. La tragedia, una delle più gravi del Mediterraneo, è avvenuta a circa 15 miglia dalle coste libiche. Il natante, un peschereccio in ferro, era partito durante la notte da Zuwara con centinaia di persone a bordo, circa 600 stando alle prime richieste di soccorso e alle testimonianze di alcuni superstiti. Almeno cento erano stipate nella stiva: si tratta nella stragrande maggioranza di africani (provenienti da paesi sub sahariani), sistemati sotto bordo perché avevano pagato un ticket “ridotto” rispetti ai 1.200 dollari di media richiesti per la traversata. Sul ponte si trovavano invece soprattutto siriani, palestinesi e bengalesi.

I problemi sono iniziati nella mattinata, poco più di tre ore dopo la partenza, pare per un guasto ai motori che, temendo il peggio visto che lo scafo ha cominciato a imbarcare acqua, ha indotto a lanciare un Sos con un telefono satellitare. La richiesta di aiuto è stata recepita a Catania e da qui è rimbalzata al Centro di coordinamento dei soccorsi in mare della Guardia Costiera a Roma. Sul posto sono state dirottate immediatamente la Dignity One, una delle navi di Medici senza Frontiere, e la Le Niamh, una unità della Marina irlandese. E’ stata proprio quest’ultima a raggiungere per prima il peschereccio in difficoltà. Quando è stata a circa un miglio di distanza ha messo in mare due lance per accostare il peschereccio ed effettuare le operazioni di soccorso e trasbordo. E’ a questo punto che si è verificata la tragedia: gran parte dei migranti si sono riversati tutti insieme sul lato dal quale stavano arrivando i soccorsi, compromettendo la stabilità e provocando il rovesciamento del peschereccio, che subito dopo è affondato. Gli equipaggi della Le Niamh e della Dignity One hanno recuperato 399 persone in mare e 25 salme. Stando alle dichiarazioni dei superstiti che parlano della presenza di 600 persone a bordo, ci dovrebbero essere almeno 175 dispersi di cui non si ha più traccia: in particolare, i circa 100 migranti, per lo più africani, che i trafficanti avevano chiuso nella stiva e che, data la rapidità del naufragio, non hanno avuto modo di mettersi in salvo.

Arrestati i cinque scafisti, allo sbarco a Palermo, su ordine della Procura, che ha aperto un’inchiesta..

(Fonti: La Repubblica, La Stampa, Corriere della Sera, Ansa, El Pais, Tg La7, Il Manifesto, Il Fatto Quotidiano).

Italia-Libia (Canale di Sicilia), 11 agosto 2015

Circa 50 dispersi per l’affondamento di un gommone nel Canale di Sicilia, a circa 40 miglia dalla costa libica. Ad avvistare il battello in difficoltà, ormai semi sgonfio, è stato, nel primo pomeriggio, un elicottero della nave Mimbelli, in servizio di perlustrazione, che ha lanciato zattere di salvataggio e comunicato la situazione d’emergenza. La prima nave ad arrivare sul posto è stata la Fenice, della Marina Militare, che poco prima aveva già salvato 120 migranti su un altro gommone. Sono state recuperate 52 persone, aggrappate alle zattere gettate dall’elicottero. Una volta a bordo della Fenice, i superstiti hanno dichiarato che al momento della partenza dalla Libia erano almeno un centinaio e che molti non ce l’hanno fatta a resistere quando il gommone ha cominciato a inabissarsi. Risulterebbero, dunque, circa 50 dispersi. Senza esito le ricerche condotte dal personale della Marina per ritrovarli.

(Fonte: Ansa, Corriere della Sera, Repubblica, La Stampa).

Italia-Libia (Canale di Sicilia), 15 agosto 2015

Quarantanove morti asfissiati su un barcone carico di migranti soccorso dalla Marina italiana a circa 21 miglia dalla costa libica. Il battello, un peschereccio in legno lungo 14 metri, era partito dalla Libia poche ore prima, stracarico di profughi africani: oltre 360 persone. Un carico al limite della capienza, inclusa la stiva, dove vengono chiusi generalmente quelli che pagano un ticket più basso per la traversata. Durante la navigazione il motore è probabilmente andato in panne ed è stato lanciato l’Sos con un telefono satellitare. L’allarme è stato raccolto dalla Guardia Costiera, che ha dirottato sul posto il pattugliatore della Marina Cigala Fulgosi. Quando l’elicottero in dotazione all’unità navale lo ha individuato, il barcone era immobile in mezzo al mare. Sembrava una operazione di soccorso come tante altre, invece, quando sono saliti a bordo, i marinai hanno trovato nella stiva 49 cadaveri (una decina in più dei circa 40 ipotizzati inizialmente), accatastati l’uno sull’altro e alcuni semisommersi nell’acqua di sentina, densa di nafta, rifiuti ed escrementi. Le vittime sono in maggioranza uomini, probabilmente morti per asfissia a causa delle esalazioni del carburante o degli scarichi del motore. Le persone tratte in salvo sono 312, tra cui una cinquantina di donne e diversi bambini.

Le salme sono state recuperate e portate sul Cigala Fulgosi e poi trasbordate, insieme ai 312 superstiti, sulla nave norvegese Siem Pilot, per essere trasferite a Catania. La Procura ha aperto  un’inchiesta sullal strage.

(Fonte: La Repubblica, Corriere della Sera, La Stampa, Il Sole 24 Ore, Ansa)

Italia (in mare al largo della Calabria), 17 agosto 2015

Un morto su un barcone carico di migranti partito dalla Libia e diretto in Italia. Il battello, un vecchio peschereccio in legno, viene intercettato al largo della Calabria dopo l’Sos raccolto dal Coordinamento soccorsi di Roma della Guardia Costiera. Sul posto intervengono due motovedette partite da Roccella Ionica e da Crotone, un pattugliatore della Marina croata e un mercantile che incrociava nella zona: un intervento in forze perché il soccorso si prospetta difficile a causa delle cattive condizioni del mare e il barcone è in gravi difficoltà. I soccorritori trovano a bordo circa 350 migranti molto provati e il cadavere di una ragazza di 21 anni, morta poche ore prima, durate la traversata, probabilmente per una crisi glicemica. Sia i profughi che la salma vengono trasferiti a Reggio Calabria.

(Fonte: La Stampa, la Repubblica).

Grecia (mare Egeo, isola di Lesbo), 17 agosto 2015

Due migranti morti e cinque dispersi nel mare Egeo, al largo dell’isola di Lesbo. La notizia è astata riferita dalla polizia portuale greca, intervenuta per i soccorsi. Molto scarsi i particolari: si sa soltanto che i sette erano a bordo di una imbarcazione di fortuna, forse un gommone, con altre persone. Erano partiti dalla costa turca per tentare di raggiungere Lesbo, seguendo una delle rotte più battute dai profughi in fuga attraverso la rotta del Mediterraneo Orientale. A breve distanza dall’isola il battello si è rovesciato per cause imprecisate, incluso, probabilmente, il sovraccarico. Quando la guardia costiera è giunta sul posto ha recuperato due cadaveri e alcuni superstiti hanno precisato che mancavano altre cinque persone.

(Fonte: Liberation del 25 agosto)

Turchia-Grecia (Egeo tra Bodrum e Kos), 18 agosto 2015

I corpi senza vita di cinque migranti, presumibilmente siriani, vengono trovati da una guardacoste turco al largo di Bodrum. Secondo la guardia costiera erano partiti con un piccolo battello dalla costa anatolica per tentare di raggiungere la vicina isola di Kos e poi proseguire per il continente e l’Europa del nord attraverso i Balcani Durante la traversata la barca si è inabissata per ragioni rimasta sconosciute. Le salme sono state avvistate e recuperate, in acque di pertinenza turca, da un battello della polizia nelle prime ore del mattino, il che fa pensare che la tragedia deve essersi verificata durante la notte. La Guardia Costiera turca non ha voluto fornire particolari sull’episodio, incluse l’identità e la nazionalità delle vittime.

(Fonti: Associated Press Greek Reporter e Anadolu Agency) 

Italia (Canale di Sicilia), 25 agosto 2015

Un ragazzino eritreo di 15 anni muore a bordo della nave Dignity di Medici senza Frotniere, sulla quale era stato trasferito dopo essere stato soccorso da una unità della Marna italiana insieme ad altri 300 profughi. La morte è dovuta a debilitazione, c ausa diretta dei maltrattamenti, delle percosse, del duro lavoro a cui è stato costretto, dai trafficanti che lo tenevano prigioniero in Libia prima che riuscisse a salire sul barcone che avrebbe dovuto portarlo in Italia.  “Il ragazzo – si legge nel rapporto di Msf – viaggiava da solo e quando è Arrivato a bordo era in condizioni critiche, con difficoltà di movimento. Le persone che viaggiavano con lui hanno riferito che era stato ripetutamente e brutalmente picchiato in Libia, tre settimane prima. Da quel momento la sua salute era peggiorata e senza nessun tipo di cure è stato costretto a continuare un pesante lavoro fisico, spesso senza cibo né acqua”. “Non è un caso isolato – afferma Save the Children – Dalle testimonianze che raccogliamo ogni giorno nei porti dove sbarcano i migranti, da parte dei minori spesso non accompagnati abbiamo purtroppo la conferma di abusi e maltrattamenti di ogni tipo subiti in Libia prima della partenza”.

La salma è stata trasferiti dalla nave Dignity ad Augusta. La procura ha disposto un’indagine.

(Fonti: La Repubblica, Il Sole 24 ore, La Stampa, Corriere della Sera, Tg-3).

Libia-Italia (Canale di Sicilia), 26 agosto 2015.

I cadaveri di 52 migranti vengono trovati dai soccorritori della nave svedese Poseidon al largo delle coste libiche su un barcone alla deriva, con oltre 400 persone a bordo. E’ una tragedia identica a quella di Ferragosto, con 49 vittime. Il natante, un vecchio peschereccio in legno di colore blu, partito dalla Libia, era diretto verso l’Italia. Dopo poche ore di navigazione si è trovato in difficoltà ed ha lanciato un Sos intercettato dalla Guardia Costiera italiana, che ha dirottato sul posto la Poseidon la quale, peraltro, aveva appena terminato un’altra operazione di soccorso, recuperando su un gommone circa 130 migranti su un gommone in procinto di affondare. Durante le operazioni di trasbordo, la scoperta dei 52 cadaveri, su indicazione di alcuni dei superstiti. Le vittime, in maggioranza migranti dell’Africa sub sahariana, erano stati ammassati sotto coperta in uno spazio di 6 metri per 4 alto appena un metro e 20 centimetri. Uno spazio insufficiente per tante decine di uomini. Quando si sono resi conto che potevano morire, hanno cercato di uscire ma, secondo il racconto di alcuni superstiti, gli scafisti hanno impedito di salire in coperta, bloccando il boccaporto e colpendo duramente chi si avvicinava all’uscita, un’apertura di meno di un metro quadrato. La morte è dovuta quasi certamente a soffocamento ed asfissia per le esalazioni del motore. Le salme sono state portate a Palermo, insieme ai superstiti. La Procura palermitana ha aperto un’inchiesta, arrestando dieci presunti scafisti.

(Fonte: Il Messaggero, La Stampa, Corriere della Sera, Il Sole 24 ore, Il Tirreno, Il Fatto Quotidiano, Rai News).

Italia (Canale di Sicilia), 26 agosto 2015.

Una giovane donna presa a bordo della nave svedese Poseidon muore durante la navigazione verso Palermo. Era sul gommone con circa 130 migranti soccorso poco prima che scattasse l’allarme per il barcone sul quale sono stati poi trovati i cadaveri di 51 profughi rinchiusi nella stiva. I corpi sbarcati a Palermo dalla Poseidon sono così complessivamente 53. Anche sulla morte di questa donna la Procura palermitana ha aperto un’inchiesta.

(Fonte: Il Messaggero, Corriere della Sera)

Italia (Canale di Sicilia), 26 agosto 2015.

Il pattugliatore croato Andrija Mohorovicic sbarca a Catania, insieme a 218 profughi tratti in salvo in varie operazioni di soccorso, anche il cadavere di un ventenne sudanese, morto durante la traversata pe runa crisi diabetica. La salva viene trasferita all’obitorio dell’ospedale Garibaldi su disposizione della Preocura etnea. Il giovane era a bordo di uno dei gommoni soccorsi nel Canale di Sicilia: era già morente quando sono arrivati i soccorsi della nave croata.

(Fonte: Corriere della Sera).

Italia (Canale di Sicilia), 26/28 agosto 2015

La motonave Fiorillo, della Guardia Costiera, sbarca a Reggio Calabria i cadaveri di un uomo e tre donne. Il primo era su un gommone con 113 profughi a bordo soccorso il giorno 26 nel Canale di Sicilia dalla stessa Fiorillo. Si tratta di un giovane sudanese, trovato già morto, probabilmente per crisi cardiaca, quando il gommone è stato raggiunto dalla motonave. Le tre donne, di cui una incinta, erano invece su un altro gommone, con 120 migranti a bordo, raggiunto al largo della Libia, sempre il giorno 26, da due motovedette della Guardia Costiera, la Cp324 e la Cp 319, partite da Lampedusa. Tutte e tre le donne presentavano gravi ustioni dovute probabilmente a contatto con idrocarburi. La morte potrebbe essere stata causata dalle esalazioni del motore e proprio anche da quelle ustioni. La Procura reggina ha aperto un fascicolo d’inchiesta sulla morte sia del sudanese che delle tre donne. Il 4 settembre sono stati arrestati due giovani ghanesi, accusati di essere gli “scafisti”.

(Fonte: Corriere della Sera, Il Messaggero, Il Sole 24 ore) 

Austria (Parndorf), 27 agosto 2015.

Settantuno cadaveri di profughi vengono trovati su un Tir frigorifero abbandonato lungo l’autostrada nei pressi di Parndorf, una piccola città vicina al confine con l’Ungheria e la Slovacchia. Tra le vittime, anche 4 bambini e 8 donne. Una delle bambine non aveva più di due anni, gli altri piccoli erano di età compresa tra gli otto e i dieci anni Si tratta quasi certamente, in maggioranza, di siriani e afghani, morti probabilmente per soffocamento, mentre tentavano di raggiungere la Germania. Tutto lascia credere che i camionisti, che li avevano presi a bordo in Ungheria, abbiano abbandonato il Tir, dandosi alla fuga, quando si sono accorti della strage. Il giorno dopo (28 agosto) per questo massacro la polizia ungherese annuncia l’arresto di cinque persone. Secondo gli inquirenti sono il proprietario del camion, i due conducenti e altri complici: quattro bulgari e un afghano.

(Fonti: Repubblica, Il Sole 24 ore, La Stampa, Corriere della Sera, Il Messaggero, Il Fatto Quotidiano  

Spagna (Motril), 27 agosto 2015

Intercettati e recuperati in mare, al largo delle coste andaluse, circa 30 miglia di fronte al porto di Motril (Granada) i corpi di due giovani: secondo la polizia si tratta di profughi che, partiti dal litorale del Marocco con una piccola barca, hanno fatto naufragio durante la traversata. Ignote le circostanze della tragedia provenienti e nessuna notizia sul numero di persone che erano a bordo del natante. Il bilancio delle vittime potrebbe essere dunque molto più pesante.

(Fonte: El Mundo attraverso Fortress Europe). 

Libia (Zuwara), 28 agosto 2015.

Circa 200 morti e quasi certamente un centinaio di dispersi, per un totale presumibile di 300 vittime, in un duplice naufragio meno di un miglio al largo di Zuwara, il piccolo porto libico vicino al confine tunisino diventato uno dei principali punti d’imbarco dei profughi in fuga verso l’Italia. Ne hanno dato notizia le autorità libiche, specificando che la Guardia Costiera di Tripoli ha tratto in salvo 201 persone. Nessuna segnalazione, vista la distanza, è pervenuta invece al centro di coordinamento dei soccorsi della Guardia Costiera italiana a Roma.

La prima sciagura è avvenuta meno di un’ora dopo la partenza: un vecchio barcone si è rovesciato, probabilmente per il sovraccarico, le pessime condizioni dello scafo e del motore e l’imperizia degli scafisti che lo governavano. A bordo c’erano, sempre secondo la Marina libica, circa 400 persone. Tra 40 e 50, chiusi sottocoperta, sono rimasti imprigionati nella stiva, dove sono stati trovati quando il natante si è arenato. L’equipaggio della motovedetta giunta sul posto per i soccorsi ha riferito che in mare galleggiavano circa 160 cadaveri: tra giovedì 28 prima di notte e i giorni successivi ne sono stati recuperati oltre cento.

Il secondo naufragio riguarda un gommone con circa 100 profughi a bordo. La sciagura – secondo il Guardian, la Bbc e fonti di Medici senza Frontiere – dovrebbe essere avvenuto nella stessa zona del primo. Forse parte di quei 160 cadaveri avvistati dalla Guardia Costiera libica provenivano anche da questo natante. Se le indicazioni dei superstiti sono esatte, sui due battelli sarebbero saliti dunque complessivamente quasi 500 migranti. Tenendo conto dei 201 tratti in salvo dalla Marina libica e dei 200 morti accertati (quelli rimasti imprigionati nella stiva e i cadaveri avvistati a breve distanza dalla riva o spiaggiati), dunque, ci sarebbero anche circa 100 dispersi: ovvero, le vittime potrebbero essere in tutto quasi 300. Il Guardian di Londra riferisce esplicitamente questa cifra, precisando che le persone messe in salvo sono 198 e i cadaveri recuperati 110.

Le autorità libiche hanno comunicato che dei 201 tratti in salvo, 147 sono stati condotti nel centro di detenzione di Sabratha. La maggioranza dei profughi – secondo le forze di sicurezza libiche – proveniva da Pakistan, Siria, Marocco e Bangladesh. Non è escluso tuttavia che quelli rimasti imprigionati nella stiva siano originari dell’Africa sub sahariana, i più poveri, che pagano un po’ di meno il “ticket” per la traversata e ai quali viene assegnato il posto peggiore e più pericoloso sottocoperta.

(Fonti: Il Guardian, Ansa, Il Secolo XIX, Agenzia Agi, Il Sole 24 ore, Repubblica, Corriere della Sera, La Stampa).

Italia (Messina), 29 agosto 2015.

La nave Diciotti, della Guardia Costiera, sbarca i cadaveri di due donne al molo Marconi del porto di Messina. Le due vittime facevano parte del gruppo di 563 migranti soccorsi nel Canale di Sicilia su due barconi: secndo notizie di staampa, potrebbero essere morte soffocate nella stiva del battello su cui stavano tentando la traversata verso l’Italia. La Procura di Messina ha aperto un’inchiesta e disposto un’autopsia come primo atto.

(Fonte: La Repubblica).

Grecia (isola di Simi), 29 agosto 2015.

Un ragazzo di 17 anni resta ucciso in una sparatoria su un battello che trasportava decine di migranti. Il battello, uno yacht di 25 metri, era partito dalle coste della Turchia, facendo rotta verso l’isola di Simi. A bordo, riferiscono le autorità greche, c’erano circa 70 profughi. Alla vista di una motovedetta, l’equipaggio turco avrebbe cercato di sottrarsi ai controlli. A questo punto non è chiara la ricostruzione dei fatti. La Guardia Costiera greca parla di “conflitto a fuoco”, ma non si è stato specificat,o come lo scontro sia iniziato: se cioè a far fuoco per prima, come intimidazione, sia stata la motovedetta per bloccare la fuga o se i primi colpi siano partiti dallo Yacht e la Guardia Costiera abbia risposto al fuoco. Sicuramente sono stati sparati numerosi colpi: oltre al ragazzo morto, sarebbero rimasti feriti un marinaio greco e un trafficante. Non è chiaro nemmeno dove si trovasse esattamente il diciassettenne a bordo del battello dei profughi quando è stato raggiunto dal proiettile che lo ha ucciso. Lo yacht è stato poi bloccato e rimorchiato a Simi, dove l’intero equipaggio turco è stato arrestato.

(Fonte: Corriere della Sera, Repubblica).

Libia (Khoms), 30 agosto 2015

Trentasette morti e un numero imprecisato di dispersi, verosimilmente diverse decine, in un naufragio al largo della Libia, davanti alla costa di Khoms, una città a circa cento chilometri a est di Tripoli. A dare notizia della tragedia è stato Mohamad al Misrati, uno dei portavoce della Mezzaluna Rossa libica. Ignote le circostanze della sciagura: l’allarme è scattato quando sette corpi sono affiorati tra la spiaggia e una scogliera artificiale, dove sono stati trascinati dalla corrente. Nelle ore successive sono stati individuati in mare, più al largo, altri 30 corpi in mare. Tutto lascia credere che la strage si sia consumata in pochi minuti ma a breve distanza dalla riva, come i due naufragi del giorno 28: non si spiegherebbe altrimenti che parte delle salme siano state spinte sino a riva dalle onde. Il bilancio è sicuramente molto più grave di sette vittime. La stessa Mezzaluna Rossa, che sta conducendo le ricerche, parla di “almeno 37 morti”, lasciando intendere che vanno considerati anche decine di dispersi. Tenendo conto di come persino i gommoni o i battelli più piccoli vengono sovraccaricati dai trafficanti, potrebbe non essere azzardato ipotizzare che ci siano complessivamente un centinaio di vittime.

(Fonte: La Repubblica, La Stampa, Tg-2 ore 20,30)

Spagna-Marocco (Ceuta), 31 agosto 2015

Un profugo subsahariano è annegato nel naufragio della piccola imbarcazione con cui stava cercando di raggiungere il territorio spagnolo insieme a 12 compagni, che sono riusciti a salvarsi. Si tratta di un giovane non identificato, sui 20/25 anni. Lui e gli altri forse più che Ceuta volevano tentare di raggiungere direttamente la penisola iberica. Così pensano i soccorritori a giudicare dalla barca su cui viaggiavano: un battello di vetroresina non grande ma robusto e dotato di un buon motore fuoribordo, registrato presso la l’ufficio marittimo di Ceuta e che non risulta rubato. L’ipotesi più accreditata è che abbiano perso la rotta a causa della fitta nebbia che, a quell’ora, le 11,30 circa, avvolgeva tutto quel tratto di mare, finendo così sulla scogliera di Santa Catalina, uno dei tratti più pericolosi della baia nord di Ceuta, a causa delle forti correnti. Cinque dei tredici profughi che erano a bordo sono riusciti a issarsi su uno scoglio, dove sono stati soccorsi e tratti in salvo da un pescatore marocchino. Altri sette sono riusciti a raggiungere la terraferma, dove sono stati presi in carico dalla Croce Rossa. La stessa Croce Rossa ha dato l’allarme e fatto scattare le ricerche per il tredicesimo giovane, di cui si erano perse le tracce. Il suo corpo senza vita è stato trovato incastrato tra le rocce, semisommerso.

(Fonte: El Pais).

Italia (Canale di Sicilia), 01 settembre 2015

I cadaveri di quattro donne vengono trovati dai marinai del pattugliatore d’altura Cigala Fulgosi su un gommone a circa 50 miglia dalla Libia, nel Canale di Sicilia. A bordo, oltre alle vittime, c’erano 112 migranti: 83 uomini e 18 donne (di cui due in stato di gravidanza) e 11 ragazzi minorenni. La maggior parte sono originari dell’Africa sub sahariana, così come le quattro donne trovate morte. Le vittime, tutte giovani, erano state collocate in fondo al gommone. Stando ai primi esami medici la morte risale a qualche ora prima dell’arrivo dei soccorsi. Il battello era partito da una località imprecisata della costa libica la sera prima.

(Fonte: Repubblica, Corriere della Sera, La Stampa)

Grecia-Turchia (stretto tra Kos e Bodrum), 02 settembre 2015

Sedici tra morti e dispersi – di cui 5 bambini e ragazzini minorenni – hanno perso la vita in due distinti naufragi, nello stretto braccio di mare tra la penisola turca di Bodrum e l’isola greca di Kos. La duplice tragedia è avvenuta in piena notte, mentre i migranti, tutti siriani, cercavano di raggiungere la Grecia dalla Turchia a bordo di due piccoli gommoni. La rotta non è lunga, non più di 5 miglia, ed è molto battuta, ma nessuno si è accorto di nulla. L’allarme è scattato solo alle prime luci del mattino, quando su una spiaggia vicino a Bodrum, spinti dalle onde e dalla corrente, sono arrivati i cadaveri di due bambini: uno di appena due anni, l’altro, il fratellino, di 5. La Guardia Costiera turca ha organizzato le ricerche, riuscendo a trarre in salvo quattro naufraghi mentre altri due sono riusciti a raggiungere a nuoto la terraferma. Si è potuto così appurare che il primo battello pneumatico aveva a bordo 16 persone: 7 sono annegate, 5 disperse e 4 sono state salvate. Sul secondo, partito poco dopo, erano almeno in sei: una donna e tre bambini sono morti mentre altri due profughi (tra cui il marito della donna e padre di due dei bambini) si sono salvati. Sono state proprio le testimonianze dei superstiti a segnalare che le vittime sono almeno 16, sempre che non ci siano dispersi anche nel secondo battello: forse uno se, come riferiscono alcune fonti, a bordo c’erano 7 e non 6 migranti.

Nel corso della stessa nottata dei due naufragi i guardacoste turchi hanno bloccato oltre 100 profughi siriani che tentavano di raggiungere le isole greche su piccoli battelli pneumatici, simili a quelli affondati.

(Fonte: Corriere della Sera, La Stampa, Repubblica, El Pais, Le Monde, Guardian)

Italia-Libia (Canale di Sicilia e Cagliari), 03 settembre 2015

Sei cadaveri (quattro donne e due uomini) vengono sbarcati a Cagliari dalla nave norvegese Siem Pilot, giunta al molo Rinascita con 781 profughi soccorsi in varie operazioni condotte nei giorni precedenti dalla Marina Militare e dalla Guardia Costiera nel Canale di Sicilia, al largo della Libia. Le donne sono quelle trovate il primo settembre dal pattugliatore Cigala Fulgosi a bordo di un gommone con 112 migranti. Gli altri due cadaveri sono stati recuperati su altri gommoni.

(Fonte: Ansa Sardegna, La Nuova Sardegna, Corriere della Sera, Repubblica)

Spagna-Marocco (Ceuta), 06 settembre 2015

La Guardia Civil recupera al largo di Ceuta il cadavere di un giovane migrante tenuto a galla da un giubbotto di salvataggio pneumatico. A far scattare le ricerche è la segnalazione di un veliero in navigazione nello stretto di Gibilterra, che comunica di aver visto due giovani in mare a circa sei miglia da punta Almina. Quando i soccorritori arrivano sul posto trovano soltanto il giovane ormai privo di vita, un profugo subsahariano di circa vent’anni morto per ipotermia a causa della lunga permanenza in acqua. Due unità del servizio di salvamento marittimo continuano le ricerche fino a notte, senza trovare traccia dell’altro naufrago. Secondo la polizia questo secondo giovane sarebbe riuscito a raggiungere la costa, nascondendosi in qualche rifugio rimasto sconosciuto. Non è chiaro se i due abbiano tentato di arrivare a Ceuta con un battello poi affondato durante la traversata oppure a nuoto, come sembra più probabile, non essendo stata trovata alcuna traccia di un naufragio o resti alla deriva.

(Fonti: El Diario, No Borders Morocco)

Italia-Libia (Lampedusa), 06 settembre 2015

Venti dispersi, nel canale di Sicilia, per il naufragio di un gommone con a bordo quasi 130 profughi. Il natante era partito dalla Libia diretto verso Lampedusa. A oltre 30 miglia dalla costa, con il mare forza 4, ha cominciato a sgonfiarsi e almeno una ventina di persone sono cadute in acqua. I primi soccorsi sono arrivati dalla nave Dattilo, della Marina Militare italiana, che ha recuperato i 107 migranti che erano ancora a bordo, trasferendoli poco dopo su due unità della Capitaneria di Porto. Poi sono iniziate le ricerche dei dispersi, che si sono protratte fino  a sera, ma nessun corpo è emerso dal mare. I superstiti sono stati sbarcati a Lampedusa e affidati agli operatori del progetto “Mediterranean Hope”, della Federazione delle Chiese Evangeliche, che ne hanno raccolto le testimonianze per ricostruire la tragedia.

(Fonte: Repubblica, Corriere della Sera).

Grecia (Mar Egeo, isola di Samo), 12 settembre 2015.

Cinque dispersi nel naufragio di una barca di migranti tra la Turchia e l’isola di Samo. Al momento dell’incidente, il battello, partito dalle coste turche con a bordo 29 profughi, presumibilmente in gran parte siriani, è avvenuto nelle acque territoriali greche. I soccorsi, organizzati dalla Guardia Costiera greca, hanno consentito di salvare 25 naufraghi. Degli altri cinque non si è trovata traccia: quattro – secondo le testimonianze dei superstiti – erano minorenni. Le ricerche sono proseguite fino a sera e riprese il giorno dopo, domenica, quando è scattato un novo allarme per un naufragio di fronte all’isola di Farmakonisi.

(Fonte: El Pais, Associated Press Greek Reporter).

Grecia (Mar Egeo, isola di Farmakonisi), 13 settembre 2015

Almeno 34 migranti morti nel naufragio di un barcone nell’Egeo, a breve distanza dall’isola greca di Farmakonisi. Quasi la metà delle vittime accertate erano bimbi: 4 neonati, 6 bambini e 5 bambine. Secondo quanto riporta l’agenzia di stampa Ana di Atene, il battello, salpato dalla Turchia, aveva a bordo oltre 130 profughi. Quando era ormai nelle vicinanze di Farmakonisi, distante una quindicina di chilometri dalle coste turche, si è ribaltato ed è affondato rapidamente, per cause imprecisate. Ventinove naufraghi sono riusciti a raggiungere l’isola a nuoto, altri 68 sono stati individuati e tratti in salvo dalla Guardia Costiera greca ma 34 hanno perso la vita. I più deboli: bambini e donne. Otto salme sono state ritrovate nella stiva del barcone, altri 26 corpi recuperati ormai esanimi tra le onde. Senza esito le ricerche per trovare eventuali altri naufraghi dispersi.

Fonti: La Repubblica, Corriere della Sera, La Stampa).

Turchia-Grecia (Dacta), 15 settembre 2015

Almeno 26 migranti morti nel naufragio di un barcone nell’Egeo, tra la Turchia e la Grecia. Tra le vittime risultano anche 4 bambini e 11 donne. Inizialmente si parlava di una ventina di morti, poi saliti a 24 e infine (Il Tempo), secondo le ultime indicazioni, di 26. La barca, un grosso natante in legno del tipo usato nella zona (sia in Turchia che in Grecia) per escursioni turistiche lungo la costa e nelle isole dell’Egeo, era partita durante la notte dal porto turco di Dacta, nella provincia sud occidentale. A bordo c’erano quasi 240 persone. Poco dopo l’alba, probabilmente a causa delle cattive condizioni del mare, si è rovesciata ed è affondata. Sul posto, al limite delle acque territoriali, sono intervenute cinque unità della Guardia Costiera turca, che hanno tratto in salvo 211 persone e recuperato circa 20 salme. Altri sei corpi sono stati trovati successivamente durante le ricerche di eventuali dispersi.

(Fonte: Tg Com Mediaset, Ansa, Unione Sarda, Il Tempo).

Libia (Tripoli), 18 settembre 2015

Sette migranti morti e quattro dispersi, per un totale di 11 vittime, su un gommone semi affondato a 22 miglia nautiche a nord est di Tripoli. Il natante era partito durante la notte dalle coste libiche con 113 persone a bordo. Durate la navigazione verso l’Italia ha cominciato a sgonfiarsi fino a diventare ingovernabile e a cominciare ad affondare. Sarebbe stata un’altra strage con otre cento vittime se non fosse stato individuato da una petroliera. “Ci trovavamo a 22 miglia da Tripoli quando, intorno alle 9, abbiamo avvistato un gruppo di persone in mare – ha raccontato un ufficiale della petroliera – Erano vicino a un gommone che si era sgonfiato e su cui erano adagiati 7 cadaveri, tra cui quello di un bambino piccolo”. L’equipaggio della nave ha tratto in salvo 102 persone: i superstiti hanno segnalato che 4 donne, alcune delle quali in stato di gravidanza, erano disperse. Senza esito le ricerche condotte dalla stessa petroliera e dalla Guardia Costiera libica. I superstiti sono sttai condotti a Tripoli.

(Fonte: Rai News)  

Turchia (Cesme), 18 settembre 2015

Una bambina siriana di 4 anni muore in un naufragio al largo della Turchia. La piccola – Hanan Al Jarwan – era con i familiari ed altri profughi siriani (in tutto 15 persone, inclusa la bimba) a bordo di un barcone di fortuna partito dalla costa di Cesme, nella provincia occidentale turca di Smirne. Diretto certamente verso una delle isole greche dell’Egeo, il natante è affondato a causa delle cattive condizioni del mare. La Guardia Costiera turca ha tratto in salvo 14 naufraghi, tra cui quattro bambini. Inizialmente, della piccola Hanan non è stata trovata traccia. Il suo corpicino senza vita è stato poi spinto dalla corrente sulla spiaggia di Altinkoy, nel distretto di Cesme.

(Fonte: Corriere Quotidiano, Il Tempo, La Sicilia, Today).

Turchia-Grecia (Mar Egeo), 19 settembre 2015

Quattordici tra morti e dispersi nel naufragio di un barcone avvenuto tra la Turchia e l’isola greca di Lesbo, nell’Egeo. Tra le vittime, anche una bambina di 5 anni, trovata ancora in vita dai soccorritori ma morta poco dopo all’ospedale di Lesbo.

La tragedia è avvenuta quando la costa greca era già in vista. Secondo le testimonianze dei superstiti, sul natante, partito dalla costa turca, c’erano complessivamente 26 persone, quasi tutte siriane. La Guardia Costiera ha recuperato 13 naufraghi, tra i quali la bimba, ormai priva di conoscenza anche se respirava ancora debolmente. Le ricerche sono state protratte sino al tramonto. Nessuna traccia degli altri 13 migranti.

(Fonte: Ansa, Repubblica, Il Secolo XIX).

Turchia-Grecia (Canakkale-Lesbo), 19/20 settembre 2015

Ventisei vittime – 13 morti (tra cui quattro bambini) e 13 dispersi – nella collisione tra un barcone carico di migranti e un traghetto di linea. La tragedia è avvenuta lungo la rotta che va dalla città portuale turca di Canakkale, nella zona ovest, all’isola greca di Lesbo. La notizia è stata resa nota da un portavoce della Guardia Costiera turca, intervenuta sul posto per i soccorsi. Non sono chiare le circostanze precise del naufragio. Forse il ferry si è avvicinato per prestare soccorso al barcone che, partito da Canakkale, si dirigeva verso Lesbo ma era in gravi difficoltà per il mare grosso. E’ probabile che durante questa operazione, particolarmente difficile a causa delle condizioni meteomarine, le onde e il vento abbiano sospinto violentemente la barca contro la fiancata della nave e il forte urto può aver provocato l’affondamento. A bordo, secondo l’agenzia turca Dogan che ha riportato le testimonianze di alcuni superstiti, c’erano 46 persone. Venti sono state tratte in salvo e tredici sono state recuperate ormai senza vita. Ci dovrebbero essere, dunque, 13 dispersi di cui si è persa ogni traccia. Il totale delle vittime sale così a 26.

(Fonte: Ansa, Il Secolo XIX, Il Tempo)

Turchia (Gumusluk-Bodrum), 27 settembre 2015

Diciassette migranti morti in un naufragio al largo do Bodrum. Le vittime erano a bordo di un barcone salpato dal porto turco di Gumusluk, diretto verosimilmente verso l’isola greca di Kos, seguendo una delle rotte più battute dai rifugiati che dalla Turchia cercano di arrivare in Grecia, per poi proseguire verso l’Europa centrale o la Scandinavia. Secondo quanto riferisce l’agenzia ufficiale turca Anadolu, al momento della partenza c’erano a bordo 37 persone. La tragedia è avvenuta al largo del porto di Bodrum, nella Turchia sud-occidentale, a poche miglia da Kos. Non sono chiare le cause: probabilmente il mare grosso e il forte vento. La Guardia Costiera è riuscita a trarre in salvo 20 naufraghi. Nessuna speranza per gli altri.

(Fonte: Repubblica, Rai News, Il Messaggero, Ansa, Giornale di Sicilia)

Grecia (Lesbo), 30 settembre 2015

Due morti e 11 dispersi nel naufragio di un gommone di otto metri carico di profughi al largo dell’isola greca di Lesbo. Le salme recuperate sono quelle di un bambino di 4 anni e di una donna di 35. Il natante, partito dalla costa turca nonostante il mare in tempesta, si è rovesciato a causa delle onde e delle forti raffiche di vento, che in quel momento soffiava a più di forza 6. A bordo, secondo alcuni superstiti, c’erano alla partenza 47 persone. I naufraghi sono stati avvistati da un traghetto in navigazione lungo la tratta tra la città turca di Aivali e Lesbo, che ha lanciato l’allarme alla guardia costiera. Per le operazioni di soccorso sono intervenute sul posto numerose unità. Poco dopo è stata individuata e soccorsa, nella stessa zona, un’altra barca di migranti in gravi difficoltà: tratti tutti salvi i 40 migranti che erano a bordo. Sia questi che i superstiti del gommone naufragato sono stati trasferiti dalla Guardia Costiera greca a Mitilene, capoluogo dell’isola di Lesbo.

(Fonte: La Repubblica).

Libia (Tripoli e Sabratha), 4 ottobre 2015

I corpi senza vita di 95 migranti, quasi tutti subsahariani, vengono trovati in due punti della costa libica: 85 presso Tripoli e 10 a Sabratha, uno dei principali punti d’imbarco dei gommoni diretti verso l’Italia. La notizia viene comunicata dalla Mezzaluna Rossa e ripresa da alcuni media: in Italia dall’Ansa e da Rai News. Si tratta, evidentemente, delle vittime di un’altra tragedia dell’emigrazione forzata dall’Africa. Le cause e le circostanze precise non sono note. Anzi non si è saputo nulla della strage fino a quando le salme non sono state spinte dalle correnti e dalle onde verso la costa. Data la distanza tra Tripoli e Sabratha, circa 70 chilometri, è verosimile che si siano verificati non uno ma due naufragi. Probabilmente due gommoni andati a picco mentre si trovavano ancora nelle acque territoriali libiche, poco dopo essere partiti uno da Tripoli e l’altro da Sabratha. Non si spiegherebbe altrimenti come mai parte dei cadaveri si siano spiaggiati a Tripoli e gli altri a Sabratha, molto più a ovest, senza altre “tracce” negli oltre 70 chilometri di costa intermedi. I media italiani ed europei non hanno approfondito la notizia. Ma se questa ricostruzione è esatta e tenendo conto che su ogni gommone i trafficanti caricano in media un centinaio di persone, le vittime, tra morti accertati e dispersi, sono probabilmente molte di più. Verosimilmente il doppio: circa 200.

La notizia viene rilanciata il 6 ottobre dall’Oim (che parla di almeno 100 morti) e poi ripresa con grande evidenza (ma due giorni di ritardo rispetto al dispaccio Ansa da Bengasi) da diverse grandi testate giornalistiche italiane.

(Fonte: Ansa, Rai News, Repubblica).

Grecia (isola di Kos), 5 ottobre 2015

Quattro corpi senza vita vengono trovati spiaggiati sull’isola di Kos a breve distanza l’uno dall’altro. Si tratta di due adulti, un uomo e una donna, e di due bambini piccoli: uno aveva presumibilmente meno di un anno e l’altro fra tre e cinque anni. Le condizioni delle salme inducono a ritenere che fossero in acqua da tempo, prima di finire sull’arenile di un albergo, nella parte orientale dell’isola.

Secondo le autorità greche, i quattro erano a bordo di uno dei gommoni che ogni giorno tentano di raggiungere Kos dalla vicina Turchia: solo nell’ultimo week end la Guardia Costiera greca ha condotto nell’Egeo 57 operazioni di soccorso, salvando 1.743 migranti. Non sono note le circostanze della tragedia. Forse qualche elemento in più potrebbe emergere dall’autopsia e dall’esame del Dna, disposto dalla magistratura greca, per stabilire se non altro la data presumibile della morte. Nei giorni successivi non sno state diffuse ulteriori notizie.

(Fonte: Il Fatto Quotidiano, Avvenire, La Stampa, Ansa, Corriere della Sera).

Spagna-Marocco (Ceuta), 9 ottobre 2015

Due migranti morti e altri venti feriti nel naufragio di una barca che dalle coste marocchine cercava di raggiungere le spiagge dell’enclave spagnola di Ceuta. Secondo la ricostruzione fatta da Caminando Fronteras, una Ong che opera in Marocco, ci sarebbero precise, pesanti responsabilità della Marina Reale marocchina. La barca, hanno riferito esponenti della Ong a giornalisti di Cadena Ser, si stava avvicinando alle acque territoriali di Ceuta quando è stata intercettata e violentemente speronata da una unità della Marina. In seguito al colpo si è rovesciata e due giovani, uno guineano di nome Giorgio e un camerunense chiamato Olivier, sono annegati. Gli altri sono stati tratti a boro della nave marocchina e sarebbero poi stati duramente pestati dalla polizia, prima di essere trasferiti in un centro di detenzione dal commissariato di Castillejos, il porto da cui presumibilmente erano partiti nel tentativo di raggiungere il territorio spagnolo.

A denunciare la morte di due loro compagni a Caminando Fronteras sono stati telefonicamente alcuni dei superstiti dopo essere stati trasferiti. Il Consiglio nazionale dei Diritti Umani ha chiesto di liberare i detenuti sia pe rmotivi umanitari che, in particolare, come testimoni della morte di due loro compagni e in generale della violenza subita.

(Fonte: Cadena Ser, Ceutaactualidad, Agenzia El Dia, No Borders Morocco) 

Egitto (Baltim), 10 ottobre 2015

Almeno dieci morti e venti superstiti nel naufragio di un barcone carico di migranti avvenuto di fronte alle coste egiziane, non lontano dal porto di Baltim, nella provincia di Kafr al Sheij, a nord est del Cairo. Secondo il quotidiano Al Ahram, che ha dato la notizia, poi ripresa dai maggiori media italiani, il natante era diretto in Italia, con a bordo un numero imprecisato di rifugiati, in massima parte siriani. “Le ricerche continuano per trovare altri sopravvissuti o cadaveri”, riferisce il giornale. Alcuni dei sopravvissuti, appena giunti a riva, sono fuggiti per sottrarsi all’arresto a cui sono inesorabilmente sottoposti tutti gli stranieri che entrano in Egitto senza documenti o comunque in modo irregolare: secondo i dati forniti dalla polizia di frontiera, tra l’ottobre 2014 e l’aprile 2015 si contano 6.004 fermi.

C’è da credere che le vittime siamo molte più delle dieci calcolate in base al numero di cadaveri recuperati in mare. Baltim, nel delta nel Nilo, è uno dei principali porti d’imbarco per la rotta dei migranti che dall’Egitto puntano verso l’Italia. Una rotta lunga e difficile che implica l’uso di grossi barconi i quali, prima della partenza, per non essere intercettati dalla polizia, sostano al limite delle acque territoriali: i profughi vengono trasferiti a bordo dalla spiaggia con imbarcazioni minori, una serie di viaggi che dura fino a che il “carico” non è completo. In genere il nulla osta alla partenza viene dato dalle organizzazioni di  trafficanti quando sul barcone ci sono non meno di 300/400 persone. Tutti gli ultimi arrivi dall’Egitto hanno seguito questa trafila. Tenendo conto delle dieci salme recuperate e dei 20 superstiti, dunque, ci dovrebbero essere centinaia di dispersi. Presumibilmente circa 300

Spagna-Marocco (Melilla), 13 ottobre 2015

Il corpo di un giovane magrebino viene recuperato da una squadra di sommozzatori della Guardia Civil spagnola nelle acque di una baia isolata a Melilla. A far scattare le ricerche è stata la segnalazione di alcuni sub. Negli abiti del morto la polizia non trova documenti: si riesce a stabilire solo che doveva avere tra i 30 e i 40 anni, ma la Guardia Civil ritiene che fosse un profugo proveniente da un paese del Maghreb, perché la baia in cui è stato trovato è il punto di riferimento abituale dei migranti che cercano di entrare clandestinamente nel porto commerciale di Melilla per imbarcarsi di nascosti su una delle navi che salpano quotidianamente per Malaga. E’ probabile che l’uomo sia annegato nel tentativo di raggiungere a nuoto uno dei moli.

(Fonte: Europa Press Ceuta y Melilla, No Borders Morocco)

Grecia (Lesbo), 14 ottobre 2015

Tre dispersi nel ribaltamento di una barca di migranti al largo dell’isola di Lesbo. Una motovedetta della Guardia Costiera greca, giunta sul posto per i soccorsi, ha recuperato 21 naufraghi (poi fatti sbarcare a Lesbo), ma non ha trovato traccia degli altri tre che si trovavano a bordo al momento della partenza e dell’incidente nel corso della navigazione.

La marina greca, impegnata in numerose altre operazioni di salvataggio in quel braccio di mare, non ha fornito particolari sulle cause e le circostanze del naufragio.

(Fonte: Associated Press sulla base di notizie riportate dalla stampa greca). 

Grecia (Lesbo), 15 ottobre 2015

Sette morti – quattro bambini di cui un neonato, due donne e un uomo – nel naufragio di una barca carica di migranti di fronte all’isola greca di Lesbo, nell’Egeo. Sul natante, una piccola imbarcazione in legno, avevano preso posto 39 profughi, a quanto pare quasi tutti siriani: salpati dalla Turchia, volevano raggiungere l’Europa attraverso la Grecia. Stando alle prime ricostruzioni, la sciagura si è verificata a causa di un forte impatto contro una unità della Guardia Costiera greca arrivata per prestare assistenza. In quel tratto di mare imperversava una forte burrasca, ma i profughi avevano deciso di partire ugualmente per timore di restare bloccati in Turchia. Probabilmente sono state proprio le onde, il vento e la corrente a scagliare la piccola barca contro la fiancata della nave militare, causandone l’affondamento. Lo stesso equipaggio della nave ha prestato i primi soccorsi, recuperando 32 naufraghi ma per i più piccoli, nonostante indossassero cinture di salvataggio, e tre adulti non c’è stato nulla da fare.

(Fonte: El Pais)

Bulgaria (Sredets, frontiera con la Turchia), 15 ottobre 2015

Un migrante afghano viene ucciso da un colpo di fucile esploso dalle guardie di frontiera bulgare nei pressi di Sredets, ai confini con la Turchia. Secondo la polizia si sarebbe trattato di un incidente: un proiettile di rimbalzo di una raffica esplosa a scopo intimidatorio. L’uomo – è questa la ricostruzione fornita dal ministero degli interni – faceva parte di un gruppo di 54 migranti afghani, di età compresa tra i 20 e i 30 anni, che cercavano di entrare in Bulgaria per poi proseguire verso la Germania e il Nord Europa. Sorpresi dalla polizia al momento di passare la frontiera, non si sarebbero fermati all’alt, mostrando anzi un atteggiamento molto aggressivo. Da qui la decisione di sparare diversi “colpi in aria”, per indurre l’intero gruppo a fermarsi e a tornare indietro. E uno dei colpi, appunto, avrebbe raggiunto casualmente alla testa uno dei migranti, morto poi poco dopo, mentre veniva trasportato in ospedale. Non è stata resa nota la versione dei compagni della vittima. Le prime ricostruzioni dell’accaduto parlavano di “profughi armati”. Proprio per questo le guardie di frontiera avrebbero aperto il fuoco. Nelle ore successive il ministero ha precisato che in possesso della vittima è stata in effetti trovata una pistola, ma chiusa nello zaino. E’ la prima volta che a una frontiera europea vengono esplosi colpi d’arma da fuoco contro i profughi e i migranti.

(Fonti: Ansa, Repubblica, Il Fatto Quotidiano, La Stampa).

Spagna-Marocco (Ceuta), 16 ottobre 2015

Trovato casualmente in mare, nelle acque di Ceuta, il corpo senza vita di un ragazzo maghrebino. Si tratta con ogni probabilità di un migrante annegato mentre tentava di raggiungere a nuoto il territorio dell’enclave spagnola, aggirando via amare le barriere di confine con il Marocco. Stando all’esame medico era minorenne, dell’età apparente di 16 o 17 anni.

(Fonte: El Diario attraverso Fortress Europe)

Grecia (Kalymnos, mar Egeo), 17 ottobre 2015

Tre bambini e una donna morti e un quarto bambino disperso nel naufragio di un barcone carico di migranti nell’Egeo, di fronte all’isola di Kalymnos. Non è chiaro quanti migranti ci fossero a bordo al momento dell’imbarco e non è stato precisato, di conseguenza, se ci siano anche altri dispersi. La barca era partita dalle coste della Turchia, nei pressi di Bodrum. La Guardia Costiera greca ha tratto in salvo 11 persone e recuperato le salme dei tre bambini e della donna. I superstiti hanno segnalato che a bordo c’era anche un altro bambino ma, nonostante le ricerche, non se ne è trovata traccia.

(Fonte: Agenzia Agi, Ansa, La Repubblica, Corriere della Sera).

Turchia(Canakkale, mar Egeo), 17 ottobre 2015

Almeno 12 morti e una quindicina di dispersi. E’ il bilancio del naufragio di un barcone avvenuto al largo delle coste turche. Il natante, una grossa barca in legno, era salpato dalla città costiera di Ayvalik, nel nord ovest della Turchia, con oltre 50 profughi siriani a bordo, per cercare di raggiungere l’isola greca di Lesbo. Il naufragio è avvenuto nel tratto di mare tra Kanakkale, in Turchia, e Lesbo: la barca si è rovesciata ed è affondata in breve tempo. Unità della Guardia Costiera turca hanno tratto in salvo 25 naufraghi e recuperato 12 corpi senza vita ma, secondo le testimonianze di alcuni superstiti, ci sarebbero una quindicina di dispersi. Le vittime, dunque, dovrebbero essere in tutto 27, tra morti e dispersi. La notizia è stata diffusa dall’agenzia di stampa Anadolu, riportando informazioni attinte dalla Guardia Costiera. Imprecisate le cause esatte della tragedia: forse il maltempo e il mare molto mosso, come confermerebbe l’altro naufragio, vicino all’isola greca di Kalymnos, avvenuto poche ore prima.

(Fonte: Agenzia Agi, Ansa, Corriere della Sera, La Repubblica).

Grecia (isola di Farmakonissi), 18 ottobre 2015

Un bimbo iracheno di otto anni annega cadendo in acqua dal barcone sul quale si trovava insieme ai genitori per raggiungere la Grecia dalla Turchia. Il barcone, con circa 110 migranti a bordo, partito dalle coste dell’Anatolia occidentale, era diretto verso Farmakonissi, una delel isole del Dod ecaneso, distante solo poche miglia marine. I genitori hanno raccontato che il piccolo è improvvisamente caduto in acqua: aiutati anche dagli altri profughi, hanno cercat o subito di soccorrerlo, ma quando è stato recuperato era ormai troppo tardi. Il piccolo è stato dichiarato morto sulla spiaggia di Leros, dove sono stati portati dalla Guardia Costiera greca tutti i migranti giunti con quel barcone.

(Fonte: Liberation, Ansa, Il Fatto Quotidiano, Repubblica, Il Sole 24 Ore).

Grecia (isola di Kastellorizo), 18 ottobre 2015

Cinque vittime nel naufragio di un barcone al largo dell’isola di Kastellorizo, nell Dodecaneso: 2 bambini, 2 donne e un uomo, che risulta disperso. L’allarme viene dato da un veliero battente bandiera americana che, in navigazione nell’Egeo tra la Turchia occidentale e le isole greche, avvista in mare e recupera dodici naufraghi. Oltre ai naufraghi superstiti, viene trovato in mare anche un bambino di meno di  un anno ormai privo di vita. I naufraghi stessi raccontano di essere partiti dal piccolo porto turco di Kas, in Anatolia, per cercare di raggiungere Kastellorizo, distante solo pochi chilometri. Aggiungono che mancano delle persone salite a bordo al momento della partenza. In seguito alla richiesta di soccorso lanciata dall’equipaggio del veliero, la Guardia Costiera greca organizza una serie di ricerche nella zona, recuperando i corpi di 2 donne e un bambino, mentre non si torva traccia di un uomo scomparso al momento del naufragio.

(Fonte: Liberation, Ansa, Repubblica, Il Sole 24 ore, Il Fatto Quotidiano).

Libia-Italia (Canale di Sicilia, 130 miglia da Lampedusa), 18 ottobre 2015

Otto morti (7 donne e 1 uomo) su un gommone con oltre un centinaio di migranti a bordo partito dalle coste libiche e intercettato nel Canale di Sicilia. L’allarme scatta nel pomeriggio, quando la Guardia Costiera intercetta la richiesta di soccorso lanciata con un telefono cellulare da uno dei profughi che erano sullo stesso gommone. Sul posto è giunta la nave Bersagliere, della Marina Militare: sul gommone,, in quel momento, c’erano 112 persone ancora in vita, anche se molto provate, e 8 cadaveri, stesi sul fondo e già in parte sommersi dall’acqua che il natante stava imbarcando. Vivi e morti sono stati presi a bordo e poi trasferiti sulla nave spagnola Rio Segura, inserita nel programma dell’operazione Triton.

(Fonte: La Sicilia e Repubblica).

Spagna-Marocco (Ceuta), 20 ottobre 2015

Un morto e un disperso nel naufragio di una barca con 12 migranti subsahariani a bordo nelle acque di Ceuta. Il battello era partito di prima mattina dalla costa marocchina. Dopo qualche ora, non avendone più notizia e avendo perso tutti i contatti, alcuni attivisti del collettivo Caminando Fronteras, al corrente del tentativo dei dodici migranti di raggiungere via mare il territorio spagnolo, hanno dato l’allarme. Verso le 9,40 una unità della Guardia Civil e una del Servizio Salvamento hanno trovato in mare, nella baia di Ceuta, la barca rovesciata, accanto alla quale c’erano 10 giovani ancora in vita, che sono stati salvati. Poco dopo è stato individuato e recuperato il cadavere di un altro giovane. Nessuna traccia del dodicesimo.

(Fonte: El Diario, No Borders Morocco)

Turchia-Grecia (Mar Egeo, Kusadasi), 21 ottobre 2015

Almeno 12 tra morti e dispersi (2 morti e 10 dispersi) nell’Egeo in un naufragio al largo di Kusadasi, una città costiera della provincia turca di Aydin. Le vittime erano su un peschereccio salpato tra il 21 e il 22 per fare rotto verso una delle isole greche del Dodecaneso. A bordo, stando a ricostruzione di stampa, pare ci fossero oltre una ventina di profughi siriani. Quando era ancora nelle acque territoriali turche il barcone si è ribaltato ed è affondato. I naufraghi sono rimasti alla deriva per diverse ore. I primi soccorsi sono arrivati da alcuni pescatori turchi, che hanno avvistato i superstiti tenuti a galla da giubbotti di salvataggio. Tra le persone tratte in salvo c’è anche un bambino di 18 mesi che sembrava ormai morto per ipotermia: i pescatori sono riusciti a rianimarlo e, una volta condotto a riva è stato ricoverato all’ospedale statale di Esmirna, dove si è ripreso. Fuori pericolo anche gli altri bambini recuperati in mare. Le ricerche successive hanno portato al ritrovamento di due cadaveri ma, secondo le testimonianze dei superstiti ci sarebbero almeno decina di dispersi.

(Fonte: Agenzia Dogan, Il Fatto Quotidiano, Strettoweb, Mondocronaca)

Libia (costa tra Zliten e Khoms), 24 ottobre 2015

Sulle spiagge di Zliten e Khoms, in Libia, affiorano 43 cadaveri di migranti. La notizia arriva dalla Mezzaluna Rossa, allertata da alcuni abitanti della costa. Il primo ritrovamento viene segnalato a Zliten, una città portuale situata 160 chilometri a est di Tripoli: sospinti dalle onde e dalla corrente, riferisce il portavoce della Mezzaluna Rossa Mohamed al Misrati, arrivano sulla spiaggia o vicino alla riva inizialmente 25 corpi e poi altri 4. Quasi nelle stesse ore – segnala Fawzi Abdel Aal, sempre a nome della Mezzaluna Rossa – sono scoperti altri 14 corpi sulla spiaggia di Siline, nei pressi di Khoms, distante 40 chilometri da Zliten e 120 da Tripoli. Secondo le autorità libiche, ci sarebbero anche almeno una trentina di dispersi, forse parecchi di più. Le vittime sarebbero dunque, in tutto, non meno di 73. La maggior parte – riferisce la Mezzaluna Rossa – erano migranti provenienti da paesi dell’Africa sub sahariana che con tutta probabilità speravano di arrivare a Lampedusa.

Ignote le circostanze precise della tragedia: stando ai primi accertamenti, è plausibile che la barca o più probabilmente il gommone dei migranti sia affondato a causa del mare grosso. I giornali italiani parlano di un solo naufragio ma Liberation riferisce di “due casi”: data la distanza tra le due località in cui si sono spiaggiate le salme, in effetti, l’ipotesi che si tratti di due diversi naufragi è plausibile. Le vittime, dunque, potrebbero essere molte di più delle 73 ipotizzate in base alle prime informazioni e ai primi rapporti di polizia.

(Fonte: Liberation, Ansa, Corriere della Sera, La Stampa, Repubblica)

Grecia (Lesbo), 25 ottobre 2015

Dieci vittime (3 morti – una donna e due bambini di 7 e 2 anni – e 7 dispersi) in un naufragio davanti all’isola di Lesbo, nell’Egeo. Il barcone affondato era partito dalle coste turche con 63 migranti a bordo, in maggioranza siriani ma anche afghani. Una traversata resa difficile dalle condizioni del mare mosso e del forte vento. Proprio il maltempo è la causa della tragedia: le onde hanno spinto il natante sugli scogli, mandandolo a fondo in pochi minuti. Sono intervenute in soccorso alcune unità della Guardia Costiera greca, che hanno tratto in salvo 53 naufraghi e recuperato tre salme. Dai superstiti si è poi saputo che mancavano altre sette persone, scomparse in mare al momento del naufragio.

(Fonte: Ansa, Tg-3 ore 14,15, Associated Press Greek Reporter).

Spagna-Marocco (Ceuta), 26 ottobre 2015

Un migrante annega nelle acque di Ceuta in seguito al rovesciamento del piccolo gommone, uno Zodiac, con cui stava cercando di raggiungere la costa dell’enclave spagnola insieme ad altri dieci profughi, tutti di origine subsahariana. Il battello era salpato poco prima dalla costa marocchina. Quel tratto di mare è caratterizzato da forti correnti, ma al momento della partenza, ha segnalato la Croce Rossa, il vento era moderato e le acque calme. Ignote dunque le cause del naufragio. Sta di fatto che lo Zodiac non è mai arrivato a terra: si è rovesciato ed è affondato nella zona di Santa Catalina, di pertinenza spagnola, a non grande distanza dalla riva. Una unità della Guardia Civil ha recuperato parte dei naufraghi, mentre altri sono riusciti a raggiungere la spiaggia a nuoto. Tutti i superstiti sono stati accompagnati al Centro di soggiorno temporaneo di Ceuta. Il cadavere è stato individuato e recuperato circa un’ora dopo l’inizio delle ricerche.

(Fonte: El Diario, No Borders Morocco)  

Grecia (Chio), 26 ottobre 2015

Una giovane di 21 anni, siriano, muore al largo dell’isola greca di Chio, nell’Egeo, cadendo in mare dalla barca su cui stava tentando la traversata dalla Turchia insieme ad altri 35 profughi, anch’essi siriani. Secondo le testimonianze di alcuni dei suoi compagni, sarebbe scivolata in acqua forse a causa di un movimento brusco della barca causato dalle onde. Quando è stato possibile raggiungerla e recuperarla era già morta. Secondo fonti giornalistiche, i trafficanti nella seconda metà di ottobre hanno intensificando le traversate, anche con imbarcazioni sovraccariche e precarie, affidate a gente poco esperta, in previsione dell’arrivo di altre decine di migliaia di profughi dalla Siria.

(Fonte: El Mundo, servizio di Alberto Rojas, Associated Press).

Grecia (Lesbo), 26 ottobre 2015

Il cadavere di un giovane affiora e viene recuperato poco distante dalla costa dell’isola di Lesbo. Secondo gli accertamenti condotti dalla Guardia Costiera greca, si tratta di un siriano sui vent’anni, imbarcatosi con altri 42 profughi dalle rive orientali della Turchia su un battello di resina plastica. Alcuni dei compagni hanno raccontato che era caduto e scomparso in mare non molto prima dell’arrivo a Mitilene. L’incidente sarebbe stato provocato dal mare grosso: una grossa ondata ha trascinato la barca su una scogliera, infrangendola tra le rocce, quasi al termine della navigazione – riferisce la cronaca dell’Associated Press – non lontano dal porto di Mitilene, il capoluogo e principale approdo dell’isola. I naufraghi sono riusciti a guadagnare la riva con le proprie forze o con l’aiuto dei soccorritori. Tutti tranne quel giovane, scomparso in mare e riaffiorato successivamente ormai senza vita.

(Fonte: El Mundo, servizio di Alberto Rojas, Associated Press).

Grecia (Lesbo, Samo, Aghatonissi), 28 ottobre 2015

Almeno 11 morti (di cui 8 bambini) e un numero imprecisato di dispersi in quattro naufragi di barconi carichi di migranti nelle acque dell’Egeo orientale. Il primo naufragio viene segnalato al largo dell’isola di Samo: morti 2 bambini e un uomo, salvati 51 naufraghi, ignoto il numero dei dispersi. Almeno tre morti nei pressi dell’isolotto di Agathonissi, a sud di Samo. In un terzo naufragio, nelle acque di Lesbo, al largo della spiaggia di Molyvos, è annegato un bambino di sei anni: anche in questi due casi non è stato precisato il numero dei dispersi. La Guardia Costiera greca ha comunicato solo che complessivamente sono stati tratti in salvo 241. L’agenzia Associated Press, citando fonti della Marina Greca, parla di un quarto naufragio, che fa salire il numero delle vittime a 11 (in base al numero dei corpi recuperati). Resta indefinito il numero dei dispersi.

(Fonti: Associated Press, Corriere della Sera, La Stampa, Repubblica, Rai News, Il Messaggero, Tg Com, Il Secolo XIX).

Grecia (Lesbo), 29 ottobre 2015

Quaranta morti e almeno 10 dispersi, nel naufragio di un barcone in legno carico di migranti al largo dell’isola di Lesbo. Otto salme sono state recuperate durante i primi soccorsi, 32 nei giorni successivi. Secondo le informazioni fornite dalla Guardia Costiera greca, il natante, partito dalla costa turca orientale nonostante le cattive condizioni del mare, si è rovesciato non lontano da Lesbo ed è poi affondato rapidamente. La Guardia costiera ha tratto in salvo 242 persone (tra cui molti bambini e donne), molte delle quali duramente provate e in stato di ipotermia, e recuperato inizialmente 8 salme: sette durante i primi soccorsi e una, quella di un ragazzo, dopo alcune ore durante le ricerche dei dispersi. Tre giorni dopo sono state trovate altre 32 salme. Secondo le testimonianze di alcuni superstiti, al momento della partenza a bordo c’erano circa 300 profughi. I dispersi, dopo il recupero di 40 salme,  dovrebbero essere una decina e il conto totale delle vittime almeno 50.

(Fonte: Associated Press, El Pais, Corriere della Sera)

Spagna (Malaga) 28/29 ottobre 2015

Quattro morti e 35 dispersi nel naufragio di un gommone carico di migranti al largo di Malaga. Il battello pneumatico – lungo sei metri e calibrato per un carico massimo di 10 persone – era partito il giorno prima, mercoledì, da una spiaggia situata a due chilometri da Alhucemas, in Marocco, con 54 profughi a bordo, per cercare di raggiungere le coste dell’Andalusia, in Spagna. Durante la traversata si è trovato in gravi difficoltà per il sovraccarico e il mare mosso ed ha cominciato ad affondare. L’allarme al Centro di Salvataggio Marittimo di Almeira, in Spagna, è stato lanciato da una Ong che, al corrente della partenza del gommone dalle coste marocchine, non ne aveva più avuto notizie. A individuare il battello è stato, giovedì mattina, un elicottero del servizio Frontex. Quando una unità della Guardia Costiera spagnola della base di Malaga lo ha raggiunto, il gommone era semisommerso, con 15 persone aggrappate ai tubolari pneumatici ancora gonfi. Le ricerche successive nella zona hanno consentito di recuperare 4 salme. Nessuna traccia degli altri 35 migranti che erano a bordo. Il bilancio finale è dunque di 39 vittime.

Quasi due settimane dopo, l’11 novembre, un sottomarino olandese ha individuato e recuperato le salme di 3 dei 35 dispersi. Si tratta di due donne e un uomo: i c orpi sono stati consegnati alle autorità spagnole a Malaga.

(Fonti: El Diario, Diariosur Malaga, Abc Espana, Ansa No Biorders Morocco).

Grecia (Kalymnos e Rodi), 30 ottobre 2015

Almeno 28 vittime (22 morti e 6 dispersi) in due naufragi avvenuti nelle stesse ore, nell’Egeo Orientale, nei pressi dell’isola di Kalymnos e al largo di Rodi.

Kalymnnos. Nelle acque di Kalymnos è affondato un barcone in legno partito dalla vicina costa turca con oltre 150 migranti, in massima parte siriani, con numerosi bambini e donne. La tragedia è dovuta quasi certamente al mare grosso e al sovraccarico: la barca si è prima ribaltata e poi è andata a picco. Erano le prime luci dell’alba e l’isola greca era ormai vicina. Sul posto si sono concentrati pe ri soccorsi unità della Guardia Costiera e pescherecci, oltre che un elicottero di Frontex, che sono riusciti a portare in salvo 138 naufraghi ed hanno recuperato 19 corpi senza vita (13 sono di bambini). Non è stato comunicato se e quanti dispersi ci siano.

Rodi. Al largo di Rodi è andata a picco una barca più piccola, partita durante la notte dalla costa dell’Anatolia orientale. A bordo c’erano una quidicina di persone. Il mare grosso ha reso molto difficile la navigazione. Prima di raggiungere Rosi è stato lanciato l’Sos. Un ità della Marina greca hanno tratto in salvo 6 naufraghi e recuperato 3 salme. Sei i dispersi.

(Fonti: Ansa, Corriere della Sera, Repubblica, La Stampa, El Pais).

Grecia (Samo e Farmakonnisi), 1 novembre 2015

Tredici morti e almeno 10 dispersi in due naufragi nell’Egeo orientale nelle acque delle isole di Samo e Farmakonnisi, per un totale di  23 vittime.

Samo. A Samo è affondata una vecchia barca in legno cabinata, partita poche ore prima dalla costa turca con 26 persone a bordo. Il naufragio è avvenuto a non grande distanza dalla riva. Questa circostanza ha favorito la rapidità dei soccorsi, prestati da volontari e pescatori dell’isola. Per 11 persone, tuttavia, non c’è stato nulla da fare: 4 donne, 4 neonati e 2 bambini sono rimasti intrappolati nella cabina della barca affondata e un’ altra bambina, data inizialmente per dispersa, è stata trovata più tardi senza vita su una spiaggia.

Farmakonnisi. Il naufragio di Farmakonnisi è avvenuto poche ore dopo quello di Samo. E’ colata a picco un’imbarcazione di fortuna partita dalla Turchia con 15 persone a bordo. I soccorsi sono stati organizzati da una unità di Frontex, che ha tratto in salvo 3 migranti e recuperato 2 cadaveri. I dispersi sono dunque dieci, per un totale di 12 vittime.

Secondo notizie riportate dal quotidiano spagnolo El Mundo, anche in Turchia cominciano a scarseggiare le barche per i profughi: i trafficanti mettono in vendita sempre più spesso autentici rottami, recuperati magari in cantieri di smantellamento e comunque non più in grado di reggere il mare: uno scafista conduce la barca fino al limite delle acque territoriali turche e poi rientra con un’altra imbarcazione, affidando il timone a uno dei profughi. Anche questo spiega forse l’escalation di naufragi, insieme al maltempo, al sovraccarico.

(Fonti: Repubblica, Ansa, Corriere della Sera, La Stampa, Le Monde).

Grecia (Kos), 4/5 novembre 2015

Due bambini annegano in un naufragio a poche centinaia di metri da Kos. Erano con le famiglie (16 persone in tutto) a bordo di un gommone partito nella notte tra mercoledì 4 e giovedì 5 novembre da una spiaggia nei pressi di Bodrum, in Turchia, per raggiungere l’isola greca, distante poche miglia. La tragedia si è verificata a meno di 300 metri dalla riva: il canotto, che aveva già cominciato a imbarcare acqua durante la traversata, è affondato rapidamente e i due bambini sono scomparsi. Il padre di uno dei due è stato costretto ad abbandonare in acqua il corpicino ormai senza vita per aiutare gli altri familiari. Una unità della Guardia Costiera greca ha salvato i 14 naufraghi superstiti e recuperato la salma di uno dei piccoli. L’altro, sei anni di età, risulta disperso.

(Fonte: Today mondo, Libero quotidiano).

Grecia (Lesbo), 08 novembre 2015

Il cadavere di un giovane sui vent’anni viene trovato su una spiaggia dell’isola di Lesbo. Non è stato possibile identificarlo, ma appare certo che si tratti di un profugo. La Guardia Costiera afferma che né nella giornata di sabato 7 né in quella di domenica 8 sono stati segnalati incidenti o naufragi di barche di migranti. Non sono chiare, dunque, le circostanze in cui quel ragazzo è morto. Si potrebbe ipotizzare che si tratti di uno dei dieci dispersi del naufragio avvenuto nelle acque dell’isola il 29 ottobre (40 morti e 10 dispersi, per un totale di 50 vittime), ma le condizioni della salma non lascerebbero pensare a una permanenza in acqua così lunga. In ogni caso, né le autorità greche, né le agenzie giornalistiche ricollegano la scoperta del cadavere alla sciagura del 29 ottobre. Non è escluso, dunque, che il giovane fosse a bordo di uno dei piccoli canotti pneumatici che anche tra il 7 e l’8 novembre sono arrivati a Lesbo carichi di migranti.

(Fonte: Associated Press, Newser, Ekathimerini News).

Turchia(Ayvacik), 11 novembre 2015

Almeno 14 morti (di cui 7 bambini) nel naufragio di un barcone carico di profughi al largo delle coste turche, nel mar Egeo. Le vittime erano a bordo di un barcone partito durante la notte con oltre 40 persone a bordo da Ayvacik, nella provincia anatolica di Cannakale, e diretto verso Lesbo. Distante una decina di chilometri. La tragedia è accaduta a meno di due chilometri di distanza dall’isola greca: la barca si è rovesciata, forse a causa del mare grosso o di uno sbilanciamneto del carico di passeggeri, ed è affondata rapidamente.

Quando la Guardia Costiera turca è giunta sul posto per i soccorsi, 14 persone, in maggioranza bambini e donne, erano già annegate. I soccorritori sono riusciti a trarre in salvo 27 naufraghi, riconducendoli poi in Turchia. Gli organi di informazione turchi e greci non ne hanno dato notizie ma non è escluso che ci sia anche qualche disperso).

(Fonti: Corriere della Sera, repubblica, Ansa, La Stampa, Ekathimerini, Anadolu)

Spagna (Isole Canarie), 17/18 novembre 2015

Ventiquattro morti (un solo cadavere recuperato e 23 dispersi in mare) nel naufragio di una barca con 46 migranti subsahariani a bordo. Ventidue i superstiti, tratti in salvo da una unità del servizio spagnolo Salvamento Marittimo. I migranti – 45 uomini e una sola donna – erano partiti dalle coste del Sahara Occidentale, puntando sulle Canarie, una rotta di oltre 150 miglia. Erano su un battello piccolo, pochi metri di lunghezza e un motore di appena 20 cavalli, poco adatto a una traversata così lunga nell’Atlantico, specie in questa stagione. Dopo quasi due giorni di navigazione si sono trovati in difficoltà a causa del mare grosso ed hanno chiesto aiuto con un cellulare. In quel momento erano a 22 miglia dalla costa marocchina e a 128 miglia dall’arcipelago spagnolo, in direzione sud-est. L’allarme alle unità di soccorso è stato lanciato la mattina di martedì 17 dal collettivo Caminando Fronteras, che era in contatto con alcuni familiari dei migranti. Quando però la Guardamar Thalia, una motovedetta del Salvamento Marittimo, partita dalle Canarie, è arrivata sul posto, la barca si era ormai rovesciata. In acqua, aggrappati allo scafo o nelle vicinanze c’erano 22 uomini, che sono stati tratti a bordo dal guardacoste. Sono stati proprio alcuni dei superstiti a segnalare che mancavano all’appello 24 compagni.

Nel corso delle ricerche, condotte fino al calar della notte, è stata individuata e recuperata la salma di un uomo. Nessuna traccia dei corpi degli altri 23 migranti dispersi in mare. Il pattugliamento è ripreso all’alba del giorno 18 e si è protratto sino a sera, ma senza risultati. Il collettivo Caminando Fronteras contesta a Salvamento Marittimo di aver condotto in ritardo le operazioni di soccorso.

E’ la più grossa tragedia del mare sulla rotta dei migranti dall’Africa verso le Canarie dal 2006, quando ci furono 45 vittime nei naufragi quasi contemporanei di due barche partite dal Sahara Occidentale e dalla Mauritania.

(Fonti: El Pais, El Diario).

Spagna (Motril), 20 novembre 2015

Il corpo senza vita di una donna di origine subsahariana viene trovato in mare da un guardacoste del Salvamento Marittimo, circa 26 miglia al largo del porto di Motril, nei pressi di. Granada. La scoperta è stata del tutto casuale: la nave stava svolgendo un normale servizio di pattugliamento quando, verso le 11, ha avvistato il cadavere ed ha dato l’allarme. La salma è stata recuperata poco dopo da un’altra unità della Marina, che l’ha trasportata al porto di Motril, dove è arrivata nelle prime ore della sera. Senza esito le ricerche di eventuali altri naufraghi nella zona. Si ignorano le circostanze precise della morte della donna. Sicuramente non si tratta di un evento molto recente: a giudicare dalle condizioni, il corpo era in acqua almeno da una settimana. Data la distanza dalla riva, tutto lascerebbe pensare al naufragio di una piccola imbarcazione partita dal Marocco di cui però non si è avuta alcuna notizia.

(Fonte: El Diario).

Turchia-Grecia (Bodrum e Kos), 18/22 novembre 2015

Quindici profughi siriani annegati nel naufragio del gommone con cui stavano cercando di raggiungere l’isola greca di Kos dalla costa turca: 9 corpi sono stati recuperati, gli altri risultano dispersi. Tra le vittime, una bambina di 4 anni, trovata quattro giorni dopo la tragedia. A bordo del battello pneumatico, pilotato da uno dei migranti, al momento della partenza da una spiaggia vicino a Bodrum, la mattina del 18 novembre, c’erano 20 persone. Kos è distante da Bodrum meno di 10 chilometri, ma il mare mosso e le correnti hanno reso difficile e pericolosa la navigazione: il gommone si è rovesciato e una quindicina di migranti sono scomparsi in breve tra le onde. Quando una motovedetta della Guardia Costiera turca è giunta sul posto è riuscita a recuperare solo 5 naufraghi. Nei giorni successivi sono stati trovate otto salme alla deriva. Domenica 22 novembre, infine, incastrato in una scogliera non lontana da Bodrum un pescatore dilettante ha scoperto per caso il corpo della bambina. La piccola è stata identificata da uno dei superstiti. L’uomo ha detto di riconoscerla senza alcun dubbio: era una piccola di quattro anni che viaggiava con la madre, anche lei morta nel naufragio. Si chiamava Sena: è morta a breve distanza dal punto in cui, nel mese di settembre, è annegato il piccolo Aylan Kurdi, di appena due anni, le immagini del cui corpicino senza vita, gettato dal mare sulla spiaggia di Bodrum, ha scosso la coscienza del mondo intero.

Secondo un rapporto dell’Unicef, nei primi undici mesi del 2015 sono morti oltre 700 bambini nel tentativo di attraversare il Mediterraneo.

(Fonti: Eldiario.es, Hurriyet Daily News).

Turchia(mar Egeo, Ayvacik e Bodrum), 25 novembre 2015

Sei bambini morti e almeno tre adulti dispersi, forse 6, nel naufragio di due imbarcazioni cariche di migranti, al largo delle coste della Turchia, in due tratti di mare diversi, nell’Egeo. Ne ha dato notizia, attraverso l’agenzia nazionale Anadolu, la Guardia Costiera turca.

Nel primo incidente, con 4 vittime, è rimasto coinvolto una barca piuttosto grande, partita dal porto di Ayvacik, nel distretto occidentale di Canakkale, con a bordo 55 profughi siriani e afghani. Il mare grosso e il forte vento non hanno scoraggiato la partenza. Durante la navigazione, però, l’imbarcazione si è trovata in difficoltà e i profughi hanno lanciato l’allarme con un cellulare alla Guardia Costiera, poche ore dopo la mezzanotte del 24 e comunque prima dell’alba del giorno 25, mentre erano ancora all’interno delle acque territoriali turche. Una motovedetta salpata anch’essa dalla base di Ayvacik, ha raggiunto la zona indicata, ma nel frattempo la barca era affondata. Quasi tutti i naufraghi sono stati tratti in salvo. Per quattro bambini era però ormai troppo tardi: i loro corpi sono stati recuperati in mare durante i soccorsi e portati all’obitorio dell’ospedale di Ayvacik. Presso lo stesso ospedale sono stati ricoverati in gravi condizioni quattro dei superstiti. Non è stato reso noto se ci siano anche dei dispersi.

Comunicando la notizia di questa ennesima tragedia, la Guardia Costiera turca ha reso noto che poco prima c’era stato un altro naufragio. In questo caso al largo della penisola di Bodrum, dove si è ribaltato ed è affondato per il mare in burrasca un gommone con 25 profughi siriani a bordo. Una quindicina sono stati tratti in salvo da un guardacoste; per due, anche in questo caso bambini, i soccorsi non sono arrivati  in tempo. Almeno altri tre naufraghi risulterebbero dispersi ma potrebbero essere sei se le persone tratte in salvo sono 15 su 22. Le vittime sono due fratellini: Diven Hali Hussein, di appena un anno, e Beren Hali Hussein, di quattro.

Quelle di giovedì 24 e di venerdì 25 novembre sono state giornate particolarmente dure nel tratto di mare tra la Turchia e le isole greche a causa del mare in tempesta. Tra il pomeriggio di giovedì e la mattina di venerdì la Guardia Costiera ha condotto otto operazioni di salvataggio, portando in salvo 357 migranti salpati dalle coste turche per cercare di raggiungere la Grecia nonostante il maltempo.

(Fonte: Anadolu Agency e La Stampa)

Turchia (costa di Canakkale), 30 novembre 2015

Il cadavere di un migrante rimasto sconosciuto, forse siriano, viene trovato nell’Egeo, a breve distanza dalla riva, sul litorale della provincia di Canakkale, durante un’operazione congiunta e simultanea di numerosi guardacoste turchi per bloccare la partenza di profughi siriani, afghani, iracheni e iraniani verso la Grecia. La salma è stata riportata a riva da una unità della Guardia Costiera. Non sono note le circostanze dell’annegamento.

E’ la prima, grande operazione di blocco della costa effettuata dalla Turchia dopo l’accordo definitivo firmato il giorno 29 con l’Unione Europea che, in cambio di 3 miliardi di euro da versare nell’arco di un anno, impegna Ankara a impedire le partenze di richiedenti asilo, rifugiati e migranti dal suo territorio verso l’Europa. Un blocco condotto subito in forze: ha interessato otto diversi punti d’imbarco verso l’isola greca di Lesbo lungo tutto il litorale della provincia di Canakkale. Sono stati fermati e almeno provvisoriamente arrestati, in tutto, 752 rifugiati e richiedenti asilo, tutti provenienti da nazioni ad alto rischio.

Tutte le principali Ong e numerosi movimenti umanitari hanno condannato l’accordo tra Ue e Turchia e il conseguente blocco, segnalando che si tratta di respingimenti di massa indiscriminati, contrari al diritto internazionale e un novo capitolo del processo di esternalizzazione delle frontiere messo inpiedi dall’Unione Europea.

(Fonte: Daily Sabah Turkey, El Diario Es.)

Turchia-Marocco (Fnideq-Ceuta), 30 novembre 2015

Due giovani camerunensi muoiono asfissiati in una grotta durante una retata della polizia marocchina in un accampamento improvvisato di migranti a Fnideq (Castillejos), una località marocchina vicino all’enclave spagnola di Ceuta. Erano conosciuti dai compagni come “Vapeur” e Le Bir”. Lo hanno segnalato a un cronista di El Diario un profugo, anch’egli camerunense, amico di uno dei due. La denuncia è stata poi confermata da diversi altri migranti.

Il blitz – uno dei tanti condotti periodicamente contro i campi di fortuna dove si rifugiano i migranti in attesa di tentare di passare le barriere che chiudono i confini di Ceuta e Melilla – è scattato alle 10,30. Come sempre accade in queste retate, gli agenti, oltre a bloccare i profughi, hanno distrutto l’accampamento, incendiando le tende improvvisate con teli di plastica e i ripari costruiti con materiale di risulta all’ingresso delle grotte dove, ora che il freddo comincia a sentirsi, si rifugiano la notte numerosi migranti. Vapeur e Le Bir sono morti probabilmente proprio soffocati dal fumo che ha invaso la grotta dove avevano passato la notte ed erano rimasti nascosti durante i l blitz.

Michael, il profugo che ha informato El Diario, è riuscito a sfuggire alla retata, nascondendosi tutto il giorno nel vicino abitato di Fnideq. Verso le 19,30 è tornato con altri profughi al campo per constatare la situazione e magari recuperare qualche oggetto sfuggito alla distruzione ed ha scoperto i due corpi, quasi all’ingresso della grotta. E’ stato lui anche ad identificarli: “Uno era un ragazzo che si chiamava Le Bir. L’altro, il mio amico Vapeur”, ha detto, precisando di non aver osato entrare nella grotta né spostare i due cadaveri: “E’ la polizia che se ne deve occupare”, ha aggiunto un gruppo di una decina di profughi, che ha avvisato il commissariato di quanto era accaduto.

E’ stata avvertita anche Helena Maleno, del collettivo Caminando Fronteras, la quale a sua volta ha allertato le autorità marocchine, la polizia e il Centro Regione pe ri Diritti Umani di Tangeri, Tetuàn e Rabat.

(Fonte: El Diario Es del primo dicembre 2015).

Turchia (Cesme, provincia di Izmir), 1 dicembre 2015

Quattro profughi morti e 29 dispersi, per un totale di 33 vittime, in un naufragio al largo delle coste turche della provincia di Izmir. La barca era salpata dalla zona di Cesme. A bordo, al momento della partenza, c’erano 35 migranti, tutti siriani, decisi a raggiungere l’isola greca di Chio, una delle mete più frequenti per chi fugge dalla Turchia, perché non è molto lontana dalla costa turca. Con il mare grosso, però, la rotta è difficile e pericolosa. Quando era ancora nelle acque territoriali turche la barca è affondata. Due sono riusciti a salvarsi a nuoto, raggiungendo la costa, ed hanno dato l’allarme alla Guardia Costiera turca. Le ricerche successive hanno permesso di individuare e recuperare tre corpi ormai privi di vita. Una settimana dopo, la mattina del giorno 8, il corpicino di una bambina di 5 anni (poi identificata come Sajida Ali) viene ritrovato sulla spiaggia di Pirlanta, vicino a Cesme. Degli altri 29 naufraghi non è stata trovata traccia.

(Fonte: Anadolu Agency)

Grecia-Macedonia (Idumeni), 03 dicembre 2015

Un profugo muore folgorato dall’alta tensione mentre tenta di scavalcare la barriera eretta al confine tra Macedonia e Grecia, a Idumeni. La vittima era un marocchino di 22 anni. Secondo quanto riferito dalla polizia di frontiera macedone, il giovane è salito sul tetto di uno dei vagoni di un treno carico di migranti e richiedenti asilo bloccato al confine e in attesa di ritornare verso Salonicco e proseguire per Atene. Non è chiaro se volesse cercarsi un posto per partire anche lui o stesse cercando comunque un modo per passare dall’altra parte della fitta rete metallica e di filo spinato fatto costruire dal governo macedone per bloccare i profughi. Alcuni suoi amici hanno dichiarato ad alcuni volontari di Moving Europe Bus che aveva scalato il vagone soltanto per cercare un posto per dormire. Sta di fatto che, quando è arrivato sul tetto, ha toccato inavvertitamente il cavo di alimentazione elettrica della ferrovia e ne è rimasto fulminato all’istante. Il primo a dare la notizia è stato il portavoce di Medici senza Frontiere, che opera da oltre un anno lungo la frontiera turco-macedone per prestare soccorso ai migranti.

Il quotidiano online Daily Sabah Turkey riferisce che questo giovane marocchino sarebbe il secondo profugo in pochi giorni a morire folgorato in quel punto della frontiera tra Grecia e Macedonia. Un incidente analogo si sarebbe verificato sabato 28 novembre. Non vengono però fornite notizie più dettagliate.

(Fonti: El Diaro, Daily Sabah, Radioandadurto, Voxnews, Moving Europe Bus)

Spagna (Almeira), 3 dicembre 2015

Ventuno morti in un gruppo di 50 profughi che dal Marocco cercava di raggiungere le coste spagnole. I migranti erano su una grossa barca di legno salpata da Nador il giorno prima. La navigazione si è rivelata subito difficile a causa del mare molto mosso e del sovraccarico. Durante la notte è stato lanciato l’allarme. Quando unità del Servizio di Salvamento della Guardia Costiera spagnola partite da Almeira, in Andalusia, hanno raggiunto il natante a bordo c’erano solo 29 superstiti. I superstiti hanno inizialmente dichiarato che gli altri erano caduti in acqua per il mare in tempesta. Si è poi scoperto che almeno dieci delle 21 vittime erano state gettate in mare durante una rissa a bordo. I due responsabili degli omicidi sono stati individuati dalla polizia e processati dalle autorità spagnole.

(Fonte: 20 Minutos attraverso Fortress Europe)

Marocco-Spagna (Oceano Atlantico), 07 dicembre 2015

Undici migranti morti e 28 dispersi, per un totale di 39 vittime, nel naufragio di  un barcone diretto verso le isole Canarie. Secondo quanto riferisce l’agenzia marocchina Map e in base alle informazioni fornite dalla Ong Caminando Fronteras, la barca è salpata nella notte tra domenica e lunedì dal porto atlantico di Bujador, nel Sahara Occidentale, con a bordo 39 migranti subsahariani. I profughi hanno deciso di prendere il mare, nonostante le cattive condizioni atmosferiche. La tragedia si è verificata dopo circa cento chilometri di navigazione, quasi certamente proprio a causa del mare in tempesta. L’allarme è stato dato verso le tre del mattino da alcuni operatori di Caminando Fronteras che, al corrente della partenza dell’imbarcazione diretta verso le Canarie, avevano perso tutti i contatti. Per le ricerche sono intervenuti la Guardia Costiera marocchina e un aereo spagnolo. I soccorritori hanno trovato i resti del barcone rovesciato e individuato 11 cadaveri. Nessuna traccia degli altri 28 naufraghi.

I viaggi dei migranti lungo la rotta atlantica verso le Canarie si sono intensificati dopo il blocco totale della zona intorno alle enclave di Ceuta e Melilla e lo sgombero della costa mediterranea da parte della polizia marocchina che opera in base al mandato del Processo di Rabat. A parte questo naufragio, tra il 5 e il 7 dicembre sono stati localizzati altri due barconi partiti dal Sahara Occidentale, il primo con 51 e il secondo con 47 migranti, che sono riusciti a raggiungere le Canarie. Secondo quanto riferisce il quotidiano El Mundo, citando l’associazione umanitaria Gadem, dopo le ultime retate della polizia nelle zone di Tangeri, Ceuta e Melilla sulla costa mediterranea, numerosi profughi, in particolare senegalesi, si sono concentrati nella citta saharawi di El Aaiun (dove vive una grossa colonia senegalese), in attesa di trovare un imbarco per le Canarie lungo la rotta atlantica.

(Fonti: Repubblica e El Mundo)  

Turchia (Cesme, provincia di Izmir), 08 dicembre 2015

Sei bambini morti e un numero  imprecisato di dispersi nel naufragio di un gommone di migranti nell’Egeo, al largo di Cesme, in Turchia. Il battello pneumatico era partito in piena notte, tra lunedì e martedì, da una spiaggia vicino Cesme, un porto della costa occidentale turca, nella provincia di Izmir, diretto presumibilmente verso l’isola greca di Chio. A bordo c’erano più di 50 persone. Il mare era in tempesta ma i profughi, tutti afghani, probabilmente contavano proprio su questo, oltre che sull’oscurità, per sfuggire ai controlli della Guardia Costiera turca che da lunedì 30 novembre sta attuando un rigido blocco di tutti i punti d’imbarco sulla costa in base all’accordo firmato tra Ankara e l’Unione Europea. Durate la navigazione, a causa delle furia delle onde, sembra abbia ceduto il rinforzo in legno dello scafo del gommone, che si è ribaltato. Secondo quanto riferisce l’agenzia Anadolu, dovevano essere le 2,30 del mattino. Quando è scattato l’allarme sono giunte sul posto unità alcuni guardacoste, che hanno tratto in salvo 45 naufraghi (tra cui un ragazzino di 12 anni ormai semi assiderato) e recuperato sei salme. Tutte le vittime sono bambini, tra cui un neonato. Sono stati segnalati almeno due o tre dispersi, ma probabilmente sono anche di più.

(Fonti: Repubblica, Corriere della Sera, Ansa, Cbc News, Daily Sabah).

Grecia (Farmakonissi), 08 dicembre 2015

Il corpo senza vita di un bambino di sei mesi viene trovato in mare al largo dell’isola di Farmakonissi, nell’Egeo.

Secondo fonti dell’agenzia Dogan News è l’unica vittima del  naufragio – avvenuto intorno alle dieci di sera – di una barca carica di profughi salpata dalla costa turca per tentare di raggiungere la Grecia. Al momento della partenza a bordo c’erano in tutto 19 migranti, tra cui sei bambini. Tutti gli altri naufraghi sono stati tratti in salvo da unità della Guardia Costiera turca.

(Fonte: Dogan Agency News) 

Grecia (Farmokonissi), 09 dicembre 2015

Ventiquattro vittime (11 morti di cui è stato recuperato il corpo e 13 dispersi) in un naufragio vicino all’isola greca di Farmakonissi, nell’Egeo. Non è escluso che ci siano anche altri dispersi.

Il natante, una barca in legno,  era partito verso l’alba dalla costa della vicina Turchia per raggiungere la piccola isola egea con a bordo almeno 50 profughi. Era già nelle acque greche, a breve distanza dall’isola, quando si è ribaltato. Ignote le cause della tragedia. Il mare era quasi calmo e non c’era vento forte: forse c’è stato qualche movimento brusco che ha alterato l’equilibrio dello scafo. Il sovraccarico e la paura devono aver fatto il resto. La Guardia Costiera greca e alcune unità di Frontex hanno salvato 26 persone (17 uomini, 5 donne e 4 bambini). Di altre 11, annegate prima che arrivassero i soccorsi, sono state recuperate le salme: 5 bambini, 4 uomini e 2 donne. Non si è trovata traccia degli altri naufraghi: stando alle testimonianze dei superstiti, concordi nell’affermare che al momento della partenza erano almeno in 50, i dispersi dovrebbero essere non meno di 13. I bambini tratti in salvo sono stati ricoverati in ospedale per una grave forma di ipotermia.

(Fonti: Repubblica, Corriere della Sera, La Stampa, Dogan News Agency).

Turchia-Grecia (Farmakonissi), 10 dicembre 2015

Tredici vittime (quattro morti e nove dispersi) nel naufragio di una barca carica di migranti nel mare Egeo, tra la Turchia e la Grecia, al di Farmakonissi, una delle isole del Dodecaneso, distante poche miglia dalla costa anatolica.

Secondo quanto riferisce l’agenzia Dogan News, la barca è affondata durante la breve traversata, prima dell’alba, senza che la ventina di migranti che erano a bordo, tutti siriani, abbiano potuto lanciare una richiesta di aiuto. L’allarme è scattato quando sono stati avvistati cinque naufraghi che cercavano di raggiungere la costa della Turchia a nuoto. Altri due naufraghi sono stati tratti in salvo dalla Guardia Costiera greca, con la collaborazione di quella turca. Le successive ricerche in mare nella zona hanno portato al recupero di quattro salme. Nessuna traccia degli altri 9 naufraghi.

(Fonte: Dogan News Agency)

Turchia-Grecia (Kas e Kastelorizo), 15 dicembre 2015

Sei vittime (tre salme recuperate in mare, due spiaggiate e un disperso) in un naufragio nell’Egeo, tra la Turchia e l’isola greca di Kastelorizo.

Si tratta di profughi siriani salpati prima dell’alba su un gommone dal litorale turco nei pressi del porto di Kas. Al momento della partenza a bordo c’erano in tutto 21 persone. Il naufragio è avvenuto al largo di Kastelorizo, a meno di due chilometri dalla costa, in circostanze rimaste imprecisate, almeno nella prima fase delle indagini. Inizialmente nessuno si è accorto di nulla. L’allarme è scattato quando una motovedetta della Guardia Costiera turca ha avvistato casualmente in mare cinque naufraghi. Quasi contemporaneamente, a terra, in un tratto di costa rocciosa, ne sono stati trovati altri dodici, che erano riusciti a raggiungere la riva da soli. Sono stati i superstiti a precisare che, essendo più di venti al momento della partenza, c’erano dei dispersi. La Guardia Costiera turca ha organizzato le ricerche, coinvolgendo anche quella greca. Proprio un guardacoste turco ha individuato e recuperato i cadaveri. Nessuna traccia inizialmente degli altri tre profughi dispersi. Alcune ore dopo i corpi senza vita di due bambine di 7 e 11 anni sono stati trovati su una spiaggia di Kas, nella provincia di Antalya, distante 2,5 chilometri da Kastelorizo.

(Fonte: El Diaro Es., La Stampa)

Turchia-Grecia (Cesme-Chio), 16 dicembre 2015

Due bambini iracheni annegati nel naufragio di un barcone carico di profughi che, nella notte tra martedì 15 e mercoledì 16 dicembre, dalla costa turca cercava probabilmente di raggiungere l’isola greca di Chio: avevano sei e due anni. I loro corpi senza vita, tenuti a galla da giubbotti pneumatici di salvataggio, sono stati avvistati mercoledì al largo e recuperati da alcuni pescatori turchi, che li hanno poi trasporti a Izmir, consegnandoli alla Guardia Costiera. Sulle circostanze del naufragio, avvenuto in acque turche, è stata aperta un’indagine da parte della stessa Guardia Costiera. Il battello su cui si trovavano era partito dal porto di Cesme e durante la navigazione si è rovesciato per cause imprecisate. Secondo le autorità turche, nell’arco delle 24 ore in quel tratto di mare sono stati tratti in salvo circa 200 naufraghi: non è stato chiarito in quante operazioni. I due bambini, dati inizialmente per dispersi, sono stati poi trovati da una delle barche di pescatori mobilitate per i soccorsi e le ricerche insieme alle unità militari.

(Fonte: Repubblica, La Stampa, Il Secolo XIX, Hurriyet Daily News Turkey).

Turchia (Bodrum), 16 dicembre 2015

Quattro bambini di età tra i due e i sei anni annegati nel tratto di mare compreso tra il porto turco di Bodrum e l’isola greca di Chio. Erano a bordo di un barca in legno di 14 metri partita da Bodrum con a bordo 62 profughi (tra cui 22 bambini) siriani, iracheni e afghani. La traversata è di poche miglia ma si è rivelata subito molto difficile a causa del mare mosso e del vento forte, tanto più che la barca, abbandonata dai trafficanti al momento della partenza, era governata alla meglio da uno dei profughi, inesperto di navigazione. Il naufragio è avvenuto in acque turche. La Guardia Costiera è riuscita a individuare e a salvare 58 naufraghi. Quattro dei 22 bambini, però, erano già morti quando sono stati avvistati e recuperati. Anche molti degli altri piccoli sono in cattive condizioni: in particolare un bimbo di tre anni.

Saneya Kurbani, la madre di una delle vittime, una bambina di tre anni, ha raccontato di aver recuperato uno dei suoi due bambini in mare mentre la barca cominciava ad affondare e di aver appreso che la figlia era annegata soltanto quando è riuscita a raggiungere la riva. Ha raccontato anche di aver pagato 2.000 dollari per ciascuno di loro ai trafficanti che le avevano promesso di farla arrivare con la famiglia e gli altri profughi in territorio greco. “Ci avevano detto – ha precisato – che saremmo andati in Grecia con uno yacht ma al momento della partenza, a mezzanotte, sono arrivati due uomini, entrambi turchi, con una piccola barca da pesca. Hanno avviato il motore e poi ci hanno abbandonato”.

(Fonte: Hurriyet Daily News Turkey).

Grecia (Lesbo), 16 dicembre 2015

Due morti nel naufragio di una barca carica di migranti al largo di Lesbo. Non è escluso che ci siano anche dei dispersi. Secondo quanto ha riferito la Guardia Costiera greca, l’imbarcazione, partita dalle coste turche con a bordo dozzine di migranti, si è rovesciata a nord dell’isola, probabilmente a causa delle cattive condizioni del mare. I naufraghi, individuati da un elicottero, sono stati soccorsi da unità militari e da barche di pescatori greci. I primi rapporti hanno riferito di due vittime (di cui sono stati recuperati i corpi) e dozzine di dispersi. Il servizio trasmesso successivamente da Ert Tv, la televisione di Stato greca, ha confermato i due morti ed ha parlato di circa 70 naufraghi tratti in salvo. Non è chiaro se ci siano però anche dei dispersi, non essendo noto il numero delle persone salite a bordo alla partenza dalla Turchia. Altre fonti giornalistiche parlano di 83 sopravvissuti.

(Fonte: Ekathimerini News).

Turchia-Grecia (Bodrum e Farmakonissi), 18 dicembre 2015

Otto morti, cinque dei quali bambini, in due naufragi nell’Egeo tra la costa turca e le isole greche: il primo tra Bodrum e Kos, il secondo di fronte a Farmakonmissi.

Bodrum-Kos. Il naufragio è avvenuto nelle acque turche. L’imbarcazione, un battello piccolo, con otto profughi iracheni a bordo, era salpata prima dell’alba da una spiaggia di Bodrum, diretta verso l’isola di Kos, distante circa sette miglia. Poco dopo la partenza si è rovesciata. Per quattro dei naufraghi la Guardia Costiera turca è giunta in tempo a salvarli; degli altri quattro, tra i quali due bambini, èstato possibile solo recuperare i corpi senza vita.

Farmakonissi. Anche in questo caso si trattava di una piccola imbarcazione partita dalla Turchia. Il naufragio è avvenuto in acque internazionali, tra la costa dell’Anatolia e l’isola greca di Farmakonissi, che era probabilmente la meta dei profughi, tutti siriani. Scarse le informazioni fornite dalla Guardia Costiera greca, che ha organizzato i soccorsi con unità provenienti sia da Farmakonissi che da Rodi. Si sa solo che quattro naufraghi, tra cui tre bambini, sono annegati. I corpi delle vittime sono stati portati a Rodi.

(Fonte: La Repubblica, Il Messaggero).

Turchia-Grecia (Bodrum, Kalymnos-Kos), 19 dicembre 2015

Diciotto morti (di cui 10 bambini) nel naufragio di una vecchia barca da pesca tra la costa turca e le isole greche di Kalymnos e Kos. E’ accaduto durante la notte tra il 18 e il 19: la barca – un malandato peschereccio in legno lungo 14 metri – era partita da una spiaggia di Bodrum con 32 persone a bordo. E’ verosimile che sia salpata in piena notte e nonostante le cattive condizioni del mare per sfuggire ai controlli della polizia e della guardia costiera turca. Doveva far rotta verso Kalymnos, situata a poche miglia sia dalla Turchia che da Kos. Il naufragio, riferiscono vari media turchi, è avvenuto circa due miglia (3,5 chilometri) al largo di Kalymnos. L’allarme è stato dato da alcuni pescatori che hanno udito le grida di aiuto ed hanno allertato la Guardia Costiera turca. I soccorritori hanno recuperato diciotto salme e tratto in salvo 14 naufraghi, tutti in cattive condizioni per un forte stato di ipotermia, tanto da dover essere ricoverati nell’ospedale di Bodrum.

La polizia turca ha arrestato un siriano accusato di aver organizzato la gtraversata. L’uomo ha dichiarato di essere a sua volta un profugo che voleva raggiungere l’Europa e che i trafficanti gli hanno dato un compenso di mille dollari per pilotare la barca. Si è così scoperto che per ciascuno degli occupanti della barca affondata l’organizzazione dei trafficanti ha preteso 3.000 dollari per trasferirli a Kalymnos in piena notte e nonostante il mare molto mosso. Il bilancio della tragedia sarebbe potuto risultare anche più pesante: secondo i giornali turchi dovevano imbarcarsi altri venti profughi i quali però, all’ultimo momento, si sono rifiutati di salire sulla barca dopo aver scoperto che si trattava di un vecchio e malandato peschereccio anziché uno yatch come era stato promesso dai trafficanti.

(Fonti: El Diario Es. Repubblica, Corriere della Sera, Il Messaggero).

Marocco (Tangeri), 19 dicembre 2015

Nove profughi morti in un naufragio nelle acque di Tangeri, in Marocco. Le vittime erano a bordo di una barca in legno salpata dalle coste marocchine e diretta verso la Spagna. Il naufragio è  avvenuto poco dopo la partenza, ,verosimilmente a causa del mare molto mosso. A bordo c’erano complessivamente 30 migranti. Le unità della Guardia Costiera marocchina patite da Tangeri e Arrivate sul posto sono riuscite a trarre in salvo 21 naufraghi, recup0erando nove corpi ormai privi di vita. Tra le vittime ci sono anche tre neonati.

(Fonte: Abc attraverso Fortress Europe)

Turchia (Cesme), 20 dicembre 2015

I corpi senza vita di due migranti sono stati recuperati dalla Guardia Costiera turca al largo di Cesme, nel tratto di mare tra la costa dell’Anatolia e l’isola greca di Chio. Si tratta di una ragazza di circa 17 anni e di un bimbo di poco più di tre anni. Non è nota la loro identità: le salme sono state trasferite presso un istituto di medicina legale di Izmir per procedere all’identificazione. Altri 69 naufraghi, tutti afghani, sono stati tratti in salvo, sempre dalla Guardia Costiera di Izmir, dopo il naufragio della barca con cui stavano tentando di raggiungere Chio. E’ verosimile che la ragazza e il bambino siano rimasti vittima proprio di questo naufragio. Le autorità turche non hanno specificato se ci siano anche dei dispersi.

(Fonti: Daily Sabah Turkey e Hurriyet Daily News).

Turchia-Grecia (Kusadasi-Samo), 22 dicembre 2015

Dodici morti, tra cui 4 bambini, nel naufragio di una piccola barca carica di profughi tra la costa turca e l’isola greca di Samo. Sette i naufraghi tratti in salvo. Non si esclude che possano esserci alcuni dispersi: secondo il quotidiano spagnolo El Diario (che cita fonti di agenzia turche) potrebbero essere 6, per un totale di 18 vittime.

L’incidente è avvenuto intorno alle 11 del mattino. La barca, in resina, lunga appena 4 metri, era partita dalla zona di Kusadasi, una città turistica con un piccolo porto nella provincia di Aydin. A bordo, secondo la Guardia Costiera turca, ci sarebbero stati almeno 20 migranti, che presumibilmente intendevano raggiungere la vicina isola di Samo. Il mare mosso e il carico eccessivo sono probabilmente la causa della tragedia: la barca si è rovesciata ed è poi colata a picco. La Guardia Costiera turca ha individuato e recuperato sette naufraghi ancora in vita, tutti in cattive condizioni, tanto da dover essere ricoverati all’ospedale di Kusadasi. Nel corso delle ricerche sono stati trovati inizialmente 11 corpi senza vita: 8 di adulti e 3 di bambini. Nelle ore successive è stata recuperata la salma di un quarto bambino. Nonostante la barca fosse molto piccola, però, pare che ci siano anche altri dispersi.

(Fonti: Hurriyet Daily News, La Repubblica, Anadolu Agency, Il Fatto Quotidiano El Diario Es.).

Grecia (Farmakonissi), 23 dicembre 2015

Quattordici vittime – 13 profughi annegati e uno disperso in mare – in un naufragio al largo dell’isola greca di Farmakonissi. Erano salpati prima dell’alba dalla costa turca con una barca di sei metri. A bordo c’erano 18 profughi, tra cui donne e bambini, tutti siriani. La sciagura è avvenuta a poche miglia a est dell’isola, alle prime luci del giorno. Ignote le circostanze del naufragio: la Guardia Costiera greca ha riferito che quando i primi soccorritori sono giunti sul posto i naufraghi erano già in acqua. Quindici sono stati tratti in salvo. Di altri undici sono stati recuperati i corpi senza vita durante la fase iniziale delle operazioni di soccorso. I superstiti hanno riferito che c’erano almeno tre dispersi. Nelle ore successive sono stati rintracciati i corpi di due di loro. Del terzo non è stata trovata traccia. Le salme recuperate sono di sette bambini, due donne e quattro uomini. Quasi tutti i 15 superstiti sono risultati in cattive condizioni: tre di loro, in particolare, sono stati ricoverati in stato di coma nell’ospedale dell’isola di Leros.

(Fonti: Ekathimerini, Hurriyet Daily News, Corriere della Sera).

Italia-Libia (Canale di Sicilia), 24 dicembre 2015

Un morto tra gli 809 migranti soccorsi nel Canale di Sicilia, a bordo di 7 gommoni in difficoltà, dalla nave Dattilo, della Marina Militare italiana, insieme alla Bourbon Argos, la nave di Medici senza Frontiere, e al pattugliatore d’altura Cigala Fulgosi. La salma, presa a bordo dal pattugliatore, è stata portata ad Augusta e poi trasferita all’obitorio del cimitero di Siracusa per l’ispezione disposta dalla Procura. La vittima non è stata identificata: si tratta di un ragazzo di età compresa tra i 20 e i 25 anni.

(Fonte: .La Repubblica).

Turchia-Grecia (Bademli-Lesbo), 24 dicembre 2015

Almeno 20 morti e un numero imprecisato di dispersi (forse 13) nel naufragio di una grossa barca circa due miglia al largo della costa di Bademler, in Turchia. Tra i morti ci sono 11 bambini e una donna incinta.

Da quando la Turchia, in base all’accordo con l’Unione Europea, si è impegnata a bloccare le sue coste, le imbarcazioni dei migranti salpano in genere quando è ancora notte e anche se il mare è in cattive condizioni, sperando in tal modo di sfuggire ai controlli della polizia e della Guardia Costiera. Anche questo battello, un semi cabinato in legno, è salpato dalla costa turca prima dell’alba con a bordo più di 50 profughi siriani che, nonostante il mare molto mosso, intendevano raggiungere l’isola greca di Lesbo. L’allarme è scattato nelle primissime ore del mattino, quando alcune corpi sono affiorati in mare non lontano dalle spiagge di Bademler, una località a circa 70 chilometri a nord di Izmir (Smirne). Unità della Guardia Costiera e un elicottero hanno individuato poco dopo il relitto e i naufraghi. Quando sono arrivati sul posto i soccorritori hanno tratto in salvo 21 persone e recuperato inizialmente 18 corpi. Altri due sono stati recuperati successivamente dai sommozzatori della marina, intervenuti perché alcuni superstiti hanno riferito che c’erano delle persone rimaste imprigionate nella cabina del battello affondato. Secondo alcune testimonianze riferite alla Guardia Costiera, al momento della partenza a bordo c’erano in tutto 41 persone ma secondo altre ci sarebbero ancora dei dispersi, perché sarebbero salpati in tutto più di 50 migranti.

(Fonti: La Repubblica, Corriere della Sera, El Diario Es, Hurriyet, Daily Sabah, Anadolu Agency).

Marocco-Spagna (Ceuta), 25 dicembre 2015

Due morti, almeno dodici feriti e 104 arrestati nell’assalto in massa di centinaia di migranti subsahariani alle barriere della frontiera dell’enclave spagnola di Ceuta in Marocco. Il tentativo di passare il confine è scattato nelle prime ore del mattino: una massa di giovani si sono presentati al vallo di confine, nella località di Belyunech. La polizia marocchina ne ha fermati e arrestati 104, ma almeno altri 250, secondo informazioni della Guardia Civile spagnola e della Croce Rossa, hanno tentato di passare e 185 sono riusciti ad entrare nel territorio di Ceuta. Dodici di questi sono rimasti feriti nel salto della barriera, tanto da dover essere ricoverati all’ospedale; gli altri sono stati trasferiti nel centro di accoglienza.

Le due vittime si sono avute sul lato marocchino della frontiera. Secondo le autorità di Tangeri si tratta di due giovani, la cui identità è rimasta sconosciuta, annegati mentre cercavano di superare a nuoto via mare la barriera. I loro corpi sono stati trovati e recuperati da agenti delle forze di sicurezza marocchine. La Ong Caminando Fronteras e diversi migranti asseriscono che ci sarebbero almeno altri due morti, ma dei loro corpi non è stata trovata traccia.

Il 2015 – riepilogo

Totale vittime: 3.882

  • Morti a terra: 217
  • Morti e dispersi in mare: 3.665

Per i morti in mare la ripartizione è la seguente:

  • Mediterraneo Occidentale (Marocco e Spagna incluse le Canarie): oltre 205
  • Mediterraneo Centrale (Italia, Libia, Egitto): oltre 2.870
  • Mediterraneo Orientale (Turchia e Grecia ): circa 590

Osservazione

Secondo il quotidiano online turco Daily Sabah –  che cita fonti dell’Oim – i profughi morti nell’Egeo, tra la Turchia e la Grecia, dall’inizio dell’anno fino all’8 dicembre 2015, sono 627: ben 129 in più di quanto risulti a questo dossier a quella data. Se i dati riferiti da Daily Sabah sono esatti, il totale delle vittime sulle tre rotte mediterranee (ovest, centro ed est), inclusi i “morti a terra”, sale a oltre 4.000:

  • Totale vittime dossier: 3.882
  • Differenza vittime rotta orientale: 169
  • Totale generale: 4.051 (3.882 più 169)